Una città - anno III - n. 27 - novembre 1993

domande e intervistatori mal pagati, è noto che l'affidabilità delle risposte che vengono date è sempre minore. consumare vuol dire produrre tanti rifiuti Con i rifiuti, invece, si ha la possibilità di ricostruire esattamente tutti i "fatti tuoi": negli Stati Uniti è in corso da 20 anni uno studio che si chiama Garbage Project partito dall'università di Tuxon, in Arizona, ma che ormai coinvolge una ventina di università (in genere i dipartimenti di antropologia o sociologia) che ha elaborato delle tecniche di analisi della composizione dei rifiuti talmente analitiche che è diventato necessario garantire l'anonimato dei rifiuti analizzati. Riescono a ricostruire cose fantastiche, compreso quante volte in una settimana fai l'amore, che tipo di anticoncezionale usi, dove hai passato le serate e così via. In America c'è anche stata una caccia ai rifiuti dei vip. L'hanno fatto con Kissinger, Bob Dylan ecc. Poi, il rifiuto è lo specchio della struttura sociale. Tutta l'economia politica, per circa 200 anni, è stata uno studio del mondo delle merci che parte dal momento iniziale della produzione -l'estrazione delle risorse agricole o minerarie dall'ambiente- e che termina al momento del consumo. L'economia classica si divide in quattro branche: produzione, distribuzione, circolazione e consumo, inteso come acquisto. Qui l'economia politica smette di occuparsi di quello che durata via via minori. A questo contribuisce non tanto il loro logoramento fisico, ma il sistema della moda, il loro logoramento come simbolo. Poi ci sono i beni di consumo immediato, alimentari, detersivi, prodotti per la casa e così via, che sono costituiti in maniera crescente, sia in peso che in volume, da imballaggi a perdere. La produzione dei rifiuti è un campo di indagine altrettanto ampio che la produzione delle merci. Per ogni merce che viene prodotta viene prodotto un rifiuto, e questo rifiuto, come la merce stessa, ha un lungo processo di circolazione e trasformazione. Il rifiuto inizia il suo percorso da quando noi portiamo nel cassonetto il sacchettino di plastica dentro cui li abbiamo raccolti. E' la sua prima tappa, ma una volta nel cassonetto viene scaricato in un camion compattatore che ne schiaccia il contenuto per ridurne il volume; poi da questo viene scaricato su una piazzola dove viene raccolto da un'autogru e caricato su un altro camion, il quale lo porta in una discarica; ma non lo deposita sul posto dove verrà interrato. bensì su una piazzola dove viene raccolta da una pala meccanica che lo carica su nuovi mezzi adatti a camminare sul fondo della discarica. i quali lo scaricano nel posto dove viene messo a dimora e qui ulteriormente spostato da un'altra pala meccanica in modo da sistemarlo. li smaltiamo come fossero dei corpi umani succede alle cose comprate. In re- Teniamo conto che, come per i altà il consumo è un gigantesco processi di produzione di una merprocesso (perché moltiplicato per ce, questi non sono soltanto pasmigliaia di giornate e per milioni di saggi tecnici, ma sono passaggi persone) di produzione di rifiuti. commerciali; a occuparsi di raccoPer noi consumare una cosa vuole gliere i rifiuti non sono solo aziendire produrre rifiuti. de della nettezza urbana e Comuni; E' così per la parte che entra diret- molto spesso sono imprese private tamente nel nostro metabolismo: che lavorano in concessione. Chi metabolizzare vuol dire produrre trasporta i rifiuti del Comune ai dei cataboliti, che sono i nostri luoghi della discarica è un'altra escrementi. In passato sono stati impresa; chi gestisce la discarica è una risorsa produttiva, servivano una terza impresa; a organizzare il per concimare il suolo, ma oggi ciclo sono imprese di consulenza; vengono trattati con i rifiuti e costi- poi ci sono imprese di proget1aziotuiscono una fonte di inquinamen- ne, ecc. Anche a prescindere da to perché i depuratori producono tutte le tangenti che volano, c'è un fanghi di depurazione: niente altro, circuito commerciale che richiede cioè, che montagne di merda con- organizzazione e strumenti paracentrata, estratta dal sistema idrico, gonabili a quelli della produzione non più assorbibile negli ecosiste- delle merci. mi naturali. L'ultima cosa da dire è che i rifiuti Poi ci sono tutti i prodotti che non oggi sono sempre più difficili da vengono metabolizzati dal corpo smaltire perché il materiale di cui umano, anch'essi destinati prima o sono fatti è sempre più composito e dopo a diventare rifiuti. I prodotti contengono inquinanti di tutti i gesono divisi in beni durevoli e in neri che andrebbero analizzati e beni non durevoli: questa differen- conosciuti. Quindi, il processo di za riguarda soltanto il diverso lasso smaltimento o qualsiasi tentativo di tempo che separa il momento di recuperare e riciclare i materiali dell'acquisto dal momento in cui il di cui sono composti i rifiuti richieprodotto si trasforma in rifiuto. derebbe l'intervento di soggetti, di Tutto si trasforma in rifiuto, anche organizzazioni, di competenze e di cose che una volta non lo erano. Gli conoscenze paragonabili a quelle edifici che venivano costruiti in richieste dal processo di produziomattoni erano destinati a durare ne delle merci; anzi, più complesmoltissimo, ma con l'introduzione so, perché è un campo ancora scodel cemento armato e delle tecni- nosciuto. che costruttive moderne si calcola li momento del consumo è come che il tempo di durata di un edificio uno specchio di fronte al circuito non possa superare la soglia degli delle merci; quello che si specchia 80-90 anni, dopodiché l'edificio è il processo che viene effettuato o dovrà essere demolito. Questo vale che dovrebbe essere effettuato, per per le automobili, per gli elettrodo- ricondurre i rifiuti nel!' ambiente mestici, per l'arredamento, il ve- da cui provengono. B 'tMiOl fotecamG I no quBi fa è COCOH come se il rifiuto non esistesse. Mentre le merci sono composte, in misura crescente, da materiali nuovi, inventati dall'uomo, che non esistono in natura, mentre tutte le risorse della scienza moderna, la chimica, la fisica, la biologia sono state applicate ai processi produttivi per migliorarle e renderle sempre più sofisticate, per i rifiuti si ricorre a processi di smaltimento di tipo tradizionale il cui modello archetipo fondamentale è costituito dall'esequie dei morti. Cosa si è sempre fatto dei corpi morti? O li si sotterra, o li si brucia, o li si espone ali' aria e alle forze meteoriche perché i venti se lo portino via, o li si butta nell'acqua. Allora, noi smaltiamo i rifiuti esattamente così, cioè come se fossero dei corpi umani. Noi pretendiamo ancora che sia la natura a provvedere allo smaltimento di questi materiali attraverso i suoi processi spontanei, quindi non guidati dall'uomo, ma oggi il corpo dei rifiuti non è più tale da poter essere smaltito spontaneamente, perché è il prodotto della scienza. Alla radice di questo atteggiamento c'è un comportamento molto radicato in ciascuno di noi che probabilmente ha anche delle basi genetiche, nel senso che costituisce una parte del nostro patrimonio ereditario. Per milioni di anni l'uomo è stato abituato a scartare quello che più non serviva e questi scarti l'ambiente circostante si incaricava di assorbirli nei propri processi biologici. Per noi è quasi connaturato pensare che ciò che non serve vada buttato via e non ci rendiamo conto che quello che non ci serve più e di cui noi abbiamo bisogno di disfarci non può più essere riassorbito dalla natura. E allora? Sembra impossibile rimediare. Come si esce da questa cosa non lo so assolutamente, forse l'unica soluzione è mangiarseli, perché è l'unica maniera per rendersi conto che non si può continuare a produrre questa quantità di rifiuti e per provare cosa vuol dire smaltirli da soli. Ciascuno di noi si deve occupare dei rifiuti, ma come ce ne si può occupare in mancanza di soluzioni tecniche adeguate? Non si devono più produrre, bisogna capire che non è possibile liberarci di tutto quello che acquistiamo come se non ci fossero problemi. prevenzione significa non produrli Le soluzioni sono: intanto, consumare meno, il che non vuol dire necessariamente abbassare il proprio tenore di vita; in secondo luogo, consumare prodotti che diano origine a meno rifiuti e preoccuparci che i rifiuti prodotti abbiano caratteristiche tali per cui il loro smaltimento sia affrontabile con le tecnologie esistenti e a costi ragionevoli. lo sono un cittadino disciplinato: raccolgo le bottiglie e le porto alla campana, poi raccolgo i giornali e li porto all'altra campana anche se è più lontana, poi posso dare i vestiti ai povèri, oppure fare da ricettore in ultima istanza di tantissimo materiale, io, per esempio, a parte le scarpe, non ho indosso nessun capo di abbigliamento che non sia stato indossato da qualcun'altro prima di me. Però, il "fai da te" è una regola che ha un senso se, primo, è economica e, secondo, se si sa cosa fare dei materiali raccolti. Il 90% dei comuni che in Italia fanno raccolte differenziate poi non sanno cosa fare della roba che raccolgono. Insomma il problema non èdi smaltimento ma di prevenzione, cioè di non produrre rifiuti. Il problema è progettare beni, che siano più durevoli o che, una volta finito il loro uso, possano essere facilmente smontati e recuperati. Che possano, quindi, essere composti dal minor numero possibile di materiali e da materiali ben identificati. E che, nel momento stesso, in cui un prodotto viene progettato si preveda quali forme di recupero attivare. Questo ovviamente non è un compito da delegare alle singole elettrauto marzio malpezzi piazza dellavittoria forlì tel. 67077 DIFFUSIONE SPECIALISTARTICOLIDABAMBINO CENTROCOMMERCIAL«EILGIGANTE» BABYCROSS , GIGANTE ViaCampodeiFiori47100ForlìTel.0543/721023Fax0543/724797 BABYCROSS · RIMINI ViaNuovaCirconvallazion2e1, 47037Rimin(iFO)Tel.0543/777552 aziende, una per una; c'è bisogno di un quadro di programmazione e di sostegno da parte dello Stato. Questo è un processo già in corso. Per alcuni prodotti ci hanno già pensato le aziende; per altri ci pensano le legislazioni di stati più sensibili ai problemi ecologici. Il caso degli imballaggi è tipico: in Germania, in parte in Belgio e in Olanda (e su basi volontarie lo stesso regolamento sta venendo introdotto in Francia) è in vigore una legge che prescrive alle imprese che producono e distribuiscono prodotti imballati di farsi carico del loro recupero e riciclaggio. La stessa cosa viene fatta per le automobili, i frigoriferi, i computer: la Volkswagen è la prima azienda in cui è stato deciso di attivare degli impianti di smontaggio delle auto; di avere, cioè, le proprie catene per cui I' automobile usata venga smontata e tutte le parti recuperabili vengano riciclate. Ora, di solito, nelle auto viene recuperata solo la carcassa metallica mentre una parte crescente dell'automobile è di plastica e questa provoca dei problemi di smaltimento enormi. Invece queste parti plastiche, se rigorosamente smontate, possono essere recuperate sia per fare lo stesso prodotto, sia per farne altri magari con uno standard di qualità inferiore. Farlo sulle vetture attuali è molto difficile e costoso, bisognerebbe progettare le vetture in modo che il loro smontaggio fosse più facile. Ma come hanno progettato le vetture per renderle facilmente montabili lungo la catena di montaggio adesso si devono incaricare di progettare vetture facilmente smontabili in una catena di smontaggio. E questo vuol dire anche attivare una serie di circuiti commerciali e distributivi. li cambiamento del rapporto con gli oggetti coinvolge anche quello con le persone? La convinzione che ho maturato negli ultimi anni è che il nostro modo di rapportarci agli oggetti di uso quotidiano sia un modeHo del nostro modo di rapportarci.anche alle persone con cui entriamo in rapporto. Una civiltà fondata sulla produzione dei rifiuti e in particolare sull'usa e getta ha una tendenza naturale e spontanea ad avere un atteggiamento analogo nei con fronti dei propri simili. chi non serve più diviene anch'esso un rifiuto Perché l'usa e getta nei confronti delle persone, che poi è il termine moderno che possiamo dare all' antica parola sfruttamento, allo sfruttamento dell'uomo sull'uomo, ha il suo modello tipico nell'atteggiamento che noi abbiamo con gli oggetti di uso quotidiano. Li teniamo finché ci servono e poi, quando non ci servono più, l'unica cosa che ci interessa è potercene disfare senza preoccuparci minimamente che ne sarà di loro e del danno che possono fare a noi o agli altri. Una riconsiderazione globale del nostro rapporto verso gli oggetti che abbia la sua chiave nel contenimento dei rifiuti non sarà la strada per abolire lo sfruttamento dalla faccia della terra, ma sicuramente una condizione inevitabile e necessaria per affrontare il problema dei rapporti sociali, il nostro rapporto verso il prossimo, e il problema stesso dello sfruttamento. La cosa tra l'altro ha dei riscontri anche in categorie linguistiche di uso corrente: i termini rifiuto sociale, rifiuto umano, nascono dall'idea che ci siano quelle che chiamo "discariche dell'umanità". Come noi possiamo produrre rifiuti perché c'è un posto dove li possiamo sistemare, così la società è fatta da una parte di persone che servono, e da una parte di rifiuti, persone, cioè, che non servono. E man mano che si rafforza questo atteggiamento succede che ciascuno di noi diventa per una parte qualcosa che serve, quando è produttivo, e per una parte qualcosa che non serve. Diventa rifiuto sociale non in quanto appartenente ad una certa classe, ma nel momento stesso che cessa di essere produttivo per qualcun altro. • 1/onn ~CRLZRrud Tutlll a scelta chevuoi Vialedell'Appennino1,63 -Forlì Alimentazione Naturale Yoga Shiatsu via G. Regnali, 63 Forlì tel. 0543 34777 UNA CITTA' 13

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