Una città - anno III - n. 19 - gen.-feb. 1993

I I Un incontro fra le culture alla luce dell'etica clte le anima. Un insegnamento materno comune agli uomini. Il rispeHo delle diversità e l'universalità dei diritti umani. Il valore dell'utilitarismo. Intervista a Pier Cesare Bori. Pier Cesare Bori è professore universitario di Filosofia Morale e animatore del "Gruppo Simone Weil" di Bologna. Lei sostiene che è possibile una comprensione ed un incontro fra diverse culture, ma, visto quello che sta succedendo nel mondo, le pare un'idea applicabile? versità nei confronti degli altri, si può diventare indifferenti o egoisti. Si tratta di sviluppare insieme i due elementi della particolarità e dell'universalità. Per quanto riguarda invece il piano della concretezza, credo che su certe cose, come l'integrità fisica e le libertà fondamentali, occorra essere intransigenti, fermi. Però il concetto di integrità fisica è del tutto culturale, non è dato di per sé. Per la circoncisione praticata dagli ebrei non si crea nessun problema, mentre, quando si parla di infibulazione ... lombiane i sacrifici umani, a parte alcune eccezioni, erano un elemento totalmente interno alla cultura ed alla società di un dato popolo, il quale sceglieva al suo interno i sacrificandi. Io non possogiustificare sacrifici umani, di nessuntipo. Questo è uno dei casi in cui la diversità culturale devecedere di fronte ai diritti umani fondamentali. Sobenissimo chequesto è rischioso, so benissimo che può esserestato uno strumento del colonialismo, masu questo punto sono assolutamente fermo, perché è una difesa dell'uomo e delle vittime Inoltre, come è possibile che ci sia comunicazione fra religioni lontane come Cristianesimo e Buddhismo? Per quanto riguarda la secolarizzazione io penso che la rilettura che va proposta debba essereappunto una lettura secolare. Una rilettura che non è quindi in contrasto con l'essere nel mondo degli uomini, ma che anzi intende la secolarizzazione in termini positivi. Si tratta di trasformare una secolarizzazione negativa, che sfocia nell'abbandono e nello sradicamento, in una secolarizzazione positiva, cioè nell;i capacità di cogliere l'essenza di un'esperienza religiosa e di viverla nel mondo. Penso appunto che le grandi religioni etiche siano molto adatte a questa prospettiva. Anche per quanto riguarda il Buddhismo non credo che la distanza sia incolmabile, perché ci sono importanti esperienzedi Buddhismo vissuto nel mondo, in cui la dimensione della compassione e del rispetto per il vivente ècentralissima. Secondo Levy-Strauss, per esempio, se c'è qualcosa a cui ispirarsi questa è proprio la posizione che il Buddhismo haversoogni esserevivente. Pensoche oggi sia possibile lavorare in questo senso:una riproposta di queste grandi origini religiose in termini mondani, intramondani. Se alla base di ogni religione c'è un fondo etico, un tendere al bene di tutti, come si spiega allora la richiesta del Dio di Abramo di sacrificare Isacco? Non c'è una dimensione della fede che va oltre l'istanza etica e, mentre gli da senso, anche la determina e la limita? La dimensione fondamentale dell'etica per me è I' obbedienza, l'obbedienza ad una legge cheuno sentedentro di séeche. chi ha una visione religiosa pensa sia ispirata da Dio. Di qui il passo al sacrificio è abbastanza intuitivo: di fronte a questo Dio che mi ispira questalegge la mia obbedienzami spinge anche a sacrificare, a donare me stesso.Ma la fede non può essere trasgressione della legge che è in noi, tradi noi e degli altri sgressionedella coscienza, del Dio che è in noi e che vieta di uccidere un altro uomo. Penso che Dio non voglia questo. E' anche su questo che bisogna sollecitare questareinterpretazione positiva e co~truttiva, forse anche fermando la mano che tiene il coltello sacrificale. Ma è possibile obbedire ad una legge di cui ci sfugge il senso? E fuori da tale senso non si cade in un utilitarismo per cui oggi si obbedisce alla legge, ma domani, se a disobbedire siamo in tanti, si cambia la legge? Io consiglierei una riflessione sull'utilitarismo. Cosa significa veramente "utilitarismo"? Il vantaggio immediato è un vero vantaggio o bisogna pensare ad un vantaggio più mediato? Quand'è che sto veramente bene? Giuliano Pontara, che parte da posizioni deontologiche e arri vaali' utilitarismo, concepisce un utilitarismo nei termini del benessere fino alla decima generazione cheverrà. A questopunto I' utilitarismo diventa l'amore per il genere umano, quindi una prospettiva deontologica. Detto questo il mio discorso sul1'esperienza religiosa è che, qualunque nome si possadare alla gioia e alla paceche viene dal fare ciò cheuno sadi dover fare, in questo c'è la presenza di Dio. Ma io non penso che debba essere Dio a salvarci, penso che dobbiamo salvarci fra di noi ed in questo diamo forma a Dio. Insomma, io credo in un'evidenza dell'imperativo etico, un'evidenza cheè in circolo con l'agire bene. Pensocheci sia unacircolarità fra azione e conoscenza: solo chi si incammina per fare certe cosecapisce quanto sono vere e giuste, non lo si può spiegare a parole, dimostrare. Fare la testimonianza, è certo un fatto fondamentale, tuttavia rischiadi essere ininfluente: le fiaccolate in piazza non fermano i naziskin ... Io sonoper l'essere atti vi, sono per battersi, però credendo nella forza di un atteggiamento indifeso, dell'esporsi. Volete picchiarmi? Fate pure, però io ho una forza più grande della vostra, la forza della ragione, della riflessione. Per altri versi, però, la testimonianza è tale proprio quando non ha la preoccupazione utilitaristica di raccogliere frutti, di ottenere risultati immediati, perché al-· trimenti viene stravolta. Dobbiamo agire con la fiducia che semettiamo nella testimonianza noi stessi, la nostra intelligenza, essaavrà un riconoscimento, un successo. E' l'idea dell'azione rinunciante di Gandhi. E' l'agire volendo avere un effetto, con la speranza di avereun effetto, ma senzaI' ossessionedell'efficacia. - Il problema è riuscire a promuovere, ali' interno delle grandi culture e delle grandi religioni, delle letture capaci di riconoscere la differenza e l'altro. E questo non èautomatico: dipende dalla capacità degli interpreti, dei maestri, di condurre, di proporre, questa interpretazione. Gandhi è un esempio di lettura della cultura induista in questa direzione e sollecitava, senzafarla direttamente perché non vi apparteneva, una lettura analoga del- !' islamismo. Credo che quello che possiamo fare noi sia di cominciare a proporre una lettura della nostra cultura, di impronta ebraico-cristiana secolarizzata, che sia capace del riconoscimento del!' altro, attraverso un'opera di reinterpretazione in questa direzione delle nostre fonti e di conoscenzae traduzione delle altre culture e degli altri mondi. Un'opera molto complessa, che dovrebbe costituire un esempio, un modello, per altre culture. Non credo si possafare molto di più. C'è poi un altro livello, il livello dei diritti umani, dell'impegno immediato, della militanza, e credo che Io credo che ci sia una differenza fra le due operazioni, perché è noto che l'infibulazione viene usataper diminuire il piacere sessualee quindi come unaforma di impedimento e di ulteriore costrizione per ladonna. La circoncisione non ha questa funzione. Tempo fa, in una riunione internazionale di donne alcune islamiche hanno difeso il diritto all'infibulazione .... Io dubito molto della libertà di queste posizioni. Ci sono dei dati di costume, come tagliarsi i capelli o le unghie, chedifferenziano il rapporto che, nelle varie culture, ognuno ha col suocorpo, ma credo che I' infibulazione vada molto oltre questo tipo di operazioni. E' anche vero che ci sono delle obiezioni molto forti, da parte di alcuni antropologi ad esempio, a questo modo di vedere, ma comunque mi sembra che non si possano mettere sullo stessopiano taglio dei capelli ed infibulazione. Contro una cultura che ammetta i sacrifici umani, o l'uso di droghe pesanti, come facenti parte del culto religioso, credo che sia giusto intervenire in nome del rispetto della vita e dell'inteinnocenti dei sacrifici in nome della cultura. Per me uno degli assunti fondamentali è questa idea del rispetto per la vita, l'idea di un atteggiamento quasi procreativo che sta al fondo dell'essereumano. Io credoche nessuna madre generi perché suo figlio venga ucciso. Può darsi ancheche riescanoaconvincerla di questo, maper me è una orribile stortura. Io farei interagire questi due aspetti: il rispetto per le culture ed un universalismo che si attesta nella difesa di alcuni diritti fondamentali. 11 SIGRITO Dl11'1NCONTRO questo non si possa procrastinare. Il primo livello, quello più profondo e di lungo periodo, deve essere una rilettura della propria cultura in senso universalistico, sollecitando in questadirezione chi ha unaleadership culturale nelle altre realtà. Però una rilettura universalistica si scontra con almeno due problemi. Uno è che anche la nostra civiltà, come tutte, è una civiltà particolare. L'altro problema è appunto quello dei diritti umani; per fare un esempio banale, nel caso della richiesta di fare l'infibulazione all'USL come comportarsi? Io credo che ci sia un aspetto positivo e fondamentale nel riconoscimento e nella ricerca della specificità; non è tanto una tematica fatta propria dalla destra, è anche un discorso scientifico che l'antropologia indica: la conoscenza è conoscenzadello specifico. Questo però non deve impedire di riconoscere ciò che è comune agli uomini, il substrato che li unisce. Io credo che esista un sapereetico fondamentale, comune, pur nella varietà delle culture e addirittura nell'impossibilità di darne una formulazione esplicita. Credo, anzi, che questo saperesiadi origine materna, che siano le istruzioni fondamentali per vivere e che, più che una cultura o una filosofia, sia un sentire comune a tutti gli uomini. E' su questo che bisogna agire, è su questo che èpossibile lo scambio. Il relativismo culturale, quindi, dovrebbe essere temperato da una tensione etica universalistica. Certo non va eliminato, altrimenti si rischia l'assimilazione e la cancellazione dell'altro, equesto ècerto un pericolo, ma anche nel1'esaltazionedella diversità c'è pericolo. In forza della diversità, affermando la propria digrità fisica. Ma l'universalismo di cui lei parla è l'idea di universalismo dell'occidente, quindi una particolare idea di universalismo ... Credo che l'universalismo non sia un discorso esclusivamente occidentale. L'elenco dei diritti umani non è un prodotto tipicamente occidentale: fu sottoscritto da nazioni di ogni tipo, così come nazioni di ogni tipo hanno poi sottoscritto patti e convenzioni per il loro rispetto. Non credo che quella dei diritti umani sia un'idea solo nostra. So benissimo che ci sono dei problemi complicatissimi in questi campi, ma penso che su certe cose, come i diritti fondamentali e I' integrità fisica, bisogna essere molto, molto intransigenti. Non credo che il termine "cultura" si possa usare per giustificare qualsiasi cosa: allora anche il nazismo sarebbe una cultura, una cultura che comporta lo sterminio degli ebrei. So benissimoche, nel casodelle culture amerindiane, il discorso dei sacrifici umani è stato usato per giustificare lo sterminio, però questo non toglie che i sacrifici umani fossero un male. Credo che sia sbagliato dire checi sonodelle culture in cui il sacrificio umano svolge determinate funzioni, per cui va benissimo. Non credo che sia veramente indispensabile, altrimenti finiamo anche per accettare che i serbi sterminino i bosniaci e così via. Una cosa è una contrapposizione armata dichiarata, mentre nelle culture precoMa come si motiva questo fondo etico, comune e universale, dell'uomo? E' un fatto inerente alla ''natura" umana? Io non uso il termine "natura", perché so che è un termine minato. Faccio notare, tuttavia, che il concetto di "natura" inizia ad essereriscoperto perché sono troppe le omologie che troviamo nella storia, nel- !' osservazione dei fenomeni, per poter pensareche essesiano casuali o determinate da diffusione. Io penso che ci sia un sentimento fondamentale, che è la pietà e la compassione per l'altro, profondamente radicato nell'uomo; non sono un hobbesiano, sono piuttosto un roussoviano. Ma se fosse un sentimento così universale di fronte ad esso tutto il resto dovrebbe cedere il passo, come si spiegano allora i massacri, il razzismo? E' un problema di educazione della persona, in modo che i "germi positivi", come li chiama Mencio, possano svilupparsi e crescere.E' unadimensione dell'uomo, che certo va rettificata e corretta. Per cui la lotta contro il razzismo non può semplicemente attestarsi su una posizione liberale, per cui ciascuno ha diritto di perseguire la propria cultura, ecc. Non è sufficiente l'antidoto liberale, non bastano neppure i diritti, occorre un grosso sforzo di elaborazione etica fondamentale. Io noncredochel'universalismo sia solo il dato di una cultura, credo che possa esseresviluppato in ogni cultura. Cosl il cristianesimo può essere letto in termini imperialistici e violenti, ma anche, come ha fatto Locke, in termini di benevolenza e di amore. La stessaletturapuòesserefatta dall'Islam, il quale haal centro l'idea di misericordia, e da altre culture. Però bisogna favorire lo sviluppo di queste letture, non solo accampare il proprio diritto nei confronti degli altri. Ma è ancora possibile, in quest'epoca di grande secolarizzazione, una rilettura dei valori religiosi che stanno alla base delle diverse culture? BibI 10 teca Gino Bianco Sulla questione della globalità e della differenza "Ahi ahi, ma conosciuto il mondo/ non cresce, anzi si scema, e assai più vasto/ l'etra sonante e l'alma terra e il mare / al fanciullin, che non al saggio, appare". In sorprendente anticipo sulle celebri considerazionidi Heideggera propositodella Tecnica, Leopardi, come ci testimoniano questi versi dedicati Ad Angelo Mai, già individuava nel Nulla, quell'evento che a partiredalla scoperta dell'America, in corrispondenza, cioè, diquella rivoluzionescientifica con la quale si è soliti dar inizioall'era moderna,stava caratterizzando il corso della nostra civiltà. "Ecco svaniro a un punto,/ e figurato è il mondo in breve carta:/ ecco tutto è simile, e discoprendo, / solo il nulla s'accresce". Dalla circumnavigazione del mondo, in effetti, la nostra civiltà non riportò quasi alcun giovamento spirituale, se non beni materiali o finalizzati alla scienza (Zibaldone 7 agosto 1821); si ebbe, al contrario, la ben più desolante impressione di aver fatto il pleriplo di se stessi senza aver incontrato nient'altro che se stessi. "o caro immaginar; da te s'apparta/ nostra mente in eterno ... / e il conforto perl de' nostri affanni". L'incanto che grazie ai miti, alle leggende, ai complessi sistemi metafisici regnava sulla terra si rivelò frutto dell'ignoranza se non della menzogna. "Più scoperte - scrive ancora Leopardi nell'Annuncio delle Canzoni - si fanno nelle cose naturali, e più s'accresce nella nostra immaginazione la nullità dell'universo". "Tutto è simile", nessun mistero interno a noi, dietro le presunte "colonne d'Ercole", né sopra di noi, nei cieli vertiginosi e "immobili"; "discoprendo, solo il nulla s'accresce". "L'uomo - dirà più di un secolo dopo Martin Heidegger- è ossessionato dal problema di ciò che potrebbe accadere in conseguenza dell'esplosione di una bomba atomica. L'uomo non vede ciò che da lungo tempo è già awenuto, l'evento che solo come suo ultimo sottoprodotto e risultato finale ha dato luogo alla bomba atomica e alla sua esplosione ... Che cosa aspetta ancora questa confusa angoscia, se la cosa terribile è già accaduta?" (La Cosa) "La cosa terribile" è che malgrado tutto sembri più vicino, più a portata di mano ("figurato ... in breve carta"), nessuna cosa ci è veramente prossima, ma solo privata aella sua distanza. "Tutto fluisce e si confonde nell'uniforme assenza di distanza", cosl che lo straordinario diventa presto monotono, e il monotono superfluo. Le agenzie turistiche non fanno in tempo a presentarci nuovemeraviglie esotiche che già questi luoghi ci assomigliano. Intere culture, aree geografiche, annientate e profanate dal nostro sguardo disincantato che "a un punto" non ha più riflettuto che se stesso, il proprio nulla, sono di volta involta spogliate o rivestite a seconda che servano a giustificare "progetti globali di sviluppo" o a stimolare appetiti per "il diverso". Di questo mondo ridotto a semplice "oggetto" noi finiamo per occuparci solo quando incomprensibilmenteci turba o ci minaccia, nel caso di un cataclisma o di una epidemia, di una rivolta etnica o di un'ondata emigratoria. Tanto che se della Natura dovessimo proprio, al di là di come ci è illustrata dalla scienza, farci un'opinione, non protremmo non convenire con Leopardi sul fatto che in qualche modo ci è "inimica" e "matrigna". Incapaci di pensare tutto ciò che, come la morte, presenta un aspetto ineludibilmente personale, singolare ancor prima che soggettivo, ci siamo affidati alla Tecnica con lo scopo di assicurarci la vita. Rendendo così la stessa Tecnica schiava di se stessa, poichè impensata e, perciò, abbandonata, da natura seconda che è, all'inesorabilità delle proprie leggi. D'altronde, la stessa impossibilità oggi di risanare l'ambiente dall'inquinamento provocato dal proliferare delle tecnologie senza l'ausilio di nuove tecnologie, la dice molto lunga sui rischi di irreversibilità del processo innescato. Allo stesso modo, se gli Stati Uniti, ultimi eredi di un bonapartismo tutto europeo e attuali garanti del Nuovo Ordine Mondiale, si trovano inquesti anni a prendere parte ad "operazioni di polizia internazionale", ciò non va imputato unicamente ad una politica imperialistica, sia pure sostenuta dai profitti dell'industria bellìca e dall'urgenza di invertire la tendenza recessiva, maanche, come per i romani al tempo di Cristo, alla richiesta, da parte dei responsabili governativi dei paesi sottomessi all'economia di m~rcato, di un loro intervento, di eseguire quella sentenza che essi stessi non sono ingrado di fare e di cui tanto agli Stati Uniti quanto agli "alleati" interessa relativamente. Relativamente che, però, non significa con minore responsabilità, al contrario; relativamente sta ad indicare la nostra difficoltà nel concepire un diritto che non sia universale, ma fondato sulla "persona". "Privando l'uomo della qualità di persona umana -ci ricorda Simone Weil- lo si priva della possibilità di rinunciare ad essa, se non è già sufficientementepreparato. Dio ha creato la nostra autonomia perchè avessimo la possibilità di rinunciare ad essa per amore; per la stessa ragione noi dobbiamo volere che i nostri simili conservino quell'autonomia. Chi è perfettamente obbediente considera infinitamente preziosa per gli uomini la facoltà di scegliere liberamente". (L'attesa di Dio). Il ricorso dell'Occidente al diritto internazionale, non è dunque così pretestuosocome pare,ma l'espressione di una giustizia che prima di espropriare le ricchezze, ha già espropriato la libertà di essere poveri. La verità è che noi, essenzialmente, non capiamo più perché ci siano delle persone, dei popoli che, come noi, non accettino di essere. n(ente (non il niente della libera rinuncia di cui parlava la Weil, ma quello cogente dell'"oggettività"); i quali, anche se raggiungessero il loro scopo, non importa se etnico o religioso, sempre dovrebbero riconoscersi come niente, annullarsi nella Tecnica. Giacchè tutto ciò che è singolare, i propri affetti, il proprio dolore, i propri ricordi, non potranno mai più essere qualcosa, se non nel "privato". Nella sua ingenuità, Bill Clinton, aprendo le cerimonie per l'insediamento, l'haespressochiaramente: bisogna guardare agli Stati Uniti come ad un modello di unità nella differenza. Più ambigua è semmai proprio la posizione assunta dalle nostre opposizioni e dall'insieme di quella cultura che dando fondo al patrimonio "ideologico" della "sinistra" e della "filosofia critica" si trova non solo spesso a legittimare le azioni di regimi che umiliano la tradizione spirituale dei loro popoli, ma soprattutto a ricorrere, in difesa della pretesa diversità delle culture e dei popoli, ad un linguaggio che definendosi "negativamente" non si oppone In modo sostanziale all'atteggiamento dominante, ma ne costituisce, per così dire, la sua "sovrastruttura". Come è, infatti, possibile dire agli altri ciò che sono dal momento che noi non sappiamo chi siamo? Come è possibile sfuggire ad unpensiero"globalizzante", "totalizzante", se noi stessi non ci costituiamo come differenza? Non sarà forse che la nostra cultura, al pari della politica, non intende passar di mano al proprio potere per riconoscersi davanti ad una ben più misera impotenza? Divorati dalla nostra stessa coscienza, riusciamo a dire ciò che caratterizza il mondo, ad illustrare civiltà e religioni diverse dalle nostre, senza deciderci per nessuna; a sondare i meandri dell'intuizione e della ripetizione, senza aver di che agire o saper conservare il rapporto con nostro marito o nostra moglie. Ma come è possibile dar voce a ciò che ci è proprio, a rendere omaggio al sacrificio degli altri se noi stessi non abbiamo a cuore la nostra di morte, e non ci impegnamo positivamente, in ragione di quell'identità che precede ogni discussione intorno alla legittimità logica del principio di non contraddizione, a cercare nel confronto con noi stessi, coraggiosamente, in solitudine, vero abisso di libertà, quel linguaggio che semplicemente sia, quel gesto che appartenendoci riconcili l'essere con l'essere, e rimetta a sé il nulla? Non si nasconderà forse il nostro "fanciullin" nel mistero di questo corpo già da sempre esposto all'azione, proteso nel linguaggio? "Tutti i dolori possono essere sopportati se vengono messi in un racconto, o se si narra, su di essi, un racconto." ha scritto Hannah Arendt nell'epigrafe di un capitolo di Vita activa dedicato all'azione; i maestri orientali parlano di un sapere che passa di uomo in uomo, senza mediazioni. Anche un libro, quando il suo autore si rende testimone del linguaggio, piuttosto che usarlo a pretesto per l'esposizione di un sistema, può contribui rea risvegliare ciò che Paul Celan chiamava il "segreto dell'Incontro"; ma l'importante è, anzitutto, apprendere ad ascoltare, ad abbandonare incondizionatamente la propria mano in quella dell'altro, in ciò che è vicino in quanto vicino, in ciò che è lontano in quanto lontano, poichè per raccontare l'amore dev'essere accaduto. Gianluca Manzi UNA CITTA' 3

RkJQdWJsaXNoZXIy MTExMDY2NQ==