L'università libera - n. 2 - febbraio 1925

NOTERELLE PEDAGOGICHE DELL'EDUCAZIONE KSTETICA ; Negli studi di psicologia infantile, tra i quali è da rilevare quello del Pérez su L'arte e la poesia nel fanciullo, il fenomeno dell'emozione estetica è studiato nella sua genesi e neT!e sue primitive manifestazioni. Benchè il sentimento del bello nel bambino sia stato oggetto di accurate osservazioni e di acute indagini, esso è ben lontano da l'essere conosciuto a fondo. Quel ché permette l'esame delle sue manifestazioni esterne è di cogliere i tratti più evidenti e comuni. Ma la complessità del sentimento estetico lascia nel buio, o per lo meno in un'opaca penombra, chi voglia adden.trarsi nello spirito del bambino, per isolare questo sentimento dagli altri con i quali è amalgamato. E chi voglia tentare questo processo di chiarificazione minaccia di operare a vuoto, poichè il sentimento estetico, pur avendo tratti specifici, è una sintesi di varii sentimenti, ed ha radici in molti istinti. Il psicologo cercherà di ravvivare i ricordi della propria infanzia, di osservare con occhio attento e penetrante il bambino çhe tende le manine e sorride al cappello della madre, ai nastri- della balia; che si mostra compiaciuto della cuffia o della vestina che ha indosso; che ascolta attentamente la musica e tenta i primi accordi vocali, accompagnandosi con colpi di cucchiaio sulla tazza, ecc., e farà paralleli tra il bambino selvaggio, o scenderà a tr1c1cciar confronti tra il bambino e gli animali. Ma la genesi del sentimento estetico gli ~fugge, ed invano tenterà di coglierla. Il sentimento del beìlo, diremo alla buona, comincia col gusto dell'ornamento, si amplifica e si afTina come sentimento della natura, nel quale ·tende alla coscienza riel bel,o oggettivo, e culmina, specie nel fanciullo, con l'arte di piacere, nella quale istinti utilitaristi ed intuitiva coscienza del bene morale sono ancora mescolati e confusi; e nella prima giovinezza appaiono distinti in esso il sentimento estetico e la coscienza morale. Alcuni non accettano, alla maniera platonica, tait! distinzione. E pretenzioso sarebbe da parte nostra opporre l'affermazione che bello e bene sono fatti distinti, chè intorno all'identità o alla specifica essenza dei due da Platone ad oggi, si affatica la mei1te dei filosofi e degli psicologi, senza poter dare risposta di tanta evidenza da poter esser accettata come certa soluzione. Tuttavia ci pare che tale distinzione sia accettabile, se non riguardo alla genesi della coscienza estetica e di quella morale, che alle loro origini e forme primitive appaiono unite, anzi confuse, almeno nelle loro forme maggiori, e quindi più e meglio determinate . . Se è vero che l'impressione del bello fa si che l'uomo sia tratto quasi fuori di sè ed assorto nell'oggetto della sua contemplazione, si da dimenticarsi e da venire quasi ad identificarsi con l'oggetto contemplato; se è vero -che ciò è proprio anche della coscienza morale, che dal giudizio disinteressato assurge al sacrificio, mi pare occorra distinguere il bello dal sublime. Se il bello può far passare la co~cienza dalla materia alla forma, solo il sublime può farla passare dalle sensazioni alle leggi, e far sì che il senso morale non sia che il senso estetico trasferito dalle cose materiali a quelle_ dello spirito. . Se le emozioni estetiche possono influire sulla coscienza morale, questa ha qualcosa di irriducibil'e, di caratteristico pc1· cui si differenzia dalla semplice coscienza estet_ica. Il sublime è quel bello çhe trascende la forma. Il sacrificio del martire è sublime, ma se l'artista e la immaginazione dei popoli cercheranno di vestire l'anima eroica con forme ed espressioni di bellezza fisica, non per questo il senso del sublime, come atto di sacrificio, sarà sentito e compreso come bellezza di forma materiale. Da questa distinzione nasce una illazione pedagogica: che il bello può contribuire alla formazione .di una chiara e viva coscienza morale, ma non per quello che

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