L'università libera - n. 5 - maggio 1925

• 152 L' U N I V E R S I T À L I B E R A * * * Si vedono le visioni soltanto con una certa dose d'immagina-· zione. Per il tardo bue, per il montone il cui cranio si esaurisce nel formare corna grosse e dure, pare che non esistano apparizioni. Si crede che siano frequenti tra i cani che, si dice, ringhiano e abbaiano agli spiriti che appaiono 1-ieiraggi della luna. « Il cane geme con la coda tra le gambe? Puoi credermi, ci ha visti passare», dice uno spettro in una ballata scandinava.. Il cane ulula alla morte, guaisce alle macabre figure di Anaon, di Caronte e di Thanatos, quando le ·vede dirigersi verso la casa del padrone. Firdusi, il poeta dello Scià-Namé, racconta che l'elefante, ~l savio ·elefante, presente fiutando i luoghi maledetti, evita i luoghi frequentati dagli spiriti, da cui si allontana tremando con tutto il suo grosso corpo. Il famoso Justinus Kernez pretende che nella Scozia e nelle Ebridi i cavalli - ricordatevi il loro carattere ora ombroso, ora entusiasta, - i cavalli, anche lanciati a tutta velocità, s'arrestano d'un colpo e da sè, quando una visione sorge davanti al loro cavaliere. Ciò che ci richiama alla memoria l'asina di Balaam, che vedeva l'angelo appostato lungo il cammino, mentre il profeta, un illustre nabi, non sospettava nulla. Gli uomini, sotto questo aspetto, sono variamente dotati. La maggior parte dei Meridionali - tra cui gli abitanti· delle luminose regioni della Grecia, - sono meno favoriti dei Lapponi, degli annebbiati isolani delle Orlmeys, degli Shetlandesi, avvezzi alle noie delle lunghe solitudini, predisposti agli stati nervosi. Per quanto riguarda le appadzioni, il sole non equivale alla notte. L'oscurità si popola di tenori, mostri e incubi, di demoni nottivaghi e nottambuli. Così i Klallam del territorio di Washington spiegano che il giorno dei vivi è la notte dei morti, è il giorno dei morti è la notte dei vivi. Se non fosse lo sfrenato amore del piacere che lo fa correre in tutti i luoghi dove ci si diverte, il negro delle Antille non affronterebbe mai l'pscurità che egli popola di Zumbis o. spettri. Come lui, la maggior parte dei selvaggi hanno un abbietto terrore dei demoni notturni, stimano ben coraggioso l'uomo che dopo il crepuscolo si. ·azzarda fuori della sua capanna. Ma con quanta precauzione brandendo il suo tizzone traccia dei cerchi di fuoco intorno alla sua persona, e scuote la sua torcia per farne sprigionare le scintille! Ben altri che i primitivi _sono sog·getti a questo timore. Un Indù ritardatario, secondo la signora Guttrie, non oserebbe tornare a casa, se non avesse una fiaccola per intimidire i Pisatscia, quei mostri senza testa che si aggirano per strangola-re i vivi. Quaerens quem devoret. « Affrettati! leggiamo nel Mahabha,rata, perchè i Rakshas in-

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