B PER I RAGAZZI DI SARAJEVO lsmira è nata a Sarajevo il 4.4.1989. Ha un fratello più grande, lsmir, di 12 anni. La madre Hadzira ha sempre lavorato come casalinga. Il padre Islam era operaio della "Vodovod" ( l'organizzazione cittadina per il rifornimento di acqua). Non erano ricchi, ma erano una famiglia normale. Il padre è stato ucciso in un combattimento a Trebevic, il 10.9.92, proprio il giorno del compleanno della moglie Hadzira. Lei non festeggerà mai più questo giorno. I bambini hanno molto sofferto psicologicamente per la morte del padre, ma la madre è stata intelligente e si è rivolta ad un centro specializzato per un aiuto a livello pscicologico. Questo è servito molto ed ora i bambini stanno meglio. La famiglia non ha nessun aiuto. I parenti della madre vivono ora a Gorazde, come profughi, poichè la loro casa nel villaggio di Mededa, vicino a Visegrad (adesso è territorio serbo), è stata incendiata. Il fratello del padre vive in Svizzera, ma non si è mai preoccupato di come Hadzira ed i bambini possono vivere. lsmira è una bambina bionda, con gli occhi azzurri e due belle guance rosse. Non va ancora a scuola, ma sa leggere e scrivere. Come a tutte le bambine, le piace giocare con la Barby e dice che da grande farà la dottoressa. La prima volta che ho visto lsmira, aveva meno di 4 anni. E' entrata in casa mia e ha detto:" Mi piace la tua casa: è pulita e ordinata". Dopo un mese, quando ero con mio figlio Faris al cimitero a visitare la tomba di mio marito, ho riconosciuto, nei due bambini che erano sulla tomba del padre, lì accanto, lsmira e lsmir. Alen è nato a Sarajevo il 18.7.1995. Essendo così piccolo, di lui si può solo dire che è un bambino delizioso, sano e felice perchè ancora non può capire nulla. Conosco sua madre da molto tempo. Un giorno l'ho incontrata ed ho visto che era in stato interessante. Fui sorpresa, perchè sapevo che era divorziata da tanto tempo e non aveva avuto figli. Era sempre carina, gentile e molto discreta. Nada ha ora 43 anni, è nata a Dubrovnik, quindi a Sarajevo è completamente sola, senza nessun familiare o parente. Avere un bambino a questa età, da sola e nel mezzo della guerra, per me è una decisione che merita rispetto e comprensione. Quando ho chiesto a Nada se era d'accordo di essere aiutata con questa iniziativa, la sua prima domanda è stata: "Ma non mi porteranno via il bambino?". Quando le ho spiegato che il suo bimbo starà con lei, si è rincuorata. Adesso lei sta sempre in casa, non lo lascia mai e lui è tutta la sua gioia. In questo periodo, anche se è una persona istruita, Nada non riesce a lavorare, quindi un aiuto per il suo coraggio è senz'altro benvenuto. Nada stessa può raccontare in prima persona altre cose di sè, ma credetemi: la vita nel nostro quartiere è molto dura. Maja è nata a Sarajevo il 27.10.81. Sua madre Azra è morta il 4 gennaio 1994, uccisa per strada da una granata, esplosa vicino al Palazzo del Governo. Lei stava appunto correndo verso casa, perchè le sue figlie erano sole. Viveva da sola con le due figlie, Maya e Arijana, che ora ha 17 anni, essendo divorziata dal marito dal 1981. Il padre non si occupa granchè delle figlie, così ora è la nonna materna Camila che pensa a loro. Dopo la morte della madre, le ragazze si sentono più sole che mai. Maja mi ha detto che non si è ancora ripresa. E' stata un mese in ospedale perchè ha problemi di cuore, e questa tristezza e la tragedia che ha colpito la famiglia hanno peggiorato la situazione. Ora sta frequentando l'VIII classe delle scuole elementari ed è molto brava. Le piacciono la musica, il tennis, e sogna di diventare una modella famosa ... Sogna, come ogni altra ragazza della sua età. Anche se dalla foto forse non si vede, è molto graziosa. Nalda è nata a Sarajevo il 25.12.1987. Dopo la morte del padre Mehmed in un combattimento per la difesa della città, il 19.1.93, la madre Fadila è rimasta sola con quattro figli: Belma, (25 anni), Alen (24), lrhad (15) e Naida (9). La morte del padre non è stata l'unica tragedia di questa famiglia. La figlia più grande, Belma, da quando aveva 18 anni è ammalata di tumore al seno. C'è una piccola possibilità di salvarla: ora è in una clinica, in Canada, per una terapia che è l'ultima speranza. Questa madre disperata dice che la figlia più piccola rappresenta un raggio di sole nella sua vita. Dice che un giorno i figli maschi si sposeranno e che avere una figlia più piccola è un vero tesoro. Ed è proprio un tesoro questa dolce bambina sorridente. Naida, come tutte le altre bambine, gioca con le bambole, le piace cantare e disegnare, le piace la scuola ed è molto brava. La sua migliore amica è sua cugina Leila, che ha la stessa età. Vanno a scuola insieme e giocano nel tempo libero. A Naida piace essere ben vestita ed in particolare le piacciono le scarpe. Sua madre si lamenta perchè mangia poco, è molto magra. Tutte le bambine della sua età fanno sogni per il futuro: lei vorrebbe diventare parrucchiera. Vorrei aggiungere, infine, che Naida abita in una delle zone più pericolose della città, Sedrenik, che era sulla prima linea del fronte, e che la sua casa è stata danneggiata dai bombardamenti. Vahida e Mevlida sono gemelle. Sono nate il 12.7.1980 nel piccolo villaggio di Kozadra vicino a Rogatica (ora territorio serbo). La loro stioria è molto triste. Il padre Sabrija morì quando loro avevano 6 anni. La madre si è ammalata ed è morta giovane all'inizio della guerra. I fratelli Mevludin e Vahudin, di 22 e 20 anni, sono stati prigionieri dei serbi nel campo di concentramento di Sokolac. Ancora adesso non si sa se sono vivi. Prima dell'inizio della guerra, (che nessuno si aspettava), le ragazze erano a Sarajevo ospiti di amici di famiglia. Capitò lì per caso Edina Coric, un'insegnante, che vedendo le due ragazzine gemelle, allora dodicenni, le invitò a partecipare ad un picnic organizzato dalla scuola, con i suoi alunni. Così portò le bambine a casa sua, ma dopo pochi giorni scoppiò la guerra. Così le ragazze sono ancora con lei, che si è sempre occupata di loro, nonostante non fosse una loro parente, avesse all'epoca solo 24 anni e non fosse sposata. li loro problema è che ora non hanno una casa (provvisoriamente sono in casa di amici). Le ragazze, poichè la mamma era ammalata, avevano cominciato a cucinare e a fare i lavori di casa molto presto, a 12 anni. Cucinano molto bene e danno un grande aiuto ad Edina, che insegna in due scuole per poter mantenere le ragazze. Ora frequentano entrambi la prima classe delle superiori per diventare maestre. Hanno qualche difficoltà nei rapporti con gli altri ragazzi, perchè prima della guerra frequentavano una scuola di paese, distante un'ora di cammino dalla loro casa, dove c'erano solo 1 O alunni e di età diverse, perciò non hanno avuto una buona formazione di base. Tuttavia sono ragazze brave e graziose. Vahida è un po' più piccola di Mevlida, ha capelli ed occhi castani, è timida e tranquilla, non parla molto e sta sempre con sua sorella. Le ho chiesto se ha degli amici e mi ha detto che li vede solo a scuola, perchè le altre ragazze abitano in altre parti della città e, avendo cambiato appartamento da poco, non ha ancora conosciuto i ragazzi vicini. Le piace ascoltare la musica, leggere e ricamare. (a cura di Kanita Fociak) Per aderire all'iniziativa di adozione a distanza inviare il contributo tramite bonifico bancario clc 28304177 della Carisp di Forlì, sede centrale, specificando se si tratta di una tantum o di versamento mensile, bimensile, o trimestrale. L'entità del contributo è del tutto discrezionale, mentre ad ogni ragazzo di Sarajevo verranno versate 200. 000 lire mensili, almeno per un anno. I brevi cenni biografici riportati sopra riguardano il secondo gruppo di ragazzi che già ricevono il contributo mensile. Per informazioni rivolgersi alla redazione di Una Città. Te/. 0543/21422; fax 0543130421. MALA EXEMPLA Giudice e magistrato d'accusa, oltre che due funzioni radicalmente distinte, per la complessità odierna delle indagini, sono ormai due mestieri diversi. L'indispensabile separazione delle carriere, a patto che non venga pregiudicata l'indipendenza del pubblico ministero. Modificare due articoli della Costituzione • Intervista a Marcello Gallo. Marcello Gallo, awocato penalista, è ordinario di Diritto Penale nella facoltà di Giurisprudenza nell'Università La Sapienza di Roma. E' stato presidente della commissione bicamerale che ha espresso il parere sul nuovo codice di procedura penale. La separazione delle carriere fra giudice e pubblico ministero, fra giudice e magistrato d'accusa, recentemente ancora esclusa dal presidente Scalfaro, potrebbe garantire più ampiamente la terzietà del giudice, vera colonna portante di ogni ideadi giustizia? Equanto è reale il rischio, paventato da tanti, che una simile riforma vada a condurre l'istituto del pubblico ministero sotto controllo politico? Il problema indubbiamente esiste. Il nuovo codice di procedura penale ha reso l'attività del pubblico ministero particolarmente incisiva sugli effetti dello svolgimento delle indagini, per cui il puçblico ministero si è trovato ad essere portatore di una conoscenza delle tecniche di investigazione, complesse ed elaborate, che i giudici non hanno. Che il pubblico ministero abbia un tipo di preparazione diversa da quella di chi è chiamato a giudicare mi sembra indispensabile. Sarebbe quindi opportuno che le carriere di giudice e pubblico ministero fossero differenziate, magari permettendo, con congrui vagli, il passaggio dall'una all'altra, ma senza che le funzioni siano praticamente intercambiabili come avviene oggi. Tutto questo, però, non deve assolutamente portare alla conclusione che il pubblico ministero debba essere assoggettato al controllo gerarchico di questo o di quell'organo: il pm deve essere assolutamente indipendente, così come è indipendente il giudice e questo per il semplice motivo che il nostro sistema giudiziario si fonda sulla regola fondamentale che i giudici dipendono solo dalla legge. Ora, se il pm fosse un organo assoggettato a vincoli di subordinazione speciale nei confronti di altri soggetti, è chiaro che anche il giudice, seppur per via mediata, non sarebbe più dipendente soltanto dalla legge, ma anche dalle direttive e dagli ordini dati al pm. Come conciliare allora l'esigenza di una particolare preparazione professionale del pubblico ministero e quindi della separazione della carriera di questo da quella del giudice con il principio della non subordinazione gerarchica del pm a organi superiori? Credo lo si possa fare mediante la revisione di due norme della Costituzione: l'art. 107 e l'art. 101. L'art. 107 elenca le garanzie costituzionali dei magistrati, ossia l'inamovibilità, il fatto che non possono essere dispensati o sospesi dal servizio né destinati ad altre sedi e funzioni se non in seguito a decisioni del Csm, e così via. Quando, però, si arriva all'ultimo comma si legge quanto segue: "Il pubblico ministero gode delle garanzie stabilite nei suoi riguardi dalle norme sull'ordinamento giudiziario". In pratica, per il pm, rispetto al quale è fatta distinzione nei confronti degli altri magistrati, le garanzie non sono più di natura costituzionale perché la Costituzione rinvia alle norme sull'ordinamento giudiziario che sono di legge ordinaria. Secondo me una riforma costituzionale dell'art. 107 dovrebbe poggiare sulla riconduzione della posizione del pm a quella di tutti i magistrati, disponendo garanzie di ordine costituzionale per tutti i magistrati, compresi i magistrati del pubblico ministero. Ma c'è un altro punto importante. L'art. 101, secondo comma, dice: "I giudici sono soggetti soltanto alla legge". "I giudici": anche questo mi sembra limitativo. Questo secondo comma dovrebbe essere riscritti nella seguente maniera: "I magistrati sono soggetti soltanto alla legge". Anche per i pm, cioè, dovrebbe essere costituzionalmente affermata l'impossibilità di ogni dipendenza gerarchica, posto che, come tutti i magistrati, dipendono soltanto dalla legge. Così si arriverebbe a un risultato che mi sembra molto importante. Una volta che i pubblici ministeri fossero muniti di quelle garanzie, tutte di ordine costituzionale e non di legge ordinaria, di cui già godono gli altri magistrati, sarebbe confermata, direi quasi rafforzata, nel modo più pieno l'impossibilità di dipendenza gerarchica del pubblico ministero, la sua assoluta indipendenza. Al tempo stesso, una proposta di questo genere avrebbe il merito di funzionare da cartina di tornasole, mettendo in luce chi, fra gli avversari o i sostenitori della separazione delle carriere, persegue scopi diversi da quelli di una maggiore professionalità e distinzione tra i diversi ruoli. Ad esempio quei sostenitori della separazione delle carriere che si opponessero a queste riforme costituzionali mostrerebbero con ciò stesso di avere come arrière-pensée, come secondo fine, quello di condurre i pm alle dipendenze di questo o quell'organo. Si lega al problema dell'indipendenza del magistrato anche l'altro punto fondamentale, quello dell'obbligatorietà o meno dell'azione penale? Esattamente. L'azione penale, a mio avviso, deve essere obbligatoria, perché, se così non fosse, si dovrebbe dire che il giudice non dipende soltanto dalla legge, ma, nel momento in cui fosse investito della cognizione di una certa questione solo su impulso di un organo di pm che ha potere discrezionale, la sua dipendenza "soltanto" dalla legge sarebbe puramente e semplicemente illusoria: il meccanismo cognitivo, e quindi decisorio, sarebbe messo in moto dalla valutazione discrezionale di un organo che non è giudice, il pm appunto. Ma il problema della inevitabile discrezionalità di fatto come si può affrontare? Cosa si può, al riguardo, modificare rispetto all'assetto costituzionale esistente? Una proposta potrebbe essere quella, già avanzata da Andreatta e da me nella Commissione Bozzi. Si proponeva che l'azione penale fosse riferita, come termine ultimo di imputazione, al Procuratore Generale presso la Corte di Cassazione che si avvaleva per l'azione dei pm territorialmente competenti. Questo soltanto per permettere che un organo definito, cioè il Procuratore generale presso la Corte di Cassazione possa riferire periodicamente al Parlamento sui criteri di priorità adottati. Quindi, solo un obbligo per i pm di riferire al Pg, senza nessun potere gerarchico di questo sui pm territorialmente competenti. Perché questo obbligo? Perché è evidente che l'obbligatorietà dell'azione penale implica sempre una scelta. Se si procedesse per ogni notitia criminis, avremmo un sovraccarico assolutamente inconcepibile dei tavoli degli uffici giudiziari. Allora il Parlamento deve essere messo a conoscenza dei criteri di priorità adottati. Si tratta, cioè, di conoscere il motivo per cui in un determinato momento, si è data priorità a un'azione piuttosto che a un'altra, il motivo per cui, ad esempio, piuttosto che nei confronti di reati come scippi, furti d'auto, si è proceduto nei confronti di altri reati come corruzione, concussione, finanziamento illecito, e così via. Puramente un discorso di enunciazione delle priorità adottate. In tal modo sarebbe conciliata la regola dell'obbligatorietà dell'azione penale e sarebbe attuata la trasparenza dell'esercizio dell'azione penale. Cosa si potrebbe fare, ancora, per affermare una cultura delle garanzie del cittadino ed evitare che la giustizia sembri un qualcosa di estraneo che sta in agguato contro il cittadino stesso? Tante cose. Per esempio tutte le modalità di emanazione e di pubblicità che si dà all'avviso di garanzia dovrebbero essere profondamente rivisitate. Bisognerebbe che il codice di procedura penale ritornasse veramente allo spirito con il quale era stato concepito, uno spirito di assoluta garanzia che non pendeva né dalla parte dell'accusa né dalla parte dell'imputato. Ci sono stati numerosi atti legislativi e sentenze della Consulta che hanno modificato lo spirito originario del codice di procedura penale. Sarebbe opportuno un ritorno a quello spirito. Ci sono poi altri problemi molto importanti, per esempio quello dei meccanismi di arruolamento dei magistrati. Le soluzioni possono essere molteplici. Sarei lontanissimo da una soluzione di tipo elettorale come quella statunitense. Anche la stessa soluzione inglese, del giudice che formalmente è nominato dalla regina, ma sostanzialmente è designato dai suoi colleghi, che dopo un certo numero di anni ritengono che X sia la persona più idonea a rivestire certe funzioni, mi troverebbe abbastanza perplesso. Forse una soluzione potrebbe essere quella di un arruolamento più ampio nella magistratura di un determinato numero di laici -avvocati, professori di dirittonon tramite concorso, ma scelti in base a un curriculum giuridico e a una certa anzianità. Anche qui ci sarebbe bisogno di una modifica di ordine costituzionale. Questo potrebbe portare a una minore separazione fra società e magistratura. Il sistema attuale, se da una parte, e va ribadito, è fra quelli che assicu·ra_no maggiormente la competenza culturale e giuridica dei magistrati, dall'altra rischia di isolare il magistràto, · rischia di fare della magistratura un corpo separato dal resto della società civile. Il susseguirsi di situazioni, certamente anche reali e drammatiche, di emergenza hanno prodotto una nuova normalità ai danni dei diritti dell'imputato? E' vero che le soluzioni basate su un contesto di emergenza attuale in sé e per sé possono apparire giustificate. Il fatto, però, è che tendono fatalmente, per il ripetersi, ad assurgere a regola generale. E quando ciò avviene, è chiaro che i principi vengono completamente stravolti. La lezione che viene dalla storia e dall'esperienza è di non ricorrere mai a soluzioni dettate da ragioni che hanno origine nell'emergenza, perché queste, seppur nate in un contesto immediato e transeunte, tendono fatalmente a tralignare e a diventare regola generale. Il difficile sta proprio nell'attuare la piena realizzazione dei principi generali, con ogni vigore ed energia, senza abbandonarsi a soluzioni dettate dall'emergenza. A questo riguardo Sallustio, quando tratta della congiura di Catilina, ha un passo bellissimo. E' nel punto in cui ricorda la discussione svoltasi in Senato sulla sorte dei catilinari. Di fronte alla proposta di condannarli a morte senza passare attraverso i comizi, Cesare si alza e fa un discorso che a mio avviso è il più limpido che si sia mai tenuto contro le soluzioni dettate dall'emergenza. Ovviamente, è il discorso che Sallustio gli mette in bocca. Cesare dice in sostanza: con Cicerone e il suo collega come consoli, che sono dei galantuomini, possiamo operare uno strappo rispetto alle regole, perché la situazione veramente lo esigerebbe. Ma chi ci garantisce del futuro? E Sallustio gli fa dire una cosa che più drastica non potrebbe essere: omnia mala exempla semper ex bonis nata sunt, tutti i cattivi risultati, le cattive situazioni, i cattivi esempi sono nati, sempre, da esempi buoni. fl>iù limpido di così non potrebbe essere: è la condanna di ogni soluzione in chiave di emergenza. Si parla di supplenza del giudici in responsabilità che spetterebbero ad altri, ai politici innanzitutto... Non c'è dubbio che la supplenza va evitata, perché è fondamentale in uno stato di diritto che i tre ruoli essenziali -legislativo, giudiziario e amministrativo- siano ben distinti. Quindi, non solo ogni ipotesi, ma anche solo l'apparenza di supplenza deve essere evitata. Il giudice non lotta contro niente, il giudice giudica. Ecco un'altra ragione per cui risulta opportuna la separazione delle carriere: posso concepir.e un ufficio di Pm che lotti contro qualche cosa, ma non un ufficio giudicante. Ma non c'è nei giovani giudici anche un'ansia di riformare la società, anche un certo accanimento nel ricercare la verità che alla lunga, pur nelle migliori intenzioni, può tramutarsi in un atteggiamento pericoloso? · Questo lo giustifico pienamente nei Pm. Ritorniamo di nuovo alle ragioni della separazione: il giudice deve essere veramente terzo. La separazione permetterebbe di rendere assolutamente fisiologico un atteggiamento come quello cui lei accennava. Mentre invece la mancanza di un discrimine netto nel passaggio dall'una all'altra funzione, la possibilità di trasfusione di un ordine di idee in un altro ordine di idee, la possibilità che le ragioni del giudizio si confondono con quelle dell'accusa e viceversa, fa perdere proprio quella dialettica che è l'essenza del processo: A accusa, B difende, C, che è imparzialmente terzo, sopra A e B, decide. E, d'altra parte, sono queste le ragioni che hanno portato a distinguere nell'istituto pretorile la funzione giudicante da quella requirente. Questa distinzione dovrebbe essere perseguita con ancor maggiore vigore, ma, lo ripeto, all'unica condizione che sia assicurata la garanzia costituzionale di indipendenza ai magistrati del pubblico ministero, attraverso quelle due riforme, dell'art. 107 e 101, che ricordavo. Senza tale condizione non si potrebbe neanche cominciare a parlare di separazione delle carriere, perché sarebbe solo un mezzo per arrivare poi a un risultato che, credo, non può desiderare nessuno: il pubblico ministero subordinato al potere politico. • Sellerio editore Palermo di prossima uscita: Fine Secolo Collana diretta da Adriano Sofri 1. Adriano Sofri. Il nodo e il chiodo 2. Rapporto degli ispettori europei sullo stato delle carceri in Italia, che vale anche da manuale di istruzioni per carcerieri, carcerati e cittadini in provvisoria libertà 3. Gilles Kepel. A ovest di Allah 4. Il malore attivo dell'anarchico Pinelli 5. Si allontanarono alla spicciolata. Le carte riservate di polizia su Lotta Continua eca l:i1no 1anco Uzi Mahnaimi, Bassam Abu Sharif Il mio miglior nemico Israele-Palestina. Il terrorismo e la pace prefazione di Wlodek Goldkorn I - Alexander Langer Scritti 1961-1995 II - Il viaggiatore leggero Scritti su Alexander Langer UNA ClffA' 1 1
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