, pur avendone la possibilità, di fronte all'ordine utare il peso di un'ideologia che disumanizzava ~tegge psicologicamente il carnefice. Le parole cli una storia politica riletta insieme alla storia sce a un ordine. Intervista a Carlo Ginzburg. diziona. Quindi mi pare che da questo punto di vista Ordinary men sia certamente un libro di storia politica, anche se apparentemente si parla solo di esecutori di ordini. Bisognerebbe addentrarsi in studi a questo livello per capire come poi certe ingiunzioni siano state possibili. So che, per esempio, ci sono stati degli studi sui programmi di eutanasia che hanno rappresentato un precedente molto importante dello sterminio, anche dal punto di vista tecnico, perché ci sono stati trasferimenti selettivi di personale addetto ai programmi di eutanasia ai luoghi in cui veniva eseguito lo sterminio degli ebrei. E credo che il caso del programma di eutanasia sia molto significativo proprio perché ci fu una protesta che fermò i nazisti. Uno si chiede cosa sarebbe successo se la protesta si fosse sollevata anche per gli ebrei. E questa domanda è certamente legittima, nel senso che seè vero che la storia è andata in un certo modo, per capirne il perché dobbiamo anche porci la possibilità di una vicenda alternativa, che in questo caso è resa concreta da un termine di paragone reale, l'interruzione, appunto, del programma di eutanasia. Perché c'è stata la protesta? Gli ebrei, a differenza degli handicappati, erano visti già come totalmente estranei? Erano i legami familiari che hanno indotto ad intervenire? Quanto ha contato l'intervento contrario ali' eutanasia delle chiese? E quanto avrebbe contato un intervento delle chiese contrario allo sterminio degli ebrei? Per capire bisogna confrontare. Mi ha colpito che rispetto al primo massacro, dove ognj poliziotto accompagnava nel bosco la sua vittima per poi spararle alla nuca, il secondo è agevolato dal fatto che li radunano attorno a una grande fossa e sparano da una distanza di qualche metro. Più in generale l'industrializzazione dello sterminio servì anche ad allontanare la vittima da un carnefice che diflicilmente poteva reggere la routine di uno sterminio "a mano". E' il tema della rilevanza morale e psicologica della distanza. Da un lato c'è sicuramente un problema di efficienza tecnologica, e questo è atroce, perché bisogna fare in fretla e le quantità sono enormi. Dall'altro c'è un problema della pulizia, che è altrellanto atroce: la cosa che sembra insopportabile è il sudiciume legato all'uccisione e certamente 1·aumento della distanza è legata al problema di fare la cosa nella maniera più pulita, per quanto terribile possa essere questo. Poi c'è anche il fallo che più intervengono protesi e strumenti tecnologici e più la psiche del singolo assassino è protetta. pigerai un bottone e morirà un mandarino in Cina Nel suo libro Modernità e olocausto, Baumann ha citato qualcosa di profondo su questo elemento "decolpevolizzante" legato alla tecnica: più l'omicidio si compie a distanza ravvicinata, più si è costretti a ricorrere a tecnologie rudimentali, più bisogna imbouire di alcool gli assassini, mentre invece se il tulio viene affidato alla tecnologia, alle camere a gas, allora, in un·organizzazione del lavoro molto più complessa, subentra per gli assassini la possibilità di delegare gli aspetti del crimine più ripugnanti, più ripugnanti per gli stessi assassini, ad altri, per esempio agli ebrei stessi. Ci sono pagine tremende di Primo Levi sull'istruzione dei sonderkommando, che erano i comandi speciali addetti ai forni crematori e alle camere a gas affidati agli ebrei. E Primo Levi dice che il crimine più atroce del nazismo è stato questo: avere affidato questi compiti agli ebrei, avere coinvolto questi gruppi nei loro stermini. Quindi mi pare che certamente l'introduzione della tecnologia non sia un de11aglio e abbia effetti non solo tecnici. Qui, con il 101° battaglione, abbiamo il contrario, però la contiguità fisica può essere trasformata in distanza dal distacco scientifico e mi sembra questo il senso dell'apologo di Milgram. Quelli che gridano sono nel l'altra stanza, ma esiste una sorta di distacco scientifico, per cui li si può torturare senza troppe responsabilità. E uno degli elementi che emergono da questo libro e che colpisce di più è la difficoltà di uccidere chi si conosce già e della facilità invece di uccidere in massa. E non c'è dubbio che la disumanizzazione della vittima crei anch'essa una distanza psicologica che agevola l'eccidio. Ci porta un po' lontano dal libro di Browning, però il tema della distanza, e della contiguità, quindi, sembra un problema veramente decisivo da un punto di vista etico, politico e culturale e di grande attualità per ciò che ci sta succedendo intorno. li tema della distanza mi tocca molto. Mesi fa ho fallo una conferenza per un ciclo di Amnesty lnternational a Oxford, proprio sul tema delle implicazioni morali della distanza. Sono partito dall'apologo del mandarino: viene dello a qualcuno che guadagnerà un'enorme somma di denaro se pigerà un bottone che ucciderà un mandarino in Cina, con la sicurezza dell' impunità. Mi sembrava significativo: la distanza, il perché della Cina, la connessione a distanza, ma anche la deresponsabilizzazione legata alla distanza. D'altra parte non c'è dubbio che la stessa contiguità, la stessa vicinanza sia ambivalente: nella stessa conferenza citavo il proverbio "fratelli, coltelli". Le guerre civili ci insegnano proprio questo: più •si è vicini più si può scatenare una pulsione aggressiva, c'è una sorta di potenziale distruttivo legato alla contiguità. La contiguità può agire quindi nei due sensi. Il problema mi sembra quello di acquisire una "giusta distanza", cioè una distanza che consenta l'empatia senza diventare una contiguità eccessiva. Questa mi pare una sorta di indicazione generale, che possa funzionare da metafora della convivenza fra culture, e, se vogliamo, dello stesso procedimento della conoscenza che implica l'elemento della distanza per riuscire a vedere le cose: se sono troppo vicine non le vediamo più. L'altra idea era quel ladel la fusione ad ogni costo che culturalmente si traduce in una perdita. Ma poi chi detta le leggi della fusione? E fusione in che? L'idea della fusione, del melting pot dello altrimenti, era che tutte le culture, da qualunque parte arrivassero sul suolo americano, cominciando a mangiare hamburgers, a bere coca cola, eccetera, si sarebbero fuse nel metallo omogeneo della condivisione dei valori americani, di un'unica identificazione. Questa ideologia poi è caduta perché c'era una resistenza delle varie culture e ora si fa avanti un'idea che mi pare interessante e che adesso viene anche teorizzata -penso a Benedici Anderson- su scala più ampia: l'idea della doppia cittadinanza. Penso che l'idea della buona distanza possa valere non solo nei confronti dell'altro, ma anche nei confronti di se stessi. Questo, evidentemente, è un tema attualissimo per l'Europa. Ma questo ci ha portato molto lontano dal libro di Browning. Dicevi che Browning ha usato fonti processuali, le testimonianze che alcuni componenti del battaglione portarono durante il processo a loro intentato negli anni 'SO.Che problemi pone a uno storico l'uso di tali fonti? L'impressione che ho è che Browning ha usato con grande attenzione e cautela testimonianze rese in un ambiente giudiziario, per ricostruire degli eventi molto precedenti. Il tribunale scompare, è solo menzionato all'inizio. Ma si potrebbe immaginare anche un'altra lettura di queste testimonianze, con lo scopo, diverso da quello che si era prefisso Browning: ricostruire in un'aula di tribunale come questa gente vede il proprio passato. In una lettura del genere bisognerebbe naturalmente tenere conto che le testimonianze sono coatte, dettate da una situazione non scelta, che hanno come fine principale quello di discolparsi, però credo che una lellura fine potrebbe cogliere dei segni di sordità morale oppure la presenza di un qualche mutamento di percezione. Adriano Sofri notava recentemente che la parola "pentimento" ha preso una connotazione giudiziaria e triviale in Italia, mentre il pentimento è una cosa delicata, importante. Forse nessuna di queste persone è pentita veramente, nel senso profondo del termine, però forse sarebbe possibile cercare di capire se in questi anni è subentrato un giudizio diverso. Sarebbe un tentativo di storia morale, diverso dalla storia fattuale che si è prefisso Browning. Come leggere la storia, come usarla? Potrei riagganciarmi all'errore di contrapporre la storia politica alla storia della vita quotidiana. Su questo ho discusso molto con Friedlandere questo si rial laccia anche al discorso della micro-storia che Vidal Naquet ha citato anche nella prefazione all'edizione francese del libro di Browning. Credo che sia estremamente superficiale contrapporre questo tipo di indagine storiografica alla storia politica, come se fosse qualcosa di alternativo, di nuovo, da contrapporre alla vecchia storia politica. Si tratta invece di far vedere come la storia politica possa essere scritta in una maniera diversa. Tempo fa mi è stato chiesto che tipo di indagine io vedevo come particolarmente promettente e nuova e io dissi: la storia politica. Era una risposta un po' provocatoria perché da parte del mio interlocutore c'era l'idea della storia politica come un vecchiume, ma volevo far capire che la storia politica si può scrivere in un'altra chiave, vedendo come problematico tutto quello che di solito gli storici danno per scontato. Ho sempre pensato che l'atto stesso dell'ordinare qualcosa e di vederlo eseguito sia una delle cose più misteriose e problematiche e questo emerge anche dal libro di Browning. Certo, uno potrebbe dire: grazie tante, qui vengono ordinati dei gesti mostruosi. Ma io penso che anche dei gesti apparentemente banali non implicano necessariamente l'obbedienza come qualcosa di scontato. i _rapporti di potere sono misteriosi, vanno rimeditati Sono quindi i rapporti di potere che vanno rimeditati come qualcosa di misterioso: come è possibile che qualcuno dica a qualcun altro di fare qualcosa? E perché qualcun altro obbedisce? Si dice: c'è il potere. Sì, però anche il potere dovrebbe essere sottoposto ad analisi. Questo è tutto il contrario della feticizzazione del potere proposta da Foucault a suo tempo e che poi Foucault stesso ha corretto, in quella raccolta che si chiama in italiano Microfisica del potere, proponendo un'idea (o meglio una metafora) che mi pare più feconda: un potere che, per essere trasmesso, per agire, e insomma per esistere ha bisogno di un'infinità di anelli, ha bisogno di incarnarsi in una quantità di situazioni, fin nel microcosmo famigliare, eventualmente anche nei gesti degli uomini comuni, che non sono necessariamente gesti omicidi. La società è un fenomeno misterioso. Mi pare che il libro di Browning inviti a riflettere anche su questo. - UNA CITTA' 9
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