Una città - anno III - n. 21 - aprile 1993

la crisi di un sistema corporato. I costi e le responsabilità della ciffadinanza. 1 'impossibilità di una terza via e le idee elle fa sinistra deve abbandonare. Intervista a Carlo Galli. Carlo Galli insegna Storia delle Dottrine Politiche Contemporanee ali' Università di Bologna. Autore di molteplici saggi di filosofia e politica è redattore delle riviste "Il Mulino" e il modello delle società "corporate", in cui un pesofortissimoèdatoai partiti non in quanto collettori e portatori di ideologie,macomeportatori di forti interessi corporali. Qui la politica viene, di fatto, vista non come il quadro che lasciaessere il conflitto, macome lastruttura attiva, potente, continuamente in movimento, che media fra i conflitti. "Filosofia politica". La crisi del sistema politico italiano è risolvibile con i cambiamenti di ingegneria istituzionale che vengono proposti o i motivi della crisi sono molto più profondi? In realtà nessunosta parlando seriamente di ingegneria istituzionale, qui tutti stannoparlando, con poca voglia di fare, di ingegneria elettorale, che è molto meno. Se fossimo capaci di faredelle autenticheriforme istituzionali, cioè riforme radicali, non di mera facciata, non sarebbeingegneria, ma un grandecambiamento politico. Perchédovremmo prima confrontarci, con un dibattito che dovrebbe interessare tutti gli italiani, sui diversi scenari che si prefigurano, su scelte di civiltà, di modelli di societàe di politica. Sedavvero volessimo pensarea delle riforme istituzionali dovremmo fare i conti con due gros'si modelli di società, uno è la società"conflittu·ale"e l'altro la società "corporata", che implicano dei modelli politici molto differenti. Una società "conflittuale" è una società strutturata sulla competizione; con ogni probabilità avrà la legge elettorale detta "uninominale secca" e potrebbe prevederedelle istituzioni di carattere anglosassone.Nel modello inglese all'atto dell'elézione del parlamento si elegge, in modo pressoché automatico, il primo ministro. Vi è certamente una forma di dipendenza del1' esecutivodal legislativo, perché l'esecutivo ha la fiducia del legislativo, ma questo avviene al momento stessodelle elezioni, senza pattuizione e contrattazione. Nel modello americano l'esecutivo non ha la fiducia del legislativo, il presidente è l'unico ad esserelegittimato dal voto della gentee il governo è fatto di persone scelte una per una dal presidente. non si dà una società a somma positiva Queste sono fra le scelte radicali che andrebbero fatte nel casoche noi italiani ci mettessimo davvero in testadi cambiare i nostri modelli istituzionali. Dovrebbe essereuna decisione solenne,pubblica, collettiva, sul modello di societàe di politica che ci proponiamo; unadecisionechepotrebbepassare attraverso l'elezione di un'assembleacostituente. Sarebbeunasceltapolitica con lo stessopeso, la stessaforza, di quella che fu presa nel '46 e produsselaCostituzioneattualmente, anche se malamente, vigente.Comunque,quello che Questesonosocietàconflittuali, fondate su un'etica individualistica, in cui scopo della politica è lasciar essereil conflitto, non bloccarlo, non preformarlo. Altro modelloèquello tedescoo giapponese,che è IL NOME DELLA DEMOC IA Da quando, per motivi tuttora misteriosi e certamente metafisici, la moglie di Mario Chiesa ha dato inizio alla nemesi storica chiamata Tangentopoli, la politica italiana si esibisce in una curiosa dialettica fra boutades e smentite. Le boutades riguardano il "pericolo" corso dalla democrazia, e vanno dalle "rivelazioni" craxiane su Piazza Fontana agli ultimi avvertimenti esternatori di Cossiga: vi sarebbero in corso "torbide manovre" antidemocratiche, e lo "sbocco autoritario della crisi" parrebbe possibile, gridano i nuovi chiens de garde, i garanti, i paladini del "sistema democratico", che in questi decenni si sarebbero sacrificati "in nome della democrazia". li cossighismo gladiatorio ha fatto scuola, ed ora celebra eroicamente il proprio sacrificio, l'ultimo, per la patria. I corrotti, di fronte alla propria ormai inevitabile fine, reclamano una morte da cigno, tentano di trasmutare alchemicamente la disfatta in sacrificio. Ed è indubbio che in questa morte, come in tutte le morti, vi è qualcosa di epico, una rivelazione. Ma è davvero "in pericolo" la democrazia, il luogo del "politico" per antonomasia, e in che cosa consiste, poi, il pericolo? In realtà, la "democrazia" non è mai stata così al sicuro. Essa è il sacro luogo originario, l'indicibile a cui i sacerdoti della politica, vecchi e nuovi, si appellano. Il regime tangentocratico? L'importante è aver "salvaguardato la democrazia". Le riforme istituzionali e i referendum? Purché siano espressioni di democrazia. Trasformare il PCI con l'astuzia della ragione del gramscismo? Certo, purché risuoni, nei TG, nei dibattitispazzatura, nelle ipotesi di rimpasto governativo, quell'aggettivo, "democratico", che suggella le ferme garanzie che il nuovo nome, Partito Democratico della Sinistra, deve far rifulgere, a scanso di equivoci. Fondare un'agenzia per il riciclaggio ecologico di quella specie protetta che è il politico "locale"? Chiamiamola "alleanza", nome che richiama il collante catto-comunista del Paese, e che sa, di nuovo, di compromesso storico, ma alleanza "democratica", perché trasversalismo sia ciò che deve essere. Ogni volta che sento pronunciare la parola "democrazia" mi viene ossessivamente in mente il tremolio delle mandibole di Gaber nell'omonima canzone, quella del furto della afta do~o a~er vot~, nel giorng trionfale della democrazia, le elezioni, in cui sono più "buoni" anche i carabinieri. Mi viene in mente Gezim, imbalsamatore quindicenne per i cacciatori soprattutto italiani che andavano (e vanno) in Albania, mio allievo in un corso di alfabetizzazione, fuggito una mattina dal lavoro per salire su un traghetto per l'Italia, senza nemmeno passare da casa, che la sera vedeva Colpo Grosso in TV, e perse fiducia in me quando gli dissi che non avevo, come lui, il desiderio di andare a New York. La democrazia è nuda. E' sguaiata. Come nei giovani socialisti che a Genova (luogo ormai leggendario del rampantismo dei loro padri) decidono di affiggere dei manifesti che li ritraggono in costume adamitico nella intelligente posa benettoniana per dire: noi non abbiamo niente da nascondere. Ma i loro occhi (guardateli) stanno già individuando i nuovi "spazi di democrazia" che la crisi inaspettatamente apre loro. E' "democratico" anche dare l'adesione in extremis al partito radicale (che costitutivamente è nato e vive in extremis) con Pannella in funzione di gallo silvestre. Il riciclaggio segue le vie più impercettibili. Il nome poi del partito che ha garantito il "blocco democratico", la Democrazia Cristiana, è in sé una bestemmia. La democrazia, paradossalmente, richiede di prendere posizione contro questo e contro quello. Il democratico vero deve essere "per" l'alleanza democratica, "per'' il pannellismo, "per" la difesa delle istituzioni, "contro" i politici corrotti. In questa fine secolo trimalcionesca, in questi ultimi gorgoglii dell'acqua sporca dopo che il lavandino è stato sturato, si può riconoscere allora che questa parola-totem, "democrazia", ci salverà forse dal sangue delle guerre che sfiorano l'Occidente (e non è poco, anche se così sembra aggiungere al peso della nostra coscienza anche quello della "vergogna" per l'incolumità, per non aver partecipato al dolore); ci preserverà ancora un po' nelle nostre dittature senza dittatore, nell'illusione della soluzione "tecnica" dei conflitti, come diceva Schmitt. Ma possiamo continuare ad usarla senza vergogna solo a patto che riconosciamo in essa il nome ormai rivelato della decadenza. Ivan Zattini CO in Italia è andato in crisi non è pernulla identificabile con uno dei modelli di cui parlavo. E' andato in crisi un sistema che sicuramente era più vicino ad un sistema corporato, ma era un corporativismo largamente imperfetto e, soprattutto, largamente fondato su un'ipotesi che non si dà né in naturané in politica, e cioè che possaesistere unasocietà a sommapositiva, una società dove tutti vincono e nessunomai perde. Un modello fondato sul fatto che gli italiani hanno sempre percepito la politica in modo fortementeautoritario, con una seriedi paradigmi di coesistenza essenzialmentefamilistici, non politici. Nell'immaginario degli italiani esistequalcosachepossiamodefinire come "le superiori autorità", odiatee sbeffeggiate,alle quali si cerca sempre di farla in barba, ma che tuttavia esistono e sono viste come diverse dalla gente comune. Un ceto di notabili ai quali, incredibilmente, si è chiesto di incrementare il loro potere. ridicolo accorgersi elle i governanti rubavano Quello cheè successoin Italia negli anni '60, con la crescita dello sta'toassistenziale,è stato proprio questo: la richiesta al ceto politico, probabilmente daessoindotta, mache li interpretavasenzadistorcereeccessivamente, di espandersie di assumerepiù potere. Lo scopo eraquello di dare, letteralmente, tutto a tutti. Fu teorizzato il "salario variabile indipendente", il "lavorare meno-lavorare tutti", e così via. Questi sono slogandi sinistra e colpa storicadella sinistra, sotto il profilo storico e ideologico, è stata quella di non far affezionare gli italiani al concetto modernodella cittadinanza. La colpa è stataquella di lasciar credere che ci fosse da qualche parte un pozzosenzafondo dal quale prenderee distribuire ai poveri. D'altra parte i ceti forti si guardavano bene dal farsi espropriaredei loro privilegi e si ottenne il risultato chequelli continuarono ad essere ceti forti e privilegiati e per i ceti meno forti e privilegiati fu teorizzata la spartizione di qualcosache non c'era. Il che ci ha portato oggi ad un debito pubblico di duemilioni di miliardi di lire, una cifra letteralmente insensata.Trovare sempreche "tertium datur", mai mettersi di fronte ad una scelta, anzi rifiutare l'idea stessache sia possibilearrivare adelle scelte decisive anche su banalità, come costruire un sistemasanitario nazionale. è statochiamato '·politica" o. con termine più nobile, "mediazione''. Il sistema. tuttavia. è crollato non solo perché era troppo grosso, ma soprattutto perché è venutameno lasualegittimazione verso l'esterno: l'Italia era un paeseNATO che serviva nel confronto col comunismo. Adesso l'Italia non interessapiù, nonc'è più da difendereatutti i costi questopaese. non c'è più il nemicoe ci tocca marciarecon le nostregambe. E così, partendoda unasciocchezzacome i settemilioni cli Mario Chiesa. si è distrutto questoceto politico. Ma è ridicolo accorgersi oggi che i governanti rubavano, l'abbiamo sempresaputo.Allora oquella di oggi è una rabbia plebea, che ciclicamente compare e che, ad esempio, porta a PiazzaleLoreto, con gli italiani che vilipendono il cadavere di Mussolini che fino a qualche annoprima avevanoadorato,o gli italiani si sono accorti, o stannocominciando ad accorgersi, di una cosa molto più importante. E cioè che si può fareamenodi quelle "superiori autorità", di quelle odiatissime e desideratissime "autorità". E questo semplicemente perchéquelle "autorità" siamo noi. o comunque essesono al nostro immediato servizio. Ma il potere politico, l'autorità, deve solo gestire il conflitto o deve anche dargli senso, ponendolo in una dinamica la cui logica vada al di là del conflitto che si vive nella contingenza? Innanzitutto ·•autorità'" è un concetto diverso da ·'potere'': !""'autorità" è unapersonache. in forza delle sue qualità personali. ci puòdaredegli ordini dotati di sensoe non soltanto di capacità d"imperio. In secondo luogo va constatatoche in Italia quel fondamentale passaggiocheè r ingressonella modernità. coincidente con ladistruzionedel r autorit;1.non è mai avvenuto. In Italia !"autorità ha ancora un alone di superiorità. Non penso.poi. ad un "indebolimento del potere··. me ne guardo bene. ma dico che occorre passaredal pensare1•··autorità"a pensare lacittadinanza con i suoi costi. i suoi rischi e le sue responsabilità. Qual è dunque il senso della politica, al di là del contenimento della formazione del conflitto? Qui si puòdare libero campo a ogni fantasia. Io non credo sia accettabile una desecolarizzazionedella politica; trovo un segno della debolezzadella modernità in Italia i1fatto chenel varcoapertosi con il crollo dello Statol'unica forza visibile sia la Chiesa Cattolica, asuavolta nonchiaramente orientata fra una decl inazione delle proprie tematiche in senso eticistico, alla Cardinal Martini, o in senso neofondamentalistico.alla Biffi. In ogni caso, da laico e da studioso. guardo con enorme sospetto tutta la tematica dei valori, in quanto i valori dovrebbero esserepochi. e quei pochi pubblici. incorporati nelle istituzioni. "questione morale": una barbarie intellettuale Quanto più sentodire "valore. valore·· tanto meno mi pare che ce ne siano. Come credo che sia un segno di barbarie intellettuale il parlare di questione morale: quella di oggi non è unaquestione morale, è unaquestione legalee politica e la politica non si fa con la morale. Anche perché di morale non cc n'è una sola e se facciamo politica con la morale si va ad un conniuo insanabile. Il ~enso della politica è quindi stare in un contesto, in un sistemadi compatibilità, di standard, che definirei epocale.Questi standardsonoquello che si definisce comunemente "civiltà occidentale", che contiene potenti aporie e che, tuttavia, èassolutamenteineludibile. Dobbiamo smettere di pensareche esista un modo di uscire dalla modernità. La terzavia nonc'è e lo hadimostrato il fatto che la modernità ha letteralmentespazzatovia quel pezzo di modernità, il mondo comunista, che erasolo un po' meno moderno. Dobbiamo smetteredi pensarechesi possafare la frittata senzarompere le uova: la frittata è stata fattaenonsi torna indietro. Sto teorizzando l'assoluta insuperabilità di alcuni standard, o paradigmi, o modi di esistere politicamente, uno dei quali è la laicità della politica, dell'età moderna.Ad esempio,chespazio di effettualità c'è oggi per una proposta che modifichi il concettodi uguaglianzapolitica? Nessuno; nessuna forma politica. oggi. può fondarsi sopra il rifiuto del principio fondamentale della modernità. cioè l'uguaglianza politica degli uomini prima edei cittadini poi. Però la costituzione croata sancisce una diversità radicale fra i croati e i non croati... La Croazia può fare ciò che vuole. il punto è quanto fa testo. li Moderno non è !"uniformità assoluta. si può benissimo pensareche esistauna enclave nella quale si continui a praticare il cannibalismo rituale. maquello non fa storia. Ma vogliamo essereun grandepaese che mette le mani negli ingranaggi della storia o no? Questi discorsi hanno senso soltanto seuna comunità politica pretendedi starealla pari di altre in un contesto internazionale dominato da alcune costantiepocaIi, chesonoquellc appenadette in campo politico e il capitalismo in campo

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