Una città - anno II - n. 15 - settembre 1992

troppe: alcuni mesi, poi la data fornita da Marino, infine la retrodatazione sulla base di quanto è emerso dai dibattimenti. Insomma, è una storia estremamente torbida. Se ammettiamo, e questa è un'esigenza che in teoria viene formulata nelle sentenze, che sia necessario trovare una conferma alle parole di un pentito, questa conferma non è stata trovata. Diciamo invece che il testimone d'accusa è un testimone che si smentisce, che viene contraddetto, che si confonde ... Possono anelare cl'accorcio loffa alla mafia e garanzie del ciffaclino? Ne discutono Carlo Sorgi, magistrato, Francesco Roppo, avvocato, Romualdo De Leonarclis, funzionario cli polizia. E questa situazione così torbida non ha certo ricevuto credibilità dal vero e proprio scippo del processo alla sezione della Cassazione deputata a decidere. La faccenda della Cassazione è oltremodo preoccupante per il modo in cui si è verificata, per il fatto che questa sorta di scippo da una sezione all'altra sia subentrato quando una sezione aveva già cominciato a lavorare, e da tempo. Certo in seguito al digiuno di Adriano c'è stato un soprassalto del1'opinione pubblica, rispetto al silenzio e al disinteresse che si erano accumulati nelle fasi precedenti. lo penso che anche questo sia estremamente preoccupante: che un dato di fatto non riesca ad imporsi per la sua stessa forza intrinseca, ma che abbia bisogno che una persona si autotormenti fisicamente digiunando, rischiando potenzialmente la vita per imporre all'opinione pubblica il fatto che una certa piazza di Pisa era alberata, è molto preoccupante. Quando ho appreso che il consiglio comunale di Pisa dichiara che la piazza era alberata, apprezzo lo spirito che c'è dietro a questa cosa, ma sono stato colpito che questa dichiarazione su una cosa che era alla portata di tutti di venti notizia da prima pagina dei giornali, semplicemente perchè Sofri ha deciso di digiunare, ha dato una sorta di elemento aggiuntivo di verità attraverso la propria sofferenza fisica; c'è in questo qualcosa che sconcerta. I dati di fatto non avrebbero bisogno di questo. E' chiaro che uno potrebbe digiunare in nome di una causa sbagliata, il digiuno è uno strumento e come tutti gli strumenti può essere usato anche per cause sbagliate, non ha di per sè valore. E' preoccupante che l'opinione pubblica sia più sensibile a questi argomenti emotivi che ai dati di fatto. Fa parte di quello che si dice spettacolarizzazione della vita pubblica, il fatto che questo o.d.g. votato dal consiglio comunale di Pisa arrivi alle prime pagine dei giornali col titolo "Nuova prova" ... Ma che nuova! Questo era stato detto prima e poi il fatto che potesse essere in discussione se la piazza fosse grande o piccola, alberata o no ... Certo questa iniziativa del consiglio comunale di Pisa forse riesce a bucare il muro dell'indifferenza dell'opinione pubblica, però decisivo s'è rivelato il digiuno. Ma era veramente necessario arrivare a questo? lo penso che la discussione su questa vicenda avrebbe dovuto svolgersi su un piano di fatto in cui la psicologia da quattro soldi fosse bandita. Che cosa ha provato lavorando a questo libro? E' stato un lavoro molto penoso. In genere provo un grande piacere nel mio lavoro, mi piace fare ricerche, scrivere; in questo caso il lavoro è stato molto, molto penoso; era la prima volta che mi trovavo a studiare un tema che mi toccava così da vicino. La lettura dei documenti è stata penosa. Le cose sono andate diversamente quando ho cominciato a scrivere, forse per il desiderio di fare qualcosa di utile non solo per un amico, ma anche per il desiderio di contribuire a riaffermare una verità. Allora nella scrittura si è liberata una All'indomani dell'introduzione del cosidde110 decreto antimafia abbiamo invitato a discuterne tre addelli ai lavori, con r intento di chiarire meglio i termini del problema e di capire qual è il punto di vista di chi. da quel decreto, vede modificate, in meglio o in peggio. le condizioni del proprio lavoro. Ciò ci pare particolarmente interessante perchè l'oggello del lavorodi un magistrato, di un avvocato, di un funzionario di polizia alla fin fine è la nostra vita quotidiana e il suo livello di libertà e di sicurezza. Ha coordinato per Una Ciuà Massimo Tesei. Ci son state molte polemiche a proposito del cosiddetto decreto antimafia proposto dal ministro Martelli all'indomani delle stragi di Palermo. E' difficile per la gente comune capire bene i termini delle diverse posizioni e questo mi sembra pericolosissimo, perchè quando non si capisce, e tuttavia è chiaro che ci si trova in un'emergenza, si diventa disponibili ad appoggiare iniziative apparentemente efficaci, ma che possono essere solo demagogiche. Voi siete "addetti ai lavori" e vivete questa situazione in tre trincee diverse. Aiutateci a capire. Sorgi: Come magistrato e come persona che riflette sul fenomeno ho molti dubbi che con un decreto si possano ottenere dei risultati. Con un decreto si può fare politica, si può lanciare un messaggio, si può far vedere che lo stato intende rispondere in maniera forte o meno forte. Dico questo perchè alcuni punti del decreto mi stanno bene, anche se a mio modo di vedere non hanno nulla a che fare con la "risposta alla mafia", bensì con la necessità di sanare alcuni aspetti del nuovo codice di procedura penale, altri aspetti, invece, mi sembrano, sinceramente, solo demagogici. Quindi: come "messaggio" il decreto approvato può avere un senso, come strumento operativo non credo che darà risultati positivi. Fra l'altro, non posso immaginare che la Corte Costituzionale dichiari la legittimità di una normativa che prevede due processi, uno per i mafiosi e uno per gli altri cittadini. E quindi questo, che è uno dei dati fondamentali del decreto, cadrà molto presto. Roppo: Lo strumento col quale sono state adottate modifiche al codice di procedura penale è sbagliato. Vale a dire: esiste una commissione che è preposta allo studio di questi problemi, proprio per la loro complessità e delicatezza, e non si capisce perchè debba essere scavalcata, pur nella scia di fatti tragici, con provvedimenti d'urgenza in un campo in cui la fretta può essere cattiva consigliera. Se entriamo nel merito del decreto mi pare che, già nel titolo, "misure antimafia", ci sia della demagogia. Mi chiedo: il processo penale che funzione ha? Contrariamente a quello che s'è voluto far credere non ha la funzione di combattere qualcosa, fosse anche così importante come la mafia, ma è lo strumento per accertare la verità, che va raggiunta senza ledere i diritti del cittadino che viene accusato. Questo è un punto molto importante e non si deve accettare che si faccia confusione. I due elementi che compongono il processo penale sono: accertamento della verità e garanzia del cittadino. Il processo non ha funzioni di prevenzione, questa è una funzione che viene svolta in altro modo e con altri strumenti, non spetta alla magistratura giudicante "battere la mafia". Per questi motivi gli avvocati italiani, al di là delle differenti posizioni, si sono schierati contro il decreto. Non si può accettare che si tenti di far credere agli italiani che queste misure serviranno a battere la mafia. De Leonardis: La mia posizione naturalmente è diversa. dell'esame nello specifico delle singole norme che poi saranno sottoposte al vaglio della Corte Costituzionale e quindi non è detto che non saranno oggetto di ulteriori revisioni da parte del legislatore, una svolta culturale rispetto al fenomeno della criminalità organizzata. Mentre prima, tutto sommato, ogni crimine era considerato allo stesso modo, ora ci si è resi conto che gli strumenti utilizzabili contro la criminalità comune non danno risultati contro quella organizzata. Si sono scelti quindi nuovi strumenti, che sono, da una parte, il potenziamento delle norme processuali, dall'altra il potenziamento dei soggetti deputati a svolgere le indagini, in primo luogo le forze di polizia e il loro coordinamento, di cui si parla da dieci anni ma finora con scarsi risultati. Mi sembra importante la decisione di istituire la DIA, la cosiddetta FBI italiana, cui viene attribuita una serie di poteri che vanno dalla gestione dei pentiti alla possibilità di disporre in proprio di intercettazioni telefoniche e ambientali. Vorrei chiarire questo punto, perchè nella prima applicazione del nuovo codice ci siamo trovati di fronte a gravissime difficoltà nel procedere ad intercettazioni telefoniche. Infatti, si chiedeva "l' esistenza di sufficienti elementi probatori", cosicchè l'intercettazione non sembrava più uno strumento di indagine, ma un riscontro di prove già raccolte. Ora, questa svolta da parte del legislatore serve a dare un'impronta più decisa, serve a fare maturare uno spirito nuovo nelle forze di polizia, a mettere un freno a quel rapporto di concorrenzialità, di rivalità che chiaramente poi non giovava ai risultati. Si son fatte molte polemiche anche sull'innovazione prevista dall'art. 347, secondo cui la polizia non è più tenuta a riferire alla magistratura entro le 48 ore dalla notizia del reato, ma lo farà appena possibile. Sembrerebbe un notevole ampliamento degli spazi investigativi, ma in realtà così non è. Sinceramente non credo sia quello lo strumento che porterà ad essere più efficenti. Sorgi: Porta però ad avere una mentalità di sfiducia nei confronti del magistrato perché è come se dicesse: intanto ci gestiamo noi le indagini e, quando sono già avviate su un binario, le passiamo alla magistratura. In un momento in cui è fondamentale il coordinamento fra forze di polizia e magistrati questo cambiamento rischi a di introdurre atteggiamenti di reciproca sfiducia. Roppo: Mi pare evidente il pericolo cui si va incontro. Il titolare dell'indagine deve essere il magistrato, solo lui rappresenta istituzionalmente una garanzia per il cittadino. La polizia giudiziaria deve coadiuvare il magistrato, non può e non deve sostituirlo. Se parliamo di processo penale e diamo per scontato che deve portare alla verità nell'ambito delle garanzie del cittadino è fondamentale che ci sia questa chiarezza di ruoli. Purtroppo questo cosiddetto decreto antimafia è un provvedimento d'emergenza, frutto di fatti tragici e diventa difficile chiarire al cittadino come stanno in realtà le cose. forma di energia. • A mio parere c'è stata, al di là Sento di essere d'accordo col Bi l1otecaGino Bianco giudice e con l'avvocato nella loro ansia di salvaguardare le garanzie del cittadinoimputato, ma temo che "la gente" affronti questo tema delle garanzie a partire dalla considerazione che "il cittadino onesto non ha nulla da temere". E allora? De Leonardis: Ricordo bene che quando si introdusse l'art. 4 della legge Reale (fermo di poi izia) si gridò alla violazione dei diritti costituzionali, ci fu anche un referendum, perchè si dava la possibilità alle forze dell'ordine di procedere a perquisizioni a tamburo battente ai danni degli onesti ed inermi cittadini. Poi in realtà queste paure si dimostrarono ingiustificate ... ... veramente le perquisizioni le facevate e quelle spesso erano ingiustificate... Direi che una grossa violazione della libertà dei cittadini non ci sia stata ...Mah, forse è corretto dire che a quel tempo c'era una lotta politica molto accesa a tutti i livelli con un uso "politico" delle leggi e delle forze dell'ordine ... Non ho una grossa esperienza diretta di quel periodo, tuttavia credo che la situazione fosse radicalmente diversa da oggi. Il fenomeno che si combatte oggi è molto forte perchè conta su immense disponibilità finanziarie, su grandi capacità tecniche e su una dislocazione territoriale molto ampia, trattandosi di alcune regioni italiane. Inoltre, ci sono evidenti collegamenti internazionali. Tutto induce a far maturare una mentalità nuova per affrontare il fenomeno e se il magistrato è preposto ad una valutazione delle indagini nel momento in cui assumono una connotazione penale, è vero anche che ci stanno tutta una serie di attività informative che esulano dal controllo del giudice e che, finchè non si arriva ad una formalizzazione, restano semplicemente un patrimonio informativo. Direi che questo patrimonio informativo è l'aspetto più importante perchè il processo penale raggiungerà risultati positivi laddove si avrà una conoscenza completa del fenomeno. Il problema a mio avviso è di non spezzare il fenomeno in singoli episodi da valutare singolarmente, come avveniva con il codice di procedura penale che si sta riformando, perchè questo modo di procedere rende difficile considerare le forme associative. Può fare un esempio? Una persona arrestata per anni, a bordo di un'auto rubata e con documenti falsificati subiva un processo per armi, uno per furto e uno per la falsificazione dei documenti. Avveniva poi che alcuni elementi che si intrecciavano con più episodi e più persone si perdevano. Sorgi: Col vecchio codice si facevano i maxi-processi, che duravano anni e che potevano portare a qualche risultato in primo grado, già un po' meno nel secondo e a nessuno in Cassazione. E non perchè ci fosse il giudice ammazzasentenze, ma proprio perchè tecnicamente avevano lacune incredibili. Inoltre, poichè duravano troppi anni, erano ingestibili e portavano spesso alla scarcerazione per decorrenza dei termini. La filosofia del nuovo codice vuole essere quella di gestire meglio i processi singoli. Invece del processo-inchiesta, che ti porta via tantissimo tempo, che forse ti porta ad una conoscenza del fenomeno mafia, ma difficilmente ti porta alla condanna degli imputati, io preferisco puntare l'attenzione su un singolo fatto, trovare le prove per quello ed ottenere una condanna per quello. Per capirci, proviamo a trasferire questa logica a Milano rispetto alla questione delle tangenti. Lì i giudici, rispetto ad una maxiipotesi associativa, che pure probabilmente c'è con tante persone associale per commettere reati di corruzione, concussione e via dicendo, hanno preferito la strada della gestione dei singoli casi, col risultato che alcuni degli imputati sono già a giudizio e probabilmente si arriverà a riti abbreviati con patteggiamento della pena e sentenze passate in giudicato nel giro di un anno di inchieste. In questo modo si riescono a gestire cento processi in tempi brevi, con periodi di custodia cautelare accettabili, piuttosto che fare dei processi-inchiesta utilissimi sul piano sociologico, ma privi poi di risultati concreti. Ciò che mi pare preoccupante è che questa normativa distorce il problema, perchè fa apparire che la soluzione della questione mafia dipenda dalle forze di polizia e, quindi, dagli strumenti di cui la dotiamo. Si tratta di una pia illusione. La polizia deve essere messa in condizione di fare di più, soprattutto nell'attività di in1elligence e di coordinamento internazionale. Sia chiaro però che questa è solo UNA delle risposte e neppure la più importante. Ce ne sono altre? Intendo: immediate, perchè un segnale bisogna darlo, e soprattutto efficaci, perchè si devono vedere dei risultati. Si dice che il fondamento della mafia non sia ideologico, ma di interesse, di guadagno illecito. E allora colpiamo lì. La mafia controlla il mercato dellàdrogadacui ricava ogni anno c'è chi dice 40 mila miliardi, chi dice almeno il doppio. Finchè non riusciremo a toglierle questa ricchezza, non riusciremo a ridurre il suo potere di corruzione, di arruolamento, di condizionamento. Credo sia giunto il momento di avere il coraggio di discutere apertamente, senza pregiudizi, della possibilità di sottrarre alla mafia il mercato della droga. Ma non solo. Se si raggiungesse la trasparenza nell'assegnazione degli appalti e nel controllo della spesa pubblica si metterebbero le mani su altri 100mila miliardi, che sono poi soldi nostri. E la mafia subirebbe un altro duro colpo. In questo modo davvero si darebbe un segnale di serietà nella lotta contro il crimine organizzato e il suo potere di condizionamento e di corruzione. Se si attuassero le ipotesi di riforma della Pubblica Amministrazione per le quali da anni si batte Massimo Severo Giannini raggiungeremmo risultati fondamentali in tutte le zone dove il potere mafioso è penetrato. Perchè dove c'è la mafia forte non c'è Stato. C'è la magistratura, c'è la polizia, ma lo Stato non c'è. Roppo: Sono perfettamente d'accordo: la mafia si combatte in questo modo. Il cittadino non può essere messo di fronte alla scelta fra mafia da una parte e forze dell'ordine dal1'altra, perchè quest'alternativa in concreto non esiste. In alcune regioni, nella vita quotidiana fatta di bisogno di casa, di lavoro, di servizi o c'è lo stato, e uno stato efficente, o c'è la mafia. Per questo incentrare la lotta alla mafia nelle modifiche d'emergenza al processo penale è demagogico. Sono ben altre le iniziative da proporre! Col nuovo codice di procedura penale l'Italia ha fra l'altro raggiunto quel livello richiesto dalla "Convenzione per i diritti dell'uomo", in particolare per quanto riguarda la parità fra accusato e accusa. In precedenza l'Italia era stata spesso indicata come paese inadempiente proprio perchè non garantiva l'imputato. Ora il decreto antimafia elimina alcuni dei cambiamenti positivi introdotti dal nuovo codice e la parità accusato-accusa salta nuovamente. Mi sembra abbastanza chiaro che abbandonare la trincea delle garanzie per il cittadino sia solo rischioso e chi crede di essere al riparo da tutto perchè onesto dovrebbe capire che il tanto vituperato garantismo serve proprio agli onesti, a tutti coloro che ogni anno entrano nell'elenco delle vittime di errori giudiziari. E poi, non avere a cuore certe garanzie dopo il caso Tortora mi pare almeno cinico. Tuttavia, e mi ripeto, se non si lega la battaglia garantista a proposte credibili ed efficaci contro la criminalità organizzata il futuro è buio. De Leonardis: Cosa fare? Intanto ci vuole una buona conoscenza del fenomeno. Il doti. Sorgi prima parlava di Milano e vorrei mettere in rilievo che le differenze fra ciò che sta accadendo in Lombardia e il fenomeno mafioso sono grandi. Certo, in entrambi i casi siamo di fronte sicuramente ad ipotesi associative per ottenere guadagni illeciti, tuttavia la criminalità organizzata, soprattutto nel sud, si qualifica anche per l'omertà che la circonda, per la profonda intimidazione sociale c.he attua, per la forLa della struttura delinquenziale e per le difficoltà in cui versa il tessuto sociale in cui essa opera. Ci sono regioni in cui lo stato fatica ad esercitare le proprie funzioni, che non sono quelle di polizia. Da tutto questo deriva la difficoltà nel raggiungere risultati. La strada intrapresa è quella della qualificazione, della specializzazione del personale di polizia e magistratura. Molto s'è discusso sulla figura del superprocuratore, che per alcuni sarebbe "a rischio" di pressioni politiche. Non so se queste paure sono giuste, tuttavia è di grande significato la creazione delle strutture dei procuratori distrettuali, cioé magistrati specializzati in reati di mafia, perchè la specializzazione è la carta da giocare. In Italia sappiamo ormai che, a caldo, tutti sono disponibili a dare unarisposta il giorno dopo una strage. A Palermo tutta la città potrebbe scendere in piazza, ma il punto non è questo. Quello che si chiede alla gente è la con1inui1à di impegno, di senso civico, di collaborazione. La mentalità mafiosi! s'aggira in ogni forma di sotterfugio e di aggiramento delle norme, pensiamo a cosa succede ormai in ogni concorso pubblico, senza distinzioni apprezzabili da una regione all'altra. Ecco, senza un impegno del singolo sarà difficile sconfiggere questa mentalità che favorisce la mafia. Lo stato dovrà essere all'altezza dei suoi compiti e in alcune zone lo sforzo dovrà essere enorme per "tagliare i viveri" alla criminalità e scompaginarne le fila, soprattutto attraverso la valorizzazione del pentitismo. Vorrei aggiungere che la gente deve togliersi dalla testa la fantasiosa idea che l'investigatore sia un Rambo che si getta dal quinto piano e blocca il malvivente. L'investigazione è un lavoro paziente di raccolta di notizie e conoscenze che, soprattutto di fronte a strutture molto chiuse, possono venire solo dai pentiti. Sorgi: Su questo non dobbiamo stancarci di riflettere. Perchè, d'accordissimo con te: i pentiti sono importanti dal punto di vista investigativo e dell'intelligenza del fenomeno. Altro però è dire: "visto che me lo dice il pentito, è vero". Perchè la figura del pentito, di per sè, lascia qualche dubbio e richiede una valutazione molto attenta. Se intendiamo utilizzarlo ai fini processuali occorre trovare anche i riscontri a quel che dice. Questa è una regola di civiltà giuridica fondamentale, annullata la quale apriamo la strada a condanne sulla sola base della chiamata di correità di un pentito che poi, al limite, aveva solo voglia di vendicarsi di qualcuno o di ricevere un premio. Roppo: Vorrei fare un'osservazione a proposito del tessuto sociale in cui la criminalità organizzata agisce e delle vere o presunte differenze regionali. Io sono per metà pugliese e per metà romagnolo e non ho difficoltà ad accorgermi che al nord c'è un senso dello stato che al sud non c'è. E questo è importante perchè per Di Pietro è più facile andare avanti leggendo sui muri di mezza Milano "forza Di Pietro", mentre credo che Falcone a Palermo non abbia mai letto niente di simile, anzi ora sappiamo che era andato a Roma perchè si sentiva isolato a tutti i livelli. Però non vorrei neppure mitizzare questo senso dello stato nordista. Quel che veramente c'è qui è il lavoro, una terra ricca, quindi non è sviluppata l'arte di arrangiarsi nè la crirrùnalità. Ma se parli con qualcuno che deve dare un concorso, la prima cosa che ti dice è che senza raccomandazione non c'è speranza. Non voglio colpevolizzare questa regione o altre, perchè credo che in realtà si tratti di una mentalità italiana: noi non abbiamo senso dello stato, punto e basta. Senso della famiglia e del privato forse sì, ma I' interesse della collettività non esiste. Se in ognuno di noi ci fosse la consapevolezza che perseguire l'interesse collettivo ha risvolti benefici anche per noi, faremmo un salto in avanti decisivo. Per concludere vorrei dare la parola a De Leonardis, chiedendogli qual è il clima fra le forze dell'ordine ... De Leonardis: Il clima è di grossa richiesta di strumenti di lavoro, di qualificazione dell'attività lavorativa, di interlocutori validi. Si spera che finalmente decolli un nuovo modo di fare attività investigativa. Credo che sia decisivo il pieno utilizzo delle risorse professionali e rispetto a questo si dovrà arrivare a premiare chi lavora, chi si qualifica, chi si espone a maggiori rischi, chi viene trasferito in realtà oggettivamente più difficili. Sia in magistratura che in polizia la progressione di carriera è sostanzialmente automatica, legata alla anzianità. I meriti acquisiti sul campo incidono in modo irrisorio, per cui non c'é differenza essere un poliziotto a Palermo o a Forlì, far parte di un reparto operativo o di un ufficio. Si dovrà cambiare qualcosa. Anche nella magistratura, è giusto che un P.M., con la disponibilità e reperibilità che deve garantire, sia posto sullo stesso piano di chi si occupa di fallimenti e cose del genere? Tutte attività meritevoli, intendiamoci, però se è vero che siamo in una situazione d'emergenza occorrerà valutare bene come incentivare l'impegno di tutti, perchè ognuno dia il massimo. - UNA CITTA' 5

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