L'Unità - anno VIII - n.45-46 - 6-13 ottobre 1919
226 gheria e della T~rchia in tutti gVi elem nti o nuclei nazionali che li costituivano: 3° nella rh·endicazione èel diritto nazio– nale italiano, armonizzando'o çon le aspira– zioni nazionali d;lla confinante Jugoslavia. In altre parole abbiamo identificato i nostri fini con quelli dell'Intesa. Se Inghilterra e Francia combattevano la Germania e l'Italia combatteva l'Austria-Un– gheria, trattavasi per noi di un;i. divisione tecnica del lavoro militare. E se la chiave di volta della nostra guerra era l'Austria-Ungheria, noi abbiamo considerata la disfatta de!Peredi– tario nemico, da una parte come la condizione per isolare e vincere l'esercito tedesco, e dal– l'altra come la condizione per liberare tutti i popoli balcanici e danubiani. D'onde segue che l'Italia non ha combat• tuta e vinta la sua guerra nazionale per un prezzo fisso; ma ha combattuta e vinta, con gli alleati, una guerrn, che trasforma l'assetto d'Europa, e segna il principio di una nuova èr.'.l :storica. Lasciate che ne riassuma il bilancio: - è ci::ollato quel che sembrava l' in\'incibile mili– tarismo germanico, fonte di eterne guerre in passato, causa di questa guerra, che sarebbe stato sorgente di interminabili guerre in avve– nire; - la Monarchia Austro•Ungarica è un ricordo funesto del passato; sopratutto del nostro passato: - l'Impero turco, terrore della civiltà cristiana. è ricacciato in Asia: - è crollato il terrore dello Zarismo e la Siberia non f; pitÌ il paese dei deportati: - è rinata la Polonia: - la Balkania è libera: - i ger verni assoluti sono finiti in Europa: - i po– poli vinti hanno conquistato essi medesimi il governo parlamentare e d'!mocratico, per cui tanti moti liberali erano stati soffocati nel sangue .... Questi sono avvenimenti che h:rnno formato per ,;e.:oli e secoli, il sogno inafferrabile e l'in– cubo angoscioso di molte e molte generazioni di nostri padri! Per ognuno di essi molte ri– voluzioni e molte guerre sarebbero occorse, sarebbero state inevitabili e sarebbero state benefiche. Noi li abbiamo realizzati in questa guerra. Jl risultato supera ogni più accesa aspettazione. Non uno, riportandosi al principio della guerra, può dire di averli tutti previsti. E il grande risultato - possiamo affermarlo senza jattanza - non sarebbe stato raggiunto o non sarebbe stato così completo, se l'Italia non fosse inter• venuta con tutto lo sforzo di cui era carace. Non si negherà almeno questo, dopo le docu– mentate rivelazioni: - che nel 1917 l'Intesa avrebbe fatto la pace di compromesso con la Gennania, conservando l'Austria-Ungheria, se l'intransigenza italiana non avesse reso impos• ~ibile il mercato, e se - a parte il tragico episodio di Caporetto, che si traiformò nella più gninde vittoria morale del popolo italiano - le due vittorie del Grappa e del Piave e e il travolgente successo militare di Vittorio Veneto non a\·essero per sempre atterrato il seco·are nemico nostro e uno dei muri maestri del blocco militarista dcli' Europa Ce.ntrale. A questi fini e non all'annessione di Sebe– nico l'Italia ha contribuito mezzo milione di giovani esis~enze e So miliardi della sua ric– c.:hena. Questa è la concer.ione democratica dell-:L guerra; essa spiega diversamente la concatena• zione degli avvenimenti ed arriva logicamente· a magnificare lo sforzo e il successo delle armi italiane. Lungi dallo svalutare l'opera dei nostri figli combattenti P. reduci dalla grande guerra mon• dialc, la Democrazia la esalta, la riporta cioè al suo giusto valore storico. Poichè gli errori degli uomini polit:ci passano, e la storia rista– bilirà la prospettiva e la giusta prJporzione dei fatti! Per intanto, come conseguenza politica im• mediata, la Democrazia italiana, lungi dal disinteressarsi del trattato di Versailles, lo con• sidera come il documento fondamentale della sua futura azione di politica internazionale. Quella di Versailles non è la pace demo– cratica che ave~amo vagheggiata; ma non è neppure la pace imperialista che i socialisti del neutralismo vanno dicendo per svalutare la guerra, la vittoria e la Pace! Non è vero che a Versailles sia rinata la f;>emonia continentale della Francia, e si sia L'UNITA rinforzata l'egemonia marittima dell'Inghilterra. Tutte le clausole di garanzie militari e ter· ritoriali del Trattato dimostrano che la Francia vittoriosa vive sotto l'incubo della Germania vinta 1 Un'egemonia fondata ~u:la paura del vinto non è un'egemonia che faccia paura ai popoli liberi della Nuova Eumpa !... E che :a-, rebbe stata in confronto l'egemonia continen– tale di una Germania vincitrice? ... J...':wrebbcro forse preferita i gie,littiani - e i socialisti!. .. La preferireste voi? La forza navale dell'Inghilterra non esce relativamente rafforzata dalla guerra; alla flotta tedesca distrutta si contrappone già quella americana. A ogni mod,> noi conosciamo l'egemonia marittima dell'Inghilterra; è quella delJlavan– guerra.; egemonia difensiva delle vie di comu– nicazione con le colonie, non aggressiva verso gli altri popoli. Non sa·pj)iamo che cosa sarebbe stata Jlege– monia marittima della Germania vincitrice; ma sappiamo questo: - che la Germania avrebbe concentrato in sè il doppio monopolio della terra e del mare. Noi preferiamo almeno che sia diviso tra due o più potenze. E sono più di due in Orinicaso. Anche sotto q~1estu rispetto abbiamo vinto la guerra. Lo dico perché uno de; capisaldi della po• litica italiana fu e sarà quello di porsi contro ogni egemonia. Facemmo la Triplice contro il sogno tra• montato dell'egemonia mediterranea della Franda; disfacemmo la Triplice contro il so– gno infranto del'a egemonia ·mondiale ddla Germania; faremo e disfaremo, se occorre, altri trattati contro ogi:ii ritornante sogno di nuo, e egemonie ! . .. Ad onta di ciò, la Democrazia è .malcon• tenta del Trattato di Versailles, perchè esso non elimina tutte le cause di guerre future, che àvrebbe potuto eliminare; perchè non rende efficace subito - come avrebbe potuto - la Società delle Nazioni 1 imponendo il disarmo e l'abolizione della coscrizione obbligatoria ai vinti e ai vincitori, soito il controllo interna• zionale. Perchè il fine dei fini, il fine supremo per cui la Democrazia ha consentito alla guerra, ed a cui tutti gli altri debbçmo su• bordinarsi è quello di assicurare la pace giusta_e durevole. Il programma de1la dehlo– crazia inten 1 entista è stato << La guerra alla guerra»! Siamo stati in parte delusi. Abbiamo cre• duto ai discorsi cieli.a pace giusta e durevole che i Lloyd George, i Brian,1, i Clemenceau, i Sonnino avevano imparato cosi bene a re• citare durante la guerra, quando ave,,ano bi• sogno di noi per tenere alto lo spirito com• battivo dei nostri soldati e del popolo! Abbiamo creduto che dieci e poi cinque uomini se fossero stati superiori di intelletto e di fede avrebbero potuto far fare alla Urna• nità dolorante un passo gigantesc0 in avanti. Errammo. La conquista della libertà per i popoli come per gli individui segna un cammino lungo, faticoso, doloroso, che deve essere per– corso a tappe. li -trattato dj, Versailles è una tappa! E come tale deve essere approvato dal popolo e dalla sua futura Rappresentanza. Ma dopo riprenderemo la lotta. Con la buona politica estera e senza nuo,•e guerre 1 modificheremo e integreremo il trattato, infonderemo l'alito vi• tale all'organismo ancora esanime della So– cietà delle Nazioni. Ci sono voluti cinque anni per vincere la guerra; ne impiegheremo cinque e dieci per conquistare la pace! Questo è il problema maggiore di politica internazionale che incom• be sulla prossima legh,latura italiana, e non soltanto italiana. Il compito di risoh·erlo non spetta alla Democrazia neutralista, che ha sabotato la guerra, che ha sabotato la vittoria e si ac– cinge a sabotare la pace; ma spetta alla De– mocrazia mondiale interventista, la sola che abbia l'autorità, per insorgere, DI BUONA FEDE, contro una pace che in parte rinnega le ra– gioni ideali della guerra che essa volle e so– stenne. o La grande gioia della vittoria comune è stata awelenata ali' Italia dal trattamento che le ·è stato fatto alla Conferenza della pace. Sarebbe ingim,to di dare di cio la colpa sol– tanto all'on. Sonnino; ma bisogna ricordare che nel Patto di Londra egli ha rinunziato a Fiume, città italianissima, per annettere al• l'Italia la parte settentrionale della Dalmazia, \.he è tutta popolata di Croati, fatta eccezione della piccola città di Zara e di un nucleo di 1000 o 1200 italiani che sono cittadini di Se• benico. Questo duplice errore in\'ero è stato il pernio degli infelici negoziati di Parigi. La Democrazia interventista, seguendo le orme di Giuseppe Mazzini, non aveva mai pensato alla annessione - dlCo amuss-i'one - della Dalmazia, men che mai di una parte della Dalmazia che implica lo smembramento di una unità eteica e storica. Il che non vuol dire che la Democrazia non si sia preoccu– pata del problema del'e città e dei nuclei italiani dalmati,• problema che essa risolveva e risolve - per tutti egualment:: - col si– stema delle autonomie più o meno estese e delle città libere più o meno sovrane. Anche in ciò noi siamo ispirati dalle tra• dizioni politiche dei nostri predecessori. Non che rùum,iatan: noi pretendian10 di avere previsto esattamente il corso degli avveni– menti e di essere stati i prtcursori delle ~olu– zioni che oggi si propongono. « Nostra é l'Istria» - scriveva l\fazzini - « necessaria ali' Italia, come sono neces– « sari i porti della Dalmar.ia agli Slavi meri– « dionali ». Fiume era di reg...>latenuta fuori dei confini italici. l\fa colui che ha l'onore di parlarvi in questo momento, formulando alla R::i.dicale Romana, nel febbraio 1916 - prima che fosse noto il Patto di Londra - i fini della nostra ~uerra, avea sostenuto la oppor• tunità di accordi diretti con la Serbia per re– golare il problema dalmatico, ma aveva incluso Fiume nelle rivendicazioni italiane. Ad onta di ciò, debbo lealmente ricono– scere, che ragioni economiche più che etnico– nazionali m'aveano consigliata l'annessione, perchè è vero che l'irredentismo di Fiume è nato dopo l'armistizio; non esisteva prima della guerra. E ciò giustificherebbe in parte la rinunzia dell'on. Sonnino, ie nello stesso Patto di Londra non si fosse disposto di Fiume, assegnandolo alla Croazia .. Quest'ultima circostanza basta per spiegare coine sia e,;;ploso improvviso e violento l' irre• dentismo di Fiume ! Fiume era città libera, di cui noo si poteva disporre da coloro che aveano strombazzato ai quattro venti il diritto dcli autodecisione. Fiume era riuscita a farsi rispettare dal governo ungherese, e si t vista a un tratto consegnata inenne alla mercè dei suoi implacabili nemici locali: i Croati ! Ed ha proclamata l'annessione all'Italia! C ,sì Fiume ha posto il suo problema in forza di un diritto suo ; epperò gli Alleati e specialmente \Vilson, che non avea ricono– sciuto il Patto di Londra, avrebbero dovuto esam;nare la ques:ione t:.t: mr,;o, indipendente• mente dal Patto di Londra! Invece ci hanno po!>to il dilemma : rinunziare alla Dalmazia per salvare quanto ancora era salvabile della italianità di Fiume. Cosi la rinunzia originaria deil'on. Sonnino, obbliga la Delegazione ita– liana a rinunziare alla Dalmazia, sm:a com• pensi/ Dico « stm:a compensi» perchè questo era per noi della Democrazia fin da principio, e questo era di fatto, per forza di cose diven– tato il punto centrale dei negoziati. Ricordo the Inghilterra e Francia aveano promesso alla Serbia di ottenere da noi la rinunzia alla Dalmazia. per cui avrebbero dovuto almeno compensarci con concessioni coloniali, ben più larghe e proficue di quelle assai modeste che l 1 on. Sonnino avea convenute nel Patto di Londra. l\la essi hanno preferito di sfuggire a que– st'obbligo ricattandoci con Fiume, che era di• ventata una passionale questione patriottica. Hanno preferito sfruttare freddamente l'errore del Governo italiano per colpire il Popolo ita• liano in un sano sentimento patriottico: Fiu• ' me; e in un vitale interesse economico: le Colonie. E il popolo italiano ricorderà ben~ì l'inabilità del suo Governo, ma non ricorderà Pabilità ingenerosa dei suoi Alleati. Guai se non sarà italianamente risoluta la questione di Fiume! Grave errore, nel loro stesso interesse, com• terebbero gli Alleati se, profittando del mo– mento, con la forza bruta di qualsiasi forma ci imponessero la sopra vivenza dell' irredenti ... smo italiano! Piccola è Fiume, piccola la popolazione che sarebbe causa del nuovo irredentismo ! Ma immenso l'effetto di dolore e di rancore che resterebbe sulla grande anima del popolo italiano. Noi possiamo contendere tra noi se il pro• blema nazionale debba essere risoluto secondo il programma massimo del sentimento patriot• tiCo che trascura altri elementi del più c.om – plesso problema politico; o secondo il pro– gramma minimo e alquanto francescano del• l'onorevole Bissolati; o secondo un compro– messo intermedio che più equamente contem:. pera il fattort: etnico con quello politico e · militare - ma tutti siamo concordi in ciò: - che questa guerra deve eliminare per sempre il fenomeno dell'irredentismo italiano sull'altra sponda! Questo minimo de\·c garantirci la soluzione del problema d; Fiume. Non occorre la guerra. Il diritto di Fiume è infrangibile. I negoziati debbono imporre il suo riconoscimento. Basta non aver l' anima gretta di voler vendere Fiume per i miliardi dell'America! Or pure concedendo che il problema na– zionale ci lasci un residuo di insoddisfazione, riconosciamo che l'Italia risolve il problema maggiore, il solo pel quale era necessaria la guerra, cioè il problema dei confini militari di terra e di mare, da cui dipende che l'Italia conquisti, con la unità la sua effettiva indi– pendenza politica in Europa e soprattutto di fronte ali' Europa Centrale, - pur restando in attesa che la Società delle Nazion; sostituisca la necessità di questa antiquata forma di ga-. ranzia. Erra chi pensa che questo fine non sia stato. realiz1.ato sol perchC non abbiamo avuto in Istria e in Dalmazia il confine segnato dal Patto di Londra. Col Brennero e discendendo almeno fino al Monte Maggiore nel Quarnero, con Pola e con alcune isole strategiche nel Medio Adria– tico, e con Valona a sud, e con il disarmo e la neutralizzazione della costa orientale non italiana, noi abbiamo risoluto il problema mi• litare con moderazione etnica, cioè, senza oc– cupazioni di territori slavi, che militarmente nt.n erano utili, che avrebbero creato I' irre-. dentismo slavo e resa per sempre impossibile l'amicizia fra I' It2lia e c,li slavi dell'altra sponda. Vi hanno pro~onde ragioni che spingono l'Italia e la jugoslavia ad intendersi sul reci-. proco interesse politico od ~conomico. « Il vero obbiettivo» (scriveva Mazzini nel 18n) « della vita internazionale dell'Italia.... sta nell' al– leanza con la famiglia slava. >> L'amicizia politica coi popoli danubiani e balcanici e c?n la Jugoslavia che ne tiene 11in. gresso su quasi tutta la linea del nostro con-– fine. deve servire di base alla nostra espan .. sione econ?mica sul vicino Oriente. Questo è un vitalis:;'mo interesse italiano, ::,,nchedi ca– rattere militare. L'Italia, chiusa nel )'lediterraneo tra Gi– bilterra e Suez, deve anzitutto assicurare la sua indipendenza economica - ecco il fattore militare! - intensificando gli scambi coi po– poli mediterranei. E la prima condizione è che– l'Adriatico diventi mare che unisca commer– cialmente le due sponde e n1..n divida politi... camente i due popoli. È passato il tempo Qllando ~la conquista, economica era preceduta dalla conquista mi– litare e dal dominio politico. L'ultimo colossale tentativo fatto dalla Germanìa su questa via è crollato con la guerra. Così il piccolo tentat vo fatto dell'Onorevole Sonnino col Patto di Lon– dra è stato sgretolato dai fattori morali della guerra. Si persuadano tutti : -in mezzo a popoli liberi la. penetrazione economica de\·e essere preparata dal!' amicizia politica. Ed ecco come necessariamente ali' indirizzo , della politica estera si legano iproblemi della po– litica l!Conomica,che sono la spina dorsa-le della politica interna. Uno è il problema nuovo c\i politica'tnterna;
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