Una città - anno V - n. 46 - dicembre 1995

Bi Dall'emergenza contro il terrorismo a quella contro la mafia, a quella contro la corruzione politica, la lesione delle garanzie dell'imputato è diventata la regola, non l'eccezione. L'incredibile mancanza di cultura garantista e libertaria della sinistra. L'eversione costituzionale di un giudice che si dichiara pronto a rispondere a una chiamata del Capo dello Stato. La pretesa di certi giudici di esercitare una tutela morale sui cittadini. La ormai improcrastinabile separazione delle carriere. Intervista a Marco Boato. Sembra proprio che una cultura garan- ria. E cominciò in quegli anni, nella lotta al tista nel nostro paese non abbia più terrorismo, una sorta di supplenza dei giualcuna possibilità di affermarsi. Tu, che dici nei confronti del potere politico, una da sempre ti batti strenuamente a favo- supplenza in parte anche incentivata dagli re delle garanzie del cittadino, come stessi politici di allora, in parte rivendicata vedi la situazione? dalla stessa magistratura e dalle forze di Viviamo in un paese in cui laculturagaran- polizia, come se il terrorismo fosse puratista, fondamento di ogni concezione dello mente un fatto giudiziario, e non anche, Stato di diritto, è fortemente minoritaria come invece si sa bene, un fatto politico, sia ali' interno del ceto politico che nella sociale, culturale. Il terrorismo non fu sconsocietà civile. Paradossalmente, in alcune fitto solo per ragioni militari e giudiziarie, fasi storiche, abbiamo avuto un ceto poli- ma anche per ragioni politiche, sociali e tico che almeno su certi temi della giustizia culturali, per l'isolamento in cui si venne a era più attento e sensibile di quanto non lo trovare. Fatto è che, sconfitto il terrorismo, fosse la stessa società civile. Ricordiamoci la logica dell'emergenza è rimasta e il solo che, una quindicina di anni fa, ali 'e po- potere enorme che in quella fase storica ca del terrorismo, il Msi di Almirante rac- una parte dei magistrati, in particolare quelli colse nelle piazze centinaia di migliaia di delle Procure della Repubblica, assunsero, firme per la pena di morte, fra le quali non è stato più rimesso in discussione. quelle di tanti uomini di sinistra. Io rimasi Ma ci tengo a rimarcare che io non dico sconvolto quando appresi che uno dei due queste cose oggi, nel dicembre '95, le figli di Matteotti aveva firmato quella pe- dicevo allora. tizione del Msi. E ricordo benissimo con Chiunque vada a rivedere i discorsi parlaquanta spaventosa difficoltà, all 'ep·ocà · mentari, si accorgerà che già allora mettedegli "anni di piombo", fra la fine degli · vo in guardia sul fatto che la sospensione anni '70 e l'inizio degli anni '80, io e pochi .. delle garanzie, sia pure per combattere il altri portavamo avanti una battaglia garan- terrorismo, sarebbe tornata come un bootista per cercare di far capire che lo Stato merang contro il sistema politico e la sodemocratico era legittimato, e doveva es- cietà italiana nel suo insieme, provocandoserlo, a combattere fino in fondo il terrori- ne la degenerazione. Non erano capacità smo solo in quanto non avesse abdicato profetiche, ma semplicemente capacità di alle garanzie fondamentali proprie di uno analisi politica, istituzionale e giuridica di stato di diritto. quei fenomeni. Un paio di anni dopo, ali 'inizio del 1982, la Nella fase successiva, quando sembrava battaglia fu contro l'uso della tortura nei che si potesse rientrare in una sorta di confronti dei terroristi. Dopo il fallimento normalità, esplose -in realtà esisteva già, del sequestro Dozier, per alcuni mesi, nei ma era stata fortemente sottovalutataconfronti dei terroristi di sinistra furono l'emergenza "criminalità organizzata". praticate torture. Personalmente venni a Anche quella non era un 'emergenza inconoscenza dettagliatamente di alcuni epi- ventata, mafia, camorra, n 'drangheta erasodi, feci interpellanze e interrogazioni no reali, non certo inventati dagli antiparlamentari, provocai dibattiti in Parla- garantisti. Ma di nuovo, anche nella lotta mento; ma anche in quel caso ci ritrovam- alla criminalità organizzata, si pensò bene mo in pochissimi. Vorrei citare due perso- di utilizzare, in chiave emergenziale, gli ne che avevano posizioni convergenti, sia stessi strumenti, in qualche caso accentuapure da ruoli politici diversi: Stefano Ro- ti, che si erano usati nella lotta al terroridotà, che fu uno dei pochi, a sinistra, a smo. Pensiamo solo all'art.41 bis che non schierarsi su quella posizione, e un libera- è che la riedizione del vecchio art. 90 della le, Aldo Bozzi, allora presidente del grup- riforma penitenziaria del '75, che permetpo parlamentare liberale, che firmò anche teva, in casi di emergenza, di sospendere alcune mie interpellanze sulla questione tutte, o in parte, le garanzie introdotte con della tortura. la riforma penitenziaria. Grazie a quell 'arQuesto per me fu fondamentale perché ticolo, durante la lotta contro il terrorismo, faceva capire che la difesa delle garanzie ali' interno delle carceri erano state fatte dello Stato di diritto, anche nei confronti cose terribili. dei più feroci avversari dello Stato di dirit- A tanti potranno sicuramente essere antito stesso, in quel caso i terroristi, non fosse patici Sgarbi o la Maiolo, ma credo che la sintomo di scarsa coerenza nella lotta con- battaglia della Maiolo contro l'art. 41 bis tro il terrorismo, ma fosse propria di una non sia affatto una battaglia di connivenza concezione liberal-democratica dello Sta- con la criminalità mafiosa, cosa di cui to, dimostrava la natura politico-costi tu- adesso viene accusata, ma sia una battaglia zionale della nostra battaglia. garantista che la Maiolo, come pochi altri, sarebbe ritornato come un boomerang contro la società Perché l'ho presa così al la lontana? Perché a mio parere è allora che inizia la degenerazione del sistema della giustizia nel nostro paese. Non che la giustizia prima funzionasse bene, la giustizia ha sempre funzionato malissimo, ma l'attacco alla concezione delle garanzie nel processo penale cominciò in modo furibondo proprio in quegli anni. Ci fu un aumento spropositato della carcerazione preventiva, che poteva arrivare, nei casi più gravi, fino a undici anni e sei mesi; ci fu un progressivo appiattimento della figura del Giudice Istruttore, che allora esisteva, su quella del Pubblico Ministero, cioè dell'accusa, con forte sbilanciamento a sfavore della difesa; ci fu un degrado del ruolo del Pubblico Ministero appiattito su funzioni di polizia giudiziafaceva quando era ancora redattrice giudiziaria del Manifesto. Devo dare atto a Rossana Rossanda di aver avuto il coraggio di difendere Tiziana Maiolo dicendo grosso modo: "Non credo che Tiziana Maiolo debba essere accusata perché fa oggi per la destra le stesse battaglie che faceva quand'era nel Manifesto, o quand'era consigliere comunale antiproibizionista a Milano, o quand'era deputato di Rifondazione Comunista". Lo stesso discorso io lo faccio su Sgarbi, il cui modo di fare le battaglie, il linguaggio, il modo istrionico di presentarsi all'opinione pubblica, mi sembrano spesso inaccettabili, ma nella sostanza Sgarbi parte da problemi reali. Ancora: basti pensare all'involuzione in senso restrittivo, in senso antigarantista, impressa allo stesso nuovo Codice di Procedura Penale appena introdotto. Fu il decreto, per altro condiviso da quasi tutti, del ministro dell'Interno Scotti e del ministro della Giustizia Martelli, a reintrodurre, oltre ad alcune no,me sacrosante, altre di La 1es1ata UNA CITIA' è di proprietà della cooperativa UNA CITTA'. Presidente: Massimo Tesei. Consiglieri: Rosanna Ambrogeni. Paolo Benozzi. Rodolfo Galeoni. Franco Melandri, Gianni Saporelti. Sulami1 Schneider. Redazione: Rosanna Ambrogcni. Marco Bellini, Faus10 Fabbri. Silvana Masselli, Franco Mclandri, Morena Morde111i.Massimo Tesei. Gianni Saporeni (coordinatore). Ha11110 collaborato: Edoardo Albinati. Loretta Amadori. Anconella Anedda. Giovanna Anccschi. Giorgio Bacchin. Paolo Benozzi. Pa1rizia Beni. Aldo Bonomi. Barbara Bovelacci. Vincenzo Bugliani. Dolorcs David. Liana Gavelli. MarLio Mal pezzi. Gianluca Manzi. Carla Mclazzini. Gabi Micie, Lcjla Music. Linda Pra1i.Carlo Polcni. Stefano Ricci. Rocco Ronchi. don Sergio Sala. Sulamit Schncidcr. Scnka Trolic. /11ten•iste: A Mare La:ar: Marco Bellini. A Nazzarena Zor:ella: Dolorcs Davide Gianni Saporcni. A Selim Beslagic: Edi Rabini e Massimo Tcsei. A W/odek Go/dkom: Massimo Tcsci. A R,,in/10/dMe.Wll'r: Edi Rabini e Massimo Tcsei. A /-lelmuthMoroder: Massimo Tesci. A Marco Bo(l/o: Gianni Saporc11i.A A111u111111ria Tl'sra: Paolo Bcnozzi. A Aris Accomero: Sergio Sinigaglia. A Muhamad Arkoun: Marco Bellini. A Lucia Zanare//a: Gianni Saporclti. Diseg11i di Stefano Ricci. Foto di Fausto Fabbri. A pag. 4 di Hrvojc Jclasic. A pag. 6 di Diego Torri. A pag. 13 di Magda Taroni. A pag.15 tralta da L · o/ocausro in /rafia di Susan Zucconi (Ed. Tea S1orica). &rafica:" asa Waldcn". Fotoliti criba. uesw 1111111er<Fè:csraro hius il IOdicembre ·95_ pesante involuzione. Ma si riteneva che fossero norme che permettevano di combattere più efficacemente la criminalità organizzata. E magari lo facevano anche, ma su questo argomento vorrei essere chiaro: non basta. Per usare un paradosso, se fosse efficace mettere al muro tutti i mafiosi, se fosse efficace sterminarli tutti, lo faremmo? Ci sono norme che delegittimano lo stato di diritto, punto. E nel sistema processual-penalistico, fondamento dello stato di diritto, non si codifica solo quando una persona deve essere libera o stare in galera, quando è innocenle o colpevole, ma anche il modo in cui si decide se una persona è innocente o colpevole. In tribunale non si guarda solo a quale sia la verità ma anche a come si è arrivati ad acquisire la verità. Altrimenti anche con la tortura si può acquisire la verità! Anche I'Inquisizione era capace di acquisire la verità! E certe volte le regole dell'Inquisizione erano più garantiste di quelle adottate in alcuni processi di questi anni. Sto parlando seriamente, qualcuno si scandalizzerà, ma io lo invito a studiarsi storicamente queste cose. L'han fatto fior di studiosi, cito per tutti Italo Mereu. Dopo l'emergenza terroristica e dopo quella della criminalità organizzata, arriva tangentopoli... Eccolo, allora, ritornare quel boomerang lanciato nel '75 con la legge Reale e nel '79 con il decreto Cossiga. Anche qui: la lotta contro la corruzione politica è sacrosanta e mi viene da chiedere dove fossero molti di quei magistrati che nel '92 si sono svegliati, quando molti di noi, ancora ai tempi della sinistra extraparlamentare e poi radicale, combattevamo contro la corruzione e ci trovavamo regolarmente isolati. il "partito dei giudici", bestemmia contro la Costituzione Fatto sta che il boomerang ritorna contro la stessa classe politica che allora lo lanciò e questa viene decimata, in parte a ragione e in parte a torto. Accanto ad accanimenti dovuti e sacrosanti assistiamo a situazioni di omertà è di impunità assoluta, a vere e proprie infamie contro persone che risulteranno innocenti. Assistiamo, purtroppo, alle vicende drammatiche di uomini politici che si suicidano, di industriali che si suicidano, a fenomeni di abuso della carcerazione preventiva, a veri e propri fenomeni di tortura. non nel senso fisico ma nel senso psicofisico: casi di isolamento prolungato, detenuti messi fra protettori, malati di Aids, criminali incalliti, il tutto per creare quelle condizioni di spaventosa invivibilità atte a indurre alla confessione. Assistiamo alla crescita nel paese di un clima illiberale, antidemocratico, un clima di demonizzazione politica che, attraverso le vicende giudiziarie, tende a distruggere la convivenza civile e non ha niente a che vedere con la sacrosanta lotta contro la criminalità, la corruzione, la concussione e tutto il resto. In realtà assistiamo all'uso dello strumento giudiziario per far fuori un ceto politico. Per due anni dilagano sui giornali, in particolare di sinistra, espressioni come "partito dei giudici", "rivoluzione dei giudici", che solo a pronunciarle sono una bestemmia dal punto di vista costituzionale. I giudici non devono fare nessuna rivoluzione, i giudici non possono avere nessun partito, né proprio né improprio. Ci sono parti processuali, c'è un processo penale, ci sono delle regole, delle procedure, i magistrati che giudicano non devono lottare contro nessuno, devono soltanto applicare la legge e devono essere terzi fra l'accusa e la difesa. Il pubblico ministero, che ha l'obbligo dell'azione penale ed è giusto che ce l'abbia, è però parte nel processo. E invece abbiamo assistito allo spettacolo cli persone per le quali essere indagate. e ricevere il conseguente avviso di garanzia, equivaleva a una gogna, a una condanna esecutiva agli occhi dell'opinione pubblica e anche a quelli dello stesso pubblico ministero, checché avesse a ripetere: "è solo un avviso di garanzia". Ma quante di quelle persone. 6. 7, 8, I O anni dopo, saranno assolte? Molte saranno anche giustamente condannate, ma ce ne saranno anche molte che saranno assolte. lo stesso potrei citare nome ecognome di persone di cui sono certissimo che alla fine saranno assolte. Ma intanto queste persone avranno visto distrutti la loro dignità, il loro itinerario politico, la loro credibilità personale, saranno state messe al bando, la loro famiglia sarà stata traumatizzata. Quella supplenza dei magistrati, infine, si è trasformata, nei grandi processi, in protagonismo. Quel magistrato che in passato era giustamente sconosciuto, perché la gente non dovrebbe sapere neppure il nome e cognome del titolare di un processo, ha guadagnato le luci della ribalta dei massmedia. I magistrati dovrebbero parlare soltanto per atti e invece, da anni ormai, assistiamo alla follia di magistrati che fanno conferenze stampa sul processo di cui sono titolari, che parlano ali' opinione pubblica. Siamo arrivati al punto che il Procuratore Capo della Repubblica di Milano si lamenta pubblicamente perché davanti alle finestre del palazzo di giustizia di Milano non ci sono più le manifestazioni di solidarietà con i magistrati. Si lamenta, cioè, che venga meno una cosa così abnorme, inaudita dal punto di vista di un corretto funzionamento della giustizia, come quella che durante le inchieste giudiziarie di Milano ci fossero 50, I00, 200, 300 persone che andavano ad applaudire i magistrati davanti alle loro finestre. E quei magistrati sono magari gli stessi che se la prendevano con gli extraparlamentari degli anni '60 o '70 che facevano le manifestazioni per i processi politici! Oppure abbiamo ascoltato sempre il Procuratore Capo della Repubblica di Milano che, per smentire di avere ambizioni di carattere politico, dichiarava al Corriere della Sera, non ali 'ultimo giornalino locale, che se mai, loro, i magistrati, sarebbero potuti intervenire in un caso di emergenza quando tutte le altre istituzioni fossero crollate e il Presidente della Repubblica avesse chiesto il loro intervento per supplire alla caduta del potere politico. Questo è, dal punto di vista costituzionale, nel senso tecnico della parola, "eversivo". lo la chiamo eversione costituzionale. Tutto ciò, però, è stato teorizzato e praticato sulle prime pagine dei giornali più importanti del nostro paese e in particolare sui giornali di orientamento progressista, senza provocare scandalo. Quello che io trovo scandaloso è che nel I995, all'interno della cultura politica di una gran parte sinistra, la questione del garantismo sia vista con diffidenza, sia vista con l'aggiunta di aggettivi: esagerato garantismo, esasperato garantismo, malinteso garantismo. Il garantismo o c'è o non c'è, non è malinteso né beninteso, non è né esasperato né esagerato, perché o è rispetto delle garanzie, delle procedure, delle regole, dell 'habeas corpus o non è nulla. Il clima di sospetto, di criminalizzazione a priori, prima che si pronunci la magistratura giudicante, di chi potenzialmente può anche aver commesso dei crimini, nonché di chi nel combattere la criminalità si pone il problema di farlo rispettando le garanzie, è un clima irrespirabile che continua ad ammorbare l'aria e a dar la misura della degenerazione del nostro sistema politicoistituzionale, costituzionale e giudiziario. La rivendicazione dei diritti di libertà, delle garanzie, di un rientro della magistratura, in particolare di quella requirente, nel suo ruolo istituzionale superando il protagonismo e la supplenza, quelle cioè che dovrebbero essere rivendicazioni di una sinistra democratica, di una sinistra liberale, di un socialismo liberale, di una cultura Iibertaria, e che semmai dovrebbero essere osteggiate, come nel passato, da una destra forcaiola, trovano i loro alfieri in alcuni settori del centrodestra, la cui battaglia è chiaramente "inquinata e sospetta" per le vicende di Berlusconi. Il quale. comunque, resta, sia chiaro per chi anche a sinistra è garantista solo per i propri amici, un cittadino che dal punto di vista delle garanzie va lratlato come qualunque altro cittadino, né più né meno. Ora D' Alema, finalmente, dimostrando di essere più garantista di Occhetto, che, in coppia con Orlando, aveva cavalcato tutta la campagna giustizialista, dice: "Noi non usiamo, non godiamo dei guai giudiziari degli altri". Ma purtroppo è tardi: non solo perché lo comincia a dire in una fase sospetta, quando, cioè, il Pds è dentro fino al collo nell'inchiesta sulle cooperative e quando lui stesso è colpito, giusto o sbagliato che sia, da un avviso di garanzia, ma perché il danno prodotto da un quindicennio di questa cultura è ormai così profondo, così connaturato, così intriso nella mentalità, nei riflessi condizionati, che non basta una dichiarazione, magari giusta, di cui gli do atto, per ripararlo. E del caso Mancuso cosa pensi? E' difficile pronunciarsi perché Mancuso, per il modo in cui si è comportato, è abbastanza indifendibile. La vicenda della quattro pagine non lette e poi disconosciute e poi riconosciute, la pagina bianca, tutto questo è indifendibile e inaccettabile. Ma vorrei aggiungere che l'episodio ci dice dove può portare la logica del governo dei tecnici. Abbiamo visto tutti la scena in tv: quando Mancuso si è trovato nel pieno dello scontro parlamentare ha preso le 4 pagine che dovevano seguire a quella che stava leggendo e le ha sfilate una dopo l'altra perché si è spaventato. Si è spaventato al punto che le ha disconosciute e poi le ha riconosciute, ma le ha malamente giustificate. In realtà non dovrebbero esserci mai governi di tecnici: far politica è un 'altra cosa. Detto questo, però, sul merito della questione sollevata da Mancuso al Senato, dirò che in larghissima parte Mancuso aveva ragione. Non aveva ragione negli attacchi al Presidente della Repubblica perché un ministro della Repubblica non può permettersi, né dentro né fuori il Parlamento, di parlare del Presidente della Repubblica, a meno che non sia a conoscenza di reati che costituiscano alto tradimento e che lui ha il dovere di denunciare immediatamente. Ma su tutti gli aspetti che riguardano il funzionamento di certi settori della giustizia-il diritto e il dovere di fare le ispezioni, il diritto e dovere di ripristinare un uso corretto della carcerazione preventiva, il diritto e dovere di verificare che non vengano commessi abusi ali' interno di certe inchieste giudiziarie, e così viaMancuso aveva sostanzialmente ragione. E aveva drammaticamente ragione in una frase terribile che ha pronunciato e che cito a memoria: "Non aspettate che qualcuno bussi alla vostra porta per rendervi conto di questi problemi". Ci sono vicende esemplari. Una sicuramente è il processo Calabresi che, dopo ben 7 anni e 6 processi, vede di nuovo condannati Sofri, Bompressi e Pietrostefani, dopo l'assoluzione del processo precedente, affossata in modo ignobile dalla cosiddetta motivazione suicida dei giudici togati... Il processo Calabresi è un caso esemplare di questo funzionamento emergenziale della giustizia. Doppiamente esemplare, direi, perché riguarda un episodio di terrorismo del 1972, ma si celebra, attraverso questa incredibile sequela di processi, negli anni dell'emergenza della criminalità organizzata prima e della corruzione politica poi, per cui le distorsioni dell'amministrazione della giustizia sembrano quasi moltiplicarsi all'interno di quel processo. Credo che, in particolare, l'ultima condanna nel terzo processo in Corte d'assise d'appello contro Sofri, Bompressi e Pietrostefani, sia uno degli scandali giudiziari più gravi di tutta la storia della Repubblica. E posso dire questo perché conosco perfettamente tutte le vicende di questo processo fin dal primo giorno e perché conosco tutti i tentativi precedentemente fatti da magistrati per addossare a esponenti di Lotta Continua la responsabilità dell'omicidio Calabresi. Cito i due nomi più conosciuti, quello di Angelo Tullo all'inizio e poi quello di Marco Fossati, che sull'Espresso fu addirittura indicato, senza farne il nome, in una fotografia di una manifestazione pubblica come l'assassino di Calabresi. Oppure quando. a metà degli anni '80, venni a

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