242 L' U N I V E R S I T l L I D E R A mente una scelta: di' ciò che piace e di ciò che dispiace, non prendono che una delle due pai:ti e fanno in modo di non conoscere l'altra. La fama del conte di Gobineau ebbe a soffrire in Francia sino a poco fa, perchè nella sua opera si volevano vedere soltanto gli aspetti « sgradevoli » (unpleasant, nel senso di Bernard Shaw). Oggi trae vantaggio dal fatto che questa opera lusinga segr<:tamente certe tendenz·e attuali. Bisogna notare che l'ora in cui viviamo non è senza analogie con quella in cui s'edificava, all'indomani del '48, il pensiero virile e disingannato di Gobineau. Per l'appunto Tocqueville gli rimproverava d'accordarsi troppo bene con lo spirito del tempo (32), la mentalità che succedeva alla rovina delle grandi speranze, « all'esaltata fiducia nel progresso e nell'umanità » - la mentalità che era nata da « la fatica delle rivoluzioni, dalla noia delle èmozioni, dall'aborto di tante grandi illusioni ... (33) ». E noi pure abbiamo visto il fallimento delle grandi illusioni, Diritto, Libertà, Progresso, Umanità, - non che queste sacre idee possano essere realmente colpite dalle manchevolezze di coloro che le hanno servite male, o dalle ipocrisie di coloro che se ne sono s~rviti troppo bene; - ma il discredito dei loro cinici o piagnucolosi rappresentanti ha, per una generazione, allontanato da esse le forz.e e le speranze attive. Come al tempo di Tocqueville e di Gobineau, s'afferma l'opposizione tra gli uomini di ieri, i vecchi umanitari, i liberali impenitenti, che s'ostinano a credere al progresso, e gli uomini nuovi, che hanno un nascosto rancor·e contro la libertà e il disprezzo di una umanità che troppo li ha ingannati. Una gioventù energica - (non parlo che dei forti: lascio al marciume gli epicurei e i bassi dilettanti) - una élite, temprata dalla prova del fuoco, ostenta un realismo pessimista, fatalistà, eppure eroico, che fa a meno di tenerezze, d'illusioni, di speranze, e che, su questo campo di rovine, sulle rivolte del proprio spirito domato, conquista malgrado tutto la sua gioia, dura e fiera, - L1tla di tutto ciò ch'essa nega come di ciò ch'essa afferma: - « Io solo, ed è abbastanza! » - l'anima sola, senza stampelle, dritta nella sua superbia, signora del proprio ordine, regina della propria disciplina, nemica dell'anarchia tanto fuori che dentro sè stessa, proietta sul cielo la sua ombra ingrandita, - il suo Dio, -- come nel suo orgoglio feudale un Henry de Montherlant detta le sue condizioni al suo Signore cattolico e pagano, che gli somiglia come un fratello. Questa gioventù d'oggi.- (e quegli adulti che trascina con sè)-- ritroveranno senza fatica nel conte di Gobineau, lq stesso aperto disprezzo del progresso, del liberalismo, dell' « oppio umanitario », degl'ideali democratici, (32) Tocqueville che, appartenendo a una generazione vinta, si rifiuta di seguire questa mentalità, la chiama « la malattia del tempo t, (88) 20 dicembre 1858,
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