Una città - anno V - n. 38 - gen.-feb. 1995

che portavano via qualcuno e tutte le sere noi indossavamo due o tre paia di pantaloni, cinque magliette, preparavamo una borsina di ricordi ... sapevamo che se ci avessero preso non ci avrebbero dato il tempo di prender su niente. Se non ci sono state spiate contro di noi vuol dire che fra la gente l'odio non era quello che sembra esserci pensando al disastro che è successo. Ho amici in tutt'e due le parti del la città, sia croati che serbi e non posso immaginare una Mostar che non sia unita e mescolata. So di ragazzi, anche amici miei, che sono stati dall'altra parte attraversando a nuoto la Neretva, pur di incontrare gli amici e i parenti rimasti di là. Purtroppo ci sono anche quelli che hanno cambiato le loro idee, che si sono lasciati ubriacare dalla propaganda nazionalista, che negano perfino la loro esperienza passata di convivenza pacifica con tutti. Questa guerra ha diviso tutti. Ci vuole forza e tempo per ricucire. Ho amici che sono nell' Hvo e altri che sono nell'esercito bosniaco. Conosco due fratelli, figli di una coppia mista, che hanno combattuto uno da una parte e uno dall'altra. E chissà quante storie crudeli ci saranno, più di un terzo delle famiglie di Mostar erano miste, per chi hanno combattuto? Credo che dentro ciascuno di noi ci sia un grande tumulto di sentimenti e di ricordi, di dolore e di rabbia. Non bisogna farsi travolgere. So che è difficile convivere con quello che è successo, ma credo che non abbiamo alternative. Sto cercando di dimenticare le cose peggiori, sto cercando di accettare l'idea che la convivenza dovrà avvenire anche con chi ha avuto delle responsabilità. Sento di riuscire a non odiare nessuno, ma sento anche che non dimenticherò il giorno in cui fu distrutto il ponte vecchio né dimenticherò il giorno in cui fu ucciso il mio amico. Koschnick Su iniziativa della Comunità Europea, a Mostar c'è una giunta comunale europea, con un sindaco tedesco e assessori austriaci, inglesi, italiani, spagnoli ecc. Ad ogni assessore europeo corrispondono due referenti locali, uno mussulmano e uno croato. Le autorità ufficiali sembrano assecondare l'esperimento, ma non mancano le resistenze, culminate in un allentato che ha devastato l'ufficio del sindaco Koschnickpochi minuti prima che vi entrasse per una riunione. Nessuno può dire con precisione perché un tedesco ad un certo punto sia diventato sindaco di questa città. Nel quadro degli accordi di pace all'interno della Bosnia Erzegovina fra i croati e i mussulmani, accordi siglati a Washington, c'è un principio che si rifà a decisioni dell'Onu che riguardano Sarajevo e il tentativo di ricostruire una convivenza fra mussulmani, croati e serbi con un'assunzione diretla di responsabilità amministrative da parte della comunità europea. Per quanto riguarda Mostar bisogna partire dal fatto che per nove mesi ci sono stati violentissimi combattimenti tra mussulmani e croati e una parte della città, quella ad est, è stata interamente distrutta. Ora c'è una federazione fra la Croazia e la Bosnia e si tratta perciò di vedere se la gente di Mostar può tornare a vivere insieme oppure no. La Comunità Europea s'è fatta carico di questo tentativo. Sia la parte croata che quella bosniaca hanno chiesto che il sindaco della città fosse un tedesco. Credo che fra i motivi di questa preferenza ci sia il riconoscimento di un ruolo diplomatico svolto dal mio paese e una sua conoscenza della Jugoslavia e dei suoi recenti problemi. Credo ci sia anche l'idea che la Germania può più facilmente portare denaro. Inoltre la Costituzione tedesca vieta qualsiasi impegno militare fuori dai confini, perciò l'unico modo per la Germania di partecipare alla missione europea e internaziona0110 eca Gino le nell'ex-Jugoslavia è quello diplomatico e economico. Il Cancelliere Kohl mi ha chiamato e mi ha chiesto se me la sentivo. Perché proprio me, dal momento che io sono un socialdemocratico, non sono del partilo al governo? I motivi sono diversi. Intanto avevo sicuramente una certa esperienza dei problemi llella ricostruzione di una città, poiché sono stato assessore e poi anche sindaco di Brema, che nella seconda guerra mondiale fu distrutta al 60 per cento. Poi avevo una certa confidenza con la situazione jugoslava perché sono stato per anni nella commissione parlamentare che si è occupata degli scambi economici con quel paese e conoscevo bene sia la Slovenia che altre parti del paese. Ho anche fatto battaglia in parlamento discutendo con i miei vecchi amici per il riconoscimento troppo frelloloso di Slovenia e Croazia. Vai a Mostar -mi ha detto Khol- così potrai vedere se si possono praticare iniziative economiche, sociali e umanitarie per trovare una pace stabile. Stavo parlando così tanto a riguardo della Jugoslavia, che non pensavo di poter dire di no. Ma a 65 anni, dopo 40 di politica pensavo anche che era abbastanza e avevo progetti di viaggi con mia moglie e quindi ho chiesto a lei: che si fa? E lei mi ha detto: "se è davvero solo per due anni, accetta". Abbiamo ricevuto una funzione dall'Europa, ma soprattutto dobbiamo aiutare la gente e per farlo non si tratta solo di studiare iniziative economiche, sociali, umanitarie, ma di restare con questa gente, insieme. Non scapperemo via, resteremo. Ricostruire una città non si può fare in due anni, occorrono da 20 a 30 anni. Non sono un uomo cieco che parla di favole, e gli architetti, gli ingegneri, cui ho fatto leggere il libro "Bremen Kaput" con la storia della ricostruzione di quella città, hanno accettalo. lo resterò solo per due anni, so che non si tratta solo di ricostruzione, ci sono altre cose, la natura umana è un'altra questione. Ho visto che per lo più si trattava di portare subito acqua e elettricità alla gente. Ora dobbiamo vedere di portare acqua ed elettricità anche per la ricostruzione di un'economia. Poi abbiamo pulito la città. In nove mesi di combattimenti non è mai stata ripulita dalla spazzatura. Poi dobbiamo considerare la questione dei trasporti pubblici. Infine i bambini devono avere la possibilità di andare all'asilo e a scuola. Così abbiamo cominciato la ricostruzione delle scuole. Entro marzo dell'anno prossimo, forse maggio, tutte le scuole elementari di Mostar, in entrambi i settori, saranno ricostruite. Dopo cominceremo con le scuole tecniche, ci vorranno forse otto-nove mesi, così alla fine tutte le scuole saranno ricostruite in modo moderno. La seconda parte del nostro lavoro consisterà nel concentrare le energie in un ospedale centrale per tutta la città. Un ospedale per tutti non ha solo l'evidente valore sanitario, ma è anche lo stimolo per attraversare i ponti, per incontrarsi, per fidarsi, per aiutarsi, per avere una cosa in comune da migliorare per il bene di tulli. Un'altra questione è la sicurezza della gente. Cercherò di costituire un corpo di polizia unificato di mostaresi, poliziotti di tutte e tre le parti -inclusi i serbi- per avere una forza di polizia che mantenga la legge non per ragioni di parte. Così, avremo polizia, ospedale ed educazione. Allora potremo far tornare la gente che è andata via. Ci sono molte persone con alta scolarizzazione. Mostar era veramente un centro culturale, con gente istruita, c'erano molte industrie moderne. Quando questi rifugiati potranno tornare a Mostar, saranno i benvenuti. Per prima cosa abbiamo bisogno del loro contributo intellettuale, secondo, abbiamo bisogno di loro perché abbiamo bisogno delle famiglie che si conoscono l'un l'altra e che conoscono anche quelli dell'altra parte. C'è un background su cui ricostruire, vivendo le differenze fra culture, con amici e vicini diversi, ma avendo tutti un lavoro e con un'educazione per i bambini. Non si può ordinare alla gente di ridere e divertirsi insieme, puoi solo dare la possibilità di vivere in questo spazio, dare l'impressione che possono lavorare per la città che amano. - UNA CITTA' 9

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