L'Unità - anno IX - n.5-6 - 29 gennaio-5 febbraio.1920

problemi della vita italiana Direttore: GAETANO SAL VEMINI .,. Direzione e Amministrazione: Firenze, Via S. Zanobi, n. 64 .,. Abbonamento ordinario annuo L. IO, semestrale L. 5.25 per il Regno; Annuo per l'estero L. 15 .,. Sostenitore annuo L. 30, semestrale L. 15 .,. Un numero separato ceat. 20 .,. Si pubblica il Sabato a ROMA e a FIRENZE.,. C. C. con la posta. Anno IX "' N. 5-6 ~ 29 Gennaio-5 Febbraio 1920 SOMMARIO: Lo spettro, L' UNtTA. - Sopratutto l'Italia •••. - L' A/601tio. - Nie11te rir·olm:,10flr. - Un grm~ errore, G S. - './ pu"ti ,li -:ùta uis1ia11i, :i. 111. - Be,,emerem;e sidt'rttr~'l(lu - Lo semùm del makontmto UN Vl~CITOKF.. - .l./aggiora11.:a porlommtart: e proporuimafr, g. s. - J11Jonio alla proponio11n(e, J;;RNESTO l{o.-;:,J, L'U.'\'TT,\. - Il 1to>slro .:t1orepalpitò. - Perchi' i ttle/011i della Sia/o so,10passivi, 1:-. D1-: RU\'O. - Un'ano,u"ma SCOflU:;a G. SAI VF.MISI. - Scuola e cosdem:.a 111ora!e, ILVIO PEtLEClRt-.:1, g. il. - Cr&1wca dd/a Lega. - Finti policùulti - Utiure raù·omandale. Lo spettro Dalle not1z.ic: : ufficiali -e ufficioJSC,i.:hc ab– biamo avuto sulle trattative adriatiche di Pa– rigi, non è chiaro se il compromesso Lloyd– Gcorge - Nit ti - Clemenceau rappresenta per l'Inghilterra e per la Francia un impegno de– stinato a sostituire il trattato 1.li Londra, nel caso che l'Italia opti definitivamente per que– sta sostituzione, e ciò indipendentemente eia quanto possano dire o fare gli Slavi. Se in questa disgraziatissima quistione adria– tica è lecito attribuire ai negoziatori di tutte le parti un po' di buon senso e di buon:i fede, si deve ritenere che le trattative del– l'on. Nitti hanno condot~o al rcsultato di im– pegnare Inghilterra e Francia a dare all' Jta– lia, per la realizzazione del nuovo accordo, un' assistenza, che non sarebb~ stata cosi risoluta e cordiale, se si fosse trattato di rea– lizzare il patto di Londra. In altre parole, le trattative di Parigi dovrebbero aver dato ori– gine a un nuovo accordo adriatico anglo– franco-italiano, nel quale, secondo le abitu– dini dei diplomatici, l'Italia avrebbe condo– nato agli alleati una parte degli obblighi di\ e'>si .\ssunti nel trattato di Londra, ottenendo in compenso impegni più rigidi per la realiz– zazione dei diritti rimanenti, riconosciuti ancora una volta, anzi definitivamente, come legittimi. E la più amichevole assistenza all' Ita– lia dovrebbe assumere per lo meno la forma di una minore ..oJidarlctà colla Jugoslavla, la cui vita dipende economicamente e fina-n– ziarlamcnte dagli aiuti dell'foghilterra e della Francia. All'infuori di questa ipotesi di buon senso e di buona fede, il compromesso di Parigi si ridurrebbe ad una delle più goffe, se non alla più goffa, fra le turlupinature diplomati– che dell'Intesa: perchè impegnerebbe l'Italia ad abbandonare il trattato di Londra se il compromesso fosse accettato dagli Slavi, e non impegnerei be la Francia e I' Inghilterra ad abb.mdonare il gioco fatto finora se il com– promesso fosse rifiutato. Data la esattez1.a della ipotesi da noi stabilita, ne consegue che l'Italia commette– rebbe il massimo degli spropositi, se buttasse a mare il compromesso di Parigi s,il · perchè non piace nea11ch'esso agli Slavi, e ritornasse :1d afferrarsi al non mai abbastanr.a lodato trattato di Londra. Questo trattato è sempre stato uno spro– posito, e;: nessuna arroganza e nessun cavillo slavo può riabilitarlo. L'unico suo vantaggio era che creando una situazione difficile anche per l'Inghilterra e per la Francia, che erano impegnate da esso, poteva essere da noi ne– goziato collo scopo di sostituirlo con un trat– tato meno infelice e meno incomodo per tutti. Quando si poteva negoziarlo in bu"'lne condizioni - noi non abbiamo mai affermato altra necessità che questa - non si volle. Si è negoziato nel momento cattivo, dopo che tutte le follie erano state commesse. l resultati delle negoziazioni non sono stati brillanti. li nuovo acco;do crea. due città li– bere, che appena lasciate libere dichiareranno di \'Oler fare uso della loro libertà per essere an"nesse all'Italia, cioè daranno luogo a nuove difficoltà. Il nuo,·o accordo non ci dà nè il disarmo della intera costa slava, nè - quel che sarebbe stato meglio assai ~- la neutra– lizzazione dell'intero Adriatico. Sottopone Ita– lia e Jugo-Sta\'ia a una tutela umiliante della Società delle nazioni nel porto di Fiume e nella ferrovia libumica. E cosi di seguito. :\fa con tutti i suoi difetti, iJ compromesso è sempre preferibile al trattato di Londra, per– chè questo - bisogna ripeterlo ogni cinqt1c minuti, per i sordi eh~ non \'Oglionp sentire - obbliga le potenze dcli' Intesa, c.Jmpresa l'Italia, a consegnare flumc ali:\ Croazia. Ur– lare, come fanno i signori del Gior11aled'Ila~ Ha, per il diritto di alltOdecisione di Fiume cho è negato dal Trattato di Londra, mentre si esalta questo trattato in quanto nega lo stesso diritto di auto-decisione degli Slavi della Dahnazia, questo accettare e rifiutare i principi secondo fa comodo, è un,t tattica .. di mozzorecchi, che non sarebbe tollerata nean– che in una pretura urbana. Siffatti espedienti di discussione si usano in politica internazio– nale solamente quando :;i ha la ,·olontà e la forza di arrivare non agli accordi ma alla guerra. Chi vuole arrivare alla guerra abbia il coraggio di dirlo. Abbandonare il compromesso di Parigi, che bene o male risolve il problema di Fiu– me, per correr dietro allo spettro del trattato d; Londra, ~arebbe oggi il massimo degli spro– positi. Stabilito il nuovo accordo fra noi e gli alleati, non commettiamo l'errore ùi scioglierne gli alleati. Tutti gli sforzi di buona volòntà, che il nostro paese poteva fare, li ha fatti ; spetta ora agli altri for tutti gli sforzi, che si debbono fare, di lealtà. Quanto agli Slavi, se accettano il compro– messo di Parigi, bene per tutti: e nulla esclude che dopo che l'abbiano accettato, si pos;ia rie– saminarlo in trattative dirette italo-slave per miglio;arlo nell'interesse reciproco, purchè re– sti bene inteso che l'accettazione attuale ri– marrebbe irrevocabile, anche se le trattati,·e ulterion non conduce$sero a nessun resultato. E. se gli Slavi continueranno ad essere intratta– bili, l'Italia, ferma rimanendo al compromesso di Parigi ed esigendo che vi rimangano gli al– leati, de,•e aiutare la città di Fiume a custodire la sua condizione di città libera garantita anche clal1 1 Inghilterra e dalla Francia, e può conser– vare l'attuale occup:izione territoriale, finchè la Jugoslavia non abbandoni l'attuale atteggia– mento irragionevole, e accettando il compro– messo di Parigi acquisti il rlirit\o di farsi cedere le terre che questo compromesso le assegna. L'UNITÀ. Sopratutto l' Italia .... Il Ulvo,alore di Trieste pubblica, nel nu– mero del 29 gennaio, una intervista con Otto Bauer, socialista. che fu il primo ministro de– gli esteri della nuova repubblica dell'Austria tedesca, e che si dimise quando vide fallire il suo programma di promuovere l'annessione dell'Austria alla Germania. << Per due mesi - racconta il Bauer - « sperai che l'annessione si sarebbe potuta « fare coll'appoggio degli Stati Uniti e del– « l'Italia e col disinteressamento dcli' Inghil– « terra. Ma, sopmlutlo l' Italill ,ugò il suo ap– ~ poggi:, alla mia lesi, scegliendo una politica « diven,a, contraria ai suoi stessi interessi, così « come è stata sempre la sua politica nei ri– « guardi dei paesi balcanici, nei quali essa « aHebbe dovuto e potuto vedere e trovare « un mercato per i suoi prodotti industriali e « per la ~ua civiltà». Sopratutto l'Italia, cioè gli on. Orlando e Sonnino, contrastarono, dunque, l'autodecisio– ne dclJIAustria tedesca. Speravano così, evi– dentemente, di accreditare le insistenze ita– liane perchl! fosse rispettata l'autodecisione di Fiume! L'Albania il Giorna/, d'Ifa ta piange lacrime ù1 san– gue sulla sorte dell'Albania, spezzata fra Ju– goslavia, Italia e Grecia:<< Lo smembramento « dell'Albania, quale I' 011. Nilti Ila acco11smhìo, « accettando le proposte dei signori Clemcn– « ceau e T...loydGeorge, è tale dadanneggfare .e gravemente il nostro pre3tigio presso il nobile « popolo albanese, del quale l'Italia è la naturale « protettrice. La nostra missione è quella di « dare alPAlbania un assetto, per il quale possa e in più o meno breve tempo governarsi da « sè ed essere un coefficiente di pace e di ci– « viltà in Adriatico e nei Balcanf. Con !' im• <t porre all'Albania lo fmembramento a bene– « 6cio della Iugo-Slavia e della Grecia, si vie– " ne a soffoc<:1rel'elemento primordiale dello « sviluppo del popolo albanese, t.:ioè la sua « unità e indipendenza. Altro è costituire l'AI– « bania unitaria col mandat() a una grande « Potenza di amministrarla, ed altro è spcz– « zarla in tre parti, dandone due in SO\'ranltà « diretta a nazioni balcaniche ed una parte « in mandato ali' Italia. Il compromesso di « Parigi è anche da questo punto di vista « dann~so per gli interessi italiani, poichè non « mancheranno di riversarsi contro di ooi le « giuste raml)Ogne degli albanesi cosi grave– (( mente sacrificati». JI GiOrmrle d'Italia ha - pare impossibile - ragione. Questa nuova edizione della dlvi– visione dell,1 Polonia, è una vergogna e un delitto verso il popolo alba~ese. E quando tutto il catafalco di scempiaggini e di malva– git:ì. messo ~nsieme da un anno a que~ta parte a Parigi, non sar:\ più sostenibile, questa In– giustizia dovrà essere fra le prime ad essere riparate. i\Ia il G10rna/ed'Italia dimentica, o fa le viste di dimcntica·c, che l'on. Nitti. non C rc– ~ponsabilc di questo malanno: l' on. Nitti ha ereditata la sapienza del famigerato trattato cli Londra, così perfetto agli occhi del Gi'onia/e d 1 flali'a. Il quale trattato, a!Part. i, dice pre– cisamente cosi: « L' ltalia ottenendo il Tren– « tino e l'Istria in forr.a dell'art. 4 1 la-Dalma– « zia e le lwle dell'Adriatico in forza del– « l'art. 5 e il golfo di Vallona, clo\'rà nel casp « che si formi in Albania un piccolo Stato « autonomo neutralizzato, non ·opporsi al dc– « siderio, che possono avere la Francia, la « Gran Bretagna e la Russia, di ripartire tra « Montenegro, la Serbia e la Grecia i territori « settentrionali e meridionali dcli' Albania ». L'on. Nitti si è tro,·ate le mani legate eia questo patto. E gli alti lai del G10n1aled'Italia sulla oorte clell'Alhania sono per lo meno te– merari. Tutti i nodi vengono al pettine. Eque• sto è uno dei tanti. L' Italia aveva una bella tradizione da con– tinui\re nella politica balcanica: quella della di– fesa.delle autonomie. Per la questior.e albanese l'Italia a,·eva nel 18c;i, per opera del Visconti Venosta, p1omosso un accordo con l'Austria nel senso che, venendo meno lo slalu quo, i due Governi avrebbero do,•uto « procurare che i cambiamen1i fossero ispirati al principio ciel– i' autonomia ». Quest'accordo rimase in vigore fino al 1913. Nel 1913 fu butt.'ltO per ana dall'on. di San Giuliano. Costui se ne rideva delle autonomie: era questa la politica delle t( mani nette » e lui aveva il furore delle « mani sporche ». anche a costo di rimanere, alla firc, colle « mani vuote•. E fu così che 1'8 maggio 1913 sorse la couvc11l.io11e segreta fra l'Austria e ltalia, rivelata dai bolscevichi nelle famose pubbli– cazioni, che sulla fine del 1917 e sui primi del 1918 scoperchiarono la fogna della diplo– mazia emopea. In questa convenzione l'Austria e l'ltalia dividevano l'Albania in due sfere d'influenza; quella del nord abbandonata al– l'Austria e quella del sud all'Italia; e si ri– conoscevano vicendevolmente il diritto di oc– cupare militarmente i territori rispettivi. Soppiata la guerra europea, l'on. Sonnino avrebbe potuto e dovuto correggere questo mi– serabile sproposito dell'on. di San Giuliano, e assumere la tutela della indipendenza e della unità albanese <.ontro le minacce dei greci e degli slavi: sarebbe stata una buon' azione e un buon affare. Ma l'on. Sonnino aveva, più dell'on. di San Giuliano, il terrore delle « ideo– logie democratiche ». Quindi sbranamento del• l'Albania; sbranamento della Dalmazia; sbra– namento della Jugoslavia; sbranamento del• l'Arcipelago Grl!co. Il trattato di Londra non fu un trattato, fu una macelleria di popoli. Dopo di che, l'on. Sonnino rimase inchiodato al suo trattato come Prometeo alle rupe. Da che mondo è mondo, nessuna guerra è mai finita la• sciando immutati i trattati, con cui era comin– ciata. Per l'on. Sonnino ilsuo trattato doveva fare eccezione nella storia dell'umanità. Tutto cam• biava intorno a lui: cadevano regni e imperi; spa– riva la Russia, firmataria del Trattato di Londra; intervenivano nella guerra gli Stati Uniti, che dichiaravano di non riconoscere il Trattato di Londra. L'on. Sonnino rimaneva come il Primo Mobile del Paradiso dantesco, senza di– stinzione nè di luogo nè di tempo. Uno dei punti, in cui li trattato cli Lon– dra avrebbe dovuto essere riveduto, era pro– prio costituito dall'articolo 7. ,;edere sulla Dalmazia e sul Doclecaneso, rivendicare l' u– nità dell'Albania contro Slavi e Greci, otte– nere per l'Italia il diritto di assistere l' Alba– nia nella difesa rlella sua indipendenza contro i vicini. E il momento buono era quello del Congresso di Roma. E il momento ottimo fu quello, che succedette alla battaglia del Piave. Ma questa sarebbe stata « ideologia demo– cratica». L'on. Sonnino doveva eseguire puntual– mente tino alla fine Il compito, che si era pre– fisso, di presentarsi al mondo nella veste di ti– ranno alfieriano. Voleva che l'Italia fosse temuta e odiata. Ha ottenuto invece .;.he fosse odiata senza essere temuta. E il Gi'oniale d'Italia vi– lipendeva brutalmente chiunque non giurasse e spergiurasse in verba magis1r1: · E ora se la p;ende coll'on. Nitti, perchè questi nell' ere– ditare i cocci fatti dai suoi predecessori, ha raccattati per l' Albama i coC'Ci preparati, voluti, difesi disperatamente dal Giortlolt d'I– la/in. E l'on. Federzoni protesta alla Camera perchè Francia cd Inghilterra non rispettano Ja « santità dei trattati » in Dalmazia e nel- 1' Egeo, ma rivendica I' a.nnessione di Fiume e l'unità dell'Albania! Quasi che la « san– tità dei trattati» non valga anche per que– ste <(rinuncie• ciel Trattato di Londra. Quasi che non si debba proprio a quella tattica con– tradittoria e sconclusionata, seguita dopo il novembre 1918, di invocare i trattati quando fanno comodo e rifiutarli quando non fanno comodo, che il Trattato di Londra è ca– duto a poco a poco per opera dtgli stessi negoziatori italiani, prima che un nuovo si~ stema diplomatico migliore fosse elaborato.

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