L' U N I V E R SI T À ~-1.B ERA 245 , indegne degli educatori di un popolo, il basso desiderio di meritarsi una nomma di senatore o di consiglieré di Stato, Parecchi tra loro vissero o, vivono indipendenti. Ma la mapcanza d'un concetto religioso e quindi l'intormentimento del senso morale, il torpore delle facoltà lasciate alla sola sterile analisi e l'interna. anarchia delle idee senza base determinata, senza fede d'intento, hanno pervertito in essi intelletto e cuore e li commetton·o agli impulsi sconnessi che vengono ad essi di giorno in giorno dai casi, dai menomi fatti o dalle apparenze di fatti. Quando Salvagnoli diceva a Brofferio: bisogna tirare innan_zi come si può e del resto con la verità non &i governa, ei sommava in sè la teorica di tutto il partito. Quando i moderati acclamavano a Gioberti come al primo pensatore e al più potente filosofo che avesse l'Italia, preparavano ai posteri la giusta misura della loro mente· e dell'ideale filosofico che veneravano. No; Gioberti, il gran sacerdote della setta, non ·era filosofo; e l'essere egli stato generalmente riconosciuto siccome tale dimostrerà a quali poveri termini fossero ridotti in Italia gli studi filosofici. La filosofia è una affermazione dell'individualità fra una sintesi religiosa che cade e un'altra - che sorge: è una coscienza del mondo presente illuminata dai raggi d'un mondo futuro: è un criterio determinato di vero fondato sulla universale tradizione del passato e tendente con un metodo ugualmente determinato a indagar l'avvenire. Gioberti non ebbe vero intelletto di tradizione nè intuizione - oggi nessuno vorrà negarlo - dell'epoca che va m·aturandosi. L'uomQ che esordi dalle dottrine di Giordano Bruno per sommergersi in un concetto neo-guelfo di primato italiano per mezzo del papato - che salutò d'entusiasmo la formola Dio e Popolo per rinnegarla poi a profitto d'un cattolicesimo rintonacato - che dopo .d'aver fulminato dall'altezza d'una coscienza filosofica gli artifici del gesuitismo, li adottò cardine de' suoi disegni, appena entrato sull'arena della politica 'pratica - che viaggiò di città in .città, pellegrino crociato d'una monarchia da lui disprezzata, • adulando a ciascuna da Pontremoli a Milano come a prima città d'Italia - che diceva a me nel 1847 in Parigi: io so che differiamo in fatto di religione; ma, Dio buono! il mio cattolicismo è tanto elastico che potete inserirvi ciò che volete - non fu nè fllosofo nè credente. Ingegno facile, rapido, trasmutabile, fornito d'una erudizione copiosa ma di seconda mano e non derivata dalle sorgenti, capace d'eloquenza, ma di parole più che di cose, fervido d'immaginazione più che di core, non. ambizioso nè cupido di potere o d'agì, ma vano e irritabile e intollerante d'ogni opposizione; Gioberti soggiacque per impazienza di successo e per indole naturahpente obbiettiva agli impulsi esterni, agli avvenimenti che si sottentravano e v'accomodò scendendo dalle serene immutate regioni della filosofia, le sue facoltà. Non diresse, riflesse. E <lacchè il periodo era, come io dissi, guasto ·d'immoralità, non cercò di vincerla, vi s'adattò. Eì fu, inconsciamente, con Balbo e Azeglio, tr.a i primi corruttori della giovine generazione: mentre Balbo insegnò la rassegnazione della scuola cattolica e seminò lo· sconforto nelle forze collettiv.e del paese - mentre Azeglio pose in core alle classi medie della nazione il materialismo veneratore servile dei fatti e i germi d'un militarismo pericoloso - Gioberti rivestì di sembianze filosofiche l'immorale dottrina dell'opportunità e mascherò da idea la irriverenza alle idee. E fu primo - biasimo assai più grave - che introducesse nel campo della libertà !'arme atroce della calunnfa politica e l'insana accusà di setta tori dell'Austria contro repubblicani e dissenzienti dal còncetto del regno del nord, dalle fusioni imposte, dalle guerre cl1e rispettavano il. Trentino e Trieste e da ogni idea che non fosse sua. I fatti del 1848 e del 1849 sono commento alle cose ch'io dico (1) ••• GIUSEPPE MAZZINI, - (1). Scritti editi ed inediti, Edit. G. Daelli, Milano, 1864 - pag. 143-146.
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