200 L' U N I V E R S I T l L I B E R A accolgono come ... primizie) oggi si fanno belli Henry de Varigny, il Langlois, il La Roncière, come già il da poco scomparso Vignaud, ecc., i quali concludono negando al « mediocre marinaio e rozzo ed ignorante avventuriero » ogni merito nella plagiata scoperta e persino quello di essere partito col proposito di buscar el levante por el poniente. Ma.... sono francesi, proprio della specie di quelli descritti dall'Alfieri, che· più li pesi e men ti dannò. Ed anche qui ripetiamo che il cc cosmopolitismo » è una gran bella cosa, ma noi - d'accordo con Max Nordau - non ci sentiamo di ·rispettare le opinioni altrui quando non si rispettano le nostre, nè la verità, nè la giustizia, nè il buon senso. Primissimi fra i denigratori di Colombo furono quegli stessi spagnuoli ai quali egli donava un nuovo mondo e che oggi, dopo quattro secoli, vorrebbero riconoscere nell'allora odiato straniero un loro conterraneo! Basti dire che lo storico spagnuolo contemporaneo Gonzalo Fernandez de Oviedo ebbe il coraggio di sostenere - in base a pure leggende su misteriose isole atlantiche - che fino dall'antichità la Spagna ebbe il dominio del1'America ( ! ! !), e presso a poco lo stesso scrisse il portoghese Barros, entrambi subito confutati da Fernando Colombo nelle Historie (cap . .X), avvertendo che ciò si faceva perchè Re Fernando cc havea volontà. di totalmente privare » suo padre dei diritti e privilegi concessigli sulle terre che aveva scoperte e che una perfida schiera di avventurieri già sfruttava a proprio beneficio. Ecco la chiave di tutte le interessate denigrazioni! Oggi, invece, troviamo degli scrittorelli, i quali - per l'effimera gloriola di peregrine rivelazioni - non si peritano di épater le bourgeois con vane fantasticherie, che, se anche avessero un fondo di vero, nulla potrebbero togliere alla gloria di Colombo. Già i tedeschi Oscar Pesche} e Sophus Ruge contesero .a Colombo la scoperta per le ragioni già esposte dal n~stro Miniscalchi; un altro tedesco, il Doppelmayr l'attribui, nel 1740, al cpsmografo Martin Behaim che sarebbe giunto alle Antille nel 1485; recentemente il prof. Marsh (americano) credette vedere negli indigeni dell'America centrale i discendenti degli antichi e biondi Wikingi, Scandinavi, colà giunti attraverso il Canadà, ecc. · Più recentemente ancora il prof. Leo \Viener, dell'Università ·· di Harward, afferma - in un volume su L'Africa e la scoperta dell'America - che, essendosi molte lribù arabe stabilite, dopo avere compiuta la traversata del Sahara; sulle coste occidentali dell'Africa verso il 1100, di là una parte passò, attraverso l' Atlantico, nel Brasile tra il XII ed il XIII secolo, e poi al Messico, lasciandq tracce cospic.ue di costumi, arti e coltura saracena, come, per es., la voce toltec che significa cc gran capo». Al geografo-romanziere Gaffarel dobbiamo, infine, un'altra éonsimile rivelazione, esposta nell'opera Il Brasile francese, dove
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