L'università libera - n. 8 - ottobre 1925

Vincenzo Gioberti - e le teorie _dell'opportunismo Si cerca da qualche tempo di rimettere in auge la filoso/ ia giobertiana e le teorie che, 1pecialmen(e dopo il 1848, ne derivarono più che altro come freno dell'opportunismo e dell'utilitarismo agli slanci dell'idealismo giovanile dell'Italia che si rinnovava. Quella specie di martinicca al pensiero italiano, il quale minacciava di spezzare ogni freno su tutti i campi, fu una f losofia di comodo e di ripiego, del tutto contingente, della specie di quelle « filosofie salariate » contro cui Giuseppe Ferrari avventava uno dei suoi più mordaci e corrosivi « pamphlets »: tutta per uso interno e quindi sen~a quelle risonanze universali caratteristiche di ogni vera filosofia. Si ·cercò, durante:· i primi tempi dell'Italia una, quando la vita pubblica e la cultura ufficiale era dominata dalla Destra, di acclimatare nelle scuole quella filosofia. Ma non ci si riuscì. Il positivismo sopravveniente a poco a poco la eliminò, compiendo l'opera ch'era stata cominciata dalla noia. Ora ci sono dei signori di buona volontà che ci si provano di nuovo. Veramente il primo a protestare oggi contro questi signori sarebbe lo stesso Gioberti, cui certo apparirebbe impertinente che si facciano risalire a lui certi vaneggiamenti strampalati, inconcludenti e contradditori con cui si gabellano per filosofia le ipocrisie dell'equivoco, le menzogne del doppio senso e i giuochi di parole senza senso comune, o addirittura il . cinismo. In con/ ronto a questi, Gioberti e i dottrinari della Destra storica sono sempre altamente rispettabili. Ma poichè, ad ogni modo, si cerca di rimettere sugli altari il Gioberti, non è male ricordare il giudizio che sul Gioberti stesso e le sue dottrine dava Giuseppe Mazzini. Ecco come questi ne parlava nel 1864 in un suo· scritto a proposito degli uomini e cose d'Ital(a del 184 9: .•. Non si yiola impunemente la logica, ogni errore porge or1g10e a una serie d'inevitabili conseguenze. Ogni menzogna proferita e accettata genera un grado d'immoralità che logora a un tempo vigore e virtù nel cuore della nazione. E temo che la conseguenza più grave della supremazia assunta dai moderati sarà pur troppo uno strato •di nuova immoralità sovrapposto ai molti che la tirannide e la paura e· il gesuitismo e il materialismo congiunti hanno steso d'antico intorno al c·ore d'Italia. Una profonda immoralità è infatti radice a tutte le teoriche e al metodo dei moderati. L'eterno vero è da essi perennemente sagrificato alla misera realtà. di un breve periodo; l'avvenire al presente; il culto dei · principi i all'utile presunto della giornata; Dio all'idolo subitamente innalzato dalla forza, dall'egoismo o dalla paura. Le forti credenze, i forti affetti, i forti lldegni non allignano in quelle anime fiacche, arrendevoli, tentennanti fra Machiavelli e Loiola, mute a ogni vasto concetto, vuote d'ogni profonda dottrina, aborrenti dalla via diritta, impastate di ripieghi, di transazioni, di finzioni, d'ipocrisia. Noi li udimmo, i capi della fazione, a dirci, con le stesse labbra che paragonavano nei- loro congressi a Giove Olimpico il re di Napoli e dichiaravano miracolo il re· di Piemonte e redentore novello Pio IX: è necessità dei tempi, ma in sostanza lavoriamo per· voi. Li vedemmo insolenti col debole, striscianti in terrore davanti al potente; stringere ora col popolo or collo straniero, a propiziarsi l'uno e l'altro, patti che intendevano di non mantenere; dichiararsi riverenti al papa pur cercando modo di scavargli. la fossa; professarsi alleati devoti del Bonaparte che aborrono come aborre chi soggiace e per sentita viltà.; cospl• rare a un tempo, per prepararsi ln \'iA a due ipotesl 1 con Garibnldi e col1tro Gnrlbaltll, ~è dico cHcl rt tutti fo8se b !lii\ sf,l'firth ~H tjUc8té viti tliH 16~:!,b

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