L'università libera - n. 10 - dicembre 1925

300 L' U N I V E R S I T À L I B E R A uomini vuol fare banali monete coniate con la sua effigie. Nessuno ha questo diritto regale che osano arrogarsi conquistatori e apostoli. Conquistatori e apostoli saranno vinti e distrutti dal loro stesso tentativo. Gian· Gabriele Borkman non risveglierà « gli spiriti dormienti dell'oro», ma, « Napoleone ferito alla prima battaglia », vivrà isolato nella sua camera angusta, Sant'Elena d'impotenza e di follia malinconica. E, per ottenere i mezzi onde dare l'inutile battaglia, per correre all'irrimediabile disfatta, ha dovuto uccidere in sè stesso e in colei che amava tutto ciò che fa la vita degna d'esser vissuta. Il semplice tentativo di conquista ha annientato due individui e il conquistatore è l'uno dei due. Imprese pit1 modeste di quella çli Gian Gabriele Borkman non sono meno mfoidiali. Edda Gabler sogna d'int1uire su di un sol uomo, di pesare su di un solo destino. Ogni influenza è nociva per chi la subisce e per chi la esercita. Non appena cerco di pesare su di un destino estraneo, faccio pesare questo destino sullà mia medesima sorte. Il tentativo d'Edda Gabler finisce logicamente con l'uccidere, dopo Eilert Lovborg, Edda Gabler. Abbiamo visto qual male ridicolo crei un apostolo quando si chiama Gregorio Werle. Se poi è, come Brand, una grande intelligenza, diventa ancor più pericoloso. Brand sacrifica la vita della moglie e la vita del figlio a una Chiesa in cui domani vedrà una menzogna. E il suo apostolato non ha su lui altro effetto che di ritardare l'ora in cui conoscerà la verità. Conquist~tori ed apostoli sono vinti prima di combattere perchè sono ritardatari. Appartengono a forme umane che bisogna sorpassare. Il conquistatore è un fenomeno atavico che deriva dal « primo regno », dal « regno della materia e della gioia di vivere >i, Anche l'apostolo è uno spettro; viene dal « secondo regno», dal « regno della croce e del sacrificio,,. L' individuo è già entrato nel terzo regno, in quella patria che Ibsen descrive sempre con commossa oscurità. « Il terzo è il regno del gran mistero, il regno che deve esser fondato tanto sull'albero ·della conoscenza quanto sull'albero della croce, perchè li odìa e li ama entrambi, perchè le fonti della sua vita sono nel paradiso d'Adamo e sul Golgota». C'è una certa confusione, con equivoci forse volontari, nei termini che lalYolta usa Ibsen per designare i tre regni. Tuttavia mi pare di cor1.1prendere perchè l'individuo ami la croce e la detesti, ami la gioia e la detesti. Nè l'una nè l'altra è sufficiente. Gioia continua e dolore continuo sono ugualmente sonniferi. Entrambi sono necessari, e il loro urto, e il loro conflitto, pe_r destare una coscienza. Chi fu dapprima felice non ha probabilità di comprendere che nella sofferenza; chi dapprima soffrì non vedr~t che al sole della gioia. lbsen, figlio delle brume e rleìle persecuzioni, prese coscienza di sè stesso nella luce italiana. La vera vita non scorre tutt;i quanta nè dalla sola fonte del p;.iradi:;o, ni.· ùnlla sola fonte del Gol-

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