• storie Obbligata ad alzarsi in tram, a sentirsi diversa, a sdoppiarsi fra due persone, quella tranquilla di Maputo e quella sempre tesa di Roma. E ora anche la situazione brutta in patria, dove in un anno è cambiato un mondo. Intervista a Caterina, mozambicana. Caterina. 1110::,ambicanah,a co111ba11uto per la libertà del proprio paese. Oggi vive in Italia e combaue quotidia11a111e1p1e1re essere rispella/CI. Ora siamo una famiglia con qualche problema in più delle altre, anche se noi tre ,tiamo molto bene insieme. Lui lavora Il'università, io trovo ogni tanto qualche iavoretto, ma non è facile e poi succede sempre che una cosa sono gli accordi a parole e un'altra sono i fatti, per cui c'è sempre il tentativo di sfruttarti, di imbrogliarti, di trattarti male. Nella vita quotidiana ci sono tanti problemi. Esco di casa e c'è sempre qualcuno che ce l'ha con me perché sono straniera, che ha qualcosa di brutto da dire, che mi salta addosso ... Un giorno in autobus hanno preteso che mi alzassi per fare sedere altre persone che erano in piedi. L'autobus era pieno pieno e c'erano tanti giovani seduti. Però alcuni sono venuti vicino a me e hanno cominciato a dire che ero africana, che dovevo lasciare il posto, che non avevo nemmeno pagato il biglietto, che non pagavo le tasse, e così via. Gli hodetto che avevo l'abbonamento per l'autobus e che la mia famiglia paga le tasse, ma naturalmente loro hanno continuato a dire e a offendere. Una giovane si è alzata dicendo che il posto lo cedeva lei, ma non si sono accontentati, perché quello che volevano non era un posto a sedere, ma che io mi alzassi, che io fossi umiliata. La situazione era così pesante e assurda che quella ragazza s'è messa a piangere. Alla fine mi sono dovuta alzare anch'io. Quando esco di casa sono sempre tesa, penso a cosa potrà accadermi oggi, so già che qualcuno si avvicinerà per dire cattiverie o robacce. Quando siamo in Mozambico Roberto mi guarda e dice che sembro un'altra persona, perché non sono tesa. ho un'altra aria. Qui sono obbligata a pensare che sono diversa, mi guardano in modo diverso, non tutti, ma sempre troppi. Tutti i giorni devo pagare il conto di essere straniera, devo giustificare quello che ad altri nessuno chiederebbe mai. Avete mai visto un italiano chiedere ad un altro italiano se ha pagato iI bigi ietto dell'autobus? Se per la strada mi si rompe una scarpa, non sono una a cui purtroppo s'è rotta una scarpa, ma sono una disgraziata da prendere in giro. Anche sul lavoro: ho avuto una esperienza per certi versi bella, perché ho lavorato per sette mesi per la compagnia aerea del mio paese e ho fatto il capo scalo all'aeroporto, dovendo imparare tutto perché non sapevo niente di voli e aerei. Ma i rapporti di lavoro nell'agenzia a cui si appoggiava lacompagnia aerea erano bruttissimi. Facevo i turni, lavoravo anche di notte e poi il giorno dopo ero di nuovo sul lavoro e il mio lavoro l'ho sempre fatto bene, mi piaceva e ci tenevo. Però il merito per ogni cosa buona se lo prendevano gli altri e la colpa per ogni disguido era lamia. Lo facevano inmodo sfacciato, provocatorio, non mi riconoscevano nulla. Un giorno è arrivato il padrone del locale dove c'era l'agenzia, un tipo che è stato in Africa molte volte, e ha cominciato a dirmi che i nigeriani sono i più brutti, i somali sono bellissimi. quel!i hanno le labbragrosse, gli altri sono troppo neri. Ma cosa vuole da me, perché si permette di dire queste cose? Conosco quel tipo di persone. Sono fascisti che quando tornano dall'Africa sono più fascisti di prima. Perché non sono abituati alla gentilezza e alla disponibilità che c'è da noi; anche se siamo poveri le nostre ca~e sono sempre aperte per tutti, c'è cordialità e aiuto reciproco. E allora queste per!>oneche arrivano, che guadagnano un sacco di soldi, che con diecimila lire possono avere una persona che gli fa tutti i lavori di casa credono di essere dei padreterni, di poter fare e dire quello che vogliono, ci vedono come loro schiavi moderni, non sanno che cosa sia il rispetto. E quando si rivolgono a noi è sempre dal!' alto in basso, e quando parlano di noi lo fanno come se parla<,scrodi tutto tranne che di persone. Sono nata in un piccolo villaggio del Mozambico, figlia di due persone abbastanza colte. Mio padre era un uomo politico e sonocresciutaquindi in un ambiente molto difficile, lui era sempre controllato e spes- Bi o i1 Rrigior. pe~é allora e " il p,omcnto in cui stava nascendo il primo Fronte di liberazione contro il colonialismo e c·era una durissima repressione da parte dei portoghesi. Mio padre era un elemento di collegamento della resistenza nella città e una volta che è stato conosciuto ha avuto mille difficoltà e non ha più trovato lavoro. Siamo emigrati a Maputo, dove per un po' ha potuto trovare qualche lavore110in qua e in là. Ben presto però ha dovuto abbandonare Maputo e il Mozambico, e io sono rimasta con mia madre. Per me non è stato facile studiare. I colonialisti sapevano tutto della mia famiglia e un anno mi lasciavano frequentare, un altro no, con le scuse più incredibili. Un anno non ho potuto frequentare perché avevo un brufoletto e "avrei potuto contagiare gli altri". Frequentando anche scuole private sono riuscita a terminare le primarie, ma non sono riuscita a diplomarmi, perché anch'io ho dovuto lasciare il Mozambico e ho raggiunto mio padre in Tanzania dove ho cominciato a dedicarmi alla politica per la liberazione del mio paese. Sono entrata nel Frelimo che avevo quattordici anni e ne avevo quindici quando sono stati firmati gli accordi per l'indipendenza. Sono tornata a Maputo e facevo parte dell'esercito di liberazione. Dal 75 al '78 sono stata nelr esercito con compiti di istruzione. poi ho lavorato al ministero e ricordo quel periodo come un momento bellissimo perché costruivamo il nostro paese, Luttoquello che facevamo era importante ed aveva un senso profondo. Piano piano però sono cominciati anche i problemi. Con la gestione del potere ~on venuti allo scoperto anche gli egoisti. gli ambiziosi, i corrotti. Lavorando al ministero vedevo cose che non mi piacevano. persone che non si comportavano bene e ho lasciato il lavoro, mi sono presa un po· di tempo per rinettere. Ma proprio inquel periodo mi sono ammalata e i medici hanno diagnosticato una leucemia. Anche un mio amico italiano che faceva il medico in Mozambico ha pensato che avessi una leucemia e mi ha spedito in Italia per farmi curare. Dopo tanti esami e ricoveri in Italia hanno scoperto che non era una leucemia. ma una malattia molto meno grave e nel giro di un anno sono guarita completamente. Durante questo periodo ho conosciuto Roberto, che s'è preso cura di me, mi ha aiutata moltissimo e ci siamo innamorati. Da allora viviamo insieme. In Mozambico ero divorziata, mi ero sposata a diciassette anni e avevo un figlio, che dopo un anno è venuto in Italia. Passato un altro anno ci siamo sposati, ma non è stato così semplice come dirlo, perché Roberto era contrario al matrimonio. Per me è stato difficile capire ed accettare queste sue idee. Se ci vogliamo bene e stiamo bene insieme perché non dobbiamo sposarci? Allora proprio non capivo e stavo male. Roberto poi ha ceduto, ma non perché ha cambiato idea sul matrimonio, ma perché per me non sarebbe stato facile vivere in Italia senza essere sposata e soprattutto sarebbe stato difficile tenere mio figi ioArsenio e senza di lui non potrei vivere. Oggi capisco bene, però, le idee di Roberto e le condivido anche, ma allora... Non mi aspettavo problemi particolari dal rapporto con Roberto, perché a noi proprio non riesce di prendere in considerazione le differenze di colore della pelle e ingenuamente non pensavo che in Italia ci fosse chi lo faceva. Roberto mi dice spesso che gli torna sempre in mente l'esperienza che ha fatto negli Stati Uniti, dove da ragazzo ha studiato per un anno. Era a Washington e frequentava la scuola di una zona bene, figli di diplomatici e gente co'>Ì.Ungiorno, fece prc<,entcche questa esperienza in una scuola d'élite era un po' unidimensionale e che gli sarebbe piaciuto cono,cere le scuole del centro, frequentate prevalentemente da neri. Si fece CO'>Ì un paio di !'>ettimanc nella scuola del ghetto, dove era l'unico bianco. Era il 1969 e cercava di spiegare, ideologicamente, che in Italia il raui<,mo non c'era. E tutti gli facevano presente che in Italia il razzismo non c'era <,oloperché non c'erano i neri I La cosa al!ora gli <,Cmbrava a-,<,urda,oggi molto meno ... Anzi, ogni tanto lo ,cnto dire che avevano proprio ragione loro! E' doloro<,oscoprire che ormai e,istono • due società, a una delle quali si applicano tulle le leggi e i diritti, mentre all'altra non è detto, non si può essere certi che venga riconosciuto ciò che è undiritto. Conosciamo dei ragazzi somali che studiavano a Mogadiscio quando Roberto insegnava lì. Si tratta di persone estremamente brave, brillanti, che hanno superato vicissitudini di ogni tipo per riuscire ad arTivarequi e riprendere il corso dei loro studi. Bene, ogni volta che si tratta di veder riconosciuto un diritto di qualsiasi tipo ti accorgi che ciò che sarebbe scontato per un bianco per loro non lo è affatto. Faccio un esempio: due anni e mezzo fa il Ministero degli Esteri ha promesso delle borse di studio, ha fatto un bando ufficiale, ha fatto la selezione, ha nominato dei vincitori e poi non li ha pagati. C'è gente che ha fatto scelte durissime, sottostando ai lavori più duri e malpagati per rimanere e riuscire ad ottenere quelle borse di studio e oggi ha in mano un pugno di mosche! Questo che si fa nei loro confronti sarebbe difficilmente attuabile con italiani, o con svizzeri o con americani. Credo che ormai si siano assestati i due livelli: nei confronti di chi non è bianco ci si comporta in un modo diverso. Spesso non ci si rende conto, oppure non si fa niente per cambiare le cose, c'è un po' di rassegnazione. E' giusto comunque dire che non ci sono solo gli episodi di razzismo o di palese ingiustizia, ma anche episodi di segno contrario. Ad esempio, mio figlio ha vissuto un anno a Maputo molto difficile, quasi abbandonato a se stesso. perché io ero ricoverata a Milano e i nonni facevano quel che potevano. A scuola spesso non ci andava e passava le giornate per strada con gli amici. Eravamo un po' preoccupati per il suo inserimento a scuola a Milano, ma devo dire che tutto è andato benissimo, in sci mesi ha imparato l'italiano, s'è integrato con gli amici, s'è appassionato allo studio e lui è il primo ad essere felice. Sia alle elementari che alle medie abbiamo trovato insegnanti sempre capaci di cogliere la sua specificità e di valorizzarla. Ora a Roma l'esperienza positiva di Milano si sta ripetendo, Arsenio è contento degli insegnanti e dei compagni e ho capito che se non si in'>eriscel'ideologia di qualche genitore i rapporti fra i ragazzini funzionano a meraviglia. Una persona che è cresciuta nella campagna, in Africa, che ha avuto un rupporto con la natura e con la gente completamente diver,o da quello che si può vivere in Europa oggi, è qualco,a che può arricchire di continuo gli altri. Una co,a ,tupida: prima Roberto non ballava, ha imparato a ballare perché era una co,a importante per stare insieme a me e ai miei amici. Entrambi abbiamo la sensazione che quando siamo a Maputo i rapporti siano molto più naturali anche fra di noi, di quanto non siano abitualmente qui, molta meno tensione, un'altra luce nello sguardo... Per mio figlio sarebbe fondamentale che mantenesse le amicizie, i rapporti, la sensazione di fare parte di due mondi e non solo di un mondo... Da noi c'è una grande tenerezza dei bambini fra loro. Arsenio, che ha 1O anni, può passare il pomeriggio con un bambino di 4 o un ragazzo di 15, con la stessa naturalezza. Questa curiosità verso l'altro, questo modo così naturale di stare insieme fra ragazzi è una cosa che non so se fa più parte della vostra cultura qui. Io vivevo in un quartiere popolare a Maputo: la mattina alle 6 mi svegliavo con il rumore dei bambini che si ritrovavano in strada, dove ogni IO metri c'era un gruppo di bambini che giocava, con questa caratteristica africana, incui la famiglia è qualcosa di molto largo, in cui il padre non è una figura sempre presente, i bambini sono spinti ad autogestirsi, il grande si preoccupa del piccolo. Questo porta ad un modo completamente differente di atteggiarsi rispetto agli altri ragazzi, per cui spesso i nostri amici in Italia che hanno figli più o meno dell'età di Arsenio, rimangono stupiti proprio per questo, per lui è istintivo, naturale, sapersi rapportare. Per lui questo è un valore importante, che non ha perso, essendo arrivato qui già abbastanza grande e avendo continuato a passare dei mesi, ogni anno, nel nostro paese d'origine. Questa dote di socialità è legata ali' ottimismo, ali' apertura che c'è nelle persone mozambicane. Cinque anni fa era veramente notevole, perché nonostante tutti i problemi, nonostante la guerra. io, ma anche Roberto, potevamo vivere con la massima tranquillità. uscire in questo quartiere affollatissimo, anche di sera, senza problemi, incontrare persone che, pur non conoscendoci. ci sorridevano. Rispetto alla mia famiglia la scelta di sposare uno straniero e di andare a vivere in Italia non è stato un problema. La mia famiglia era già abituata al mio modo di sccglicrcqucllochc ritenevo giusto per mc e hanno accettato, pur con la preoccupazione di sapere se stavo bene, anche se erano :-.icuriche Roberto era una persona per bene e mi voleva bene. Più difficile è stato il rapporto con la famiglia di Roberto, credo per iItipo di rapporto che lui aveva con i genitori. Lui è andato via da ca:-.aa 16 anni e poi ha studiato sempre lontano da casa, ma io avevo bisogno di essere accettata dalla sua famiglia, e l'ho stimolato a cercare un rapporto più stretto con i suoi genitori. Non possiamo dire che lacosa ha funzionato perfettamente, il fatto che lui abbia sposato un'africana non è stato preso molto bene. Anche se Arsenio è stato invece accettato come il nipote e per lui stravedono. Dopo l'accordo di pace, firmato proprio in Italia, in Mozambico ci saranno le elezioni inottobre. La vita ora è cambiata totalmente. Quando vivevo inMozambico, la gente viveva con poco, poteva mangiare un po' di verdura senza pane, non c'era problema, perché era così pertutti. Adesso no, in ogni casa, in ogni capanna c'è il televisore e il videoregistratoree tutti lovogliono. Ecome possono, se lo stipendio base è di 50 dollari al mese? E allora vanno a rubare, a commettere qualcosa. Prima non c'era criminalità, adesso è altissima, nel giro di un anno è tutto cambiato. Prima potevo girare da sola alle quattro del mattino che non mi succedeva niente, l'ultima volta a Maputo tre ragazzi, di giorno, mi hanno fermata e con un cacciavite mi hanno chiesto di dargli i soldi. Non ne avevo e allora hanno voluto l'orologio, un orologio di plastica. "E non urlare, se no ti ammazziamo!". E' una cosa che mi fa venire i capelli dritti. La cosa peggiore che può succedere è imporre il consumismo a un paese povero, che ha bisogno di risolvere ancora i problemi di fondo. Se alle prossime elezioni vince la Renamo possiamo scordarci il Mozambico. Durante la guerra hanno commesso tante atrocità, del popolo a loro non interessa nulla, la corruzione sarà ancora peggiore che col Frelimo, ci sarà un regime neocolonialista, comanderanno le potenze che investono in Mozambico. Ho il terrore che possa vincere le elezioni la Renamo dopo tutto quello che hanno fatto con la guerra, sarebbe una delusione e una rabbia insopportabile. Non voglio credere che la gente li voterà, però ho anche paura, perché gli errori del Frelimo sono stati tanti, si sono lasciati corrompere, hanno perso la fiducia che il popolo prima aveva in loro, quindi tutto è possibile. Con la liberalizzazione dell'economia i negozi hanno cominciato ad avere ancora un sacco di prodotti, ci sono stati un po' di investimenti stranieri e c'è stata un po' di ricchezza da dividere. E la corsa ai soldi, al consumismo sta cambiando la gente. Da una parte è cominciata la corruzione, dall'altra la gente che era abituata ad accontentarsi, a vivere con poco ma uguale per tutti, oggi vede al mercato e nei negozi tante cose. ma non le può comperare. E allora cresce la criminalità, si vive per comperare cose senza le quali sembra di non poter vivere, i poveri sono diventati più poveri, non ci si diverte più. Siamo anche un popolo stremato dalla guerra, non ne possiamo più. Se vincesse la Renamo sarebbe un'ingiustizia e una tragedia per il mio paese. ma non torneremo a combattere. Per fortuna una delle cose cui iI Frclimoè sempre stato attento è stato non creare divisioni etniche. Sia nel Frelimo che nella Renamo c'è di tutto e nessuno potrà dividere il popolo sulla base del razzismo e questo non mi sembra poco, visto quello che sta succedendo in altri paesi africani. •
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