Una città - anno III - n. 23 - giugno 1993

in Europa Quando in Bosnia si fucilano gli autisti dei camion dei viveri, si demoliscono ospedali e inesorabilmente ci si avvia agli atti finali, quando in Germania scende il gelo anche fra quei tedeschi e quei turchi che da decenni intrattenevano rapporti di buon vicinato e il potente cancelliere crede bene di non dover rendere omaggio ai corpi dei bimbi bruciati vivi per odio razziale, quando i soldati del nuovo e pacifico ordine mondiale uccidono bambini in Somalia mentre in Bosnia, con l'arma spianata, assistono inerti all'uccisione di bambini, e quando ovunque i partiti del cattivo umore, del risentimento, della malignità guadagnano consensi e iniziano a proporre soluzioni contro le "brutte facce" degli stranieri, allora si resta sgomenti e non si sa più cosa pensare, cosa fare. Vien solo da sperare nel giorno in cui ai giovani tutto questo non andrà più bene. E forse tanti, fra coloro che si avviano alla vecchiaia, vedendo quei giovani volontari sul luogo della strage di Firenze, avranno ripensato ai giovani che accorsero a Firenze dopo l'alluvione del '66. Fu il prologo di un imprevisto di-lagare, in un'intera generazione della Europa di allora, di curiosità reciproche, di pietà verso chi sta male, di amore per il sud, di fermento di idee e discussioni. In una pagina di questo numero si racconta di due giovani che nel '45 attraversarono un'Europa in macerie su un motorino tedesco. Avevano per bagaglio solo un pigiama a righe, erano innamorati e fu quella la loro luna di miele. Poi hanno costruito un paese, hanno attraversato gli oceani, hanno fatto fortuna, allevato figli e trovato il tempo, nelle notti, di ricordare chi non c'era più e di discutere di politica. Nella stessa pagina, una ragazza ci dice che dei giovani capaci di tanto, dopo essere passati, e per nulla indenni, attraverso il fuoco, oggi non ci sono più. Chissà. Quel giovane imprenditore ricco e fortunato cosa ci faceva in Bosnia? Che senso aveva andare a rischiare di morire per quei quattro miserabili sacchi di cibo? B I A~ Inalto a sinistra: la tragica fine della fugadi due innamorati, lui serbo lei mussulmana. In alto: Germania, i funerali delle vittime del rogo di Solingen. Qui sopra: il rientro in Italia della salma di uno dei tre volontari uccisi in Bosnia. A sinistra: giovani volontari all'opera sul luogo dell'attentato di Firenze. NON VIOLENZA E REALTA' La disperazione che ha il sopravvento. Il rifiuto di demonizzare qualcuno insieme all'inevitabile riconoscimento dell'aggressore. La presenza pacifista in Bosnia quest'estate. Intervista a don Albino Bizzotto, dei Beati i Costruttori di Pace. Qual è la situazione dopo l'assassinio dei tre italiani? Per quanto riguarda la situazione nelle zone di guerra siamo al disastro: si sta degradando sempre di più ed esiste ormai una corsa ad avere il più rapidamente tutti i risultati possibili. senza il rispetto di nessun tipo di regole da nessunaparte. Ho ricevuto proprio oggi una telefonata da Sarajevo ed anche Il esiste ormai una profonda sfiducia anche nelle persone che fì no ad ora hanno lavorato per mantenere un minimo cli normalità, secosì si può chiamare, nella vita di una città assediatae bombardata da più di un anno. Adesso siamo arrivati ad una situazione cli disperazione generale. Per quanto riguarda il volontariato stiamo attraversando una fasedi grande rinessione. C'è naturalmente la volontà di continuare. che però va misurata con l'organizzazione e le cose che si vogliono fare, con le possibilità reali che restano di agire ed intervenire. Per esempio, in questo momento. uno degli elementi più difficili con cui ci scontriamo e ci scontreremo è garantire la possibilità di comunicazione. E' statc1abbandonata la 1>ropostadi scortare i volontari con i soldati'? Certo. noi non abbiamo chiesto cli avere la corta cli uomini armati. E' una proposta che non tiene. perché mai chi agisce nella non violc11Lapuò chiedere cli garantirsi attravcr~o l'uso della violcn-za.Noi non abbiamo chiesto al ministro cli avere una pro1c1..ioncparticolare o armala. abbiamo chiesto cli avere quel tipo cli coordinamento e protc1..ione che possono avere tu11igli altri che sono impegnati nell'azione cli assistcnza.Chiediamo semplicemente un· azione cli informazione, di monitoraggio e, se occorre, un servizio ONU. Non le pare che bisognerebbe aprire la discussione su un intervento armato con più franchezza? Su questo punto bisogna essere molto chiari: io non credo a una nonviolenza astratta, che in nome del suo progetto finisca per rifiutare la realtà che ha davanti. Credo che la nonviolenza debba avere un proprio progetto e per noi il progetto in questo momento è che come società civile dobbiamo farci carico della guerra perché la guerra è un fatto umano. come tutte le realtà fatte di persone, perché sono persone sia quelle che muoiono che quelle che sparano. Allora la guerra non deve essere un tabù per la società civile. ma deve diventare un problema che bisogna risolvere insieme. E non delegarlo a poche autorità militari o ai capi di stato. D'altra parte credo che la gente abbia un suo progetto per difendere e alimentare la vita all'interno delle famiglie e abbia un suo metodo di affrontare i connitti. e credo che a nessuno mai venga in mente di comperare una pistola per risolvere problemi anchegravissimi con i figli o il coniuge. Allora questo metodo va allargato alle ~i1uuioni elcipopoli. Questa è una progc11azionc sulla nonviolenza. Però io non posso non tenere conto cli lutto quello che si muove nella situazione a11ualce elci metodi u~ati dalla comunità imerna?ionalc. Di fronte ad ipote~i di intervento multinazionale e cli intervento O U. io sono per un intervento O, U; tra un intervento cli bombardamento mirato con le bombe intclligc111i (come se csistc~~cro...) ed un intervento a terra. io sto con l'intervento a terra; tra un intervento a terra che tenda ad allargare il connitto e colpisca la popolazione civile e un· azione per proteggere le popolazioni inermi io sto con quest'ultima ipotesi. Non so se rendo l'idea. Non sono né uno che decide la situazione del mondo né uno che sta a guardare e rifiuta tutto quello che accade. Di fronte a tutto quello che avviene io devo mettermi dentro a tutte lecontraddizioni. cercando di aver chiaro che l'ONU è nata proprio per non allargare i connitti. per eliminarli. Quindi son d'accordo con Butros Ghali che sta facendo una lotta titanica comro i membri permanenti del Consiglio di Sicurezza e contro il tentativo di togliere ogni credibilità all'azione dell'ONU a favore di vecchie istituzioni tipo la Nato. l'UEO. ccc. E oggi l'ONU rischia di essere fagocitata da queste altre strutture internazionali proprio perché la gestione dell'intervento nei connitti non è lasciata al Segretario Generale. un· autorità sovranazionale. e perché non ci sono soldi. Sono convinto che seUSA. Russia. Gran Bretagna, Francia e Cina accettassero la linea Butros Ghali. queste cose sarebbero possibili. Il guaio è che hanno paura cli perdere la loro leadership. Così oggi l'ONU è alla bancarotta. A questo punto pare paradossale che i mussulmani, ormai da tutti riconosciuti come le principali vittime del conflitto in Bosnia, siano anche gli unici a patire l'embargo delle armi... Se la colllunità internazionale si C0lll· pona in questo modo. la richiesta di armi eiaparte dei lllw,sulmani è lcgittima. Tuttavia dobbiamo fare il possibile perché il problema si risolva per altra strada, altrimenti dovremo ammettere un fallimento generale, proprio di tutti. A che punto è la preparazione dell'iniziativa di quest'estate? Il progetto rimane in piedi e sarà un progetto nonviolento. Da più parti ci viene chiesto di esseremolto schierati. molto determinati in favore di chi è più vittima di questa guerra. Noi pensiamo che non possiamo accettare la demonizzazione di nessuno, anche se è chiaro che non possiamo far finta di non vedere dove sta l'aggressore e dove sta l'aggredito. Però i I nostro atteggiamento sarà di introdurre un metodo, una presenza. un modo cli leggere le cose che faccia ripensare tutti quanti. Perciò la nostra presenza sarà principalmente a Sarajevo. ma saremo anche fra i serbi e fra i croati in altre località. Abbiamo un pensiero anche per Mostar, ma di carattere confessionale. nel senso di una comunità cattolica che nella città aiuti la comunità mussulmana come gesto in qualche modo di contraddizione nei confronti dell'identificazione etnica e nazionalistica cli parte della Chiesa di Croazia. 11 nostro sforzo. nei limiti del possibile-voglio chiarire che non farelllo né i crociati né gli arditi e quindi misureremo sia le forze che le possibilità- sarà cli essere presenti con un gruppo fisso di 60/80 persone alle quali si aggregheranno, sulla base di turni scttilllanali o più lunghi. altre centinaia cli volontari che già hanno iniziato in Italia lavori cli gruppo educativi e propedeutici al loro impegno nella cx Yugoslavia. -

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