Una città - anno III - n. 27 - novembre 1993

di viaggi Rodolfo Casadei è redattore responsabile della sezione "Africa" della rivista missionaria "Mondo e Missione". In questa veste compie frequentemente viaggi nel continente africano. Il problema per il Terzo Mondo è gravissimo: viviamo nell'epoca della planetarizzazione della cultura, della politica, dei modi di produzione, ed il problema è che ogni ritardo nel!' adeguamento delle culture tradizionali al clima mondiale accelera, anziché ritardare, la cancellazione di queste culture. Più le culture si richiudono su se stesse, più in realtà corrono il rischio di essere spazzate via, mentre invece l'unico modo per tutelare degli elementi originali è proprio quello di aprirsi all'esterno, vedere cosa c'è di meglio ali' esterno, assorbirlo e quindi cambiare la propria identità, ma mantenendo qualche cosa di originale. Quello che è successo in Giappone. Il Giappone è ancora il Giappone, guardato dall'esterno sembra un mondo completamente occidentalizzato, ma non è vero: il Giappone è riuscito a prendere dal1'esterno mantenendo un'originalità. Invece l'africano o si occidentalizza completamente, oppure resta nel villaggio finché non viene spazzato via da un colpo di Stato, dall'AIDS o dal degrado ambientale. Le culture che vogliono mantenersi intatte in realtà sono le prime a essere spazzate via e il mutamento non è né un bene né un male: è una necessità e l'unico modo di sopravvivere è cambiare. Oggi in Africa si parla molto della cosiddetta "inculturazione", cioè del fatto che gli africani si approprino del cristianesimo e lo esprimano in categorie loro, il che vuol dire creare non solo una liturgia nera, che c'è già, ma una teologia nera, una pietà popolare nera, insomma una africanizzazione della Chiesa. Questa cosa, secondo me, è piuttosto teorica perché le inculturazioni non .si possono mai teorizzare: o avvengono come processo storico oppure cercare di costruirle a tavolino è estremamente deleterio. In America Latina abbiamo delle forme di meticciamento, abbiamo il barocco latino-americano che è una cosa originale, abbiamo una pietà popolare-cristiana fatta dagli indios del Messico che unisce la memoria pre-cristiana con i gesti cristiani ... nell'economia capitalista il padre .. . e un poveraccio Ad esempio ci sono quelli che dicono "Il matrimonio cristiano di tipo occidentale non va bene, perché in Africa il matrimonio si fa in un altro modo, c'è l'eredità della poligamia, il matrimonio è valido solo se ci sono i figli, se togli la dote non si capisce più niente, per cui il matrimonio cristiano va adattato", ma per gli africani che vivono in città, e sono il 40% della popolazione, il matrimonio non è già più quello tradizionale. Nelle città africane il problema è che non si trova un matrimonio, nel senso che non si trova un'unione familiare né cristiana né tradizionale. La gente convive, tà dei figli, si cambia uomo, si cambia donna, la donna ha due o tre uomini, l'uomo ha due o tre donne, non si capisce più niente, assolutamente. li passaggio dalla campagna alla città è traumatico, si tagliano i ponti col passato. Comunque, col 40% degli africani in questa situazione, come si fa a dire "Proponiamo il matrimonio cristiano, africanizzato secondo la cultura rurale"? Questo si potrà proporre ai rurali, ma tra vent'anni anche loro saranno nella situazione degli altri. Secondo me il discorso della inculturazione è valido, ma non può essere fatto a priori, bisogna vedere nella realtà cosa sta succedendo; non si può partire dalla teorizzazione, ma dai fatti della vita. Un missionario cristiano che dall'Italia va in Africa non può mettere tra parentesi la sua cultura e cercare di aiutare gli africani ad africanizzare il loro cristianesimo, sarebbe un'operazione intellettualistica, scorretta. L'unica cosa che può fare è essere se stesso, portare la sua cultura, perché se mette tra parentesi la sua cultura metle tra parentesi la sua vita, dopodiché è in questo rapporto che può nascere qualcosa. Qualcuno propone di fare un muro attorno ali' Africa, affinché non sia.no più sollecitati dall'esterno e abbiano il tempo per trovare la loro strada, ma i muri cadono, c'è sempre qualcuno che li scavalca. Si può certamente dire "I missionari si tolgano dai piedi per trent'anni e gli africani mettano un po' di ordine a La situazione drammatica dell'Africa dove più si tenta di difendere le culture tradizionali e più si rischia di distruggerle. La strumentalizzazione del tribalismo da parte delle nuove classi dirigenti. Intervista a Rodolfo Casadei, esperto dell'Africa. casa loro", però intanto entrano i trafficanti d'armi edi droga. Non si può, in nessuna parte del mondo, fermare la storia per I O o 20 anni. Potrebbe essere utile farlo, comunque non ci si riesce. Non c'è una soluzione e la cosa più sensata, secondo me, è senz'altro il metodo missionario, che è quel lo di andare lì per tutta la vita, di fare dono della vita, per cui in quella realtà mi inserisco per tutta la vita, quindi il ritmo della mia presenza e del mio agire lì è quello di tutta la vita, che è il ritmo più umano che ci sia. Non sto lì un mese o un anno per realizzare un progetto: il mio progetto è vivere lì la mia vita, quindi di giocare il mio destino, la mia esistenza, inquel contesto. E' 1· unico modo per dare un ritmo umano a una presenza, ad un progetto. Non ne vedo altri. Tutto questo vale anche per il Sud Africa? Il Sud Africa è un paese diverso da tutti gli altri paesi africani. Ci sono 28 milioni di neri, 5 milioni di bianchi, 3 milioni di meticci, I milione di asiatici, ma soprattutto l'economia sudafricana è di tipo capitalista, moderna. Il Sud Africa è l'unico paese delr Africa nera dove esistono classi sociali di tipo moderno, quindi col capitalista, l'operaio, eccetera. E' l'unico paese in cui il capitale si è rormato in loco attraverso lo sfruttamento del la mano d'opera locale. con tutto quel che ne segue. mentre negli altri paesi i capitali vengono dai prestiti o dagli aiuti internazionali. Per questo i negri sudarricani sono i più moderni del]' Africa. almeno in termini economici, e quindi sono anche i più sindacalizzati del l'Africa. li paradosso è che neli' Africa cosiddetta libera. in cui tutti i paesi sono governati da neri, se facevi un sindacato finivi in galera, mentre in Sud Africa, dove c'era l'apartheid, è nato l'unico sindacato veramente forte, perché è lì che ci sono i minatori neri. Un sindacato di 600.000 operai neri che non si può schiantare così, da un giorno all'altro ... Per tutto questo in Sud Africa i problemi sono diversi: c'è un'economia di tipo moderno, occidentale, ed anche se la menta Iità dei neri affonda ancora in un patrimonio tradizionale si trova a dover affrontare alcuni grossi problemi dovuti a questa situazione. La distruzione della famiglia nera, ad esempio, è molto più avanti che negli altri paesi.Nell'Africa nera il figlio non è di chi lo fa, ma di chi lo alleva, quindi non sempre ci sono padri o madri, ma c'è sempre uno zio, una nonna, un parente che ripropone al ragazzo la figura paterna o materna; in tutti i paesi africani c'è il problema delle famiglie che non esistono, però in qualche modo i figli vengono allevati in un contesto familiare, mentre in Sud Africa la figura paterna è distrutta prima dallo schok dovuto al passaggio dalla campagna alla città, poi dall'economia capitalista. tizi che hanno studiato in Russia o in Francia Nell'economia capitalista il padre non è un padre, è un poveraccio che va a scavare carbone, per cui le generazioni di giovanissimi sudafricani, diciamo quelli tra i I O e i 20 anni, sono degli figli senza padre e senza madre, nati in una situazione di oppressione razziale e di sfruttamento economico, e non hanno altro orizzonte che la rivolta, la ribellione. Oggi i bianchi sono arrivati, in maggioranza, a capire che se vogliono sopravvivere in Sud Africa devono arrivare ad un compromesso coi neri ed i neri, quelli di Mandela per intenderci, sono disposti a fare questo compromesso e ne discutono i termini. Ma mentre qualche anno fa si diceva •'fatto questo, fatto tutto·•, oggi c'è tutta la base dei giovani sudafricani neri che non accetta i termini di questo compromesso e non accetta nessuna soluzione che non sia una soluzione rivoluzionaria. Naturalmente non hanno una coscienza politica come quella del rivoluzionario classico, hanno la coscienza del nero che è vissuto nel ghetto e dice "Adesso vado in città e la villa mc la prendo anch ·io". Questa è una delle mine vaganti della situazione sudafricana. Un'altra mina vagante è 1·estrema destra bianca, che è minoritaria però controlla dei gangli vitali della polizia. dell'esercito, dei servizi di sicurezza e nonostante le epurazioni continua ad avere una presenza maggioritaria nella polizia e forte nell'esercito e nei servizi segreti. Cè poi una terza mina vagante: il partito conservatore degli Zulu, r lnkata, che fa un discorso tribalista per timore cli essere dominato dagli altri gruppi etnici neri e quindi si presta alla strategia della tcn ione e della destabilizzazione che vicncdall· estrema destra bianca. L· tnkata. comunque, non comprende tutti gli Zulu e circa la metà è con Mandela. Quindi, mentre a livello di negoziato politico oggi siamo incredibilmente avanti rispetto a 3 o 4 anni fa. la realtà di base è molto più grave. L'anno scorso ci sono stati 3.500 morti e alla fine del '93 ce ne saranno di più ... Una delle sfide della situazione sudafricana è che, con la progressi va eliminazione dell'apartheid, una classe dirigente nera deve misurarsi, senza mediazione possibile, con i meccanismi e la logica di uno Stato moderno; questa è una sfida per tutta I' Africa... Sulla questione dello Stato in Africa ci sono due scuole di pensiero. Una dice che lo Stato in Africa ha fallito perché era una creazione europea che si è cercato di trapiantare là senza che ci fossero le condizioni storiche e adesso, visto il suo fallimento, non si sa più bene cosa fare. E' a questo punto che qualcuno dice che si può tornare indietro e si possono costruire delle "tribù-crazie", cioè tornare al potere delle tribù. ma non è così semplice. L·altra corrente. invece, sottolinea che anche se lo Stato è stato importato non è che i neri in questi 30 anni non abbiano fatto niente: hanno preso lo Stato di tipo moderno. occiclcntalc, e l'hanno u ato secondo le loro esigenze e necessità, l'hanno adattato ai loro interessi. In sostanza hanno fatto uno Stato ·'patrimonialista": la classe al potere possiede lo Stato e lo usa come una cosa di sua proprietà. Lo Stato, quindi, non è una istituzione pubblica che garantisce i servizi ai cittadini, ma c · è un soggetto che, appunto perché proprietario dello Stato, beneficia, se vuole, i cittadini. In questi 30 anni in Africa ci sono stati tutti sistemi politici di questo tipo: lo Stato disponeva delle entrate dovute alle esportazioni e agli aiuti internazionali e con queste entrate si garantiva il consenso della popolazione distribuendo benefici a pioggia; cercava cli tenere buoni i capi tribali e le classi cittadine, generalmente scontentando i contadini, perché i contadini in Africa sono una classe disorganizzata e quindi, anche se li tartassi, non reagiscono, non si organizzano, non c'è mai problema. Insomma, lo Stato in Africa è esistito in questi 30 anni e sarà così anche in futuro; gli africani adatteranno sempre lo Stato di tipo moderno che hanno ereditato dal colonialismo alle esigenze dei gruppi di potere locali. All'atto dell'indipendenza c'è stata la cosiddetta "rivoluzione passiva", cioè un'alleanza di potere fra i gruppi tradizionalisti delle campagne, gli aristocratici per così dire, e le classi cittadine -militari, pubblici ufficiali- che erano state in rapporto col potere coloniale e che hanno ereditato il potere in città. Adesso questa alleanza è completamente finita perché, con l'indebitamento estero del lo Stato, succede quello che sta uccedendo anche in Italia: non si possono fare più delle politiche di redistribuzione, que to fa saltare lo Stato e da qui vengono fuori i "signori della guerra•· come ci sono in Somalia. Questi "signori della guerra·• in realtà sono dei politici in armi che. partendo dal fatto che lo Stato non può più garantire la redistribuzione a tutti, cercano di gestire una parte cli territorio. La loro base politica sono i guerriglieri a cui questi politici in armi forniscono il capitale iniziale. cioè le anni, dopodiché. conquistato un territorio, cominciano ad usarlo in vari modi: esportando i minerali che ci sono, facendo transitare droga. facendo traffici d'anni e così via. Quindi si crea un·economia criminale che garantisce il potere a questi politici attraverso il consenso dei loro combattenti e della popolazione che si appoggia a loro; si crea un nuovo equilibrio sociale basato proprio sul fattore bellico. Questi "signori della guerra•· sono degli imprendi-

RkJQdWJsaXNoZXIy MTExMDY2NQ==