L1 U N I V E n S I T l L 1 B E R A 805 cartes, gli Arnaua, i Pascal, i Nicole, i Malebranche: fortunatamente essi non hanno avuto la sorte di Vanini. Da tutto ciò, io passo alla questione morale posta da Bayle, cioè se una società di atei potrebbe sussistere. Notiamo subito, a questo proposito, qual'è l'enorme contraddizione degli uomini nella disputa: quelli che si sono elevati contro l'opinione di Bayle con maggior impeto, quelli che gli hanno negato con molte ingiuri,e la .possibilità di una società di atei, hanno poi sostenuto con la stessa intrepidità che l'ateismo è la religione del Governo della Cina. Naturalmente essi si sono ingannati intorno al Governo cinese; non avevano che a leggere gli editti degli imperatori di quel vasto paese, ed avrebbero visto che quegli editti sono dei sermoni, e che dovunque vi si parla dell'Essere supremo, governatore, vendicatore e rimuneratore. Ma nello stesso tempo essi non si sono meno ingannati sull'impossibilità di una società di atei; ed io non so come il signor Bayle ha potuto dimenticare un esempio sorprendente che avrebbe potuto rendere vittoriosa la sua causa. In che cosa una società di atei appare impossibile? Si giudica che degli uomini i quali non avessero dei freni non potrebbero mai vivere insieme; che le leggi non possono niente contro i delitti segreti; che occorre un Dio vendicatore che punisca in questo mondo o nell'altro i cattivi sfuggiti alla giustizia umana. Le leggi di Mosè, è vero, non insegnavano affatto una vita a venire, .non minacciavano punto dei gastighi per dopo la morte, non insegnavano affatto ai primi Ebrei l'immortalità dell'anima; ma gli Ebrei, lungi dall'essere atei, lungi dal credere di sottrarsi alla vendetta divina, erano i più religiosi di tutti gli uomini. Non solo essi cred·evano all'esistenza di un Dio eterno, ma lo credevano sempre presente in mezzo a loro; essi tremavano d'essere puniti in loro stessi, nelle loro donne, nei loro figli, nelle loro proprietà, fino alla quarta generazione; e questo freno era potentissimo. Ma presso i gentili, diverse sette non avevano alcun freno: gli scettici dubitavano di tutto, gli accademici sospendevano su tutto il loro giudizio; gli epicurei erano persuasi che la divinità non poteva immischiarsi negli affari degli uomini, e, in fondo, essi non ammettevano nessuna divinità. Erano convinti che l'anima non è affatto una sostanza, ma una facoltà che nasce e che perisce cpn il corpo: per conseguenza, essi non avevano alcun giogo oltre quello della morale e dell' onore. I senatori ed i cavalieri romani erano dei veri atei, giacchè gli dèi non esistevano per degli uomini che non temevano e non speravano niente da essi. Il Senato romano era dunque realmente una assemblea di atei del tempo di Cesare e di Cicerone. Questo grande oratore, nella sua arringa per Cluentio, dice a tutto il Senato riunito: « Che male gli fa la morte? Noi respin-
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