Una città - anno V - n. 38 - gen.-feb. 1995

81 Il sondaggio, in questa fase di transizione, sta diventando uno strumento di lotta politica e si trasforma in un modo per forzare la democrazia. Attraverso un certo modo di fare e usare i sondaggi si vogliono creare le condizioni per passare, da una democrazia di tipo mediato e parlamentare, quella che ci ha retto fino ad oggi e che è rappresentata da quella Costituzione che si vuol far credere superata, a una partecipazione plebiscitaria. Con gente che sa usare il mezzo televisivo, con esperti di comunicazione pubblicitaria, diventa un gioco influenzare le masse e quindi la cosiddetta piazza. In questo modo il pubblicitario diventerebbe uno strumento del "grande vecchio", del re o del Peron di turno, per dare una verniciatura di democrazia ad un potere che sarebbe un potere assoluto, alla versione moderna di un potere antidemocratico ed autoritario. Certo, non sarà più il fascismo di un tempo, ma questo della democrazia telematica è il pericolo maggiore che l'Italia sta correndo in questo momento. Ma non c'è, nella gente, una cultura che possa permettere di resistere alla assoluta manipolabilità che fonderebbe una "democrazia" di questo genere? La persona che ha un buon livello culturale, leggendo e tenendo in esercizio la memoria, mantiene il senso critico. E non parlo di una persona che abbia fatto l'università: ci sono tante persone comuni che si coltivano. E neanche ha importanza che questa persona sia di destra o di sinistra: quando uno legge e si sforza può poi prendere delle decisioni opposte a quelle prese in precedenza. La democrazia è proprio questo. Chi, invece, non legge per niente o quasi per niente e guarda molto la tv, perde ogni senso critico. La televisione ha fortemente influito sul nostro modo di pensare perché il telespettatore, bombardato da un'informazione continua, via via perde il senso della memoria. Non registra più e non confronta più: non a caso ci sono dei personaggi che, nel giro di pochi giorni, sostengono tesi diametralmente opposte. Ci è capitato di intervistare queste persone senza più memoria e quel che appunto abbiamo visto è che applaudono il personaggio quando dice "a" e continuano ad applaudirlo anchequandodice "b". Questo vuol dire che, attraverso il mezzo televisivo, si identificano con il personaggio e delegano tutto a lui, saltando ogni mediazione. Il personaggio è applaudito in quanto personaggio e la tv è il sacerdote che consente questo matrimonio, questo contatto diretto, plebiscitario, con la gente che si identifica con lui. C'è una manipolazione del consenso e dell'opinione pubblica ed è per questo che, se non si risolve il problema dell'informazione, siamo su una strada autoritaria e andare a votare è inutile. In Italia c'è stato fino a pochi giorni fa un presidente del Consiglio che, oltre a controllare parte del settore assicurativo mentre si sta lavorando sulle pensioni, controlla gran parte del distributivo e le televisioni sia pubbliche che private. Sono cose che non capitano neanche in Africa! Lo stesso baluardo della Costituzione, che è il patto che ci garantisce tutti, viene messo in discussione. Certo, dopocinqu~ ,l'anni la Costituzione può, modificata, ma per farlo ci vuole l'accordo di tutti. Queste sono cose che dovrebbero far mo Ito riflettere Ia gente, ma la gente non le percepisce perché è martellata tutti i giorni dagli slogan. E invece la manipolazione vera e propria del sondaggio in cosa consiste? Circolano dei sondaggi che lasciano molto perplessi proprio perché il sondaggio è sovente usato come strumento politico. Il sondaggio è usato, e questo è un aspetto che va sottolineato, non solo per dimostrare all'opinione pubblica che si è forti, che conviene correre sul carro del vincitore, ma soprattutto come strumento di pressione sugli opinion leaders, sulle istituzioni e sui centri di potere. Berlusconi è stato il primo ad usare il sondaggio in questo senso quando, all'inizio del '94, diffuse sondaggi che dimostravano come Forza Italia, un partito che prima era inesistente, fosse molto forte. In questo modo lui diceva ai centri di potere economico, alla Chiesa cattolica, a quelle persone della società civile note e popolari nella loro zona: "guarda che se vuoi fare carriera politica devi venire da me". Adesso usa il sondaggio nei confronti dei popolari e delle alte gerarchie ecclesiastiche per dire: "Attenzione, dovete fare i conti con noi, loro sono perdenti, quindi vi chiedo almeno una posizione equidistante. Perciò non appoggiate tròppo il partito dei cattolici, perché poi i cattolici votano in gran parte per noi". quel falso 10% in più speso dappertutto E' noto che, in seguito al mio esposto all'Esomar, che è l'associazione internazionale dei ricercatori, Gianni Pilo è stato espulso. Tutto nasce appunto nel gennaio dell' anno scorso quando, anche se ilCavaliere non era ancora sceso in campo, già si parlava di Forza Italia. Tutti gli istituti, dai più seri ai meno seri, la collocavano tra il 3% e il 6%, che era già qualcosa per un partito che non esisteva, mentre la Diakron, l'istituto di Pilo, diffondeva sondaggi in cui dava più del 16%, cioè I O punti in più del massimo attribuito dagli altri. Il Cavaliere, in uno slogan televisivo a cavallo fra febbraio e marzo, diceva sorridente "Un italiano su tre ha già deciso di votare Forza Italia" riferendosi ai sondaggi fatti dalla Diakron, che in quel periodo gli dava il 35%. In realtà, il 27 Marzo, non è stato votato da uno su tre, ma da uno su cinque. Questi I0-15 punti percentuali di differenza fra i sondaggi della Diakron e i sondaggi degli altri ce li siamo portati dietro per tutto il periodo elettorale e alla fine, quando la Diakron assegnava il 37%, Forza Italia ha ottenuto il 21%. Allora, o erano degli incompetenti -ma non credo, perché con i mezzi di cui dispongono, con i consulenti che hanno avuto, certamente non potevano fare errori così grossolani- oppure devono spiegare, e l'ho chiesto più volte a Pilo, il perché di questa differenza rispetto ai sondaggi degli altri istituti previsionali. Le elezioni del 27 marzo, per come si sono svolte, sono state, secondo me, discutibili, perché già allora i giochi erano truccati: se una marca di automobili affermasse di controllare una quota di mercato gonfiata del 70%, il giurì di autodisciplina la condannerebbe per concorrenza sleale, non ci si può attribuire una quota di mercato così marcatamente sbagliata. Ma questo è stato il modo di strumentalizzare il sondaggio: in quel momento avevano bisogno di accreditarsi e ci sono arrivati grazie a questa operazione e alla tv. Ora chestia montando piùomeno una ondata di destra, quanto può essere decisivo il controllo delle televisioni e il conseguente uso dei sondaggi? In questa fase di grande mobilità elettorale, di grande confusione, di grande angoscia, se non si arriva alle pari condizioni, i giochi sono fatti, non c'è spazio. "Pari condizioni" vuol dire che le tv devono restare il più possibile fuori dallo scontro politico e quando entrano devono essere chiaramente controllate in modo che ci siano per tutti le stesse condizioni in termini di tempo, di fasce orarie, di possibilità di espressi ohe. Secondo me, per esempio, Buttiglione era sincero quando diceva di voler portare al centro Berlusconi, però lo stesso Buttiglione, quando si è reso conto che sulla strada di Berlusconi i rischi per la democrazia erano elevati, non ha esitato a dichiarare di potersi alleare con la sinistra. Buttiglione sta dimostrando di credere nella democrazia e questa sua scelta si giustifica senza alcun dubbio, perché siamo ritornati, dopo cinquant'anni, in una situazione sotto certi aspetti simile a quella della Resistenza, dove marxisti e cattolici, liberali e statalizzatori, si son ritrovati uniti per combattere il fascismo. E' triste che persone come Federico Orlando o Montanelli, che sono certamente dei conservatori, debbano essere considerati comunisti! Arriviamo a questa deformazione. Però, se questa deformazione la si ripete con slogan sistematici, la gente finisce per assimilarla e se viene intervistata ripete le stesse parole che sente continuamente in tv. La capacità di comunicazione che Berlusconi ha nell'uso di questo strumento del marketing è indiscutibile e per contrastarla non basta neppure la par condicio, anche se ne è la condizione preliminare e necessaria, perché se le tv restano concentrate in mano a una sola persona o a determinate forze politiche, lo spazio che rimane è molto poco. Qui si tratta, come nella Resistenza, di salvare la democrazia nel nostro paese. Dopo, risolto questo problema vitale, che altrimenti rischiamo di tenerci vent'anni, i democratici debbono e possono tornare a dividersi. Adesso l'unità è una precondizione. Per poter cambiare, tuttavia, ci vogliono anche altri fattori: si deve creare una grande coalizione di forze su un programma comune molto chiaro, si deve trovare un leader che sappia attrarre i moderati. La situazione attuale molto schematicamente è che una parte di italiani, andata via via crescendo a seguito dell'entrata in campo di Berlusconi e che noi valutiamo intorno al 30%, può essere considerata di destra, più o meno moderata, mentre prima questa percentuale era certamente minore. All'incirca equivalente e con sfaccettature diverse, un 30% si dichiara di sinistra. Resta poi un 40% che non è di centro, ma sono i cosiddetti benpensanti, i moderati, diversi fra il nord e il sud perché nel sud hanno disponibilità economiche piuttosto ridotte, mentre nel Nord sono la borghesia con caratteristiche egoistiche, i piccoli imprenditori. Questa area centrale dell'elettorato è rappresentata solo in piccola parte dai partiti di centro, ma sono queste persone che, spostandosi da La testata UNA CITTA' è di proprietà della cooperativa UNAGITTA'. Presidente: Massimo Tesei. Consiglieri: Rosanna Ambrogetti, Paolo Bertozzi, Rodolfo Galeotti, Franco Melandri, Gianni Saporetti, Sulamit Schneider. Redazione: Rosanna Ambrogetti, Marco Bellini, Fausto Fabbri, Silvana Massetti, Franco Melandri, Morena Mordenti, Massimo Tesei, Gianni Saporetti (coordinatore). COLLABORATORI: Rita Agnello, Edoardo Albinati, LorettaAmadori,AntonellaAnedda, GiuliaApollonio,GiorgioBacchin, Paolo Bertozzi, PatriziaBetti,AldoBonomi, Barbara Bovelacci, Vincenzo Bugliani,Andrea Canevaro, Alessandro Carrera, Paolo Cesari, Michele Colafato, Dolores David, Liana Gavelli, MarzioMalpezzi, Gianluca Manzi, Carla Melazzini,Gaby Milic,Linda Prati, Carlo Paletti, Rocco Ronchi, don Sergio Sala. INTERVISTE: A Giorgio Calò: Franco Melandri.A Carlo Casini: Marco Bellini.A Nico Berti: Franco Melandri.A Le/e Galbiati. MarcoBellini.Da Mostar: MicheleColafato e Massimo Tesei. A Massimo Carlotta: Gianni Saporetti. A Guido Viale: Franco Melandri e Gianni Saporetti. A Giovanna Cappelletto: Gianni Saporetti. FOTO: di Fausto Fabbri. A pag.6: dal libro"// socialismo senza Marx" di Francesco Saverio Merlinoe da "Un socialista irregolare: Andrea Gatti" di Gino Bianco. In copertina: Mostar: Abdo e Mira. Grafica: ·casa Walden•. Fotoliti: Scriba. Questo numero è stato chiuso il 18gennaio '95. l1otecaGino Bianco una parte o dall'altra dello schieramento politico, poi determinano quella che è la maggioranza. In quest'area agisce fortemente la tv, ma per attrarla non basta che la tv sia resa innocua, nel senso di una equa distribuzione, per attrarla ci vuole un leader che questa gente accetti e che sappia portarla su un discorso di centro-sinistra. Il cuore della questione è qui, solo che non si vede l'alba di un leader riconosciuto da tutta quest'area di opposizione, il programma non esiste e quindi si rischia di andare in ordine sparso, cioè di andare incontro a una sconfitta certa. Ma c'è, almeno in potenza, un leader come quello che lei vede necessario? Io vedo un binomio che potrebbe essere vincente, un binomio costituito da Prodi come leader con un suo valore oggettivo e da Di Pietro come simbolo. Di Pietro ha il vantaggio di essere un uomo del popolo per le sue origini, perché parla quel linguaggio ed è popolare e amato da molti di quelli che amano Berlusconi. Nei colloqui di gruppo per le "ricerche qualitative", che facciamo con casalinghe, per intenderci, che sono innamorate sia di Di Pietro che di Berlusconi, e che sono quelle che fan la differenza quando si va a votare, facciamo spesso il giochino di far buttar giù dalla torre uno dei due. Ebbene, quando si cerca di farle discutere su questa scelta sono angosciate come quando si pongono problemi delicati in famiglia, si vede proprio dal viso che non amano questo tipo di contrapposizione, ma quando le si costringe a scegliere, la maggiorparte sceglie Di Pietro e butta giù Berlusconi. Di Pietro ha una popolarità superiore al 95%, il 90% degli italiani gli vuole bene, lo apprezza. un 5% di italiani è contro il parlamento Ora, se scendesse in politica certamente perderebbe parecchio perché verrebbe aggredito, lo metterebbero in croce, così come è successo ora con Buttiglione o Bossi. Tuttavia il suo impatto con la gente è tale che, secondo nostre analisi prudenziali, riuscirebbe a spostare tranquillamente un 10% di elettorato da un'area ali' altra. E questo farebbe la differenza. In questa situazione, l'andare in piazza, per esempio nel caso dei sindacati tempo fa o ora nel caso di possibili e minacciate adunate della destra, quanto conta? Uno dei meriti di Berlusconi è di aver fatto rinascere i sindacati ed è un merito importante. Di fatto la vera opposizione è stata fatta da loro più che dai partiti. I vari Buttiglione, D' Alema e Bertinotti sono stati molto tranquilli: altro che non lasciarli lavorare, li hanno stralasciati lavorare! Sulle pensioni è passato il messaggio che sarebbero stati colpiti gli interessi deboli e non quelli forti, e la gente ha reagito. Così come la gente ha reagito al momento del decreto "salvaladri" perché Tangentopoli era dentro l'animo delle persone e l'idea dell'impunità ai politici corrotti era uno schiaffo al Di Pietro che, con la barba lunga, scamiciato, di fronte alle telecamere dichiarava il suo sdegno. Il fatto è che l'attuale aggressione alla Costituzione la gente non la vive. In questo momento, tuttavia, l'Italia è, grosso modo, spaccata in due. Abbiamo fatto un sondaggio "epidermico" sulla Costituzione dove chiedevamo: "Lei ritiene il Parlamento uno strumento importante per la democrazia o se ne potrebbe fare a meno?". Era una domanda volutamente fatta in quel modo perché volevamo individuare la sacca di persone di per sé autoritarie e le abbiamo identificate in chi rifiuta il Parlamento. Ebbene, il 10% del campione rappresentativo degli italiani ha detto che se ne potrebbe fare a meno. Ora, il 10% sono circa cinque milioni di italiani che coscientemente, razionalmente, sono autoritarie, sono contro il Parlamento. Rispetto agli altri quarantacinque milioni di cittadini sono pochi, però di questi cinque milioni non è difficile portarne un milione e mezzo in piazza. E allora... - UNA CITTA' 3

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