L'università libera - n. 10 - dicembre 1925

304 l.'l!NIVERS!Tl LIBERA discorso nella· sua Sloria di Francia, oggigiorno tanto dimenticata; e questo stesso Grammont, per un inconcepibile pregiudizio, pretende che Vanini dicesse tutto ciò per vanità o per timore, piuttosto che per una interiore persuasione. Su che cosa può essere fondato questo giudizio temerario e atroce del presidente Grammont? È evidente che per la sua risposta Vanini doveva essere assolto dall'accusa di ateismo. Ma che s_uccesse? Quel disgraziato prete straniero s'immischiava pure di medicina; si trovò un grosso rospo vivo, ch'egli conservava presso di sè in un vaso pieno d'acqua: non si mancò di accusarlo d'essere stregone. Si sostenne che quel rospo era il Dio ch'egli adorava; si diede un senso empio a molti passaggi dei suoi libri, il che è molto facile e molto comune, prenqendo le obbiezioni per le _risposte, interpretando con malignità qualche frase sospetta, corrompendo una innocente espressione. Infine la fazione nemica che l'opprimeva strappò ai giudici la sentenza che condannava a morte quel disgraziato. Per giustificare quella morte, occorreva bene accusare quel malcapitato di ciò che vi era di più orribile. Il minimo e minimissimo Mersenne ha spinto la demenza fino a stampare che Vanini era partito da Napoli con dodici dei suoi apostoli per andare a convertire tutte le nazioni all'ateismo. Quale pietà! Come avrebbe poluto un povero prete aver dodici uomini al suo servizio? Come avrebbe potuto persuader·e dodici napoletani a viaggiare con grandi- spese per diffondere dappertutto quella dottrina abbominevole e rivoltante col pericolo della loro vita? Un re s~rebbe abbastanza potente per pagare dodici predicatori di ateismo? Prima di padre Mersenne nessuno aveva avanzato una assurdità così enorme. Ma dopo di lui si è ripetuta, se n'è infettato i giornali, i dizionari storici; e il mondo, il quale ama lo straordinario, ha credulo questa favola senza esaminarla. Bayle stesso, nei suoi Pensieri ·diversi, parla di Vanini come di un ateo. Egli si serve di questo esempio per appoggiare il suo paradosso che una società di atei può sussistere: assicura che Vanini era un uomo di costumi regolatissimi, e ch'egli fu il martire della su~ opinione filosofica. Ma s'inganna lo stesso su questi due punti. Il prete Vanini nei suoi Dialoghi, fatti ad imitazione di Erasmo, ci fa sapere che aveva avuto un'amante chiamata Isabella. Egli era libero nei suoi scritti come nella sua condotta; ma 'non era affatto ateo. Un secolo dopo la sua morte, il dotto La Croze, e quegli che ha preso il nome di Philalethe, hanno voluto giustificarlo; ma, come nessuno s'interessa alla memoria d'un disgraziato Napoletano, autore molto cattivo, quasi nessuno legge quelle apologie. · Il gesuita Hardouin, più sapiente di Garasse, e non meno temerario, nel suo libro Athei detecti, accusa di ateismo i Def \

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