Una città - anno VI - n. 48 - marzo 1996

La riforma, nella scuola elementare, sta fallendo. Il previsto lavoro di équipe ha impaurito il maestro che l'ha vissuto come perdita di un rassicurante isolamento. La frammentazione del curricolo e il conseguente aggravio di carichi per lo scolaro. I rischi di un ritorno a una scuola che insegni a "leggere, scrivere e far di conto" in una società in cui il bambino fin dai tre anni guarda la tv, ascolta altre lingue. Intervista a Gianfranco Bellinzona. bambino, in realtà si crea la cosiddetta gerarchizzazione delle discipline: viene data molta importanza a italiano e matematica, poca alle altre materie. Le altre attività, educazione all'immagine, al suono e al movimento, sono trascurate, sono considerate come attività ricreative, attività marginali che si fanno se c'è tempo. Nell'orario settimanale ci devono essere; però, o perché non c'è tempo a sufficienza o perché l'insegnante non è preparato o perché sono fatte in modo approssimativo, di fatto risultano inconcludenti. L'educazione ali' immagine si riduce a far disegnare il bambino, ma oggi educazione all'immagine vuol dire sì disegno, uso del colore, tutte queste cose, ma è anche immagine fotografica o cinematografica o televisiva, e via dicendo. L'educazione al suono e alla musica è anch'essa una mancanza enorme, la maggior parte degli insegnanti dichiara apertamente di non essere in grado di svolgere questo insegnamento. Non parliamo poi dell'educazione motoria, che è la cenerentola, non solo per mancanza di palestre o di materiali sponivi, ma perché manca proprio una cultura del movimento, una cultura psicomotoria, una cultura della corporeità. Questo diventa un segnale abbastanza negativo anche per le altre materie, perché finisce per prevalere un insegnamento di tipo trasmissivo, di tipo verbale, di tipo cattedratico, piuttosto che un insegnamento basato sull'esperienza del bambino, sull'attività del bambino. Gianfranco Bellinzona è ispettore tecnico per le scuole elementari presso la Sovrintendenza Scolastica di Mii.mo. Allora, la riforma delle elementari, incentrata sul modulo, è già in una crisi gravissima? Prima di tutto bisogna osservare che il modulo, il nuovo ordinamento della scuola elementare, viene introdotto subito dopo i nuovi pro- · grammi di insegnamento della scuola elementare. Infatti, i precedenti programmi datavano dagli anni 50, per cui avevano un impianto culturale piuttosto sorpassato. Ne11'85 sono entrati in vigore i nuovi programmi didattici della scuola elementare, basati sull'insegnamento della lingua straniera, sull'insegnamento scienti fico, sulla matematica moderna e sui cosiddetti linguaggi extra-verbali, I' educazione, cioè, ali' immagine, alla musica, al corpo e al movimento. Proprio in quegli anni si è capito che non bastava un nuovo programma di insegnamento per realizzare una proposta formativa adeguata, perché l'insegnante tradizionale, cioè l'insegnante unico, il maestro della classe, con una preparazione generale e generica e con un numero di ore di insegnamento ridotto, 24 ore settimanali, non avrebbe potuto tradurre questi nuovi programmi in un progetto formativo adeguato. Da qui l'idea di una riforma strutturale della scuola elementare con un aumento dell'orario di insegnamento, che ora prevede un minimo di 27 ore settimanali che diventano 30 con l'insegnamento della lingua straniera epossono arrivare a 40 nella classe a tempo pieno. . Vi era, poi, la necessità di sostituire al maestro "tuttologo" un maestro più specializzato, suddividendo il programma di insegnamento fra più docenti, ognuno dei quali si dedicasse ad un gruppo di discipline, per esempio uno a lingua italiana e educazione ali' immagine, un altro a matematica e scienze, un terzo alla lingua straniera. Ecco, allora, l'idea del modulo. Ma qui, da subito, la difficoltà, dovuta al passaggio da un tipo di insegnamento sostanzialmente individualistico, in cui l'insegnante gestiva la propria classe da solo, al nuovo modello, basato sulla specializzazione didattica dei diversi insegnanti. La maggior parte degli insegnanti non si è sentita pronta a questo cambiamento e non sono bastati neanche corsi di aggiornamento, iniziative di studio e di preparazione. In realtà, si richiedeva una completa riconversione professionale. Il problema non consisteva solo nella suddivisione fra tre o quattro docenti delle varie materie di insegnamento, ma nel trovare una forma di collaborazione, di lavoro in gruppo. I tre o quattro insegnanti responsabili delle classi dovrebbero lavorare in équipe, coordinare i loro interventi nei vari giorni della settimana, nelle ore del giorno, realizzare delle iniziative comuni, formare dei gruppi di alunni per le attività di laboratorio o le attività espressive. Tutto questo compona l!na modalità di lavoro in gruppo che è completamente diversa dal rriodo tradizionale di lavorare, individualistico. Questa è stata la difficoltà più fone nel passaggio dalla scuola tradizionale alla scuola riformata. Oggi come oggi, possiamo dire che la maggior parte di questi problemi di adattamento non è stata risolta: il lavorare in gruppo è un'abilità che si impara, ma richiede disponibilità personale, un certo adattamento, richiede anche dei supporti, un sostegno, un coordinamento. Oggi, nella maggior parte delle scuole, questa modalità di lavorare in gruppo non si è ancora diffusa. Anzi, in molti casi, trattandosi di una specie di coabitazione forzata, di costrizione, fa scoppiare delle contraddizioni, che possono manifestarsi in conflittualità: modi diversi di intendere il rapporto con gli alunni, metodologie di lavoro diverse, esperienze professionali diversissime tra loro, difficoltà di dialogo, di comunicazione e di scambio. il lavoro d'equipe bilancia pregi e difetti Il risultato è che il più delle volte questo gruppo docente in realtà non programma assieme, non lavora assieme: c'è un accostamento, una ripartizione del lavoro, stabilita magari all'inizio dell'anno, però poi ognuno va per conto suo. Intendiamoci, non dico che sia colpa dei docenti. Molti insegnanti hanno 10,15, 20 anni di carriera svolta con criteri completamente diversi. Quindi, non è che si possa addebitarequesta impasse della riforma a una cattiva volontà dell'insegnante. Una cosa è cena, un'équipe, un team efficace e funzionante non si realizza semplicemente con I' emanazione di una legge, richiede un percorso di formazione, ma, come succede in generale nella scuola italiana, questo adeguamento professionale, secondo me, non è stimolato adeguatamente. L'insegnamento è ancora considerato un posto nella pubblica amministrazione piuttosto che una professione da esercitare con determinati e adeguati livelli di prepara- • zo;. ~~!:: 4) e o o a z , , o;:~ i o_:E ~ao ~25.., ... .. ~ ' N .,, 4) > zione, con una valorizzazione della professionalità. Punroppo, l'insegnante è uno che è riuscito a superare un certo concorso, esattamente come l'impiegato delle poste, per cui, a meno che non scenda al di sotto di livelli minimi di accettabilità, rimane in quel posto fino a quando non va in pensione. C'è, pertanto, insoddisfazione da pane del le famiglie, che si aspettano un servizio scolastico di qualità superiore, c'è insoddisfazione negli insegnanti, c'è insoddisfazione nei dirigenti scolastici, che non riescono a governare questa situazione. E' un contenzioso dilagante sia a livello di piccola conflittualità fra docenti e genitori, sia a livello amministrativo con continui ricorsi ai Tar. Dal punto di vista del bambino, l'acquisizione di sapere viene migliorata dal modulo rispetto all'insegnante unico? Come ipotesi certamente l'organizzazione didattica a modulo avrebbe dovuto favorire dei percorsi formativi più completi. Non soltanto perché più ricchi di contenuto di sapere, più specializzati quanto alle singole discipline, ma più completi anche per la pluralità degli stimoli. Un insegnante unico propone ai suoi alunni tutti i suoi pregi e anche tutti i suoi difetti; un gruppo di insegnanti ha la possibilità di controbilanciare o di smussare le carenze dell'uno con i pregi dell'altro. Poi sappiamo che nessun insegnante ha attitudine per ogni disciplina: c'è I'irÌsegnanteche magari ha una capacità di intuizione matematica eccellente, e la trasmette agli alunni, ma sul versante artistico non vale niente. Allora un gruppo di insegnanti che hanno competenze, esperienze e · interessi culturali e personali diversificati, può arricchire il percorso di apprendimento dei bambini. C'è, poi, un altro aspetto ugualmente imponante, cioè l'aspetto relazionale, il rappono interpersonale. I difensori del maestro unico dicono che il bambino fino a 8-1 O anni ha bisogno di una figura di riferimento ben definita. Questo è vero, ma è anche vero che si sono verificati casi, nella pratica, di incompatibilità del bambino con l'insegnante. Quindi il rapporto educativo poteva essere in certi casi fortunati ottimo, in altri casi invece scadente o addirittura negativo. Con un gruppo di docenti la situazione diventa più articolata, più equilibrata e quindi le relazioni educative si diversificano. Non solo, ma al momento della valutazione del1'alunno, mentre il singolo insegnante valutava secondo criteri suoi, soggettivi, che potevano anche essere arbitrari, in un confronto ... > o ! ~ - .__ _ _;____c...._ __ ....._. e ---- Bruno LATOUR fra gli insegnanti, ci si può accorgere a un certo punto che quello che un insegnante ha colto nel l'attività di un bambino è sfuggito a un altro, e viceversa. Da questo confronto e dialogo fra i docenti la valutazione dell'alunno diventa più equilibrata, più oggettiva. Da un punto di vista ipotetico, come progetto formativo, sicuramente il modulo è nato proprio per arricchire la proposta formativa, per differenziarla e per equilibrarla. Nel passaggio dalla teoria alla pratica le cose non sono andate così, i risultati negativi vanno attribuiti alla mancanza di abitudine dei docenti a lavorare in gruppo, allo scadimento del modulo a una frammentazione del curricolo, quindi a una professionalità ancora incompleta. Non c'è dubbio che ora la giornata scolastica del bambino sembra una specie di catena di montaggio: prima c'è l'insegnante di italiano. poi subentra quello di inglese. poi quellodi matematica, e così via. Insomma, si è verificata quella che viene chiamata la "secondarizzazione" della scuola elementare. Si potrebbe in tal modo determinare un'accresciuta difficoltà di apprendimento per il bambino handicappato o che ha un ritmo di apprendimento più lento o che viene da una situazione sociale e culturale più difficile, per cui manca magari di qualche pre-requisito o di qualche abilità strumentale: questi ritmi incalzanti, questo susseguirsi di attività possono rivelarsi per lui sproporzionati. Si potrebbe dire provocatoriamente che il modulo non è stato pensato per bambini problematici, insomma non si è tenuto conto che un bambino problematico poteva trovarsi a disagio ... Non è che il modulo non sia stato pensato o calibr1<1tsoul bambino in difficoltà. Anzi, il modulo dovrebbe offrire un 'opportunità maggiore per il bambino in difficoltà da due punti di vista almeno. Prima di tutto perché c'è questa pluralità di insegnanti e quindi ci sono apporti comunicativi e dialogici diversi. lo zainetto che s'è riempito di quaderni Anche un bambino problematico o con difficoltà di adattamento, difficoltà di linguaggio o comunicazione, si può trovare male con un insegnante e più a suo agio con un altro. Quindi, l'offerta di una pluralità di docenti già di per sé offre garanzie maggiori che un unico docente. Ma c'è un altro aspetto importante: tre docenti che lavorano su due classi hanno un orario di insegnamento elèuthera libri per una cultura libertaria richiedi il catalogo a elèuthera cas.post. 17025 201 70 Milano Paul GOODMAN Individuo e comunità 256 pp./ 26.000 lire Murray BOOKCHIN L'ecologia della libertà 548 pp./ 30.000 lire Nonsiamomaistatimoderni 192 pp./ 26.000 lire tel. 02-2614.3950 fax 02-2846.923 complessivo superiore all'orario scolastico degli alunni, in pratica se quella classe funziona a 27 ore, due classi avranno 54 ore, i docenti hanno 22 ore di insegnamento ciascuno, quindi in totale 66 ore. Si crea così un margine temporale per cui l'orario complessivo dei docenti è quantitativamente superiore ali' orario di frequenza scolastica degli alunni. Questa differenza è il cosiddetto periodo di compresenza, di contemporaneità, per cui ci sono due docenti che operano nello stesso tempo, nello stesso orario, al massimo per 12 ore in una settimana. Questa è un'opportunità maggiore perché consente ai docenti in servizio contemporaneamente di suddividere la classe in gruppi di lavoro, oppure di organizzare per due o tre bambini in difficoltà un 'attività di recupero o di esercitazione differenziata o di lavoro individualizzato. Così, il rapporto alunno-classe si anicola, offrendo una risorsa ulteriore proprio all'alunno in difficoltà. Lo stesso avviene nel caso di bambini stranieri, che hanno bisogno di un intervento didattico individualizzato o di una mediazione linguistica per l'apprendimento. Hai parlato di frammentazione del curriculum, cosa intendevi ? La divisione del programma di insegnamento fra tre insegnanti e I' assegnazione di alcune materie specifiche a ogni insegnante ha portato a scimmiottare il modello della scuola media. Così l'insegnante di matematica non solo insegna matematica nella classe, ma chiede che gli alunni abbiano un quaderno di matematica, la stessa cosa fa l'insegnante di italiano, così I' insegnante di lingua o quello di storia, col risultato che il bambino già a sei-sette anni arriva a scuola con uno zaino pieno di grossi quaderni, torna a casa e magari deve fare due o tre esercitazioni diverse per il giorno dopo, per cui la sua esperienza scolastica si appesantisce di molto. Aggiungiamo un 'altra cosa importante. La preparazione degli insegnanti della scuola elementare è abbastanza buona non solo dal punto di vista culturale, ma anche dal punto di vista didattico nelle due materie foni, cioè italiano e matematica. Invece, è molto debole per altre materie, come per esempio le scienze, debolissima per quanto riguarda i linguaggi non verbali, cioè l'educazione all'immagine, l'educazione al suono e alla musica e l'educazione motoria. Per cui, mentre nei nuovi programmi della scuola elementare tutte queste materie dovrebbero avere pari dignità, dovrebbero essere considerate tutte imponanti per la formazione del il rifiuto di usare a scuola video e computer C'è poi una cosa curiosa che io vedo accadere in quasi tutte le scuole. Lo stesso insegnante che a casa sua ha il televisore, il videoregistratore, la telecamera, nel momento in cui entra in aula ha una sona di idiosincrasia a manipolare la strumentazione tecnologica. Magari a scuola ci sono apparecchiature, lavagne luminose, audiovisivi, ma l'insegnante non vuole sporcarsi le mani con queste attrezzature, che magari giacciono impolverate in qualche ripostiglio, poi passano gli anni, si rompono e nessuno pensa a ripararle. Insomma, l'insegnante dice: "No, non è compito mio, ci dovrebbe essere un bidello, un operatore tecnologico, uno specialista". In breve, gli insegnanti tendono a concepire il loro ruolo e la loro funzione nei limiti del modello trasmissivo verbale tradizionale. Da quel che hai detto sembra che la rivoluzione del modulo sia stata vissuta dagli insegnanti come un attacco al loro ruolo. Può essere questa la ragione della crisi del modulo? C'è sicuramente anche questo aspetto, ma più che di una perdita di potere da parte dell'insegnante, - cioè I· insegnante che non si sente più padrone della situazione, passando da una situazione di leadership ad una di partnership, nella quale deve condividere le responsabilità con altri colleghi- parlerei, più che altro, di timore. Finché l'insegnante, chiuso nella sua aula, lontano dagli occhi di tutti, gestiva in proprio l'attività della classe, non doveva in sostanza rendere conto a nessuno e poteva dire: "Nessuno mi può giudicare". Nel momento in cui, invece, è costretto a operare insieme ad altri colleghi, quindi a esplicitare la sua attività, i suoi obiettivi, i suoi metodi, anche il suo livello di preparazione, l'insegnante ha dovuto scoPBM - Piccola Biblioteca Morale collana diretta da Goffredo Fofi Titoli pubblicati: A. Cucchi-V. Magnani, Crisi di una generazione, lire 8.000 A. Caffi, Critica della violenza, lire 8.000 Don L. Milani. La ricrea:ione, lire 8.000 A. Langer. La scelta della conviven:a, lire 8.000 edizioni e/o, v. Camozzi, I - 00195 Roma

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