L'università libera - n. 6 - giu./lug. 1925

J.' U N I V E R S I T À L I B E R A 165 Caio. Il suo ragionamento è stato questo: ·Caio può sollevare quel peso; io non lo posso soHevare;··ma se io potrò sviluppare le mie capacità muscolari alla pari di Caio potrò sollevare quel peso.· Nell'atto in• cui Tizio ha formulato il suo proposito •era necessitato dall'idea di rendersi simile a Caio. Quest'idea non ha potuto volerla avere; l'ha avuta. Ma l'ha avuta perchè altre volle s'è proposto miglioramenti di se stesso, e la tendenza al perfezionamento s'è affermata in lui. La libertà del volere non va, quindi, considerata nella stretta cerchia di un determinato pensiero od atto di volontà. TI determinista, infatti, pur sapendo di non volere che ciò che può volere, vuole. Cioè vuole porsi in condizione di poter volere sempre di più. La coscienza della .necessità è in lui la coscienza della libertà. Dico nel determinista, per rilevare come il determinismo si concigli col volo~tarismo, ma è così di tutti. Dicendo èhe dalla coscienza dell'impossibile nasce l'idea del possibile, siamo entrati nel campo dell'azione come det,erminante del pensiero, cioè della volontà indistinta che acquista coscienza di sè mediante lo sforzo. Affermava il Vico che « la praxis è attività creatric·e, per cui Veritas et factum convertuntur, la verità si scopre facendola, il fare è la condizione impreteribile del conoscere )). Kant scriveva: « tutte le forze_ vengon riconosciute soltanto per gli impedimenti ch'esse valgono a superare )). E il :Maine de Biran considera lo sforzo come il fatto psicologico centrale, per cui è possibile la conoscenza di noi e delle cose: l'io si rivela a se stesso con la coscienza dello sforzo, che l'anima intuisce com,e determinato dalla propria volontà, e si perviene alla conoscenza del non-io per l'urto dell'auto-attività in un ostacolo o in una resistenza. Il bambino acquista la coscienza dei rapporti spaziali non solo mediante la vista ma anche col tatto. La vista gli presenta un oggetto dai vivi colori. Egli si sente attratto da essi, e compie dei movimenti per afferrare quell'oggetto. Ma non riesce. La sofferenza del mancato possesso lo spinge a perfezionare i propri movimenti. La sua volontà si affina mediante lo sforzo. E i successivi risultati lo portano a distinguere il possibile dall'impossibile: lo portano cioè al giudizio discriminativo, cioè alle prime forme di economia dello sforzo. L'azione non crea la volontà, poichè qualunque atto è un risultato di una forza volitiva. Ma la volontà istintiva si fa sentimentale e razionale. Cioè acquista sempre più numerose e varie necessità. Concludendo: la volontà scaturisce da un complesso di necessità che essa non crea, ma che, come pensiero, conosce. Conoscendole, crede di averle volute. E credendo di averle vo·

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