Una città - anno IV - n. 33 - giugno 1994

Ci sono meccanismi interpersonali difficili. E' ovvio che l'orientamento è quello di dire tutto, ma molte volte discuterne diventa un problema nei salotti, non nella realtà: quando si fa assistenza, quando ci si trova davanti al paziente, gradualmente si diventa amici, si lanciano dei messaggi reciproci e se una persona non vuol sentirselo dire non è giusto dirlo. Ma quanto conta l'aspetto tecnico e quanto la presenza, l'aiuto, il contatto? Il contatto è fondamentale: se il paziente sa che il suo riferimento è presente, la notte dorme senzaprendere compresse, si addormenta senza bisogno di altri presidi i. Questo vale in generale per lo stato d'ansia, ma il dolore è reale, non è un dolore psicologico. Purtroppo il contatto è fondamentale, però non è nel mansionario. Non si riesce a inserire la voce disponibilità in un mansionario, forse la si potrà produrre tramite la motivazione, riuscendo a motivare le persone che fanno questo lavoro, a gratificarle... Bisogna avere la capacità di entrare in contatto col paziente, capire le sue aspettative. E' difficile, anche perché, a volte, in questi rapporti il paziente scarica la sua aggressività, tende a colpevolizzare del suo stato chi ha davanti, quindi diventa importantissima la formazione degli operatori. Nell'assistenza domiciliare l'infermiere ha un ruolo importantissimo, è la figura centrale dell'assistenza: media tra medico e paziente, decide quando io, medico, vado a domicilio ed ha gratificazioni che non immaginiamo neanche. Però ci sono dei vincoli di mansionario e di legge enormi: a domicilio non si potrebbe fare quasi nulla, ci vorrebbe la presenza del medico, non si potrebbero fare infusioni, trasfusioni o nutrizione artificiale. Speriamo di cambiare in qualche modo. E poi, come si fa a trasformare un infermiere che lavora in un ambulatorio in un infermiere che fa assistenza? Non so se tutti corrano in questa direzione o se invece nella scelta del lavoro non cerchino prima di salvaguardare la propria vita privata. I familiari che ruolo hanno? L'assistenza a domicilio è possibile soltanto se c'è un referente presso la famiglia, una figura leader. Se non c'è questa figura, se sono persone anziane senza grossi sostegni, dall'esterno non riusciamo a fare l'assistenza a domicilio perché/arebbe insostenibile tenere un infermiere in casa 24 ore al giorno. Il punto è come dare sostegno a questo leader ed un sostegno psicologico alla famiglia ... Spesso vengono prima i familiari acontattarci, ci dicono che hanno bisogno di assistenza domiciliare purché al loro familiare non si dica nulla, perché non vogliono che soffra, ma non si sa se il problema è dentro di loro, se sono loro che non vogliono soffrire vedendo l'altro che sta male. Allora cosa fare? Dire che si sceglie di volta in volta è un po' troppo empirico, però bisogna mediare fra mille situazioni, con i diversi familiari che spesso hanno opinioni diverse; succede anche che, sul modo di rapportarsi alla situazione, si spacchino delle famiglie. è il paziente che in quel caso offre da bere Una parte di queste persone cerca il mio supporto tecnico per avvalorare la sua visione del mondo o della situazione, però c'è un punto fermo, di fondo: io ho un rapporto diretto con quel paziente, devo rispondere a lui, con molto tatto, anche secondo le sue capacità culturali ed esistenziali di quel momento, cercando di parlargli in maniera chiara ed anche nelle terapie da fare si media con la persona, non con i familiari. Con l'assistenza domiciliare si entra in un rapporto completamente diverso dal solito rapporto medicopaziente, in cui è il paziente che va dal medico. In questo caso io sono ospite a casa, è il paziente che mi fa accomodare, è lui che mi offre il bicchiere di vino. In casa ha ancora il suo ruolo e anche il potere del medico cambia. E allora bisogna anche sapere reinventarsi nel rapporto, è un rapporto molto più intimo ma anche molto più costoso, cioè "rende" meno. In queste cure il coinvolgimento è massimo, ed infatti l'equipe che lavora va a domicilio a rotazione perché c'è un coinvolgimento totale. Si entra nel problema di tutta una famiglia, dai bambini agli anziani, dove ogni famiglia, ogni persona reagisce al dolore e alla morte in modo diverso. Colpisce il fatto che tentando di lottare contro il dolore, con tutte le tecniche possibili, in un certo senso si riporta la morte fra le pareti di casa in famiglia, come era una volta... Sì, con l'ospedalizzazione sono state trasformate delle situazioni fisiologiche -la nascita, la morte- in situazioni patologiche. Riportare queste cose in casa è senza dubbio una cosa positiva. Ma non facile. Nell'equipe sicuramente un ruolo fondamentale spetta allo psicologo, e questa è una risorsa che ancora non è atti vala. L'altra cosa è che il paziente deve stare assolutamente in casa sua, ma questa, nella nostra organizzazione sociale, per la famiglia è una cosa difficilissima: non puoi paralizzare una famiglia e non hai le risorse per tenere un infermiere ventiquattro ore al giorno, i familiari devono continuare a lavorare e la situazione può andare avanti per mesi. Ci sono situazioni di reale bisogno. Bisogna saper mediare fra le esigenze real i del paziente e le esigenze indotte da tutto ciò che è intorno all'assistenza, che può essere l'industria, lo specialista o il familiare, e, dato che non viviamo in un mondo ideale, questa assistenza è possibile mediando tutte queste cose con le risorse disponibili. Nell'assistenza devo mediare anche nei confronti di chi, il giornalista ad esempio, strumentalizza il rapporto medico-paziente, non tanto perché ne parla male quanto perché il fine non è dare maggiore assistenza. La sanità, e anche il dolore. in qualche modo fanno audience, ma questo è utile a chi fa l'articolo o la trasmissione, non al paziente. Non è facile ricondurre il tutto al paziente, perché alla fine il problema è lì, nel come valutare i suoi bisogni, che possono essere semplicissimi, magari soltanto stare a casa e non essere utilizzato da nessuno. Altrimenti lui si rapporterà con la struttura in base a quello che viene scritto in proposito e la sua fiducia nel medico dipenderà anche da questo. Però, nonostante tutto, qui nella nostra regione c'è uno spazio per affrontare queste cose, c'è sensibilità e disponibilità su questo. Dei piccoli successi, che vanno dal caso singolo ali' aspetto organizzativo, li abbiamo. Abbiamo deciso di esporci, nel senso che c'era bisogno di dare una risposta e cerchiamo di farlo. Mi sento anche di dire che per gli operatori è un 'esperienza bellissima: è brutto dirlo, ma questi pazienti danno molto, c'è una partecipazione attiva, si superano tutte le difficoltà. Si dà il numero di telefono di casa... - problemi di scuola 11 BUCO DE110 ZONO Sicuramente si trova in grave difficoltà chi eredita il Ministero della Pubblica Istruzione, tale è l'accumulo negli anni di interventi mancati o di interventi sbagliati. E -veniva fatto di pensare tempo addietro- meno male che non si sia intervenuto, perché fino a un certo punto la scuola lasciata a sé, anche per tollerante lasciarfare democristiano, non solo per impotenza culturale e politica, ha, appunto, evitato il peggio e ha potuto funzionare con una sorta di autogestione generalizzata e disordinata. Comunque, di interventi dannosi ne sono stati fatti. E d'altra parte c'è bisogno, come ho detto tante volte, di rifare il punto, di rimettere ordine, di ridefinire orizzonti e direzioni: la classe dirigente deve farsi l'esame di coscienza. Non che proprio ci voglia un Giovanni Gentile, ma una chiarezza e decisione politico-culturale equivalenti, sì. Sarà anche per questo che ha destato stupore che questo ministero sia stato assegnato a una persona di cui non si conoscono precedenti interessi scolastici. Sarà stato per la tradizione democristiana. Non deve essere nemmeno facile azzeccare leprime dichiarazioni. Quelle del nuovo ministro non hanno riguardato aspetti impegnativi. Se si hanno idee chiare e forti, forse non è bene spararle il primo giorno. Però, zitti proprio non si può stare e allora si rischia di dire sciocchezze un po' demagogiche. Tale è la dichiarazione del Ministro che avrebbe invitato le commissioni degli esami di Maturità a segnalare i migliori compiti d'Italiano perché li avrebbe pubblicati. E' un'uscita che sembra continuare l'atteggiamento degli ultimi Ministri della P.I., ispirato, nell'assenza di responsabilità politica, civile e culturale, a smania di trovare consenso tra gli studenti. Ma, soprattutto, l'idea di valorizzare, di mettere sotto i riflettori i temi della Maturità, è indizio di scarsa conoscenza della fisiologia della scuola. I ragazzi, nei temi della Maturità, talora riescono anche a dire cose serie, con garbo e con consapevolezza, ma non è alla Maturità che gli studenti e la scuola danno il meglio di sé. Per vari motivi. I titoli dei temi corrispondono sempre più casualmente e comunque parzialmente a quello che si studia e come. Specialmente per alcune discipline (lettere italiane, storia, filosofia, ma, se pure in misura minore, anche scienze naturali, matematica ecc.) la realtà delle scuole medie superiori (per non dire della media inferiore) è ormai lontana dall'unitarietà gentiliana. E per alcuni versi è un bene; ma se ne dovrebbero tirare delle conseguenze, per esempio circa il valore legale del titolo di studio. Ma se ne potrà parlare un'altra volta. Torniamo ai temi della Maturità. E' owio che gli studenti mirano a compiacere l'immaginaria commissione, sempre più quanto più i titoli sono generici o possibilisti o ideologici, cercando di non sbilanciarsi, di dire e non dire, di realizzare un prodotto mediamente accettabile. Soprattutto per quanto riguarda gli argomenti cosiddetti d'attualità, verso i quali ripiegano i ragazzi meno preparati o anche i migliori quando quelli di letteratura italiana o di storia sono fuori portata (per il motivo detto sopra), mentre sono proprio questi i terreni su cui ha senso ed è giustizia valutare i ragazzi al termine della loro carriera scolastica, o analoghi a questi. I temi di attualità sono uno strazio, come anche quelli di argomento tecnico-scientifico per quanto riguarda il mio liceo. E lo sono sempre di più, quanto più cresce -è un paradosso soloapparente-il bombardamento dell'informazione, dato che più informazione significa automaticamente meno sapere, meno autonomia, meno elaborazione ... Sono, questi temi, un invito ufficiale, dello Stato, alla disonestà intellettuale e all'ipocrisia. Non misurano nulla, se non la capacità di scrivere correttamente nel senso più retorico-formale. Qualche anno fa un mio alunno, ammesso per miracolo all'esame, scelse, com'era prevedibile, il tema d'attualità, che, per l'ennesima volta, chiamava lo studente a dire la sua su non ricordo quale aspetto dell'inquinamento planetario -un altro argomento che va forte è la macelleria umana in qualche parte del mondo con relativa rivendicazione della pace e dell'amore. Quel mio alunno, che di ciò non sapeva nulla e soprattutto non gl'importava nulla e mai se n'era preoccupato, tutt'al più l'eco di qualche discorso televisivo ascoltato a cena e un genericissimo allarmismo (l'allarmismo -sdegnato, preoccupato, profetico, minaccioso, disperato, vibrato ...- è colore stilistico costitutivo e richiesto in questi componimenti), quel mio alunno, senza nemmeno badare al taglio specifico del titolo, fece un "tema di ecologia"', un Ente che vive nella convenzione scolastica, e cioè infilzò per un paio di pagine parole e frasine collegate da strutture logiche quali "infatti", "e così", "per cui", "dunque", ecc ... Ai commissari lo svolgimento piacque per la "chiarezza", !"'essenzialità", la "consequenzialità", !"'adesione morale"... Non li turbò né li insospettì nemmeno che per tre volte durante lo svolgimento si tornasse al gravissimo problema del "buco dello zono" (cultura acustico-televisiva!). Certo, questo è un caso estremo. Aconferma della distorsione che producono gli argomenti che non sono stati di insegnamento e studio, vale l'osservazione inversa: gli alunni di un'altra classe, nella quale un mio collega di scienze aveva fatto argomento di programma quel tipo di problematica, e casualmente proprio col taglio voluto dal titolo, fecero componimenti autentici, più o meno buoni, ma autentici. Gli inganni della storia per una morale progressista Spentosi il clamore per la provocazione di Veneziani, quella dell'epurazione dei libri di storia, si può tornare sulla questione, tutt'altro che cervellotica o pretestuosa, di fatto e di diritto, della cultura storica sedimentata nella scuola e fuori, in particolare nei manuali. L'irritazione verso certi abusi può per un momento indurre a pensare un ordinamento scolastico in cui non ci sia tra i beni costitutivi la libertà di insegnamento (e, a monte, la libertà di studio e d'opinione). Ma non si riesce a vedere altro che statalismo e totalitarismo, e miseria morale e intellettuale. Per questo, mi pare che si dovrebbe inorridire per la nuova legge che, a quanto ho capito, punisce in Germania come reato esporre l'opinione che lo sterminio degli ebrei nei lager non sia awenuto. E' il frutto della perdurante incapacità della cultura tedesca di digerire la notte del nazismo, anche per la pressione accanita e ricattatoria, già ben strutturata nella pazzesca celebrazione di Norimberga, dei vincitori (compresi i comunisti!). E' vero, come dice un esponente della Nuova destra, Marco Tarchi, che il rifiuto del nazismo è innanzi tutto giudizio morale, ma la morale non basta -e diventa ricatto moralistico- per fare i conti col passato. Dunque nessuna verità ufficiale sul passato da imporre per legge dello stato. E dunque nessuna epurazione. Ma libertà, pluralismo, confronto. Tre condizioni che sono mancate -le cause sono tante- di fatto spesso in vari ambiti della cultura e della manualistica scolastica. Non si spiegano incredibili accettazioni, conformismi, falsificazioni: sono falsificazioni esposizioni storiografiche vistosamente in contrasto o in ritardo nei confronti della ricerca scientifica, della quale magari è protagonista lo stesso autore del libro di testo. Passi se il libro è compilazione maldestra di un insegnante che mette insieme una volgarizzazione, però ben condizionata dal clima o dalle attese. Massimo L. Salvadori è un maestro della storiografia moderna, di orientamento progressista, der:nocratico, umanitario, ecc ... Collabora a giornali col ruolo di pensatore é predicaUNIPOL ASSICURAZIONI tare di antifascismo e liberalismo. Di questi tempi è attivo nel tenere sotto giudizio gli atti e le parole della nuova maggioranza governativa e nel denunciare ogni pur minima ombra di fantasma fascista. I miei alunni, che adesso fanno l'esame di maturità, hanno il suo libro di testo ( Corso di storia, di Salvadori e Comba, 3° voi. L'età contemporanea, di Salvadori, Loescher 1993). Vi copio le righe in cui si racconta la collettivizzazione forzata delle campagne in Unione Sovietica. "Mentre i kulaki rispondevano alla politica staliniana con il sabotaggio aperto, Stalin lanciò, fra il 1929 e il 1930, la linea generale della collettivizzazione della terra, esortano i contadini poveri e medi a costituire fattorie collettive che sarebbero state tecnicamente aiutate dallo Stato e reprimendo in modo generalizzato i kulaki. Il terrore fu scatenato nelle campagne contro gli oppositori e a favore della collettivizzazione. Nel 1932 oltre la metà dei contadini erano ormai organizzati nelle fattorie collettive. La "guerra civile" nelle campagne ebbe un prezzo altissimo. Il patrimonio zootecnico scese paurosamente. Il numero degli equini passò, secondo le stesse cifre ufficiali, da 34 milioni nel 1929 a 16,6 milioni nel 1933; i bovini da 68, 1 a 38,6; gli ovini da 147,2 a 50,6; i suini da 20,9 a 12,2". Si è dimenticata degli uomini. Vi lascio l'esercizio di ricavare svariate considerazioni. Ne faccio io solo due: 1. come si possa dire una verità incontestabile per non dire la Verità; 2. come si possa, specialmente di fronte a ragazzi, fare sfoggio e dare sicurezza di verità e ingannare mediante quella ch'è ritenuta la forma più vera di verità, quella numerica. Questo brano è a pagina 423. Veniamo a un esempio italiano. Pagina 382. "1127aprile (1923) venne approvata dal governo la riforma scolastica Gentile, che con i suoi sviluppi doveva segnare la fine della scuola laica, dare un nuovo, grande peso alla dottrina cattolica nell'insegnamento, favorire con l'introduzione dell'esame di Stato (vecchia rivendicazione dei cattolici e dei popolari) la scuola privata". E' un brano che grida vendetta. Nessuna notizia precisa. Una presentazione puramente ideologico-valutativa. Di come era il sistema scolastico prima, come cambiò, nulla. E' messa, la riforma Gentile, tra le misure del governo Mussolini che lo caratterizzano in senso fascista. Si allude alla presenza della religione cattolica nelle scuole italiane, ma non si s~iega che è solo nella elementare, in coerenza non con chissà quale fascismo da venire, ma con la filosofia gentiliana e idealistica (anche il ministro Croce aveva avuto lo stesso orientamento, quel Croce che adesso era contro Mussolini). Si dice "nei suoi sviluppi", quindi non per com'era, né si parla di tali sviluppi. Si allude al Concordato del 1929 col quale fu introdotta l'ora di religione anche nella scuola secondaria, ma Gentile era decisamente contrario ("ai bambini il mondo religioso, ma ai giovinetti la filosofia"). Si potrebbe continuare. Comunque, mi pare che un brano migliore non si potrebbe trovare per esemplificare le varie procedure d'inganno, sottili e elaborate, messe in atto. Vincenzo Bugliani UNIPOL: DA 5 ANNI, AMICA PERTRADIZIONE AGENZIA GENERALE Via P. Maroncelli, 10 FORLI'- Tel. 452411 FRA LE GRANDI COMPAGNIE, LA PRIMA NEL RENDIMENTO DELLE POLIZZE VITA. CON \fwm\W Einaudi Diffusione Centri Einaudi Electa 14.81 Conto Aperto un servizio per arricchire la propria biblioteca VCon appena 30.000 lire mensili si possono avere subito a prezzo bloccato libri fino a 1.000.000 di lire. La scelta è libera senza alcun obbligo tra tutti i libri Einaudi, Electa, Melangolo, Collana Pleiade, Universale Gallimard e altre Case Editrici consociate. 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