B La cura liberista che ha creato anche tanta povertà e insicurezza facendo sì che la conquista delle libertà non fos: da tutti. Di quanto poco conti l'abbondanza di merci nei negozi per i tanti che non possono comprare nulla. Postcon dominano la scena politica. Uno Stato sentito come forza ostile in un paese che nella sua storia ha cono di indipendenza. Il problema della decomunistizzazione mancata. Un anticomunismo che continua a ripeter• Il tracollo della Chiesa nelle campagne dove tutto è disastrato. La grande delusione di chi si era ribellato. lntervi Karol Modzelewski, storico del Medioevo. è tra i più vecchi oppositori del regime comunista polacco. Nel lontano 1965, 11011 ancora trentenne, scrisse insieme a lacek Kuron una Lettera aperta al Poup, il partito unico dominante, che segnò il primo passo del lungo percorso della dissidenza polacca. La lettera, che ebbe anche risonanza nei paesi occidentali tra le giovani generazioni avviate verso la contestazione, diede inoltre inizio alla serie di incarcerazioni subìte dai due autori nel/' arco di 11nventennio, l' 11/timaso1to la di1tatura militare di Jaruzelski, dopo la parentesi liberatoria di Solidarnosc di cui Modzelewski è stato dirigente e portavoce. Dopo le elezioni del giugno 1989 venne eletto senatore e quindi, in opposizione alla politica liberista del governo di Solidarnosc, fondò l'Unione del lavoro, un piccolo raggruppamento di sinistra che ha tuttavia abbandonato l'anno scorso. Modzelewski ha interrolto di tanto in tanto il lavoro politico a tempo pieno per dedicarsi agli studi e ali' insegnamento, ma sempre la passione politica lo ha di nuovo coinvof to, Ed ecco che nel gennaio di quest'anno lui e Kuron si sono di nuovo uniti per scrivùe un'altra le/tera aperta, questa volta rivolta ai partiti politici (il testo con un' introduzione di Modzelewski per il leltore italiano è pubblicato in Micromega, 1/96). Da questa seconda le/tera abbiamo preso spunto per parlare con Modzelewski di quanto sta accadendo in Polonia, di come vive la gente, del perché ha votato per gli eredi dei comunisti, pochi anni dopo la fine della di1tatura e del regime monopartitico contro cui era insorta a più riprese. Una situazione giudicata da Modzelewski molto preoccupante. Nel paesaggio di una Polonia ancora molto sofferente nonostante la ripresa economica, il mondo politic:osembra muoversi tra manovre, manipolazioni e costruzione di scandali più o meno fondati, e aformare strane e innaturali alleanze che hanno come unico denominatore comune un anticomunismo che si protrae oltre i suoi tempi storici. Per parte loro i postcomunisti sguazzano ormai nel mondo degli affari e della finanza. senza aver perso attitudini mentali del/' ancien régime e inclinazioni autoritarie. Dopo oltre trent'anni perché Kuron e Modzelewski hanno scritto insieme una nuova Lettera ? Nel 1965 volevate in fondo salvare il socialismo in cui avevate creduto, adesso che cosa volete salvare? La Polonia è di nuovo in pericolo? Non direi che allora volessimo salvare il socialismo, anche se avevamo creduto nel socialismo. Nel 1965 ci ribellavamo contro un regime la cui prassi ci sembrava del tutto contraria ai valori o alla ideologia che erano collocati sulle sue bandiere. Noi credevamo inquella ideologia e, anche per motivi assiologici, decidemmo allora di schierarci contro il regime. La nostra fu una rivolta -se posso permettem1i il paragone storico, che in fondo non si dovrebbe fare, con epoche remote- di eretici radicali contro laChiesa, però in nome del dio. Ora che non siamo più credenti in questo dio, non è il caso di mettere le due lettere sullo stesso piano. Ora ci troviamo in una situazione politica diversa: basti osservare che se allora la nostra lettera era rivolta al partito unico, adesso è indirizzata ai partiti politici. Allora il nostro destinatario era in fondo il nemico, adesso ci rivolgiamo agli amici, anche se della cosa non sono più tanto sicuro. Però è vero che scrivendo di nuovo insieme una Le1tera, Kuron e io abbiamo voluto indicare che c'è come un ritorno storico, che la situazione non è poi veramente così cambiata come sembra. Cosa vogliamo dire oggi? Abbiamo voluto gettare un grido di allarme nei confronti di un certo atteggiamento politico da guerra santa contro coloro che hanno vinto le elezioni, prima quelle parlamentari e ora quelle presidenziali. Una guerra santa che può essere ispirata dal ricordo delle lotte passate contro il comunismo in nome della democrazia e della libertà. Ma oggi non è detto che l'anticomunismo possa praticarsi in nome della democrazia. Anzi può darsi sia vero il contrario, che cioè l'anticomunismo dei vecchi combattenti per la libertà, continuato in una situazione sol stanzialmente diversa, possa mettere in pericolo la democrazia in quanto significa rottura della classe politica e della società. C'è un campo che è risultato vinto in due competizioni elettorali, ma che contesta ai vincitori il diritto morale a esercitare il potere, rifiuta quindi la regola elementare della democrazia. Lo stato democratico, che è fragile in Polonia, non può sopravvivere senza il riconoscimento di alcuni valori e di alcune regole fondamentali, che devono essere valide per tutti perché altrimenti cessano di esistere. Bisogna sottolineare che la Polonia è un paese vulnerabile sotto questo aspetto, perché nella sua storia è stata molto spesso una nazione senza stato: non ha avuto per due secoli un proprio stato, e nel dopoguerra ha avuto uno stato con una sovranità limitata dal dominio sovietico, se si eccettuano questi ultimi anni. L'unico periodo in cui la Polonia fu veramente indipendente è il ventennio tra le due guerre: un periodo troppo breve per radicare nella cultura politica un atteggiamento veramente democratico, che consideri cioè lo stato quale comunità politica dei cittadini. Da noi è diffusa la tendenza a considerare lo stato come una forza esterna, ostile e opprimente. Se a ciò si unisce una retorica anticomunista, come quella che si è diffusa adesso, questa miscela può indurre nell'opposizione qualcosa di simile a un maccartismo, sia pure di segno rovesciato. Ma perché questo problema si è presentato solo adesso, dopo più di sei anni dal crollo del regime comunista, o meglio solo adesso ha assunto una dimensione che voi giudicate così preoccupante? La polarizzazione della situazione politica tra postcomunismo e anticomunismo è giunta a un alto livello di pericolosità durante la recente campagna per le elezioni presidenziali, quando i polacchi si sono trovati di fronte ali' alternativa secca tra Kwasniewski e Walesa. lo personalmente mi sono adoperato, purtroppo invano, perché l'Unione della libertà -il partito cui appartiene Kuron, anche se su posizioni molto eccentriche- e l'Unione del lavoro - cui io sono legato anche se ne sono uscito nel maggio scorso- unissero le loro forze per sostenere la candidatura di Kuron e presentare così al paese un·altra alternativa. Ma l'intera campagna elettorale si è svolta in una logica bipolare clilotta tra due simboli storici: il postcomunismo, considerato come una cosa da accettare -o da combattere- ma solo per motivi storici, perché è una formazione che si ricollega al passato, al regime che esisteva prima e di cui è in certo modo la continuazione: e l'anticomunismo, cioè la formazione cli coloro che hanno combattuto il comunismo, l'hanno rovesciato e pertanto si mobilitano contro i suoi eredi. Se la logica delle elezioni presidenziali veniva presentata così, i personaggi che la incarnavano non potevano che essere Kwasniewski, inquanto leader del partito postcomunista -il partito socialdemocratico che è nato clall'ultimo congresso del partito comunista- e Walesa che ha fatto dell'anticomunismo la sua bandiera. Non pensi che questa polarizzazione di cui parli sia stata preparata o almeno favorita dalle posizioni di grande tolleranza da voi assunte nella fase di transizione, dalla vostra preoccupazione di non creare un'atmosfera di epurazione per cui una parte almeno della società ha avuto l'impressione che non vi sia stata una vera soluzione di continuità nel passaggio da un regime all'altro'? Voi che avete assunto il governo della Polonia dopo le prime elezioni del 1989 non siete stati troppo generosi con la vecchia classe politica, per cui vi trovate adesso di fronte gli stessi dirigenti e funzionari che vi perseguitavano e vi mettevano in galera'? Di fatto. questi stessi funzionari della polizia politica -come abbiamo scritto nella nostra lettera- non servono i postcomunisti, servono la destra e Walesa nel combattere i postcomunisti. Sono loro che hanno fornito le informazioni per formulare I'accusa di spionaggio nei confronti ciel premier Olcsky. che ha dovuto dimctlcrsi. Comunque. non è vero che e ·è stata coni inuità tra il vecchio e il nuovo regime a • livello delle cariche politiche. Certo, per alcuni mesi nel primo governo Mazowiecki, che era un governo di transizione e compromesso, vi erano ministri importanti, come quelli della Difesa e degli Interni che erano comunisti. Anzi, al ministero degli Interni -che era ed è tuttora un ministero mostruosamente gigantesco perché include l'amministrazione territoriale, la polizia, i servizi speciali ali 'estero e ali 'interno e, per colmare la misura, anche i pompieri- vi era uno dei più vicini collaboratori del generale Jaruzelski, il generale Kiszczak. Lo stesso Jaruzelski era presidentedella Repubblica. Ma poco dopo tutti questi personaggi del vecchio regime, che erano rimasti in virtù degli accordi della Tavola rotonda degli inizi del 1989, hanno ceduto il potere: e così sono cambiati tutti i capi dell'amministrazione statale sia a livello centrale che locale e il grosso dei funzionari, eccetto le persone che i nuovi ministri ritenevano utili per le loro competenze. C'è stato quindi un cambio pressoché totale clipersonale politico e amministrativo. Certo, ladecomunistizzazionenon ha investito anche la sfera della vita civile, come è accaduto in Cecoslovacchia: i funzionari comunali, gli insegnanti di scuole elementare. gli avvocati. E' anche veroche i comunisti non sono svaniti nel nulla, ma hanno approfittato della loro buona posizione sociale e delle loro conoscenze per darsi agli affari, e sono entrati, ad esempio, in buon numero nel settore bancario che è la chiave della vita economica. Questo fatto può avere suscitato legittime proteste da parte cli chi aspirava ad occupare le stesse cariche lucrative. Ma non mi pare possa essere considerato il problema più vitale per la Polonia e per la maggior parte dei polacchi. Per il disoccupato o l'operaio che sta per perdere il lavoro, l'insegnante che non riesce a vivere come prima con il suo salario, il contadino che non ha i soldi per mandare suo figlio alla scuola media importa molto poco chi è il direttore della banca. Per tutta questa gente è molto più importante la politica economica del governo. Ma esisteva una certa pressione, da una parte almeno della società, per operare un'epurazione più vasta e profonda. Vi è stato un acceso dibattito politico su questo problema. Tutto è cominciato quando nelle prime elezioni totalmente libere del 1991 è risultato che i postcomunisti erano in ascesa e avevano quasi raggiunto l'Unione della libertà. Fu allora che nacquero i progetti cli decomunistizzazione. Il centro e la destra avevano la maggioranza in Parlamento e . . I potevano governare senza la partec1paz10ne dei postcomunisti e del Partito contadino. La destra tradizionalista faceva forti pressioni per realizzare una grande epurazione anticomunista. ma l'Unione della libertà -che era il partito più forte nel Parlamento- si oppose in linea di principio a questa linea. E si può dire che è con questa campagna anticomunista che la destra ha preparato la sua sconfitta politica nel 1993 e il successo dei postcomunisti. Così come prima e durante le ultime elezioni presidenziali è stata la campagna anticomunista a preparare la vittoria di Kwasnewski. Perché non si può fare un discorso retorico del tipo: '·Ecco, noi siamo i giusti che adesso metteranno al bando i cattivi. faranno un processo se non giudiziario almeno morale a tutti coloro che si sono compromessi, che hanno peccato cliconnivenza con il regime comunista•·. Bisogna considerare che questi giusti, questi oppositori aperti erano stati pochissimi fino al 1980. erano diventati grandi masse per alcuni mesi tra il 1980 e il 1981, dopodiché erano ridiventati una esigua minoranza. La grande maggioranza dei polacchi non è entusiasta della prospettiva che si esaminino le biografie della gente per verificare che non ci sia qualche macchia anche minima come l'aver fatto l'attivista a livello locale. E poi cos'è questa situazione assurda in cui gli cx combaltenti controllano se gli altri facevano cose da condannare? La genie si è sentita come messa al bando e umiliala e ha avuto una reazione di simpatia per gli cx comunisti. Insomma i progetti di dccomunistizzazionc sono stati con1roproduccn1i. Insieme alla campagna anticomunista c'è stata inoltre una specie di condanna intransigente e unilaterale del passato, del tipo "non si è fatto niente o si sono fatte solo cose negative", come se dopo la guerra, nel 1945, la Polonia fosse in una situazione economica fiorente o lo fosse stata tra le due guerre. Non si può dire che non vi sia stato sotto il regime comunista alcun progresso né economico, né sociale, né educativo o culturale. Ciò equivale a dire che i polacchi avevano lavorato invano. Significa per un ingegnere o un operaio che ha partecipato alla costruzione di una fabbrica, che ciò che ha fatto non vale niente; per un insegnante di scuola dire che si era limitato a indottrinare i poveri bambini, significa che il suo lavoro era totalmente negativo. Che tutti si erano comportati negativamente, come dei confom1isti passivi. Per fortuna questo era stato l'atteggiamento prevalente, perché una nazione di eroi di solito non sopravvive. Egiustamente la gente di fronte a queste affermazioni si è sentita offesa. Però se si guarda retrospettivamente a quanto è successo in Polonia negli ultimi dieci-quindici anni, se nel 1981, alla proclamazione dello stato di guerra, sembrava inimmaginabile che il comunismo sarebbe crollato di lì a poco, ancor più inimmaginabile sarebbe apparsa l'ipotesi che i comunisti, o i loro eredi diretti, sarebbero dopo pochi anni tornati al potere tramite libere elezioni. Il ritorno dei comunisti è avvenuto in tutta l'area, con l'eccezione della sola Repubblica ceca, e dell'Albania che è un caso un po' a parte. Certo, è una cosa che colpisce molto e colpisce soprattutto i polacchi che hanno partecipato anche emozionalmente alle vicende di Solidarnosc, per i quali queste elezioni significano senza alcun dubbio che il mito di Solidarnosc è morto e seppellito. Però è morto prima di queste elezioni. E' stato seppellito magari con queste elezioni, ma è morto prima, perché è stato usato come copertura della cura liberista cieli'economia polacca. lo personalmente sono scettico per quanto riguarda l'affermazione che non si poteva fare altrimenti. Forse non c'erano forze politiche preparate e sufficienti per fomrnlare e realizzare un'altra strategiaeconomicache in realtà non è stata nemmeno concepita. Si può anche concedere che iIdisastro economico dei primi anni della transizione non è stato solo il prodotto della terapia d'urto ma anche un'eredita della gestione passata. Ma la terapia d'urto del piano Balcerowicz è stata da noi applicata in forma esclusivamente monetarista. Una cura così estremisticamente monetarista non c'è stata nella Repubblica ceca, non c'è stata in Ungheria. Equesti paesi hanno una disoccupazione di gran lunga inferiore alla nostra; il calo del prodotto nazionale lordo non è stato così drammatico come da noi. In ogni caso, ogni paese ha avuto la sua terapia particolare e bisognerebbe discuterne. Non si può affennare inmodo categorico che una cura è stata buona o cattiva. Gli economisti hanno la tendenza a esporre le cose in modo drastico, a presentare una strategia complicata come una cosa semplicissima, aconsiderare ladifferenza di opinioni come una differenza tra intelligenti e cretini. A mio parere, è un difetto degli economisti, forse perché l'oggetto del loro studio è connesso alla prassi politica, e per la prassi politica occorre essere assertivi, fare della propaganda. Ad ogni modo, da noi tanta gente si è sentita danneggiata dalla terapia che è stata applicata, ed è incontestabile che lo è stata: il passaggio dall'economia pianificata a quella di mercato ha comportato un drastico calo del prodotto nazionale e quindi un impoverimento diffuso, un certo degrado sociale e soprattutto ha fatto nascere in tanta gente un forte senso di insicurezza. I lati positivi del bilancio della transizione non contano in modo eguale per tutti. La libertà di espressione è una cosa importantissima per uno scrittore, ma non altrettanto per chi non legge più libri perché non può permettersene l'acquisto. O per chi, vivendo in un paese, non può mandare il suo ragazzo alla scuola media in città perché non ha i soldi per pagargli il biglietto dell'autobus cinque volte alla settimana. La libertà cliviaggiare all'estero è importante per chi ne ha i mezzi. Intendiamoci, anche tra i poveri sono tanti a farlo perché è un modo di guadagnarsi la vita col piccolo commercio oltre frontiera, ma i più non possono. Anche l'abbondanza di merci nei
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