di adolescenti e alt~ Le trasformazioni indotte dalla facilità comunicativa di telefono e fax. L'impoverimento del linguaggio. La sindrome di Zelig di tanti adolescenti. Il calo demografico che ha reso improbabile fratello, sorella, zii e zie. Il cambiamento dei costumi familiari che si ripercuote sui bambini. Il tempo sfasato dell'adolescenza fra precocità affettiva e ritardata maturità sociale. La crisi della famiglia come luogo dell'educazione e l'arretratezza atavica della scuola. La televisione scuola di violenza e di tutto. Intervista a Paolo Crepet. Psichiatra, sociologo, si occupa dei problemi del 'adolescenza. Ha pubblicato per Feltrinelli Le dimensioni del vuoto. I giovani e il suicidio. Per cominciare, potrebbe fare un quadro della condizione degli adolescenti oggi? In questi ultimi anni mi pare stia • emergendo un progressivo distacco affettivo dalla vita e quindi anche dalla morte. La vita ha perso di senso in rapporto al progetto, quindi alla identificazione proiettiva di sé e questa mancanza di prospettive ha in qualche modo indotto gli adolescenti a tornare indietro, a regredire, individualmente e collettivamente, verso quelle che loro percepiscono essere delle radici, che consentono un'appartenenza. In questo vedo uno dei motivi per cui vi è una rinascita di fenomeni neonazisti o comunque di insularismo culturale -da questo punto di vista la Lega è un fenomeno interessante proprio perché esprime que.sto bisogno di regressione autoritaria- probabilmente causato da un grande senso di paura, paura per il futuro, paura, anche in senso metaforico, delle relazioni. E questo è un paradosso in una società fatta di relazioni, in cui la comunicazione non solo è più facilitata, ma anzi è forse diventata uno degli aspetti fondamentali dell'esistenza. Quindi da un lato nasce e si fortifica una cultura insulare, fatta cioè di isolotti culturali sempre più piccoli dove è più facile riconoscersi ma dove il rapporto con l'altro, con il diverso, è assolutamente impossibilitato e negato, e dall'altro vi è una necessità di comunicare senza comunicare. Le trasformazioni indotte dall'uso del telefono, del fax, delle comunicazioni, infatti, permettono un rapporto irreale, innaturale, in qualche modo "fittion". Laddove un adolescente è costretto, non riesce a progettare, non riesce nemmeno a viaggiare con la fantasia, tuttavia subisce, attraverso imedia, la pressione di un immaginario assolutamente irreale e improbabile. La pubblicità, per esempio, è il settore che si vede di più, non solo perché è fatta per essere vista ma proprio perché è piena di un immaginario incui gli adolescenti si identificano molto. E' una comunicazione irreale che permette ad ognuno di interloquire con un interlocutore non solo immaginario ma ideale: una sorte di sindrome di Zelig, in cui uno è tanto abbattuto, costretto nella vita quotidiana, quanto è ricco, diverso in questa vita immaginaria che viene comunicata. Equesto è un primo aspetto. L'altro aspetto, sottinteso a questo, è che il mondo dove si comunica con la massima facilità è anche un mondo dove c'è il massimo isolamento. L'isolamento, la solitudine sono connotati della società della comunicazione: più si comunica più si è soli. E' un paradosso, ma più si hanno mezzi di comunicazione e meno si utilizzano mezzi di comunicazione naturali: la parola, i! "vis à vis", il contatto fisico. La civiltà dell'etere ha creato un immaginario comunicativo che ha tolto capacità di concepire rapporti. Mio nonno aveva sicuramente più rapporti, in senso reale, di me. lo ho probabilmente due zeri in più di lui di conoscenti, ma lui aveva una rete di rapporti che io non ho più. Penso al paese, alle città com'erano una volta, ai luoghi di aggregazione di un tempo. in sette neanche si gioca al pallone L'osteria non è sparita solo perché ci sono le jeanserie che premono e i contratti di affitto che aumentano, ma soprattutto perché è finita la necessità che l'aveva creata. Non si va più in osteria perché non ha più senso: da un lato si frequenta troppa poca gente, dall'altro gli adolescenti comunicano a livello internazionale. Da bambino io giocavo a calcio in parrocchia e mi confrontavo con venti persone. Oggi un adolescente che va indiscoteca vede diecimila persone in una sera, quante ne ho viste io in tutto il liceo. Oppure si pensi alla rete neuronale dei computers o alla possibilità di rintracciare una persona inqualsiasi parte del globo con un semplice numero di telefono. Ma in questo immaginario comunicativo, un'iperpossibilità di comunicazione milleduplicata rispetto alretà dei miei nonni, o anche solo a 30 anni fa, crea una mancanza di comunicazione. La realtà è moltomisera. Proprio perchéè cambiato lo "ski Il", la capacità tecnica di comunicare. Peresempio l'ascolto, la curiosità rispetto alla diversità delraltro non esistono più o tendenzialmente stanno sparendo. La cultura dell'osteria, la cultura del piccolo luogo di comunicazione e di incontro è una cultura che ormai non ha più senso. E la solitudine creata da questo fenomeno diventa essa stessa causa del fenomeno. E infatti fioriscono servizi di vario genere, come il 144su cui è scoppiata la nota polemica, che rispondono a una disperata ricerca da parte di persone sotto i trent'anni che, paradossalmente, sono le persone che si muovono I Disinfestazioni • Derattizzazioni · Disinfezioni ■ Allontanamento colombi da edifici • monumenti ■ Disinfestazioni di parchi e giardini ■ Indagini naturallstlche 47100Forfì - viaM,ucci, 24 (Zona Industriale) T,I. (0543)722062 T,lefax (0543)722083 o di più. In termini di comunicazione le differenze fra un ventenne e un pensionato sono abissali, però il primo è padrone degli strumenti di comunicazione ma è solo, l'altro non ha comunicazione, magari è in duplex, quindi al minimo sindacale dal punto di vista delle comunicazioni, però ha l'orto, ha la bocciofila, ha una comunicazione reale. Dico questo come introduzione per capire cosa sta modificandosi nella cultura giovanile e cosa ci possono indicare queste modificazioni. Tutto questo come ha cambiato la vita quotidiana di un adolescente? La struttura dei tempi e dell'organizzazione della vita quotidiana per un adolescente è molto cambiata perché, appunto, è una vita quotidiana molto più solitaria: trent'anni fa un ragazzo che scendeva per strada aveva la possibilità, statisticamente, di incontrare trenta ragazzi. Oggi lo stesso ragazzo che scende per strada ne incontra sette ed è un dato drammatico perché in sette non si gioca neanche a pallone. E questo avviene perché le famiglie sono più piccole, perché quel ragazzo ha poche probabilità di avere fratelli e sorelle, al massimo ne ha uno, e la stessa cosa vale per le famiglie vicine. Ormai noi viviamo in quartieri che sono per adulti o addirittura per anziani. E quindi non sono nemmeno più disegnati e organizzati secondo le esigenze di chi è giovane, tanto è vero che oggi per trovare un campo di calcio bisogna prendere la macchina. Questo è un grande cambiamento in atto che comporta anche un differente linguaggio comunicativo, un cambiamento della lingua. Oggi abbiamo una lingua molto più povera. non si possono fare trenta pagine di fax Una volta c'era molto più analfabetismo e la lingua era molto più polarizzata: lingua colta e linguaggio dell'analfabeta. Oggi c'è un maggior riequilibrio dal punto di vista culturale, ma ciò ha comportato un arretramento dell'uso del linguaggio, proprio perché questi strumenti di comunicazione esigono un linguaggio semplice e possibilmente povero, perché non si possono fare trenta pagine di fax . Magari una lettera d'amore alla fidanzata era anche uno sforzo letterario, si voleva far sfoggio della propria cultura. Non era solo una dichiarazione d'amore, ma anche una manifestazione della propria identità. Oggi la stessa cosa avviene con cinque minuti di telefonala. Questo corrisponde ad un impoverimento non solo della comunicazione ma anche dello strumento comunicativo. Naturalmente lutto questo assume ancor più significato quando una persona sta male, quando, cioè, avrebbe bisogno di comunicare di più e sente quella solitudine in maniera più esacerbata. Quando si ha più bisogno e si ha ancor meno, i problemi si sommano. Ecco perché è importante capire la normalità del vivere per capire quando questa si incrina e la situazione peggiora. E' importante sapere la fisiologia per capire la patologia. Non c'è il rischio che una maggiore attenzione a questi problemi provochi una loro amplificazione? Certamente l'aumento dell' interesse e del numero degli osservatori può alterare l'analisi. Proprio per i sensi di colpa della società degli adulti, che sa di aver fatto ben poco per le giovani generazioni, oggi i nostri sensi di colpa ci portano ad un'attenzione particolare verso i giovani e quindi li guardiamo con una lente di ingrandimento che sicuramente è più precisa, ma forse anche più apprensiva, di venti o trent'anni fa. E' aumentalo il numero degli osservatori e sono diventati osservatori specifici: di neuropsichiatri infantili, vent'anni fa, in una città ce n'era sì e no uno, adesso ce ne sono dieci, la figura dello psicologo dell'età evolutiva, che era abbastanza rara nella cultura italiana oggi è quotidianamente sui giornali o in televisione. Oggi c'è una vulgata importante -giusta per carità- che però a volte rischia di essere un moltiplicatore di giudizi. E naturalmente più gente c'è a guardare una cosa, più quella cosa rischia di essere contata tante volte. Anche perché, forse, l'osservazione non è aumentata solo quantitativamente ma anche qualitativamente. Quindi questa osservazione può aver anche aiutalo a svelare qualche cosa che fino a qualche tempo fa era stata nominata, chiamata in modo diverso. Penso per esempio alla depressione che una volta non era riconosciuta o veniva riconosciuta sotto nomi diversi. e che oggi invece ha una sua dignità e una sua classificazione specifica. Ma non è aumentata ladepressione in senso epidemiologico, c'era anche prima, ma non ce ne accorgevamo. Ma al di là di questi possibili confondimenti statistici. credo che la depressione sia in aumento, in parte logicamente, nel senso che essendosi abbassata l'età della matuGAIA AlimentazioneNaturale Yoga- Shiatsu via G. Regnali,63 Forlì tel. 0543 34777 rità, soprattutto della maturità affettiva, le relazioni cominciano prima e con queste la patologia delle relazioni. Cominciano prima le disavventure della vita, i dolori della vita. Sparendo una parte di quella che una volta era l'età evolutiva del bambino, l'adolescenza è compressa e gli adolescenti, che una volta avevano i primj problemi relazionali a 17-18 anni, oggi li hanno a 13-14. E naturalmente, aumentando l'esposizione temporale, si aumenta anche l'esposizione al rischio. Da questo punto di vista, è lo stesso discorso che si fa quando si parla dell'aumento della depressione negli anziani: essendo aumentata la popolazione degli anziani, essendosi allungata la vita, si allunga tutto quello che è correlato con quell'età. Questo è un discorso scontato e banale, sarebbe strano se non fosse così. Il cambiamento dei costumi familiari, che è stato così rilevante, che conseguenze ha comportato? Direi molto importanti. Innanzitutto dovute al calo demografico. Un conflitto tra i genitori elaborato, digerito in una famjglia con più persone, con fratelli, sorelle, con zii, col nonno è un conflitto in cui il bambino riesce, se non a trovare delle soluzioni quanto meno ad avere delle risposte. un trauma sottovalutato: il trasloco In una famiglia mononucleare, come sono oggi una grande percentuale di famiglie, quel conflitto genitoriale, subìto da un bambino solo, che vive sostanzialmente da solo, diventa un conflitto sordo che non ha risposta e che, quindi, incistalo all'interno non potrà che provocare degli scompensi. D'altra parte è cambiata proprio la gestione degli affetti tra gli qdulti. La legge sul divorzio ha reso esplicito quello che era implicito: una volta si litigava ma si rimaneva insieme, oggi ci si separa. con conseguenti rotture e riunioni successive nella vita, che sono comunque elemento di civiltà, perché, anche dal punto di vista psicopedagogico, è certamente peggiore l'ipocrisia della divisione in casa, ma che comportano inevitabilmente una gestione diversa degli affetti e quindi naturalmente anche un rischio. E pensiamo che in una situazione come quella americana, che precede per certi versi quella europea e italiana. ilbambino ha ormai il50% di possibilità di vivere con uno dei genitori che non sia suo padre o sua madre. Non sto dicendo che tutti i figli dei divorziati sono degli psicopatici, ci mancherebbe, sto dicendo che, per un bambino, vivere il trauma di un padre che se ne va e l'ingresso di un'altra figura maschile nella propria vita intima è un fenomeno nuovo che non si può liquidare come se non comportasse delle conseguenze. Non necessariamente negative, perché magari va via il padre cauivo e ne viene uno buono, può anche essere una situazione che migliora, però cambia comunque il rapporto con l'affettività della vita, perché si vivono dolori. separazioni e perdite. Ad esempio un fattore che raramente viene preso in considerazione è il trasloco. Molte volte una coppia che si divide implica per il bambino un trasloco. Permolli bambini il cambiamento di casa è traumatico, non per la casa in sé ma proprio perché nel loro immaginario è l'unica cosa indivisibile che hanno. La casa è il loro regno, quello che non avrebbero mai perduto e l'idea di perderlo a volte comporta un grosso stress. Nelle storie che noi raccogliamo, di adolescenti o di giovani adulti, emerge spesso questo evento di vita che, ripeto, frequentemente i genitori sottovalutano. Invece i bambini sono come i vecchi, si affezionano ai posti, alla loro camera, al letto, alla mobilia, ai colori, all'albero fuori dalla finestra. Sono tutti punti di riferimento affettivi di grande importanza. Ovviamente anche questo cambiamento può essere gestito, non sto dicendo che sia sempre un trauma, ma può diventarlo. Questo per dire che una modificazione sociale, culturale comporta una ricaduta di tanti piccoli eventi, importanti dal punto di vista psicologico in un bambino e di questo occorre occuparsi. Si è parlato molto dei suicidi di adolescenti e di comportamenti di sfida alla vita. La sfida alla vita, la vita intesa come qualche cosa che può essere anche perduta, è tipica dell'adolescenza, dell'età iniziale, in cui la vita non ha ancora rappresentato per l'individuo un bene assoluto, primario. Da una parte I'adolescente vive ancora la vita come un regalo, che come tale può essere anche rifiutalo, dall'altra parte vi è anche un'irrequietezza tipica dell'età adolescenziale, un'insoddisfazione cronica che comporta instabilità emotiva. Equesto può portare molto spesso a dover riempire la vita di emozioni. A volte questo gioco alla morte paradossalmente è un tentativo di rivalutare la vita, perché per un adolescente la vita non è credibile se priva di emozioni. Mentre un adulto si adatta ad una vita priva di emozioni, un adolescente fa più fatica ad adauarsi e quindi ha più bisogno di sfidarla, ha più bisogno di riempirla di pericoli. Quando ancora non si conoscono le emozioni, ma si è all'inizio di questo viaggio, il mondo emotivo è un mondo affascinante, che si vorrebbe fosse sempre più ricco, pieno di imprevisti. Quando l'individuo si abitua, vive maggiormentedi ricordi e si adatta ad un·esistenza meno ricca di sentimenti, di esperienze, di imprevisti e di rischio. Questo è un connotato che c'è sempre stato: negli anni venti gli adolescenti inquieti andavano a fare i volontari in Africa e morivano alla prima fucilata. Le persone a rischio tragli adolescenti sono quelle in qualche modo più percettive, più curiose. più inquiete, più instabili, forse in qualche modo anche più intelligenti. Il terrorista non lo fa un depresso. A fare il volontario in Africa ci andava quello che sentiva che la quotidianità era insufficiente per lui. Allora andava in cerca di stimoli. Ogni generazione haavuto i suoi esempi: James Dean, i tcddy boys, i figli dei fiori, il terrorismo, ladroga. Ogni epoca ha avuto un suo costo sociale.
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