Una città - anno V - n. 38 - gen.-feb. 1995

facilmente interessi economici di prima grandezza. "Ti assicuro che ti farò un figlio così, così e così". L'accettazione della procreazione artificiale eterologa, non riflette una tendenza più generale a mettere in secondo piano i contenuti biologici? esempioinepocafascistamaiepoi I NOMI DIELMAIE.S'liRO mai avrei tuto vo re le leggi razziali. Così come, se anche mi dimostrassero che attraverso la sperimentazione in massa su embrioni E' vero che oggi la cultura moderna tende a cercare contenuti sostanzialmente non-biologici della paternità e della maternità. Ed è anche vero che ci possono essere maternità e paternità acquisite assai più ricche, per quanto riguarda gli affetti, di maternità e paternità biologiche. E' esperienza comune: quanti padri e quante madri si comportano male? L'istituto dell'adozione risponde a questa logica: maternità e paternità di affetti che prevalgono sumaternità e paternità biologiche. La mia tesi, accettata poi dal Parlamento europeo nell'89, parte da una domanda: il meglio perun bambino qual è? Il meglio è che coincidano maternità e paternità biologica, maternità e paternità degli affetti, maternità e paternità legali. Nessuno pensa ali' adozione come all'istituto ideale, ma la differenza fra l'adozione che sdoppia e la procreazione artificiale che pure sdoppia, sta nel fatto che l'adozione è innanzitutto un rimedio al male di un bambino abbandonato fisicamente omoralmente o rimasto solo perché i genitori sono morti. La procreazione artificiale, invece, è un rimedio a un male, la sterilità, solo degli adulti. Ma se ci mettiamo nell'ottica del bambino, il meglio per il bambino è che possa chiamare padre e madre coloro che sono realmente padre e madre anche dal punto di vista biologico. Dal mio punto di vista, che potrei chiamare personalistico, il problema di fondo è sempre la scelta dell'angolo di visuale. Se la scelta deve essere quella del più debole, del più piccolo, la procreazione artificiale non è una buona cosa per il bambino, almeno dal punto di vista delle garanzie. In Inghilterra è scoppiato lo scandalo di cento mamme che si sono accorte che era stato impiantato un uovo che non era il loro. A questo si potrà anche rimediare. Ma si potrà rimediare alle crisi psicologiche, alle crisi di rigetto dei mariti, a recriminazioni del tipo: "questo è tuo, l'hai voluto a tutti i costi, io non lo volevo"? Sono cose già successe. Lei come legislatore cattolico a che tipo di compromesso sarebbe disponibile? Come le accennavo ali' inizio, ci sono due grandi valori, il significato della vita e il punto di riferimento della famiglia, che fanno guardare con sospetto alla procreazione artificiale, in particolare a quella eterologa. Poi, certo, sulla procreazione artificiale la visione cristiana ha una riserva ulteriore, ma questo è più difficile da capire da parte di un non credente. lo trovo giusto e bello quello che dice I' insegnamento della Chiesa: l'uomo è qualcosa di misterioso in quanto creato da Dio come parola d'amore di Dio, che lo chiama a un destino eterno. E questa parola è pronunciata in un contesto che Dio ha voluto che ripetesse il linguaggio della sua stessa essenza. il linguaggio del- !' amore: un uomo, una donna, un sempre, un dono reciproco, carico di speranza sul futuro e sugli altri. Ecco il figlio. Se si toglie questo contesto il figlio non è più mistero, non è più miracolo, rischia di ridursi a prodotto, a oggetto. in stato avanzato, si potesse arrivare a guarire il cancro mai potrei acconsentire. Così come credo che mai potremmo acconsentire al prelievo di organi sani da malati incurabili per salvarne altri. Vi sono dei limiti che nessuna visione utilitaristica può rendere valicabili. Credo che il tema della vita sia uno di questi limiti. D'altra parte se mi si chiede di tradurre in leggi la visione cristiana della sessualità come impregnata di mistero, di amore, legata al progetto di Dio, rispondo che le leggi debbono rispettare un minimo etico, non si può imporre tutto e alcune scelte sono lasciate alla libera coscienza di ognuno. Quindi, pur mantenendo un atteggiamento di sospetto verso la procreazione artificiale in quanto tale, una legge che consentisse solo la procreazione omologa o che, se proprio si dovesse accettare quella eterologa, quanto meno la vincolasse alle regole dell'adozione, una legge che vietasse il congelamento e la sperimentazione sugli embrioni e acconsentisse soltanto alla fecondazione artificiale di un solo uovo da impiantare, penso che nel panorama complessivo del mondo sarebbe una buona legge. Lei in tutti questi anni è stato visto dalla sinistra come un ne- _ mico, esponente oltranzista del movimento della vita. Questo mi ha fatto molto soffrire per tante ragioni, ma in modo particolare perché sono sempre stato tacciato di essere "conservatore", uno "di destra", quando invece queste tematiche sono tematiche di sinistra. Se sinistra vuol dire attenzione privilegiata agli ultimi, ai più poveri, senso di giustizia sociale, rifiuto della discriminazione, eguaglianza, questo è il tema della sinistra. Non solo. Perché quella sinistra che ha trovato la sua espressione nel comunismo reale è fallita? la persona, banco di prova della sinistra Perché istanze persuasive e affascinanti di eguaglianza e di giustizia sociale sono state fondate sul basamento falso del materialismo teorico, sul rifiuto, cioè, dell'idea che nella persona ci sia un mistero. Stalin ha ucciso in buona coscienza e la sera andava a dormire tranquillamente perché per I ui il valore non era la persona, ma era lo stato, il partito, la classe. La stessa cosa che faceva Hitler: per lui la razza era la cosa superiore a tutte. Il singolo cosa vuoi che valesse? Invece, se le istanze di giustizia e di eguaglianza venissero radicate non sull'idea vaga di una classe, di un proletariato, di un'umanità che nessuno incontra mai sulla strada, ma su questo mistero della persona -dico persona e non individuo, proprio per non cadere nel materialismo capitalista-, di un soggetto, cioè, che è capace di rapporto con gli altri, che è portatore di un qualcosa che supera tutto il resto della natura, queste istanze ritroverebbero il loro spazio, il loro momento. E' crollato il muro di Berlino, mettiamoci delle fondamenta sane e serie. E credo che i punti di riprova di una conversione che sarebbe straordinaria sono proprio i temi della vita, i temi della bioetica. Se la sinistra non lo capisce grande danno sarà per l'Italia, se lo capisce grandi vantaggi saranno per l'Italia ... Lyceum E' stata quasi commovente la sollevazione di un popolo di ex-liceali -allo stato presente dottori a vario titolo- in difesa dell'inestimabile Istituto minacciato di estinzione, per la verità solo nel nome. Avendo frequentato un decorosissimo liceo di provincia, non ho motivi per conservarne imperitura memoria. Come tutti, le cose importanti che so le ho imparate fuori della scuola. Quelle che sto imparando ora dentro la scuolaperché ci lavoro- sono quasi tutte contro la scuola. Per quanto vedo e sento intorno a me (parlo ordinariamente solo delle cose che conosco di persona) l'attuale liceo è una sorta di caricatura della vecchia istituzione gentiliana: proprietà quasi privata di una corporazione di piccolo borghesi semicolti e per lo più frustrati i quali, in una specie di maniacale soliloquio, impartiscono a ritmo forsennato nozioni sterili e compiti a casa, e si spartiscono la feconda messe delle lezioni private, senza le quali pare che un numero impressionante di ragazzi di normali o anche ottime capacità non riesca ad ottenere il diploma. Quelle che seguono sono le parole di un mio ex alunno, il quale stazionava, ventenne e senza più genio, in una terza di Istituto tecnico, ruminando senza posa e senza riuscire a digerirli, i cinque anni precedentemente trascorsi in un liceo. Il ragazzo è stato più volte bocciato in italiano. "Ho deluso molto in campo scolastico. Ero un bambino discolo, fannullone, catastrofico ma... intelligente. Studiavo pochissimo e passavo il tempo giocando, facendo confusione e disturbando tutti coloro che si trovavano nelle mie vicinanze, e così sono stato fino alle scuole medie. Poi sono passato alla scuola superiore, cioè quella che dovrebbe essere la vera scuola. Mi iscrissi al liceo scientifico, questo è stato uno dei più grandi errori che ho commesso nella mia vita. In quella scuola ho imparato purtroppo cosa vuol dire vivere nella dimensione scolastica, diventare parte di un organismo che dovrebbe formare la società. Organismo che funziona molto, anzi troppo, male e gli effetti del suo errato funzionamento si scaricano su tutti quegli alunni che forse non hanno seguito alla lettera le norme dettate da questo ambiente. Norme che ignorano completamente i veri criteri di giustizia e di uguaglianza; norme che troppo spesso svuotano gli alunni di ogni potere all'interno della scuola, rendendoli impotenti rispetto a un sistema che ha il potere di decidere la sorte di ragazzi che magari saprebbero e potrebbero rendere molto più di altri. Questi ragazzi perdono ogni motivo e ogni convinzione delle loro capacità, non riuscendo più a mostrare le loro qualità perché soffocate o mutilate da giudizi troppo spesso erronei. Causa di questi errori sono i professori: infatti un gran numero di essi vive in una dimensione di giustizia personale dove tutto ciò che loro dicono o fanno è giusto e inconfutabile, e l'alunno deve solo ascoltare e imparare; l'alunno deve dimenticare che intorno a sé c'è un mondo di soddisfazioni e divertimenti: l'alunno deve dimenticare il mondo reale. Proprio in quel liceo dove ho passato cinque anni della mia vita, proprio quei professori che hanno tanto predicato la loro onestà e la loro integrità morale, proprio loro si sono mostrati dinnanzi a me, e anche dinnanzi a tanti altri ragazzi che hanno vissuto la mia stessa esperienza, essere la peggior melma dell'ambiente scolastico. Questi professori ricevevano, e tutt'oggi ricevono, regali di ogni genere e in alcuni casi vere e proprie ''tangenti". Non mi soffermo a descrivere tutte le nefandezze che io e altri alunni abbiamo subito, però dalle squallide esperienze che ho fatto in questi anni ho tratto una conclusione: tutto è più sbagliato di quanto già sembri". Non a torto, dunque, Ivan lllich andava a cercare nel mondo di Borges qualcosa che rappresentasse adeguatamente l'insensanelle mani del professore. "In un estratto da un'immaginaria enciclopedia cinese Jorge Luis Borges cerca di evocare quel senso di stordimento che un tentativo del genere non può non produrre. Ci dice che gli animali si suddividono nelle seguenti classi: a) quelli che appartengono all'imperatore; b) quelli che sono imbalsamati , c) quelli che sono addomesticati; d) i porcellini da latte, e) le sirene; f) quelli favolosi; g) i cani randagi; h) quelli inclusi nella presente classificazione; i) quelli che finiscono per impazzire; i) altri innumerevoli; k) quelli dipinti con un sottile pennello di peli di cammello; I) eccetera; m) quelli che hanno appena rotto la brocca; n) quelli che da lontano assomigliano alle mosche. Ora, una tale tassonomia non sarebbe possibile se non ci fosse qualcuno che la ritiene utile ai propri scopi: nel caso particolare suppongo che questo qualcuno potesse essere un esattore fiscale. Almeno per lui questa tassonomia deve aver avuto un senso, nello stesso modo in cui la tassonomia degli obiettivi dell'istruzione ha un senso per gli scienziati che ne sono gli autori. Nel contadino, il vedere uomini padroni di una logica così imperscrutabile autorizzati a valutare il suo bestiame deve aver provocato un senso agghiacciante di impotenza. Per ragioni analoghe gli studenti che si sottopongono seriamente a un programma di studi tendono a sentirsi paranoici. Ed è inevitabile che siano ancor più spaventati del mio immaginario contadino cinese, dal momento che quelli che si stanno marchiando con un segno imperscrutabile sono non delle bestie ma gli scopi della sua vita". Acqua e fuoco Da tempo non leggo i giornali, che mi paiono la caricatura della realtà; né posseggo un televisore, perché non ne soffro la mancanza. Non ho quindi conoscenza di tutto quanto è stato detto a proposito delle piogge che hanno devastato il Nord. Dall'eco che mi è giunta attraverso la radio, mi è parso tuttavia di capire che il repertorio delle colpe sia stato anche questa volta esaustivo: il dissesto; il condono; il malgoverno democristiano; il consumismo; l'abbandono della montagna; il neomalgoverno berlusconiano; il cemento; il ritardo dell'informazione; il ritardo dei soccorsi. Tutte sacrosante verità. Come sempre, rimane sottaciuta quell'ulteriore sacrosanta verità che antecede tutte le altre: la natura è, come sempre, più forte dell'uomo. Anni addietro, quando mezza Valtellina rovinò sotto una pioggia calda che scioglieva i ghiacciai, mentre i giornalisti stigmatizzavano sciovie e disboscamenti una mia conoscente vide dalle sue finestre il fianco di una montagna vergine travolto da una massa d'acqua che sradicava uno per uno i grandi pini, e li faceva riemergere dopo pochi istanti lisciati come stuzzicadenti. Da che l'uomo -unico tra gli animali- ha acquisito la capacità di pensare la propria morte, non molte sono le possibilità di affrontare saggiamente il problema: tra le quali, il religioso timore dell'uomo antico di fronte alla potenza dell'aria, dell'acqua, della terra e del fuoco non è la più primitiva. Un moderno saggio ha osservato come, di fronte alla morte di una persona amata, immaginare di esserne in qualche modo colpevoli ci è più facile che accettarne la crudele casualità. E' lo stesso procedimento psichico che rende preferibile all'essere umano addossarsi tutta la colpa della catastrofe naturale perché il riconoscerne la autonoma sovranità lo angoscia e lo offende. Immaginare di essere noi colpevoli della totale distruzione della natura è l'ultima difesa dall'idea che, oggi come sempre, la natura nel suo imperscrutabile cammino può distruggere noi, senza autorizzazione e senza preawiso. Ma il nostro narcisismo non tollera la nostra contingenza, e si rifugia nei suoi deliri onnipotenti. rita che nessuno legge più sopra la profumeria Chérie, all'angolo tra corso Garibaldi e via Gianturco a Portici, dopo la tremenda eruzione vesuviana del 1631: "O posteri, o posteri, di voi si tratta ... venti volte da che splende il sole, se non sbaglia la storia, arse il Vesuvio, sempre con immane strage di chi fu lento a scappare ... lo vi awiso, questo monte ha il ventre pieno di bitume, presto o tardi si accende ... Tu scappa fin che puoi... se ti coglie è finita: sei morto. Disprezzato, ha scacciato gli incauti e gli avidi a cui la casa e i mobili furono più cari della vita. Ma tu, se hai senno, ascolta la voce di un marmo che ti parla: non pensare alla casa; non indugiare: scappa. Anno di salute 1632". Due secoli dopo dai fianchi dello stesso monte il più solo dei poeti guarda coraggiosamente in faccia la accidentale presenza dell'uomo nel cosmo, e lancia il suo richiamo alla solidarietà. I nomi del maestro Milioni di cristiani chiamano la persona per loro più importante con il nome di Maestro. Ogni allievo di conservatorio aspira al raggiungimento del titolo di Maestro: in corno, fagotto o clarinetto, o addirittura in quella summa del potere musicale che è ladirezione di orchestra. Nelle comunità accademiche, dicesi con ammirazione "è un Maestro" del docente che eserciti un tipo particolare di attrazione intellettuale e morale su una cerchia di discepoli. Nel lavoro manuale, il Mastro è colui che dirige e impone le regole dell'arte. Tutt'altro succede a colui che più di ogni altro ha il diritto di fregiarsi del titolo: l'insegnante elementare. Qui l'applicazione del titolo, soprattutto al genere maschile, dà luogo a strani fenomeni. A Napoli, ad esempio, le maestre femmine vengono dette "signorine", mentre la vox populi ha promosso il maestro maschio a "professore"; pertanto chiamato dagli alunni "prussò". Il termine "signorina", che suggerisce uno status incompiuto, sussidiario a quello materno, prescinde da ogni specificazione di età e stato civile. Prima delle riforme, le maestre erano "signorine" tout-court. Con l'introduzione del tempo pieno, furono suddivise dall'utenza in: "signorine a righe" e "signorine a quadretti". Con l'introduzione del modulo, e l'affiancamento ai tradizionali ltaliaAOe Aritmetica degli Studi sociali, si son potuti vedere alunni disorientati andare dall'una all'altra delle tre signorine chiedendo, "Signurì, ma vuie site a righe, a quadretti, o a quadernone?" (intendesi il quaderno formato computisteria atto ad ospitare grafici e diagrammi e altri strumenti dell'indagine sociale). La tripartizione può venire applicata anche ai "professori", ma più raramente. Si potrebbe supporre che negli strati bassi della popolazione perduri un pregiudizio antidonnesco, che impedisce di attribuire al maschio il nome di un mestiere tipicamente femminile. Salendo nella scala sociale però, le cose non cambiano nella sostanza. Se ad esempio un maestro (elementare) esc~ dal chiuso della classe per affrontare più vaste questioni, e instaura relazioni con professori (veri), organismi sociali e politici di varia natura, creerà non poco imbarazzo nei suoi interlocutori sul piano dei nomi. Per lo più essi adotteranno l'uso popolare, facendo finta di ignorarne l'improprietà, e lo chiameranno "professore". Qualcuno non si periterà di ricorrere al risibile "dottore". Gli esperti del ramo, tra di loro, lo chiameranno "pedagogista", assumendolo, anche se non laureato, nell'empireo delle scienze dell'educazione (idiografiche e non nomotetiche, come tutte le scienze umane, ma pur sempre scienze, cose da laureati). Tutto ciò è comico e insieme triste: perché la dice lunga sulla natura di una società nella quale il mestiere più importante dopo quello di genitore, oltre ad essere il meno pagato della gerarchia pedagogica, porta un nome del quale ci si vergogna. La dice lunga, al di sotto di tutte le apparenze, sul conto nel quale questa società tiene i suoi bambini. Se poi mi si chiede come legislatore cristiano cosa farei, posso dire che alcune cose non si possono fare, qualunque cosa capiti: ad • tezza del potere classificatorio depositato I giornalisti avrebbero parlato di malgoverno spagnolo; a me pare buon senso ciò che ispirò al Duca di Monterrey Emanuele Fonseca, Viceré di Napoli, la lapide anne- Carla Melazzini B 47100 FORLI' via FlavioBiondo,5 Tel. 0543/ 31524 l1otecaGino Bianco Tutta la scelta chevuoi Vtaledell'Appennino1,63 - Forlì . • - - SOFIWARE - SYSTEM HOUSE CENTRO ELABORAZIONE DATI CONSULENZE INFORMATICHE CONSULENZE DI ORGANIZZAZIONE CORSI DI FORMAZIONE Soc. Coop. a r.l. 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