Una città - anno II - n. 14 - giugno 1992

lettere interventi_ PERCHE' L'OBIEZIONE ALLESPESE MILITARI Erich Fromm, noto studioso della psicologia umana, in uno dei suoi ultimi saggi diceva che "la storia dell'uomo è cominciata con un atto di disubbidienza, ed è tutt'altro che improbabile che si concluda con un atto di obbedienza", intendendo con ciò non l'elogio alla disobbedienza per la disobbedienza, ma la capacità dell'uomo di non omologarsi, appiattirsi su modelli precostituiti obbedendo pedissequamente a ciò che gli viene detto. E' proprio a partire da questa caratteristica del singolo che l'obbedienza ad una legge, ad una norma, ad un regolamento si trasforma da virtù che si deve sempre attuare a scelta precisa, detem1inata, voluta. Se quindi ciò che si "deve" fare urta in modo profondo e serio con le proprie convinzioni personali e con la coscienza, la persona ha il diritto/dovere di disobbedire. Disobbedire civilmente, intendendo con ciò unadisobbedienza che non si fa di nascosto, perché protetti e sicuri di evitarne le conseguenz.e,ma alla luce del sole con la volontà di acceuare le conseguenze e di rendere nota la motivazione della disobbedienza. Lo scopo di questo comportamento sta infatti nell'obiettivo di far riflettere !.'opinionepubblica sulle ragioni del nostro disobbedire in modo da riuscire a trasformare un atto non legittimo e noncondiviso inun atto legale e approvato dalla maggioranza della gente. Ritengo che per attuare un gesto di disobbedienza civile bisogna che l'individuo abbia una coscienza formata ed informata. Formata ai valori fondamentali che stanno alla base del nostro essere uomini e che credo possono derivare dalle tre priorità sulle quali ci si dovrebbe impegnare come persone: pace, giustizia e salvaguardia dell'ambiente. Informata perché se non si conosce la realtà quotidiana non si riesce a comprendere la complessità degli avvenimenti che accadono e dei fattori che governano tale complessità. L'Obiezione di Coscienza alleSpeseMilitari (OSM) si inserisce a pieno titolo negli atti di disobbedienza civile. Consiste infatti nel contestare pubblicamente il pagamento della quota di tasse che lo Stato destina al Ministero della Difesa e quindi alla preparazione e ali' addestramento ad atti di guerra. Si attua tramite il mancato pagamento o la richiesta di rimborso di quella parte di tasse destinata alle spese militari. Una vera obiezione nasce dalla convinzione che ciò che si dovrebbe fare va a scontrarsi in modo inequivocabile con i convincimenti ultimi della persona e se dopo aver tentato tutte le strade per rispettare la legge non rimane altra possibilità l'obiettore, per non andare contro coscienza, ancorché a malincuore, si pone al di "fuori della legge" per costringere la società a prendere in esame il suo disagio. L'OSM non nasce solo da un rifiuto dell'idea della guerra, ma dalla volontà di rispettare pienamente il valore della vita e della dignità di ogni essere umano. Ecco perché l'obiettore propone col suo gesto di risolvere i conflitti senza l'uso delle armi e della violenza, ma rendendo concreta la possibilità di effettuare ricerche, verifiche e sperimentazioni di metodi nonviolenti per la risoluzione dei conflitti. Proprio a questo scopo con i soldi obiettati allo Stato si finanzia anche ladifesa popolare nonviolenta (un insieme di metodi e tecniche nonviolente) e si chiede allo Stato la possibilità di praticare l'opzione fiscale, cioè la possibilità per il contribuente di scegliere se finanziare la difesa armata o quella non armata. Come ogni gesto di questo tipo l'OSM ha una valenza più politica e morale che pratica e assume un reale spessore se è accompagnata da altri gesti che configurano un cammino di pace (per es. obiezione al servizio militare, riconversione dell'industria bellica al civile, lotta al commercio delle armi ecc.). Nel 1991 in Italia ci sono stati I0.000 obiettori che hanno destinato ad un uso alternativo una somma di circa mezzo miliardo. A Forlì ci sono 70 obiettori che lo scorso anno hanno obiettato circa cinque milioni. Sono cifre piccole se confrontate al numero di contribuenti in Italia o al budget di spesa del Ministero della Difesa (26.000 miliardi per il '91), ma gli obiettori alle spese militari non sono un'istituzione per cui ogni anno hanno bisogno dell'impegno di tutti gli amici della nonviolenza. Raffaele Barbiero Per informazioni sull'OSM rivolgersi all'EnAIP (Via Campo di Marte I66) o al Coordinamento Obiettori Forlivesi (Via Orceoli 15 tutti i martedì sera). laCassa dei Risparmi di Forlì DIFFUSIONE SPECIALISTARTICOLIDABAMBINO CENTROCOMMERCIALE«ILGIGANTE» BABYCROSS · GIGANTE I ViaCampodeiFiori 47100Forlì Tel.0543/721023Fax0543/724797 BABYCROSS · RIMINI ViaNuovaCirconvallazion2e1, 47037Rimin(i FO) Tel.0543/777552 10 ''SCANDA10'' Dr,,r 7ANGEN71 Forse sullo "scandalo" delle tangenti tutto è già stato detto e scritto, forse è del tutto inutile, nel clima di gigantesco "coup de théatre" nel quale si sono mietuti decine di personaggi illustri, porsi qualche domanda che oltrepassi l'effetto esplosivo di un'indagine che per la prima volta, su larga scala, ha coinvolto, criminalizzandolo opportunamente, un "modus operandi" tanto diffuso da essere probabilmente considerato da molti "paralegale". Forse non serve, eppure vale la pena di continuare a parlarne. li rigore col quale il giudice Di Pietro ha via via allargato il cerchio giudiziario, ha mostrato lo spaccato di una pratica che con tutta probabilità non appartiene solo a particolari situazioni del paese, ma è in qualche modo connaturata con i meccanismi comunicativi, produttivi, decisionali e politici che caratterizzano la nostra società. Ma si sa, la magistratura giudica persone definite, azioni precise, individua responsabilità personali, non fa della sociologia, non mette sotto processo la società ed il suo modo di essere. E allora a chi tocca invece andare oltre la lettura giudiziaria e cercare di dare una spiegazione con vincente degli avvenimenti, a chi tocca esaminare le implicazioni sociali o politiche di ciò che succede? Tocca, o meglio, toccherebbe, oltre che a ciascuno, ai politici, osservatori e riformatori sociali per antonomasia. Si dà il caso però che proprio questi politici oggi hanno fatto la cosa peggiore cercando di prendere le distanze da quelli, fra di loro, che la rete giudiziaria ha catturato, fingendo di non sapere che comunque il mare nel quale essi nuotano è il medesimo. Così, nel patetico tentativo di isolare i "corrotti" come "mele marce" e offrendosi pertanto all'inevitabile alternativa che il giudizio popolare assegna loro, o complici o stupidi, si sono di fatto squalificati come possibili interpreti dotati anche solo di una minima credibilità. D'altra parte è difficile ritenere gli industriali ed amministratori pubblici coinvolti nell'indagine milanese una specie di "mostri", di "supercorrotti", di ladri specializzati in appalti ed affari. Essi sono forse molto simili a tanti altri, solo che sono stati traditi dalla dimensione del loro operare e dalla conseguente presunta sicurezza che da questa derivava. Milano non è una situazione "atipica", è anzi l'apice della operatività di questo paese, è la "tendenza" verso cui il mondo della managerialità è indirizzato, è in qualche modo la situazione "termine di confronto" sul piano della produttività, della efficienza, ecc .. Oggi ci si trova nel caso, invero non strano, in cui gli inquisiti, se ancora di colpevoli non si può parlare, non sono persone marginali, criminali all'indice, ma godono del massimo della rispettabilità e del1' affermazione sociale e professionale, sono i vert1c1 del!' industria edile nazionale, sono i massimi amministratori di Enti pubblici della città, tutti, fino a ieri, considerati la massima espressione di una cultura della imprenditorialità, della quale molti frequentemente si sono detti orgogliosi. Allora, la prima alternativa da affrontare è la seguente: o si pensa che siano politicamente, oltre che giudiziariamente. sotto processo elementi contraddittori con la nostra società, oppure si crede che gli inquisiti siano in piena sintonia con la cultura imprenditoriale, mercantile ed amministrativa della quale la nostra società è permeata in questo stadio di sviluppo. Non c'è dubbio che il mondo politico, i partiti, al di là delle dichiarazioni, propendono, forse per spirito di conservazione, per la prima ipotesi: si sbracciano per dare un quadro il più possibile limitato del fenomeno, già oggi cominciano a sproloquiare su un possibile "complotto", oppure cominciano a preoccuparsi dell "'uso politico" che può essere fatto degli eventi. Personalmente sono al contrario convinto della seconda ipotesi e in questo senso ritengo fondamentale innanzitutto una presa di coscienza sui modi nei quali si esprime, precisando che rispetto a ciò è del tutto secondario chi e quanto ha rubato, per chi lo ha fatto, per sé o per il partito, chi è stato il mandante e chi l'esecutore. Colpire i diretti responsabili con durezza è sacrosanto, ma non si pensi che questo risolva un problema che è innanzitutto sociale e culturale. Dal punto di vista della società credo che il primo dato di analisi rilevante sia una tendenza sfrenata a quello che, forse impropri amen te, potremmo chiamare "funzionalismo totale", cioè una forma di esasperazione, nei rapporti socioeconomici, del peso del risultato, quasi un mito nel risultato stesso, a scapito delle qualità delle procedure e dei processi che normalmente vengono impiegati per conseguirlo. li modo impiegato per raggiungere uno scopo non conta quasi nulla, tutto è lecito, l' importante è che la cosa "funzioni", che l'obiettivo sia raggiunto. Anzi, ancor di più, metodi discutibili trovano non solo legittimazione, ma addirittura una loro esaltazione, se conducono a risultati effettivi. Se si usano termini come "giusto", "corretto", ecc., si rischia di passare per moralisti.L'unico termine correntemente ed insopportabi Imente accettato è "funziona". Addirittura quando si giudica qualcosa di artistico, uno spettacolo, un• opera, non si dice più bello o brutto: si dice funziona o non funziona. Il mondo delle comunicazioni di massa, a partire dalla televisione e dalla pubblicità, esprime più di ogni altro questo fenomeno, che però coinvolge tutta la realtà sociale. In sostanza tutto risponde ali' avvolgente logica dell "'indice d'ascolto", tutto si muove obbedendo alla più banale prassi Coop. Cento Fiori I.AB. ART. fITOPREPARAZIONI ViaValDastico4, •Forlì Tel.0543/702661 - Estrattidroalcoliciindiluizione I: IO dapiantafrescaspontaneao coltivatasenzal'utilizzodiprodotti di sintesi. - Macerati di gemme. - Opercoldi ipiantesingolee formulazioncionmateriaprimabiologicao selezionata. - Produzionsiuordinazione CO macchiavell ica. Il secondo ed altrettanto rilevante elemento è che tutto ciò si riduce ad una enorme tendenza al prevalere, in ambito economico, dell'elemento mercantile rispetto a quello produttivo. Mi spiego: lo sviluppo tecnologico, ed in particolare la rivoluzione nel campo del l'informatica e della comunicazione, hanno esasperato il valore dello scambio di oggetti, beni, informazione, conoscenza, a scapito del valore del lavoro per produrli. In tal modo il possessore dei meccanismi dello scambio è il più forte socialmente ed economicamente. ln termini banali si potrebbe dire che oggi i veri manager sono quelli che governano il commercio, anzi questi, più riescono a vendere a prezzo alto beni di basso valore produttivo, più sono tenuti in considerazione. Potremmo dire, esagerando un po', che il più apprezzato sarebbe colui che riesce a vendere il nulla assoluto al più alto prezzo. Avere un• idea delle proporzioni che può raggiungere questo processo credo sia abbastanza difficile, ma ciò che conta è il fatto che in una tale situazione si scatena la più alta tensione e vendere di tutto, dalle conoscenze, alla collocazione nella geografia politicodecisionale, alla capacità di mediazione, ecc .. E così il rappresentante di commercio non è più quello che lavora per trovare clienti, ma è quello che vende conoscenze già precostituite, in particolare, in politica, non ci si interessa di costruire ipotesi di convergenza di interessi sociali, ma ci si limita esclusivamente ad attività di compravendita di posizioni acquisite. E di tutto ciò, dal punto di vista micro-sociale, possiamo vedere concretizzazioni o effetti, fino ai più remoti anfratti del MAGGIO Citazioni tra virgolette; tra parentesi i commenti. "Anno I - n. l - 16 maggio 1992 - lire 3.000. La città al setaccio" (Bene. Il grano e la pula). Pag. 4: "in programma anche una rubrica particolarissima che sui giornali americani sta furoreggiando" (Da che pulpito!); "Per il momento basta così" (Grazie). "La sottospecie femminile non resiste al suo sguardo obliquo e la sua impronta amorosa ha riscontro dagli Appennini alle Ande" (?). Pag. 6: "Serena risponde: mi limito solo a pubblicare la sua lettera" (Ben fatto. La stupidissima lettera dice tra l'altro: "E' rimarchevole l'accanimento di una categoria -quella degli insegnanti- che a mio avviso tutto sommato non sono poi penalizzati più di altri lavoratori del settore pubblico". Ben fatto, Serena, non risponda). Pag. 9: "Mi sono sempre chiesto qual è il confine fra coraggio e incoscienza. Non mi sono mai risposto completamente. Forse perché io abito proprio in quella terra di nessuno che sta fra i due valori, entrambi figli di una stessa madre: la fantasia. Ci sto benissimo in questa grande casa a picco sul mare dell'emozione. E spesso vado a tuffarmici ...'' (Metafora mirabile). Pagg. I 0-11: "Abbiamo percorso in auto, per due giorni. tutta Forlì, cronometrando i tempi di percorso e tentando di parcheggiare... e è scaturito il quadro impressionante di un centro urbano paralizzato e asfillico" (Ma non c'è piazza Guido da Montefcliro?). Pag. 14: '·L ·architeuo Sacripanti si sfoga: sono stanco di polemiche ma non sono pentito·· (nemmeno gli altri. purvivere comune: nel mercato del lavoro, si comprano i posti, a scuola si comprano gli esiti degli esami, in politica si comprano i voti, e così via; andiamo verso una società dove si fa sempre meno e dove si compra, e si vende, sempre di più. Che cosa ci si può aspettare allora, nel rapporto fra economia e politica, se la cultura emergente è questa? Se la realtà mostra ormai interessi smisuratamente intrecciati, se in essa non si sa dove inizino quelli particolari e dove invece quelli generali, dove società civile e società politica sono una lo specchio dell'altra, l'una costituente e ricostituente l'altra, con buona pace di coloro che vorrebbero l'una contrapposta all'altra. Ci si trova in un mondo dove la massima "mors tua, vita mea" viene praticata in tutti gli ambiti sociali, dove l'arroganza, la spregiudicatezza, la forsennata ricerca di affermazione individuale sono la regola. E il valore universale pare essere la "furbizia", la capacità cioè di raggiungere un fine utilizzando anche il più basso grado di correttezza metodologica. Menzogna e clandestinità sono di solito i mezzi più diffusi fra gli astuti. In rapporto alle due aree sociali cui comunemente si fa riferimento, cioè quella civile e quella politica, questa dimensione emergente assume due diverse valenze che, questo sì, sarebbe moralistico confondere. Nella società politica, cioè il mondo nel quale per definizione l'interesse particolare viene ricomposto sotto la forma di interesse generale, ciò produce l'abbandono di ogni forma di "etica". Sul piano economico invece, nella società civile, cioè quella nella quale per definizione, in una società democratica, vige la regola dell'interesse particolare, che può non comporsi, ma che si compie in quanto tale, si produce la caduta generale di quella che potremmo chiamare "deontologia professionale", o meglio "qualità metodologica del mercato". Così, pian piano, si giunge al modo di essere della e nella nostra società, si giunge alla corruzione assunta come regola vincente, che in forme e dimensioni diversificate, pervade l'intero corpo sociale, in quanto non è "possibilità", ma è "condizione" di appartenenza sociale, proprio come la mafia, si potrebbe dire. Ma allora, se ciò, come ormai molti riconoscono, è vero, quale patetica affermazione quella che vorrebbe isolare "le mele marce", che vorrebbe "rifondare la politica", che vorrebbe imporre regole sempre più forti! Quale illusione quella di coloro che pensano ad una società civile onesta, e perché no, anche un po' vittima dell'invadenza dei partiti' Quale mistificazione di chi non coglie che spesso l'odio diffuso per la politica è solo odio per I' obieui vo primario della politica, cioè la composizione dell'interesse generale! Qualche cosa forse si può fare, non c'è dubbio, ma qui il problema è soprattutto culturale, con la componente etica che questo termine contiene. Forse ciò che serve è una rivoluzione culturale che coinvolga tutto l'uni verso della società. Come sempre il primo passo di ogni rivoluzione è quello per cui i protagonisti si riconoscono e riconoscono i loro avversari. Da questo punto di vista forse sono molti di più i nemici a piede libero che quelli in galera: magari hanno le "mani pulite", ma non si smentiscono come epigoni della cultura dello sfascio. E allora, anche i partiti, non giudichiamoli solo per il numero di esponenti incriminati, ma soprattutto per la cultura di cui sono portatori; se poi, se per caso, come peraltro spesso accade, le cose coincidono, vuol dire che avremo avuto maggior ragione. Carlo Giunchi PRECISAZIONE. In riferimento all'intervista a Piero Gramellini, nel numero 13, precisiamo che, a proposito delle diete dei "beauty center", la parola "cioccolata", detta ovviamente in modo scherzoso, riportata letteralmente può essere stata equivocata. un mese una e, troppo, i complici). Pag. 15: " ... nella Forlì di Fortis e di Balducci, orfana di Aurelio Saffi e madre di Angelo Masini ... " (bella questa immagine di una Forlì indaffarata tra pompe funebri e ostetricia). Pag. I6: "Un giallo nei permessi d'accesso. L'on. Stelio de Carolis ne ha la bellezza di 14" (E di uscita nessuno?). Pag. 22: "Sei forlivesi in parlamento ... Maghi dell'urna, domatori della preferenza unica, instancabili sostenitori di indaffarati aspiranti parlamentari. Ecco cosa sono i forlivesi" (Strepitose metafore del nulla. I forlivesi sono anche altro e altri). Pag. 24: "Intanto brindiamo al successo e godiamoci il meritato riposo. Di cosa?" (Già, di cosa?). Pagg. 26-27: "La prima volta dell'onorevole Alessandra ... Niente ciccioline in parlamento dunque, ma donne impegnate ..." (Apprezzabile la delicatezza della intervistatrice, anche se ovviamente la "prima volta" non c'è mai per nessuno). Pag. 37: " ... ieri mattina il drappello di esperti radunatosi di fronte a Sant' Antonio Vecchio ha constatato lo stato degli affreschi sulla facciata" (destino militaresco del sacrario di sant' Antonio Vecchio, per il quale anche un gruppo di esperti d'arte deve adunarsi a drappello. Delitti della metafora!). Pagg. 38-45: "Cillà'' (otto pagine otto di irrilevanti sconosciuti fotografati in irrilevanti tempi e pose). Pagg. 48-49: "I pataccari spesso sono divisi in veri e propri gruppi dinastici con genitori. figli e nipoti. che qualche volta monopolizzano alcune aree di servizio. Si pensi che esistono alcuni laboratori che lavorano a tempo pieno per i pataccari costruendo le false telecamere e i videoregistratori. Le lamentele degli utenti delle autostrade sono sempre più frequenti" (E di che si lamentano? Non c'è il pataccaro se non c'è il patacca, come non c'è autostrada se non c'è l'utente, pataccaro e patacca). Pag. 51 : "Guardandovi attorno vi siete mai chiesti ..." (No, non ce lo siamo mai chiesti; anche perché le "strade di una volta" non esistono più. Inutile chiedersi; meglio incazzarsi; che è altrettanto inutile ma dà più soddisfazione). Pagg. 52-53: "Momenti da dimenticare, ma anche da ricordare. La tragica e inedita sequenza fotografica di un'esecuzione nel forlivese" (Guerra partigiana, non guerra civile; un partigiano fucilato; cosa ci sta a fare in mezzo a queste scempiezze? La sequenza è tragica ma non è inedita; messa qui non è nemmeno più tragica; è una variabile della banalità; e poi: è da ricordare o da dimenticare? Lo chiediamo "per la contradizion che noi consente"). Pagg. 54-55: "Neanche Garibaldi lo salverà. L'infelice storia di un cipresso storico" (Comprendiamo il dramma del "nuovo tracciato della SS 67", che per nascere deve far morire un vecchio cipresso e un oratorio del 1717. La SS 67: nomina sunt consequentia rerum. SS: bel nome, bella conseguenza. Domanda: se non lo salva Garibaldi, chi salverà il vecchio cipresso? Risposta: lo salverà Bush, il Bush di Rio de Janeiro 1992, quello dello sviluppo sostenibile. Sviluppo americano insostenibile). Pagg. 56-61: "Spigolando qua e là" (Non verrò a spigolare con voi tra oroscopi e numeri. E' troppo stupido e orribile. Per non dire della pubblicità. Ma è questo Forlì? Tulla Forlì è questo? Tullo Forlì?). Andrea Brigliadori

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