L'università libera - n. 3 - marzo 1925

L' U N I V E R S I T À L I B E R A 7S siero e Ja voJonta decadono insieme per l'azione corrosiva de]la vi la? Ecco i nemici del secolo XVIII a schernire il razionalismo ed adagiarsi nello scetticismo che sbocca nella filosofia deJl'autorità o nel pragmatismo che sbocca nello storicismo alla Guicciardini o nel cattolicismo de]la Restaurazione. La crisi spirituale di oggi è una crisi di volontà. Stanchezza del pensiero, che si chiama e si giustifica come crisi deJla scienza, fallimento deJla ragione, ecc. . L'Illuminismo ha errato come educazionismo, ma affermando un intimo rapporto tra il pensiero e la volontà ha visto bene. La libertà non è che_ il potere di obbedire alla ragione, che è base di ogni progresso individuale e collettivo. La libertà si fa interna, cioè diviene, solo vincendo gli istinti, gli impulsi, le passioni, cioè l'irrazionalità. Non vi è divorzio pos::.ibile. in senso assoluto, tra pensiero e volontà. Ognuno di noi trova, come il Racine, due uomini in se stesso, e potrebbe dire con S. Paolo: <e il bene che io voglio, io nol fo; ma il male che io non voglio, quello fo ». Ma quel voglio sta per vorrei. Poichè se volessimo realmente agiremmo conformemente al nostro desiderio di azione. E noi vorremmo, cioè agiremmo, se l'idea fosse intera, fos5e non uno schema, ma un'idea-forza, ossia un'idea talmente viva da t.rasmutarsi, necessariamente, in atto di volontà vera: in azione. Quali siano i rapporti tra l'intelligenza e la volontà, dal lato genetico, lasciamo agli p icologi ed ai fisiologi stabilire, poi<-h,~la comparsa e lo sviluppo di questi due modi dell'essere psichic0 si compiono: Come precede innanzi dall'ardore, Per lo papiro suso un color bruno, Che non è 11ero ancora, e il bianco more. Ma se lasciamo l'intelligenza ed il volere nel profondo seno deJl'indistinto psichico, possiamo consta tare, quando la determinazione si effettua nella successione: Penso, voglio, agisco, che non vi è volontà senza pensiero, e che la volontà è libera solo in quanto coscienza di sè. Il bisogno muove gli animali in una sfera rigida, mentre l'uomo è mosso da bisogni sempre maggiori. Egli vede il meglio, e, se ha la gioia del possesso, a quella subentra presto per lui la noia, sì che egli non si acqueta. Nell'uomo, quella tendenza allo sforzo che si riscontra anche negli animali, assume forme sempre più complesse; dall'irritarsi del fanciullo contro il suo compagno di giuoco che non sa nascondersi o corre non abbastanza forte, all'adulto che affronta il mare o il deserto o la montagna per la g'ioia di dominare la natura, cioè di superare sè stesso. Mentre gli uccelli amano andare conlro ,ento e i pesci risalire la corrente, l'uo1:no sviluppa questa 'inquietudine biologica fino a crearsi gli ostacoli o a cercarli. E la sua gioia è proporzionata allo sforzo

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