Una città - anno V - n. 46 - dicembre 1995

COSTO CO TATTO Dopo la magia infantile dei '60, la diffidenza adolescenziale dei '70, l'esplosione di creatività, poi inflazionata, degli '80, ora siamo forse alla fase della maturità, in cui si riesce a distinguere fra prodotti e prodotti e fra prodotto e messaggio pubblicitario. La ricerca dello scandalo e quella dei buoni sentimenti. Il ruolo degli hard discount. Riflettere e restituire significato è il lavoro del pubblicitario. Intervista a Annamaria Testa. Annamaria Testa è titolare dell'aienzia Bozell Testa Pella Rossetti Spa. lnseg11a all'università La Sapienza di Roma. Cosa sta cambiando nei messaggi pubblicitari? E in che misura segnalano cambiamenti profondi nella società? Le faccio un esempio: da qualche tempo si sentono sempre più inflessioni dialettali, si vedono visi più "normali". Significa qualcosa? Secondo me questo è assolutamente casuale. Ricordo che quando ho cominciato a fare pubblicità, nel '74, una delle prime campagne che ho visto realizzare, non ricordo più per quale prodotto, era in dialetto. In pubblicità ci sono davvero poche cose realmente nuove. Nello spot del "Maxibon", per esempio, il dialetto ha una funzione caricaturale, serve a evocare un'atmosfera strapaesana, appartiene all 'universo delle macchiette: il napoletano "core e mandolino•·, il romagnolo che punta le ragazze sulla spiaggia, il genovese avaro e il milanese, una volta con "il coer in man" e adesso lasciamo perdere ... E d'altra parte ·'Gregorio er guardiano del Pretorio" parlava in romanesco già negli anni '60, il "Caballero di Carmencita"' parlava in un finto spagnolo. Non sono questi tipi di espressività che fanno tendenza, sono !"universo e il sistema espressivo che che ci stanno dietro a cambiare. Se noi prendiamo in mano delle campagne fatte negli anni '60, delle campagne fatte negli anni '70, altre fatte negli anni '80 e altre ancora fatte adesso scopriamo che ci sono delle coerenze e dei mutamenti. Ricorda la pubblicità degli anni '60, "Carosello"? C'era una specie di mondo dei consumi incantato, favolistico, con una forte componente artistica e narrativa e l'universo dei prodotti era magico. Pensiamo ali' Italia che finalmente era uscita dall'indigenza della guerra e si trovava di fronte a una grande offerta di beni: che magia! E nello stesso tempo la pubblicità aveva una funzione didattica, spiegava come usare i prodotti. Ho visto recentemente una mostra di campagne pubblicitarie dell 'immediato dopoguerra e lì si spiegava come bisognava lavarsi i denti o che c'era un 'alternativa, per lavarsi la faccia, al sapone di Marsiglia. Erano favole che contenevano un'informazione, come molte delle favole che raccontiamo ai bambini contengono informazioni per la vita. L'universo dei consumatori era un universo bambino e sbalordito di fronte ai prodotti. poi assuefazione fastidio rassegnazione Negli anni '70, invece, c'è stato un pesantissimo irrigidimento ideologico nei confronti della pubblicità, serva del capitalismo. li consumismo che plagia, le multinazionali, ecc. Furono anni pesanti, anni in cui per una persona di sinistra decidere di fare pubblicità generava - per me è stato così- una serie di -contraddizioni piuttosto dure, specie nel momento in cui si scopriva che dietro il fenomeno pubblicitario c'era un altro fenomeno che si chiamava marketing, che era facile vedere come un plagio dei consumatori. Negli anni '70 la parte più consapevole, attenta e sensibile della pubblicità parlava di consumi in modo reticente, sotto le righe, usava molto l'understatement, l'ironia. Il prodotto veniva fotografato così com 'era, spesso scontornato su sfondo bianco, i titoli erano B sottili, ammiccanti;terlocu~ c'era una serie cli exc11satio11es11011 petitae, cliscuse non richieste, dentro il fare pubblicità. L'inizio degli anni '80 è stata una grande riforitura e una grande riconciliazione fra consumatori e messaggio pubblicitario: le più belle campagne prodotte in Italia secondo me appartengono, in gran parte, all'inizio degli anni '80. Se noi guardiamo i repertori cli pubblicità degli anni che vanno dall'8 l all'84, vediamo proposte molto innovative. Ma era innovativo il mondo dei consumi: partiti clall 'incantamento infantile, passati poi attraverso un rifiuto adolescenziale, si è arrivati, eiaparte del consumatore, a una maturità consapevole. Disinvoltamente il pubblico si avvicina a dei prodotti cominciando ad essere in grado di fruire, come fossero due offerte di-stinte, sia il messaggio pubblicitario.e che l'offerta cliconsumo. La pubblicità in se stessa, cioè, veniva vista come prodotto dell"azienda. In quegli anni è scoppiato il fenomeno delle tv private, l'offerta cli spazi e tempi pubblicitari si è ampliata in maniera mostruosa. Ricordo che nel 1983, quando uscì Reporter, il quotidiano diretto da Deaglio, mi chiesero cli fare un articolo sulla pubblicità. Io che non amo molto le teorie feci una cosa molto semplice: mi misi davanti alla televisione e scrissi tutto quello che vedevo in una serata durante la trasmissione un film. Il film era/ peccati di Peyto11Piace e durava tre ore e mezzo, c'erano dentro 120 spot. Scrissi il film e gli spot insieme, ottenendo uno stravagante risultato. Che cos'è successo subito dopo? L'eccesso, come sempre, ha generato assuefazione, fastidio e rassegnazione. L'offerta di pubblicità si è accresciuta troppo velocemente. Risultato: nella seconda metà degli anni '80 la qualità creativa della comunicazione si abbassa orribilmente e di conseguenza si affermano due tendenze fra cli loro opposte: la ricerca dello scandalo che sfondi il muro cl' inclifferenza che sta sorgendo intorno alla pubblicitii e l'esaltazione di buoni sentimenti capaci cli conciliare con la pubblicità un consumatore che inizia ad essere un po' a disagio. Negli anni '90 a che punto ci troviamo'? Beh, negli anni '90 cambia di nuovo tutto. i consumatori sono ancora più adulti. sviluppano capacità critiche. Il consumo si è definitivamente desacralizzato, le ricerche ci dicono che il consumatore è diventato finalmente compratore, quindi capace di discriminare e di scegliere. Questo non significa che tulio si compra ali' hard discount, significa che i prodotti disinvestiti in tennini di emozioni e di qualità, si comprano all'hard discount perché sono tutti uguali: la carta igienica, lo zucchero, il sale, i detersivi per lavare i pavimenti. Mentre non si comprano all'hard discount il caffè per chi ama il caffè, i pasticcini per chi vuole premiarsi. il vino per chi ama il vino buono. Paradossalmente, quella che prima era la spesa standard, adesso si divide in due tipi cli spese diverse: ciò che mi serve e clicui poco m'importa e ciò che desidero e di cui molto m'importa. E' possibile che il consumatore che rispannia andando al l'hard discount a fare un pieno di beni tutto sommato per lui poco gratificanti. si spenda poi tulio nell'acquisto di un pacchettino cli un salume squisito. Il che è un grande segno cli buon senso. I prodotti hard discount sono molto competitivi perché sono abbattuti tutti i costi pubblicitari. Va detto che la pubblicità incide sui prezzi dei prodotti per una percentuale abbastanza limitata. Chi non fa pubblicità può abbattere i suoi costi dal 3% ali '8%. Sono pochissimi i beni che investono molto in pubblicità: qualche superalcolico. alcuni profumi. prodo11i che traggono la loro desiderabilità anche dalla rarità generata da un prezzo alto. Quanta gente si compra il profumo all'hard discount? Il deodorante sì, ma il profumo no. Per fortuna viviamo in un universo di comunicazione così variegato e i consumatori sono interlocutori ormai così attenti che possono accogliere e comprendere sistemi di comunicazione anche molto cliversi. Questo. secondo me, è un vantaggio perché aumentano le possibilità di scelta. E' bello avere di fronte più possibilità di scelta. la pubblicità deve avere cose da raccontare D'altra parte la presenza di hard disco1111t è anche un elemento che incoraggia le grandi industrie di marca a riempire di significati qualitativi la loro offerta. Non basta piL1fare pubblicità, ci vuole una reale differenza fra la pasta che compro a IOe la pasta che compro a 18. Quella che compro a 18 non può più presumere cli sedurmi attraverso una bella campagna pubblicitaria. deve avere una serie cli contenuti che mi racconta. Contenuti che partono dal gusto, continuano con l'assenza di pesticidi. possono proseguire con un arricchimento vitaminico e via di questo passo. Quindi pluralità,comunque. Ma pluralità anche nei mezzi di comunicazione? Non è che la televisione abbia fatto piazza pulita degli altri strumenti? La televisione non ha fatto niente, è stata piuttosto un'occasione su cui tutti si sono buttati. Di nuovo, non costruiamo dei mostri da cui poi ci facciamo spaventare! Il nostro è un paese che legge poco. Se lei guarda quanti quotidiani si leggono pro capite in Francia, in Italia, in Grecia, scoprirà che siamo più vicini alla Grecia che alla Francia. Quindi è un paese, ahimè, in cui ampi strati della popolazione risultano molto più accessibili allraverso la televisione che non attraverso la carta stampata. E questo non è colpa della televisione. Premesso ciò, non è vero neppure che il mezzo televisivo fagociti tutti gli altri. Bisogna tenere presente due concetti chiave del mercato pubblicitario, quello di segmentazione e di costo contatto utile. E' vero che la televisione ci permette cli entrare in contatto con milioni di persone. ma questo avviene quando si ha un prodollo che si rivolge a milioni di persone in maniera abbastanza indifferenziata. I dadi per brodo, ad esempio. hanno una penetrazione fortissima nelle famiglie italiane: novantotto famiglie su cento, io sono una delle due che restano, hanno un dado in casa. Allora, se devo vendere un dado per brodo, è possibile che la televisione vada benissimo. Ma se devo vendere un caffé di qualità superiore -in questa agenzia abbiamo un cliente di questo tipo. che fa un caffè che ha oggettivi requisiti qualitativi clisuperiorità e costa più degli altri- scelgo la stampa. perché la stampa mi pennette di fare discorsi articolati, di spiegare i miei punti di qualità. Mi permette, cioè. con un costo contatto superiore. di selezionare il mio target su persone che possono avere sia la qualità economica che, soprattutto, la qualità culturale, per apprezzare un discorso che vada molto più addentro alle caratteristiche specifiche del prodotto. Quindi la stampa segmenta laddove la televisione non segmenta affatto. Per alcuni tipi di prodotto può con veni re andare sulla stampa o addirittura sulla stampa specializzata, su quel la degli esperti di cucina e di cibo. Quindi non è che fra Buona domenica e la rivista La gola ci sia necessariamente una lotta sullo stesso terreno. Lei sostiene che non necessariamente una buona campagna fa vendere di più, ci sono campagne che possono servire anche ad altri scopi. Può spiegarci? Questo fa parte di una procedura che si chiama "ragionare per obbiell ivi''. Non sempre il bene di un'azienda consiste nell"allargare il suo parco dei consumatori e nel vendere di più. Può consistere nel vendere meglio, nel consolidare le vendite presso un gruppo specifico di consumatori, nel porre barriere all'ingresso di concorrenti in quel mercato, nel rafforzare la propria immagi[)e in modo da poter legittimare un aumento di prezzo spiegando da che cosa deriva e da quali reali ingredienti qualitativi del prodotto è giustificato. Se lei vuole vendere un olio di nicchia il suo problema è prima di tutto quello di istituire nel suo pubblico una profonda cultura e consapevolezza dell'olio di qualità, senza la quale uno comprerà sempre l'olio da 5.000 lire. Una buona comunicazione pubblicitaria tiene conto del- ['obbiettivo specifico di quell'azienda su quel prodotto rispetto a quel pubblico. Quanto la pubblicità attinge dalla vita reale e quanto conta l'intervento del pubblicitario? Costruendo un messaggio pubblicitario ciascuno di noi impiega, trasforma, traduce il suo individuale immaginario, la sua consapevolezza, la sua cultura, il suo linguaggio, il suo possesso degli strumenti tecnici, così come un giornalista usa la sua visione del mondo per decodificare, ristrutturare e raccontare gli eventi. In questo sta la responsabilità del giornalista, del pubblicitario, di chiunque veicoli, attraverso un medium di comunicazione di massa, una visione del mondo che contestualizza e struttura un evento, nel nostro caso una proposta di consumo. E' facile che contro la pubblicità si

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