Una città - anno IV - n. 32 - maggio 1994

dalla Bos , STORIE DI SA EVO Hussein Dzirlo, malandrino di Saraievo, che aspetta l'amnistia in Italia per vecchi conti con la nostra giustizia, che non sapeva che Andreotti non c'è più, che per due anni ha combattuto per Saraievo e s'è alzato presto la mattina, che vorrebbe si sapesse che i delinquenti si sono adoperati per la gente comune. Chi pronuncia più la parola «malandrino»? L'evolversi della lingua l'ha quasi cancellata dal linguaggio corrente, resta nella memoria, al massimo, come una reminiscenza da «Promessi sposi». Eppure quest'uomo che mi trovo davanti, nella via centrale di Sarajevo, la Vaso Miskin, si presenta proprio così, in perfetto italiano: '"lo sono un malandrino". Non il nome e cognome, ma il segno particolare: «malandrino». Fossimo stati in un altro luogo non si sarebbe mai svelato, ne avrebbe avuto pudore, ma qui le distinzioni sono annullate, si sono ribaltate le gerarchie sociali. Forse non sono stati i delinquenti, all'inizio dell'assedio, a salvare Sarajevo? Lo hanno riconosciuto, di recente, anche le «autorità» della Repubblica di Bosnia-Erzegovina. Il sigillo dell'ufficialità sanciva un merito già abbondantemente riconosciuto dalla gente comune. Mentre la Sarajevo della cultura e della politica tirava tardi nei bar, i boss nei boschi allenavano al tiro le proprie milizie private, a posteriori rendendo chiara un'evidenza: la malavita ha dei sensori più sofisticati della gente per bene. La malavita di Sarajevo, in particolare, aveva capito che la guerra sarebbe stata inevitabile. E si preparava. Così il governo, non sapendo a quale forza votarsi, fece ricorso a queste truppe irregolari, non disponendone di proprie, all'esplodere del conflitto, per salvare la città. Ma quale sorta di «malandrino» è costui che circola con una camicia bianca, una cravatta gialla, uno spolverino ali 'ultima moda, esibisce una lunga coda di capelli ben curati, ben lavati, e un anello largo un centimetro ali' orecchio sinistro? Di primo acchito riflette l'iconografia del baro, non ti stupiresti se dal taschino estraesse una «Dillinger». La cultura dei film western è difficile da cancellare. Mi ha fermato perché ho salutato con un '•ciao•· un bambino a cui avevo fallo una fotografia e adesso mi invita al bar ·'da Michele'' per bere qualcosa assie- B n·i ichetesogn~pet,a aperto da qualche mese, e chi gli ha fatto i conti in tasca ha concluso che deve avere speso almeno due miliardi (in lire) per arredare di marmo pregiato il locale in uno dei posti più ambiti della capitale. Essendo sospetto, la polizia lo ha arrestato con un'accusa che suona più o meno ..profittatore di guerra··. ''Ma è una gran brava persona", chiosa il malandrino e, davanti al rituale caffè, senza molti convenevoli, mi chiede: "C'è stata l'amnistia in Italia?". Non conosco larisposta per lui preziosa. Mi informerò, gli riferirò al prossimo viaggio. Sente di dovermi spiegazioni: "Mi chiamo Hussein Dzirlo. ho trentotto anni, venti dei quali passati in Italia. Un mese prima dell'inizio della guerra sono evaso da una vostra prigione e tornato a Sarajevo dove mi sono arruolato e ho combattuto fino al febbraio scorso". Sufficiente per far decollare una conversazione che dice molto della Bosnia, dice qualcosa anche dell'Italia. I ruoli si rovesciano, è lui che intervista me. Hussein: "C'è stato il cambio del presidente della Repubblica, da Cossiga a Scalfare. L'amnistia è automatica in questo caso, no?" Risposta: "Spiacente, non lo so•·. Hussein: '"Se non lo sai significa che non c'è stata. E allora chi si è opposto? Andreotti?" "Andreolli non è più al potere, passa qualche guaio per vicende legate alla mafia". Hussein: "Andreotti? Impossibile. Davvero? E chi si è opposto allora, la Dc?". "Nemmeno la Dc esiste più. E' stata cancellata dopo un'inchiesta giudiziaria che è stata definita Tangentopoli. E' emersa la corruzione del regime". Hussein: "Nemmeno la DC? E' pazzesco. E Craxi?". "Riparato in Tunisia, credo. Anche lui travolto dallo scandalo" Sile11;:,ipoer qualche secondo. Hussein (come riprendendosi da uno shock): '·E chi comanda allora?" "Abbiamo appena avuto le elezio- no· ha lii Rarr,oetsuUNA ClffA' sconi". Hussein: "Berlusconi chi? Quello delle televisioni?" ·'Proprio lui". Altro stupore, altro sbigottimento. Hussein trae una morale: '·Ma allora avete fatto la rivoluzione. Una rivoluzione strana però, perché Berlusconi è amico di Craxi". Noi possiamo trarre diverse morali. Intanto su Sarajevo. In una città europea, la prima che ha avuto un semaforo in Europa, la prima ad avere il gas nelle case nei Balcani, non è passata un'informazione-una da almeno due anni. Isolamento totale, come se fosse un luogo collocato in chissà quale galassia e non a poco più di duecento chilometri in linea d'aria da Trieste, a 55 minuti di volo (militare) da Ancona. Poi sul l'hai ia. Chi fosse mancato negli ultimi due anni dal nostro paese è completamente disorientato. Credeva eterni, nell'ordine, Andreotti, la Dc, Craxi, ancora più eterni, per paradosso, dei brontosauri da nomenklatura orientale. Come dire? In Italia? "Comanda Craxi". Bene, altre notizie? Sarà perché vuole esercitare l'italiano (peraltro ollimo), sarà perché un forestiero è comunque un di versi vo, che Hussein mi invita a pranzo da lui, l'indomani. Non prima di avermi avvertito sul suo stato civile: "Ho sposato una siciliana, da cui ho divorziato. Adesso vivo con una ragazza, Diana, figlia di una famiglia bene. Ha accompagnato addirillura il presidente Izetbegovic in qualche visita ali' estero. Si sta laureando in legge. Mi raccomando, niente cenni alla mia situazione". Diana ha cucinato la tipica «pita», pasticcio di patate. E mi coinvolge in un litigio familiare che ha un sapore antico almeno quanto la parola «malandrino». li giorno prima è venuta a trovarla una sua amica. Per via delle bombe non si vedevano da tempo. 011 ha allora lavato i pialli che sono rimasti ~ul lavandino. Hussein l'ha sgridata per questo: "Una donna deve fare i lavori di casa, sennò che ci sta a fare? Io lavoro tutto il giorno per permetterle di condurre una bella vita (a Sarajevo!), ho dilapidato circa 120.000 marchi, anche stamallina sono uscito per truffare qualcuno. Poi torno a casa e ci sono i piatti da lavare. Vuole la parità? Facciamo cambio. Lei procura i soldi, io sbrigo le faccende di casa". Prendo le difese di Diana, che era abituata a ben altri compagni. Considero che anche nei Balcani deve essere diffuso il fascino del. .. massì, diciamo «malandrino». Altrimenti perché dovrebbe subire. E' giovane, bella, intelligente, colta, e si riduce al ruolo di sguattera, con qualche ribellione, sostanzialmente con soggezione. Ci sistemiamo sul divano per il caffè. Diana è in cucina. Hussein può parlare. Mi mostra le fotografie dell'Italia. Eccolo a Pisa, anni '70, capelli alla George Harrison, lunghi baffi. Eccolo col fratello nel carcere di Bologna. L'immagine è il pretesto per un lungo viaggio a ritroso nella sua vita. "lo sono nato in questa casa, quartiere mussulmano pieno cuore di Sarajevo. Mio padre, pace all'anima sua, era un giusto se ce n'è uno sulla terra.Mi ha insegnato cosa è i I bene. Siccome qui fuori, nella strada, c'erano contrabbandieri e prostitute, mi impediva persino di guardarli, quando passavo. Il divieto ha suscitato la mia curiosità e ho preso a frequentarli. Avevano sempre tanti soldi in tasca. Ho commesso, ragazzino, qualche sciocchezza, per cui sono stato spedito in collegio. Anche al riformatorio. Quando sono uscito, mi sono messo a lavorare nel negozio di papà, fabbricavo oggetti artigianali in legno. Un amico del riformatorio mi è venuto a trovare. Aveva i soldi, mi sfolleva, l'ho seguito. Avevo sedici anni, la notte che abbiamo preso un treno e siamo partiti per l'Italia. Lo ricordo come fosse oggi. Siamo arrivati alla stazione di Milano. Era nolle. abbiamo preso il primo albergo che capitava, il Gallia. Col conto di una no11e abbiamo finito i dinari. La ma11inadopo eravamo in un paese di cui capivamo solo la parola ciao, e senza più dinari. E. così che sono diventato un malandrino. Ho girato l'Europa, ma non c'è un paese come r Italia. Lì mi sono tabi lito e ho fallo davvero di tulio. Molto denaro è passato tra le mie mani. Ma in breve, mi sono molto mantenuto col gioco d'azzardo, con le donne del lungomare di Rimini. Ho conosciuto umili e potenti. Ma lasciamo perdere. Mi hanno condannato a 5 anni in primo grado. Stavo agli arresti in un hotel di Rimini. Poco prima dell'appello a Bologna sono scappato. Anzi mi potresti fare un favore?. telefonare al mio avvocato per sapere come è andata a finire, per sapere se posso tornare tranquillamente in Italia. Non sapendo dove andare sono tornato nella mia Sarajevo. Era il gennaio del 1992. Ho trovato mia mamma malata e la guerra in casa. Che scegliere? Di là la galera, di qua la guerra. Sono rimasto. Siccome sono malandrino mi sono arruolato nella milizia di Juka (al secolo Juzuf Prazina, trovato cadavere sul ciglio di un·autostrada in Belgio nel dicembre scorso dopo che aveva tradito i bosniaci per comba11ere con le truppe croate dell ·Erzegovina). Sono praticamente rimasto per due anni al fronte allorno a Sarajevo. Mi fa male 1u11aviaricordare ciò che ho vissuto. Una cosa vorrei però si sapesse: i delinquenti si sono adoperati per la gente comune, l'hanno aiutata, chi si è arricchito con la guerra sono altri·'. Eppure I lussein. anelatosene Juka. il ~uo garante. qualche problema I "ha avuto con ··celo .., colui che voleva comandare Sarajevo e che si trova oggi rinchiuso in una patria galera. "Forse gli ero antipatico, una di quelle cose di pelle. Il giorno che abbiamo assaltato una caserma federale e preso dei fucili, mi ha accusato di essermene tenuti in casa per i miei scopi. on era vero. Mi ha fatto ca11urare dai suoi uomini, minacciando di uccidermi. lo gli ho risposto che nello stato in cui mi trovavo non ero nelle condizioni di reagire, poteva fare di mc ciò che voleva. Ma che i comuni amici lo avrebbero poi giudicato. Perché c'è un codice d'onore tra di noi e lui lo stava violando. Mi ha lasciato andare. Quando lo hanno ferito e catturato sono andato a trovarlo ali' ospedale di Kosevo, dove era piantonato. E' rimasto molto stupito nel vedermi. Gli ho dimostrato che sono meglio di lui, che può contare su di me, per qualunque cosa di cui abbia bisogno". Nella sua casa, come in 1u11aSarajevo, manca l'acqua, si va in bagno con una candela, ci si arrangia insomma. Dalla finestra si vede il retro della biblioteca nazionale, quella bombardata. el solaio sono ancora visibili i segni di un col podi mortaio che si è portato via qualche trave. Hussein dai grandi occhi azzurri si definisce un mussulmano osservante, prega ogni mallina, ed ha una sua personale visione politica che contrasta, a11enzione, con i sentimenti della maggioranza dei suoi conci11adini. "Dopo quanto è successo è chiaro che non possiamo più vivere assieme coi serbi. Costituiremo, qui, una Repubblica islamica, vogliamo essere padroni in casa nostra". Gli faccio notare che la multietnicità non è morta a Sarajevo portando degli esempi. Jovan Divjak, un serbo, è il vicecomandantedell' Annata bosniaca, 70 mila serbi sono rimasti in ci11à, anche 40 mila croati. Un serbo o un croato possono ancora bere tranquillamente un caffè a Bascarsija, il cuore mussulmano della ci11à e dunque è falsa la sua costruzione. Lancia dei sospelli su Divjak (''una quinta colonna"), si capisce che ripete a memoria una lezione imparata negli ambienti che frequenta. Per dimostrarmi che altri la pensano come lui mi porta in un bar sollo casa dove in effe11ii di corsi hanno lo stesso tenore. '"Vedi? Avevo ragione io". Mi sono intestardito e lo guido in altri locali il ..Kamerni teater", il caffè ·'Roma'·. dove molti amici sono la vivente testimonianza del contrario. Non ho pretese di convincerlo. gli sto semplicemente mostrando un'altra faccia di Sarajevo a lui ignota. Hussein con me, del resto. ha fallo altre11an10. Sarà per queste molte facce che Sarajevo si lascia amare. Mi presenta un tizio che aprirà un Casinò, puntando sulla rinascita della ci11à. Un altro che traffica in armi. Sulla Maresciallo Tito incrociamo dei ragazzi che vendono marjuana. Non sono passate le informazioni, ma la droga sì. '·Sapessi quanti la prendono, al fronte, per sopportare meglio i disagi, la paura. la fatica•·. I bar spuntati come funghi da quando in teoria sono finiti i bombardamenti (20 febbraio, dopo l"ultimatum) sono l'effetto visivo più evidente di un piccolo cambiamento. Dietro al bancone, quasi sempre delle fortune equivoche. Perché i bar? Per una logica di mercato. "Chiaro, no? La gente è rimasta per due anni chiusa nelle case. Adesso ha voglia di uscire, di incontrarsi, di stare davanti a un caffè, come prima". Hussein Dzirlo seguirà l'esempio. Ha riadattato un vecchio negozio e ci metterà dei tavolini: "Ma io non ci lavorerò. Toccherà a Diana, finalmente, e a mia sorella, abbassare la schiena. lo ci me110 il capitale". Dei soldi gli devono essere rimasti, ma sta, a suo dire, agli sgoccioli. "La scorta che avevo la sto esaurendo. E qui bisogna che riprenda qualche business. Come ti ho detto esco ogni mattina a cercare di truffare qualcuno. Spesso mi riesce, ma magari, siccome sono fondamentalmente un buono, lascio perdere. Questo è il motivo per cui vorrei ritornare in Italia. Diana non lo capisce, ma io devo guadagnare, devo riprendere a vivere. La guerra ha cambiato radicalmente le mie abitudini. Prima vivevo di nolle, dormivo fino al pomeriggio e alè, era tutta vita, cena con champagne, Casinò, belle donne. Adesso mi alzo al malli no alle 6, la sera vado a le110presto. Ecco, se me lo chiedessero, risponderei come Robert De Niro in "C'era una volta in America". Cosa hai fallo in questi due anni? Sono andato a leuo presto la sera. Non so come, ma spero che la mia situazione giudiziaria si sia chiarita. Non vorrei tornare in Italia a finire la galera". Gli spiego che, oltre al resto, gli sarà difficile avere un pass del1' Unprofor (caschi blu) per uscire. I controlli sono molto rigidi. Mi risponde con l'arroganza di chi si è sempre arrangiato: "Quello è l'ultimo dei problemi". Siccome è venuta l'ora dei saluti chiama Diana, vuole una fotografia con lei da recapitare al fratello e alla cognata in Italia. Mi consegna una lunga lettera. assieme a una rice11a. Quando torno gli porterò dei medicinali per la mamma che soffre di cuore. Per sé gradirebbe solo un paio di scarpe da ginnastica. Essendo di quelle persone che preferiscono dare piuttosto che ricevere. mi copre di piccoli ricordi di Sarajevo. ogge11id'artigianato di suo padre rimasti ad ammuffire in cantina. Ok, è l'ora di andare, l'aereo aspe11a. Confesso di aver provato una qualche simpatia per il malandrino, nonostante il passato. l'autoritarismo da padrepadrone con Diana, le sballatissime convinzioni politiche. Un po' perché Hussein (ma lui preferisce Dzirlo) è l'esempio vivente delle contraddizioni. Dopo aver inveito con i serbi, me ne ha presentato almeno qua11ro che ha aiutato, in denaro, durante la guerra. Diana mi ha confidato che, aldilà della voce grossa quando ci sono gli amici, in realtà è la persona più tenera del mondo, con lei. La sua casa, nei due giorni che ci sono stato, era meta di un pellegrinaggio ininterrollo di gente che bussava per avere da mangiare. Allora l'ho salutato con affello. Due anni deve ancora fare di carcere in Italia. Due anni è rimasto nel lager di Sarajevo. Non è che la legge ne potrebbe tenere conto? Gigi Riva Tuttaklscelta chevuoi Vialede/l'Appennino1, 63 - Forlì

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