L' U N I V E R S I T À L I li E RA 299 quelle' che la sua ignoranza d'ieri ha creduto d'accettare. Sfuggirà alle tirannie, come Nora o come Erhart_ Borkman. Erhart respinge il dovere estraneo, la « missione » di cui pretende incaricarlo la madre; allontana la zia che, in nome dell'affetto, l'immobilizzerebbe per qualche tempo in un passato amabiYe, ma che· si strugge; fugge il padre che lo trascinerebbe in un'attività apparente il cui principio non è in lui., Parte per vivere la sua vita. Parte con un'avventuriera. Che bnporta? Coglierà un poco della gioia di vivere, e verrà domani una delusione che forse gli farà conoscere 1~ sua anima. Fugg!'fldo tutte le tirannie esteriori che si proclatnano doveri, conserva qualche ,probabilità di diventare un individuo. Ma questa rottura col passato eh-~ non si è creato non basta a costituire l'individuo. Qual uso fare della libertà? Rinchiudersi indefinitamente in sè stesso, è egoismo, non individualismo. L' individuo scende in sè stesso per trovare i veri motivi dell'azione ma, non appena li ha liberati dai moventi esteriori, li lascia agire. La sua armonia si crea tanto all'interno che all'esterno, e le parole che Solness pronunzia sulla cima delle torri sono sentite dal basso come caqti d'arpa. Uno dei lavori più intricati e più curiosi d'Ibsen, Peer Gynt, è dedicato alla satira dell'egoismo. Vi troviamo degli esseri che l'egoismo abbrutisce sino alla più fangosa stoltezza, degli altri esasperati sino alla pazzia. I trolls, che vivono sotterra, hanno per massima: « Limitati a te stesso». Il che vuol dire: « Ciascuno per. sè » ed altresì: « Non ricevere nulla d'estraneo ». Noi conosciamo dei· trolls di Francia che si danno una duplice missione, forse contradittoria: di.fendere lo spirito francese contro gl'influssi dell'estero; dimostrare che l'estero non fa altro che rimandarci idee francesi. - Peer Gynt penetra persino_ in un manicomio, in cui si proclama: cc Qui ognuno si rinchiude in sè stesso come in una botte. Nel pozzo di sè stesso se ne stagiona il legno. Col tappo di sè stesso vien chiusa. E vi si fa fermentare sè stesso )). Questi pazzi acclamano Peer Gynt « imperatore· del sè stesso», perchè si è sempre sforzato di• vivere -il suo io gyntiano, il suo io egoista, il suo io di passioni e di brame. Però questo io superficiale varia a seconda dei tempi e degli ambienti, ·porta il segno di mille impronte successive ed obbedisce a tutti i venti. Il vero io è più profondo, attività e non passività, ragione e non bramosia, costanza ed armonia e non capriccio o impazienza. Soltanto la superficie del mare è sollevata dalle tempeste; le profondità restano calme. E tutti i grai1di individualisti sanno che solo nella parte stabile e ragionevole del nostro essere possiamo trovar· rifugio e costruire il tempio sereno. Non meno di chi si rinchiude in sè stesso per farvi fermentare passioni e follie, è da disprezzarsi chi cerca d'ingrandirsi e di moltiplicarsi a spese delle personalilà vicine e che degli altn
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