Una città - anno IV - n. 30 - marzo 1994

.. di problemi di scuola Bi I I La "stella" di don Milani: i valori di una cultura semplice, ma piena, radicata in un posto. La grande tristezza di un'idea di uomo che vive solo per soddisfare bisogni, spezzato in tanti segmenti e allontanato dalla sua terra. Intervista a Giannozzo Pucci. essere anche iI priore del suo popolo, delle famiglie. Oggi non abbiamo più priori; il popolo non ha più gente che lo serve, pensando a dei valori. Si pensa solo ai bisogni, quando i valori sono i bisogni più alti che possa avere un essere umano. Era solo la scuola del suo popolo? Che atteggiamento aveva verso la classe che criticava? Non sono molte le persone che hanno avuto la forza di contrapporsi a qualcosa in maniera così determinata. Posso solo dire che certi atteggiamenti di scontro feroce in un certo senso nascondevano o contenevano un rapporto molto stretto. Il non rapporto è l'indifferenza mentre lo scontro è una chiamata; può essere una rottura, però dalla rottura nascono anche delle cose. Se il messaggio profetico deve essere forte, allora bisogna dire certe cose e basta. In parte era anche per suscitare in quelle persone una revisione profonda del loro modo di essere. Come vedi l'esperienza di don Milani? Secondo me non bisogna vederla troppo dal punto di vista della pedagogia, della scuola. Quello che è stato veramente don Milan i è un; altra cosa: ci sono dei momenti e delle persone, nella storia, che cambiano la dimensione del tempo nel momento in cui vivono, per cui non si può prendere quello che dicono alla lettera o imitarli alla lettera. In don Milani c'era un qualcosa in più, così come Dante aveva qualcosa in più rispetto agli altri poeti dell'epoca ed ha fatto sì che attraverso il poema si diffondesse una lingua. Posso dire quello che ho trovato io. Non ho conosciuto don Milani, anche se probabilmente l'ho sfiorato una decina di volte o per la strada o perché il suo punto di riferimento spirituale era don Benzi, che era il mio parroco. Comunque non l'ho mai conosciuto direttamente; quando sono andato a Barbiana era morto da poco, doveva essere l'inverno fra il '67 e il '68. La cosa particolare è che ancora oggi chi va su a Barbiana alla tomba di don Milani o entra in quella stanza dove lui insegnava, ha l' impressione di essere in un luogo in cui quando si tocca il tavolo è veramente il tavolo, cioè in un luogo vero, in cui si è vissuto intensamente. Secondo me lui, protestando contro la scuola ufficiale, non intendeva, ad esempio, che la scuola ufficiale si mettesse a fare il tempo pieno, perché il tempo pieno così lo poteva fare solo lui o, comunque, può far parte solamente di una vita in cui ci siano tutta una serie di contenuti. Non si può desumere dalla sua vita e dalla sua proposta una specifica riforma della scuola. Quello che lui ha cercato di fare attraverso questo mezzo della scuola privata, è stato di lanciare un messaggio; un messaggio che era profondamente anticonsumista, ma anche con una certa dose di realismo. Ad esempio, fa il paragone fra il ragazzo di montagna o di campagna e il ragazzo di città e dice che il ragazzo di montagna non sa se un rubinetto si gira a destra o a sinistra, mentre il ragazzo di città conosce i semafori. Mette a confronto le due conoscenze, facendo una chiara rappresentazione della cultura del ragazzo di campagna come più ricca di quella del ragazzo di città, ma nello stesso tempo riconosce anche il potere maggiore del ragazzo di città rispetto a quello di campagna. Andando fino in fondo nel suo metodo, ritiene che dando gli strumenti del ragazzo di città a quello di campagna, quest'ultimo vinca e imponga al ragazzo di città una cultura migliore, più ricca, più semplice, più umana di quella borghese. In un certo senso io ho trovato in questo tipo di messaggio, con tutti i suoi limiti, una proposta che è ancora viva oggi; anzi è ancora inespressa, non è ancora sfociata in una risposta. Una proposta di un modo di vivere più semplice, più umano e più cristiano rispetto alla società dei consumi, rispetto cioè ad una cultura consumista, industrialista. La sua lotta contro la scuola, e quindi contro la professoressa, la vedo quasi come una specie di circostanza nella quale ha cercato, tramite una lotta e un confronto, di dare un'identità. Poi, che ci sia riuscito o meno, è un altro paio di maniche. Qualcuno certamente potrà dire che i mezzi dimostrano di essere stati più o meno giusti a seconda della riuscita del loro fine, però secondo me è la direzione che conta; i mezzi si potranno cambiare, ma è l'afflato la cosa importante. Don Milani aveva ad un certo momento iniziato un lavoro per me molto importante, anche se forse ha scritto poche pagine e non è mai uscito fuori, quasi un galateo della classe operaia. Tutte cose che rischiano anche una notevole dose di moralismo. la pornografia della vita spezzata, burocratizzata E forse questa è la ragione per cui non è andato avanti e non l'ha ultimato; però l'idea di porsi il problema di identità come popolo, dando un certo valore di costume o di cultura o di valenza religiosa a certi comportamenti, modi di essere, modi di vestire, in fondo è il problema centrale di ogni popolo. Anche la critica a quelle ragazze che andavano a ballare io non riesco a vederla come Bugliani. Una cosa è il ballare, la festa, nell'ambito di un popolo che ha una sua identità, una sua comunità, che ha sue tradizioni vive, che ha dei momenti di festa e in cui però si mescola tutto; altra cosa è andare a ballare come se fosse uno degli spezzoni della nostra vita, una vita Tutkl a scelkl chevuoi in cui praticamente siamo divisi fra l'appartamento dove andare a dormire la notte, il lavoro, il divertimento, la sanità, la morte, tutte cose specializzate, burocratizzate. Vedo nell'involuzione degli ultimi quarant'anni della nostra società una sorta di consumismo che si è radicato in questi eventi specializzati che fanno sì che ognuno cerchi l'evasione, anche appunto attraverso il ballo ecc. In don Milani questo suo scagliarsi contro le ragazze era un modo per cercare di ricordare loro l'importanza di essere donne e madri; insomma un modo per rimarcare quella che doveva essere la cosa più importante: il loro compito nella società. In fondo, in tutto il suo percorso, cosa cerca lui? Insieme ad un bisogno radicale di coerenza cristiana, cerca di rinnovare un senso di comunità nel suo popolo, di sentirsi popolo intorno a delle cose veramente sentite. Quindi mi sembra che nella sua filippica contro quel ballo, dove ci può essere anche mescolato un po' di moralismo, ci sia il fatto che sente la pornografia di una vita spezzata, in cui anche il ballo è una cosa a sé, che non fa parte della comunità. La prendo così e non mi va di andare a fare la psicanalisi di don Milani per vedere tutti i suoi difetti, che poi non posso neanche giudicare fino in fondo. Don Milani ha incarnato un certo tipo di persona: il prete di campagna che fa scuola ai suoi ragazzi, che è fedele al suo popolo, inteso proprio come gente della sua parrocchia. Proprio questa sua radicalità, quasi di scontro-confronto fra quella che chiamava la classe borghese e la classe operaia, in un certo senso mi ha suscitato la necessità di una fedeità al popolo, fedeltà che nemmeno i comunisti hanno più. Anzi proprio i comunisti hanno promosso il popolo ad abbandonare la sua identità, la fedeltà alla sua origine, ai suoi valori per diventare piccola borghesia. Mi ha istigato la fedeltà a una cultura, a una vita di vicinanza con il nostro territorio, con l'attenzione a tante piccole cose e col valore immenso, anche universale, di queste piccole cose. E tutto quello che lui insegnava in una piccola parrocchietta di montagna è perfettamente inserito nel discorso del microcosmo e macrocosmo: riuscire a portare il macrocosmo nel microcosmo. Un forte senso di identità, di comunità, che arrivava ai ragazzi attraverso i suoi metodi pedagogici? Secondo me da don Milani si può ricavare anche una pedagogia, c'è chi l'ha fatto, però molti hanno cercato di rubare l'elisir di lunga vita di don Milani prendendo la lettura del giornale, il metodo di fare i temi tutti insieme, ecc ... Secondo me l'errore non è stato in don Milani, ma in chi lo ha imitato. Poi errore fino a un certo punto, perché c'è chi ha fatto anche cose egregie su quella linea lì. Ciascuno ha preso quello che voleva prendere; c'è chi ha fatto delle cose buone, chi meno buone. Anche a me è venuta la tentazione di vedere come si fanno questi temi, però è come in anatomia: non si può tagliare il corpo in tanti pezzi e dire adesso prendo quel pezzo, come se il corpo ricrescesse. Secondo me la cosa importante non è stata tanto fare il tema tutti insieme, perché può anche essere che fosse lui a farlo insieme a loro; non • GAIA Alimentazione Naturale Yoga Shiatsu via G. Regnali, 63 Forlì tel. 0543 34777 è il fatto di avere fatto la scuola a tempo pieno. Può darsi che la sua radicalità abbia investito violentemente i ragazzi che erano con lui; però con questa sua radicalità ha comunicato un messaggio a tutta la società. Un aspetto molto importante di don Milani era il fatto non solo di essere prete, ma soprattutto di essere cristiano. Con una estrema obbedienza alla Chiesa, al suo Vescovo. Pur essendo in contrasto su aspetti anche importanti, che lo facevano soffrire, è stato obbediente fino all'ultimo, come è stato fedele al luogo in cui gli era capitato di vivere e che non si era scelto lui. Una fedeltà asso Iuta alla Chiesa, ma con gli occhi aperti. Lui obbediva alle cose essenziali, non alle altre, mentre molti non obbediscono a quelle essenziali e obbediscono alle altre. spendersi fino in fondo in qùel luogo, in un posto Questo sul piano cristiano; sul piano umano, sociale, c'è questo suo accettare di diventare cittadini della nostra terra, o popolo della nostra terra fino alla morte. Ecco, questo a me sembra essere il radicamento. Quando è stato mandato a Barbiana si è fatto la tomba lì e lì ha scelto di spendersi come uomo fino in fondo in quel posto. Ha chiesto radicalità in chi gli stava intorno ed è chiaro che i ragazzini piccoli vengono totalmente risucchiati da una esperienza di questo genere. Comunque le altre pedagogie, che dicono che bisogna rispettare il ragazzino al massimo, non è che diano risultati molto migliori! Lui attraverso i ragazzi riusciva ad La sua, più che una scelta, è stata una serie di circostanze. A Calenzano gli erano capitati certi ragazzi, a Barbiana c'erano i ragazzi di campagna e di montagna, in cui lui però ha riconosciuto un valore che derivava dalla loro condizione. E forse l'unico modo è che in mezzo al popolo, in mezzo alle persone che continuano a credere, ciecamente o meno, nella società dei consumi e nei suoi disvalori, ci siano altri, di tutte le classi o categorie sociali, che iniziano a riconoscere invece i propri valori culturali, sociali, politici, umani e di civiltà e ad esservi il più possibile fedeli. E' un problema che resta comunque vivo, oggi come allora. I ragazzi che escono dalla scuola oggi, che gli si insegni bene o male, di che popolo vanno a far parte? Qual è l'identità della nostra gente? Questo è il problema chiave. Il fatto che don Milani privilegiasse il lavoro del sindacalista o del maestro, significa che poneva una gerarchia di valori nel lavoro. Qual è oggi per noi questa gerarchia? Quali i lavori che esprimono meglio la nostra identità come popolo? Questo non è un po' riduttivo? Non ci sono possibilità se non facendo certi mestieri? Certo, in ogni campo ognuno ha delle possibilità. Ma il problema che si poneva don Milani era un altro. Cioè, in quel momento, per aiutare la propria gente bisognava fare il maestro o il sindacalista. Abbiamo visto che in realtà questo è servito a poco; comunque se guardiamo ad oggi -dove abbiamo le campagne abbandonate, un aumento di morti per cancro incredibile, i prodotti che usiamo e che mangiamo che vengono da centinaia o migliaia di chilometri di distanzala nostra vita si è notevolmente impoverita. Quali potrebbero essere oggi le cose che nessuno fa, e che invece sono essenziali per la rinascita di un popolo? Queste sono comunque delle domande da porsi. Mi sembra che l'operatore televisivo non sia una di quelle cose. Neanche l'operatore di computer, e forse neanche l'operaio della Fiat. Per fare un esempio, nei primi secoli dell'era cristiana la Chiesa aveva fatto alcuni documenti che uscivano dall'ambito della chiesa con un elenco di professioni compatibili o incompatibili con l'essere cristiani. Il problema si pone anche per l'essere popolo, cioè per avere una vita di una certa qualità, di una certa ricchezza e varietà. Il problema lui se l'è posto in quel modo, però se lo è posto. Di solito non succede, si fa quello che capita. Io provo una strana sensazione oggi, SOFTWARE · SYSTEM HOUSE CENTRO ELABORAZIONE DATI CONSULENZE INFORMATICHE CONSULENZE DI ORGANIZZAZIONE cew= CORSI DI FORMAZIONE Soc. Coop. a r.l. Via A. Meucci, 17 - 47100 FORLI' Tel. (0543) 727011 Fax (0543) 727401 Partita IVA 00353560402

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