L'università libera - n. 3 - marzo 1925

96 L' U N I V E R S I 'I' À L I R E R A · per non tornare più, ma· ha lasciato un erede, che non deve prender le redini di un governo diminuit~. Se non è stato già fatto nell'ora medesima della morte, è indispensabile che :';li ritorno dal cimitero, sia .fatta notifica ufficiale del cambiamento di regno a tutti e a ciascuno, affinchè nessuno l'ignori. - « State attenti! ». La grande notizia è proclamata nella stalla, dove vengon fatte alzare le vacche, il toro, i buoi, i vitelli: Il padrone è morto! Si dà da fare ai cavalli, si fa cambiar _loro la, mangiatoia: Il padron~ è morto! Si batte con una pertica sul dorso dei montoni e dei porci: Il padrone è morto! Il padrone è morto! Nel giardino, nel frutteto, si s.crollano gli alberi da frutto, e per primi quelli che il defunto ·aveva piantati con le proprie mani. Il padrone è morto! Bisogna cambiar posto alla madia, cambiar posto ai barili di birra-o di vino, ai fusti di aceti, alle botti di salcraut: Il padrone è morto! Il pa.drone è morto! Non bisogna dimenticare le semenze nel granaio; altrimenti e( serberebbero il lutto», o germoglierebbero male, darebbero una spiga rara, una farina poco nutriente. Senza lo scompiglio generale, tutto marcirebbe, farebbe fiasco, andrebbe a male, si dice ·nella Germania meridionale. · Una vedova di fabbro, una forte donna, metteva immediatamente tutti in moto, gli apprendisti al mantice, i lavoranti all'incudine; la· nuova padrona gettava alla rinfusa utensili e ferramenta: Il padrone è morto, morto, morto! · In Egitto, si battono i tappeti, i cuscini e i divani, tutti i mobili vengon messi. al contrario. Nella Stiria, si raccomanda di da:r subito corda agli orologi, se no dimenticherebbero di camminare. . Tanto è vero che la sana pratica delle cose non ammette che i rimpianti siano troppo profondi. La vita d'ogni giorno c'insegna: Guardatevi dal credervi indispensabili! Ma_ noi proviamo rammarico di lasciare la vita, ci sembra che la n9stra partenza aprirà un gran vuoto. Ci riteniamo il centro del mondo, e non possiamo fare altrimenti, poichè dal nostro occhio partono i raggi che si dirigono verso l'orizzonte e lo limitano. Sembra che gli oggetti si spostino quando non facciamo altro che camminare e muover la testa. Quanto ci è difficile ammettere senza protestare l'idea che tutti gli uomini e tutte le cose si caveranno d'impiccio senza di noi ! Eppure, dovrebbe esser consolante pensare che noi, dopo tutto, non siamo altro che una formica nel grande formicaio umano. E quando non ne potremo più, non sarà neppure una formica di meno, pbic]1è il nostro posto sarà subito preso da una formica giovane e ardente, da una formica premurosa di compiere il suo compito! CARLO i\loLASCllt - Redatlorc rcsponsabi ic. Tipografia E. Bellasio e C. : Milano. ,

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