di donne palestin • SI b Le donne palestinesi stanno discutendo di come far valere i loro diritti nella futura costituzione . Il problema dell'interpretazione della legge islamica, finora al maschile. L'esempio illuminato tunisino e la beffa subita dalle donne algerine. La straordinaria rete di comitati femminili che in questi anni hanno retto economia e società. La tradizione inventata del velo e il rischio che la donna diventi oggetto di negoziato fra islamici e Olp. Il grande realismo della donna araba. La possibile delusione sugli accordi. Intervista a Ruba Salih. Ruba Salih, palestinese, ha 25 anni, vive a Parma e si è laureata con una tesi sulle problematiche delle donne palestinesi e del mondo arabo. Sua madre, da sempre impegnata nel movimento per la pace nel Medio Oriente, ha scriuo un 'autobiografia, uscita postuma nel '93 da Astrea, intitolata Con il vento nei capelli. Tu hai partecipato a Gerusalemme alla conferenza delle donne palestinesi che si è tenuta a settembre. Puoi parlarcene? La conferenza era intitolata Woman, justice and law ed era organizzata da uno dei tanti comitati di donne che ci sono nei Territori, che si chiama Il diriuo, Lagiustizia, ed aveva come scopo quello di fare il punto su quali sono i diritti delle donne palestinesi oggi e su quali strategie adottare, a breve e a lungo termine, per cambiare la situazione. A questa conferenza hanno partecipato praticamente tutti i comitati delle donne. I principali in Palestina sono quattro divisi un po' per affiliazione politica, però ultimall1$nte le differenze politiche si sono via via attenuate e le donne si sono molto più unificate come donne, lasciando a parte le diverse posizioni politiche e questo è un fatto molto positivo. Erano presenti più di 400 donne. Il risultato più importante della conferenza è stato quello di creare un comitato femminile trasversale, che comprenda donne appartenenti a vari ambiti, donne dell'ambiente accademico, donne dei comitati, donne attive in qualsiasi modo, per far pressione sui comitati che stanno scrivendo le leggi palestinesi, affinché ci sia la possibilità di eliminare tutte le discriminazioni esistenti. Agire, cioè, come lobby per creare una situazione favorevole alle donne nel futuro. I problemi sono tantissimi, perché la situazione legislativa attuale è frutto di un miscuglio di leggi diversissime. Esiste ancora la regolazione della reggenza del mandato britannico, perché Israele, utilizzando la legge internazionale che vieta a un paese occupante di cam- •biare le leggi preesistenti, ha conse!""ato quelle che gli venivano buone eliminandone altre. Poi dal '4g· tino al '67 ed oltre, nella Cisgiordania, occupata dalla Giordania, le leggi in vigore sono state quelle giordane e a Gaza quelle egiziane. Poi, addirittura, all'interno esistono ancora leggi ottomane. Inoltre, dal '67 in poi, nei territori occupati sono stati emessi più di 1000 decreti militari. In Cisgiordania poi, dove gli israeliani avevano messo in piedi le corti mjlitari che sono state praticamente boicottate dai palestinesi, sono sorti nuovi tribunali mussulmani, appoggiati dalla Giordania e tollerati da Israele perché si occupavano di statuto personale, le leggi, cioè, che riguardano il codice della famiglia, il matrimonio, il divorzio, la tutela dei figli, ambiti politicamente poco importanti per Israele. Quindi ci troviamo in una situazione assurda in cui ci sono diversissime legislazioni in vigore che si intrecciano e si sovrappongono. I palestinesi, che per la prima volta possono decidere di quello che sarà il futuro in questo campo, devono tener conto della complessità della situazione. Ma qual è il problema principale per le donne? Il problema è quello della legge islamica, la shari'a, che è vigente stazioni UBBIDIENZE Davanti alle stragi, ai massacri, davanti a questi ragazzi (quasi dei bambini) che proprio qui sotto la nostra finestra schiacciano aturno una lucertola urlandole: "crepa", mentre la radio parla dello scandalo di una città assediata, davanti a un male infinitamente semplice, noi non abbiamo altra scelta che renderlo concreto, percorrerlo tutto tastandogli il ventre come i draghi di Wiligelmo, renderlo estremo, scardinandolo dalla sua irrealtà. Davvero, trasformare il Getzemani da luogo lontano "a provincia del nostro essere". E' l'esortazione di Simone Weil all'amico Bousquet che porta nel corpo mutilato il segno della Prima guerra e da vent'anni fissa il suo tormento, senza tuttavia riuscire a conoscerlo davvero: "Adesso lei è pronto a pensarci ... lei conoscerà la realtà della guerra, la realtà più preziosa da conoscere, essendo la guerra l'irrealtà stessa". E' il duro privilegio di quelli che sono stati toccati dall'orrore e gli sono sopravvissuti: ancora senza morte, eppure senza oblìo, forse vivi soltanto per accogliere nel loro corpo quel dolore, quell'ingiustizia, quello smarrimento. "Per riuscire a pensare alla sventura, bisogna che essa sia profondamente confitta nella nostra carne, come un chiodo, e bisogna averla dentro da lungo tempo perchè il;pensiero possa diventare abbastanza forte da affrontarla". Da lungo tempo, abbastanza forti. Giustamente Simone Weil non ci pensa diversi da un seme che cresce sotto la neve, il corpo come una mandorla di pazienza che prema i suoi contorni sul destino, come la forma che il bambino riempie di sabbia bagnata e rovescia sulla spiaggia. Si può morire interiormente, impazzire di pena abbracciando un cavallo frustato sugli occhi, oppure resistere, resistere alla tentazione di annullarci nella sofferenza per vedere davvero, per giungere a un pensiero tragico e bianco. E' il senso del nero dei chiodi e del chiaro delle mani trafitte, è forse la difficile assenza di penombra che cerchia il bene e lo rende così spesso insormontabile. Forse noi non viviamo che per imparare, forse ogni vita non è che un'agonia, la lunga lotta per non crollare nel confuso conforto dell'ombra, nella vigna che ci offusca col suo intreccio di tralci, noi, piccole volpi costrette a correre, ancora tanto accecate da devastare. Antonella Anedda I o UNA CITTA' in molti paesi arabi ma che in ogni paese è applicata secondo un' interpretazione diversa -le più importanti sono quattro- che danno luogo a diverse leggi, più o meno aperte, progressiste o conservatrici. Quella vigente in Cisgiordania è l'interpretazione Hanafi che è abbastanza conservatrice e che però oggi è consolidata e condiziona culturalmente la società. I problemi sono tantissimi. Per esempio quello della poi igamia, che esiste tuttora ed è permessa dalla legge islamica con interpretazione Hanajì. Poi, chiaramente, il divieto di abortire, la mancanza di tutela della donna dal punto di vista del lavoro. A parità di lavoro la donna riceve un salario molto inferiore, non ha possibilità di avere ferie per il periodo della gravidanza, eccetera. Ora, questo problema del)' interpretazione è veramente decisivo. l'uomo non può essere equo con più mogli La Tunisia che è uno dei modelli di riferimento per le donne palestinesi di oggi, pur non ponendosi fuori dal contesto della legge islamica, ha adottato una legislazione molto progressista, perché molto estensiva e ha riconosciuto moltissimi diritti alle donne. Per esempio ha concesso ildiritto d'aborto, ha proibito nei fatti la poligamia. Anche nel mondo arabo c'è tutta una corrente di pensiero di donne femministe, egiziane, marocchine, tunisine, che sostiene che la legge islamica è stata gestita negli anni dagli uomini, che hanno dedotto e interpretato, sia dal Corano che dalla Sunna, l'altra grossa fonte del diritto mussulmano, solo una parte delle frasi. Un esempio classico che fanno è che, quando si parla di poligamia, il Corano dice che a un uomo è concesso sposare 4 donne, però, d'altra parte, c'è un'altra frase altrettanto importante che dice che se un uomo non si sente, pensa di non essere in grado di trattare le mogli equamente non può essere poligamico. I Tunisini interpretano la seconda frase come un'ammonizione a non contrarre la poligamia perché nessuno può essere equo con più di una moglie. Altri paesi, invece, dando una lettura esclusivamente economica e di stato sociale, hanno introdotto delle regole, più o meno assurde, per calcolare il reddito del marito che vuole sposare più di una donna per vedere se può o meno essere equo. Ora, anche se le donne palestinesi stanno studiando tanti modelli, soprattutto dei paesi del nordeuropa, per capire quale può essere un modello funzionale, se si stanno confrontando con di verse realtà del sud del mondo -alla conferenza hanno invitato una donna giordana, una sudafricana- il modello di riferimento più realistico rimane quello tunisino, perché, anche se quella resta la strategia di fondo di tante donne, proporre oggi una legge totalmente laica che abbandoni del tutto quella islamica, consuetudinaria, tradizionale, sembra poco realistico. Per fare un esempio: una delle conclusioni a cui sono giunte è quella di istituire due tribunali, uno mussulmano e uno laico, e che ogni persona abbia la possibilità di scegliere se rivolgersi a uno o all'altro, dove, però, l'ultima parola spetta al tribunale laico. C'è, insomma, oltre alla consapevolezza della complessità dei problemi, anche un realismo molto forte. Una parte di donne attiviste, avvocatesse, stanno cercando di diffondere il più possibile capillarmente un 'informazione sui diritti già esistenti oggi perché, anche se sono pochi, le donne hanno dei diritti nella legge islamica. Per esempio non è molto utilizzato il diritto della donna di poter mettere all'interno del contratto di matrimonio una clausola che le permette di divorziare se il marito incorre nella poligamia, ma oggi è una possibilità che non molte donne usano, un po' perché sono scoraggiate, un po' perché non la conoscono, un po' perché la tradizione è un'altra. Oggi una donna che viene ripudiata non è tutelata mentre la legge islamica le riconosce il diritto al mantenimento. La stessa pratica di divorzio è molto complessa, perché, dal periodo del la legge ottomana in poi, proprio come garanzia per la donna e per limitare i ripudi e i divorzi emotivi dovuti ad arrabbiature del momento, si è stabi I i 10 che l'uomo debba pronunciare tre volte il divorzio davanti alla moglie prima che questa possa considerarsi effettivamente divorziata, deve proprio dire verbalmente "io ti ripudio", per tre volte separate nel tempo, perché abbia la possibilità di ripensarci. Sono diritti che non sono conosciuti, ma c'è anche molta riluttanza a rivolgersi ai tribunali perché, questo si sa anche nei paesi occidentali, è una cosa sempre dolorosa, e continua a prevalere l'idea che i panni sporchi si lavano in casa. Quindi c'è un tentativo realistico di partire già da una base di diritti che si hanno attualmente, per poi rendere più forti le donne e su quella base rivendicare ulteriori diritti e allargarsi. Teniamo poi presente che parlare di donne palestinesi è abbastanza generico, la realtà è molto variega- • GAIA AlimentazioneNaturale Yoga- Shiatsu via G. Regnali, 63 Forlì tel. 0543 34777 ta. Nel mondo palestinese trovi un'acculturazione molto alta, con una forte percentuale di laureati e di donne all'interno dell'università -a Nablus sono più le donne degli uomini- però allo stesso tempo, nei villaggi, trovi realtà molto tradizionali. E di questo si deve tenere conto anche nel fare delle leggi, si devono proporre leggi che siano accettate dalle donne stesse. Il movimento delle donne palestinesi è molto forte, ma che problemi incontra come movimento di donne? Il movimento delle donne palestinesi è molto antico, nel senso che nasce col movimento di liberazione ed è la realtà dell'occupazione, la consapevolezza di essere oppressi come popolo, che ha dato l'input alle donne per sviluppare una consapevolezza come donne. E' chiaro poi, che fra il movimento di liberazione femminile e quello nazionale, si crea una grossa contraddizione perché quest'ultimo è sempre stato posto come quello più importante, quello che, comunque, viene prima di tutto il resto. E le donne che, sviluppando una rete di comitati femminili molto estesa -ci sono centinaia di comitati delle donne nei territori occupati-, hanno preso consapevolezza dei propri diritti, della propria forza, sono sempre accusate dagli uomini di dare priorità a questioni che in realtà non sono importanti in questo momento. cosa ne sarà di noi dopo la rivoluzione? Dicono "prima viene I' indi pendenza e lo stato poi i nostri problemi", ma le donne ormai si rifiutano di separare i due piani. Dicono: "non ci sembra sensato e logico che prima si faccia una struttura, senza darle un senso, una cultura e noi vogliamo imprimere alle nostre strutture le nostre idee e cercare di cambiare mano a mano". D'altra parte si ha molto presente la situazione della donna algerina, e gli errori in cui non si deve incorrere, tant'è vero che il problema della legislazione hanno iniziato da tempo a porselo. In Algeria, al di là di qualche intellettuale, le donne, mentre erano attivissime nel movimento di liberazione nazionale generale, non si erano preoccupate di pensare a '·cosa ne sarà di noi dopo la rivoluzione". E dopo l'indipendenza, s'è visto, le donne sono tornate a casa e hanno avuto in premio. per la loro partecipazione, tutta una legislazione allucinante, con un codice della famiglia molto reazionario. GROUP INTERNATIONAL Come si è sviluppato il movimento delle donne palestinesi? Il movimento femminile è molto variegato. Agli inizi, quando è nato, era soprattutto un movimento di donne dell'alta borghesia che si occupavano di assistenza alla popolazione più bisognosa, ai feriti, creavano strutture di aiuto. Poi mano a mano questo movimento si è venuto sempre più popolarizzando e all'inizio degli anni '80 sono nati anche i primi comitati femminili che avevano un'impostazione anche politica, di presa di posizione sui fatti. Ci sono centinaia di organizzazioni, di comitati, che hanno ancora una natura di tipo sociale, di aiuto, ma che, durante l'intifada, hanno svolto una funzione cruciale nel creare le strutture della società. Con le scuole chiuse dalle autorità militari i comitati hanno organizzato le scuole clandestine nel le case, cercando di continuare l'attività didattica in qualunque modo, hanno creato asili, tutte le strutture di base che nella società palestinese sono fondamentali. Hanno promosso centri per il training delle donne e centri più tradizionali che si occupano di fornire un supporto a donne che non hanno il lavoro, che sono rimaste sole con figli piccoli. Ad esempio sono nati molti centri di cucito, di ricami tradizionali, che poi sono venduti e sono una fonte di sostentamento per le donne. Poi ci sono altri tipi di centri, centri di studi e ricerca femminili -tre molto grandi e bene organizzati a Nablus, a Gerusalemme e a Gazache portano avanti ricerche sociologiche sul terreno, che hanno contatti con moltissime realtà internazionali europee -il centro di Nablus è gemellato col centro di documentazione delle donne di Bologna- e che hanno quindi un'impostazione molto più femminista degli altri. Si occupano di fornire training alle ragazze laureate, per insegnare a fare ricerca sulle donne, sulla condizione femminile nel mondo del lavoro, nei campi profughi, all'interno dell'università. Il problema del fondamentalismo. S'èsentitodire che peresempio oggi a Gaza anche per una turista sarebbe difficile girare senza velo. E' vero? Intanto c'è da dire che il velo è sempre esistito in Palestina come negli altri paesi arabi, però non era un fenomeno diffuso, anzi. Potrei farti vedere delle foto di mia nonna negli anni '40 che vestiva tranquillamente smanicata e coi capelli sciolti. Era un'usanza che esisteva soprattutto fra le donne contadine ed era comunque una scelta più o meno personale. Durante l' int(fada, il movimento islamico è riusciFORLI' P.zza del Lavoro, 30/31 Tel. 0543/31363 Fax 34858 Corriere Executive: già consegnato.
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