Una città - anno II - n. 12 - aprile 1992

VITA DA SIEROPOSITIVO i prol,lemi di una coppia in cui uno è sieropositivo Cominciai a farmi più che altro per curiosità, nonostante che io e quelli con cui mi facevo avessimo sotto gli occhi gli esempi di alcuni che già erano tossicodipendenti. Non avevo particolari motivi che giustificassero la scelta di cominciare a farmi. La molla è stata la curiosità e mi facevo con gli amici più vicini. C'era già qualcuno di noi che si faceva e tramite lui ho avuto la possibilità di provare. I primi tempi ci si faceva una volta alla settimana o una volta al mese, in maniera molto saltuaria e con la logica con cui si fa qualcosa di divertente, come quando ci facevamo gli acidi. Poi, piano piano, ho fatto il percorso che hanno fatto un po' tutti. A quei tempi c'era tutta una cultura sulla droga. Questa cultura sulla droga si concretizzava nel consumo di marijuana, di hashish, di LSD, di anfetamine. Poi dal 77-78 fino a tutto 1'83 mi sono fatto di eroina. E per smettere? Prima ci avevo provato diverse volte e non ce l'avevo fatta. Sono statoricoverato anchedue o tre volte per tentare di disintossicarmi, ma in ospedale non ce la facevo. cl vuole molta forza in un momento in cui non ne ltai Poi mi sono trovato in una bruttissima situazione: non avevo una lira e mi dovevo fare. Quindi una situazione in cui mi sono posto· il problema di andare a rubare o di fare rapine. E siccome io sono stato sempre pauroso rispetto a queste cose, non ci sono andato a fare le rapine e neanche i furti... a parte qualche radiolina e qualche stereo. Quindi mi sono detto seriamente di smettere e tirarmi fuori da questa storia. Erano già diversi anni che facevo quella vita e dunque... ho smesso. Sono andato via da Forlì, in un paesino dove i miei genitori hanno una casetta e sono stato lì da solo, ho cominciato a non farmi. All'inizio è stato difficile, ma ho avuto tante persone che mi hanno aiutato, ho trovato degli amici, ho trovato la morosa, ho trovato lamogiie. Pian piano ho fatto un passo dietro l'altro, ho cominciato a fare dei lavoretti molto semplici, poi ho trovato un lavoro più impegnativo e ho ricominciato una vita "civile" cercando di stare il più possibile lontano dall'eroina. Il più possibile, perché anche in quel periodo qualche volta mi sono fatto... Quello che è incredibile era che quando tornavo a Forlì era automatico che come scendevo dal treno andavo a cercare la roba. Come.arrivavo qua, mi dovevo fare. Questo è successo 4 o 5 volte. Come è stato possibile riuscire a smettere così, da solo? E' una questione di saturazione, di livello di situazione che stai vivendo. Arrivi al punto che devi fare delle scelte: o fai il bandito eroinomane, rischi che ti sparino, rischi le cose peggiori, te ne freghi, però ti fai. Oppure dici che vuoi provarci, e lì dopo c'è chi ce la fa e chi no. Bisogna metterci molta forza in un momento in cui non se ne ha, bisogna mettercela tutta. E poi bisogna avere fortuna, bisogna beccare il momento giusto, incontrare le persone giuste. lo qucmdo l'ho conosciuto non sapevo niente e non immaginavo niente di ciò che lui viveva. Il nostro incontro è stato molto naturale, io credo di non averlo aiutato per niente, per lo meno direttamente. Credo che gli amici che ha avuto e ha conosciuto giù abbiano influito notevolmente. Ho cominciato a sapere piano piano, non subito. Anche perché io ero proprio fuori da quel mondo, non avevo mai avuto nessun tipo di contatto con un tossicodipendente, neanche a livello di amicizia. Da noi il problema eroina era abbastanza distante. L'ho saputo piano piano, e quindi non mi sono fatta problemi, non mi ha messo paura. L'ho saputo da poco che lui venendo qua 11011 poteva/area meno difarsi, ma lo capisco, perché sentendo molte alt re esperienze ho capito che è una sofferenza pa;:,zesca ritornare nei luoghi e con le persone con cui ci si èfatti e rimanerne fuori. Quindi va bene, probabilmente ci doveva essere anche questo per uscirne. Quando hai saputo di essere sieropositivo? Non ricordo bene, nell' 85 o nell' 86. Ricordo che lessi sulla "Repubblica" di questa cosa, venni a Forlì e andai dal dott. Missiroli che mi fece fare gli esami e risultai positivo. certo ora non • • • siamo p1u • una coppia normale •Anch'io ricordo di questo terrorismo che cominciò a uscire sui giornali intorno all'86 e noi eravamo sposati da poco. Neanche si sapeva bene che cosa fosse questa malattia. Sì, e per gli esami ricordo che ci si rivolgeva all'ospedale di Brescia. Io sono stato uno dei primi. Quindi quando l'avete saputo eravate già sposati... E' stato un dramma. Una cosa pazzesca, indescrivibile, soprattutto per la non conoscenza, la disinformazione. Questa è stata la cosa più brutta. C'era una specie di terrorismo, arrivavano tutte quelle voci. Chiedevamo a Missiroli cosa si doveva fare e lui ci diceva di usare le elementari norme igieniche, però difatto si sapeva poco. Quindi per me è stato uno choc e per lui credo molto peggio. E nonostante tutto siamo stati fortunati perché io ancora sono negativa, e noi ci siamo conosciuti nell'84. Quindi quando vi siete conosciuti tu dovevi essere sieropositivo da circa uno o due anni... Sì, ma potrei essere stato infettato anche nell'80-8 l el'ho saputo ne11'86. E' GIUSTO PARLARNE? I' giusto far parlare uno clte sta soffrendo o clte sta more,.do? A collo,uio con Giovanna Ravaioli, impegnata nell'assistenza ai malati di Aids. · Tempo fa inunariunionedi reda- AIDS. Ma anche durante la mozione ci siamoposti il problema /a11iac'è questo senso di pudore, dell'anonimato:un'intervistaaun e senso di colpa, che non fa mai gayo al padredi un tossicodipen- pronunciare/aparolaAIDS e che denteche nonvoglionochecom- le11tamentpeorta a/l 'isolamelltoe paia il nome si pubblica o no? a non parlare più di niente con Durantela discussioneè sortoun nessuno. La sofferenza, sia per altro problema:è giusto intervi- /'amma/atocheperis11oifamiliastare personeche stannosoppor- ri, a11mentacosì di giorno in tando un carico di dolore tanto giorno. grande? Non c'è il rischio che Del resto,se hai l'AIDS o sei un queste persone siano solo stru- drogatoo unomosessualeq, uesto mentalizzate per "alzare 1'au- pensalagentee nonhatuttii torti. dience", come sta succedendo Cosicchèil passosuccessivoè: te ormai in ogni rotocalcoe in ogni la seicercata! reteTV? Q11estoa volte lo dicono i ragazzi Anch'io mi sonoposta questopro- stessi: me la sono voluta io! blema e credo che un 'intervista Enonè un po' vero?Nelbucoc'è possa essere di grande ai11toN. e ancheautodistruzion.e.. ho parlato coi miei ragau.i che Nel b11coc'è la morte, questo è stanno morendo di AIDS, ma a chiaro. Ma l'esperienza della parte 11na,che però sta troppo droga è talmente totalizzanteche male per parlare, gli altri hanno ann11llatu/lo: /afamiglia, i sentidato solo risposte negative. Tutti me11ti,la pa11ra.E infa11il'AIDS hannocome volutotenereper sè il non li spaventa. Una volta penproprio dolore. Tu11avia resto savo: se i ragau.i che si ''fanno" dell'idea che affrontare il pro- vedessero gli ammalati di AIDS, b/ema sarebbe utile a loro, ai ra- smetterebbero Sllbito! Poi con gazzi che sono nelle medesime l'esperienza ho imparatoche non condizioni, ai genitori, che tenta- è così. Si ''fanno" anche q11ando no con tantafatica di rapportarsi cominciano a stare male. ad una situazione che non lascia Non credi che nel rifiuto alsperanza ai lorofigli. l'esternazionee ancheallabattaAnchenoi pensiamoche parlare, glia per non essereemarginatici per quanto difficile e doloroso siaallabaseunconcettodi autodipossa essere, sia importanteper fesa? chi vive in una condizione di Sì, c'è questo conce/lo di a11todiemarginazioneN. onsipuòsperare fesa da una società che non li che siano gli altri a toglierti da capisce, che li emargina. Negli quella condizione.Certo,per gli stadirennina/inonna/menteq11esti ammalatidi AIDSla situazioneè ragazzi vogliono intornoa sè pocomplicatada quel sensodi ver- che persone, quelle di cui sifidagognalegatoaimodidelcontagio. no. Sentono che la gente pensa E' vero, c'è questa vergogna. "se la sono voluta" e allora si Difficilmente sentirete q11alcuno .. chi11donocon i loro amicifidati. iniziale:uscireallo scopertopotrebbeservirea fareinmodocheil malatononsiaancheemarginato, che gli ultimimomentidi vita, a volteanni,nonsianovissutinella vergognae nel sensodi colpa... Certocheservirebbe.Pensosemprea quellafamigeratacampagna control'AIDSche è stata fatta in TV, quelladell'aloneviolaattorno alle persone.Che hasolospaventatoi sani e ghettizzato i malati. Adesso ce n'è 11n'altra che finalmente parla di solidarietà. Solo che stiamo già agendo in 1111 comesto rovinatodallaprima,che era terroristica. Specialmellte in cittàcomeForlìdovenons'èfatto nulla. Adessoperòc'è unprogetto... Sì, s'è costituito il "gruppo di volontariatoper l'assistenza domiciliare alle persone affe11eda AIDS" (ASA)con 1111 primo nucleo di incaricati a presentare in vari incontripubblici la problematica AIDS. S11bitodopo si svolgerà 1111 ciclo di incontri con i volontari reperiti. Non cerchiamo esperti, magente ingrado di usare il cuore, l'amicizia. All'iniziativa hanno già aderito la Caritas diocesana, la Casadella Caritàdi Bertinoro, l'Associazione Paolo Bobini, il Gruppogenitori "lottaalla droga" di Forlì. Dobbiamofare inmodo che la cittàsia sensibilizzata affinchè la malattia sia vista in un altro modo. Q11ellci he muoiono adesso muoiono in soliwdine, senza parlare della loro esperienza, pieni di paura di farsi vedere, con i genitori angosciati. Giova forse a q11a/c11no? direcheirropriofi~è;:.._r;;.i Torniamo allora alla questione CO - Quindi avete avuto rapporti sessuali senza precauzioni per anni... Certo, ora 1101s1iamo più una coppia normale, 111a llora lo eravamo per cui facevamo quello che fanno tutti molto 11atura/111e11te. Infatti si è poi propagato così l'AIDS, proprio perché lagente era stata infettata prima e continuava ad avere rapporti senza saperlo. Chi ne sapeva niente? In ospedale, recentemente, c'era una coppia con lui positivo e lei negativa che hanno avuto un bambino, anche lui negativo, concepito prima che sapessero della positività di lui. Pare che i bambini abbiano buone possibilità di nascere negativi o di negativizzarsi dopo la nascita. Io non ce la faccio a tentare la fortuna anche se molti, anche medici, ci hanno spinto a provarci dicendo che a livello clinico ci sono poche possibilità di trasmissione e che io, essendo negativa, non avrei avuto grossi problemi. Però c'è sempre quel 30%di possibilità che io mi infetti e quindi automaticamente trasmetta al bambino il virus. Ecco, mettendo tutto questo sulla bilancia io non ci sto. Non me la sento. Magari faccio male. Se ci pensi razionalmente è uno choc. Perché non scegli più niente, sei condizionato in tutto. Hai mai avuto sentimenti di accusa nei confronti di tuo marito? No, cerco di prenderla da un altro punto di vista, altrimenti non si va avanti. Le soluzioni sono due: o vai avanti accettàndo consapevolmente la situazione oppure te ne vai. Secondo me si può convivere anche tranquillamente con questa cosa, però certamente si è pesantemente condizionati, innanzi tutto nella vita intima, e non è poco, e poi nel futuro. Anche la mia vita non è stata tutta rose efiori, ho avuto anch'io dei grossi problemi quindi la voglia di avere un bambino è enorme, invece niente. Perché quando parli con i medici giustamente ti dicono che c'è un rischio, basso, ma c'è, di rimanere infettati. La notizia della sieropositività di lui come ha influito sulla vostra intimità, nello stare insieme? Ha influito molto. Limita. Limita certamente, anche se entrambi abbiamo fatto sforzi notevoli per prendere la cosa in maniera meno pesante possibile, però certe cose non le fai più, questo è il dramma. A me piace il sesso e mi piace farlo, ovunque , in qualsiasi posto. Ecco, questo per esempio non è più possibile. Ci sono delle indicazioni da seguire. Poi lei sa muoversi senza bisogno di parlare... è triste incontrare quelli avanti nella malaffia Secondo me chi è colpito dal virus passa due momenti: il primo in cui è tutto proteso alla cura, alla salvaguardia della salute, il secondo momento è quello del distacco, del menefreghismo, di tirare avanti finché dura. E quelli che si fanno ancora sono coloro che vivono più brutalmente questa condizione di menefreghismo nei confronti di se stessi e degli altri. Questa è una fase triste della vicenda. Un'altra situazione triste è quando incontri quelli che sono già avanti con la malattia. Quando li vedi ti viene ilmagone. Hovistoamici miei, gente che conosco bene, ridotti incarrozzella, e unacosa che mi ha lasciato male è ancne che tutti erano scuri di pelle. La pelle diventa scura come quella di un tunisino, i caratteri somatici cambiano, la pelle si appiccica allo scheletro e hanno questo colore scuro, olivastro. Sono cose che sarebbe meglio non vedere. Tornando a te cd ipotizzando che tu ti sia infettato in uno degli ultimi buchi che ti sei fatto, sono già 7 o 8 anni che sei sieropositivo ... Sì, mac'èdadirechecambiando maniera di vivere io sono convinto che ci si allunga la vita. Io vedo che lepersone che stanno peggio sono quelle che ancora si fanno oppure è gente che ha smesso da poco. Gente che invece, come me, sono anni che ha smesso di farsi, che fa una vita regolare, nella normalità", riesce ad andare avanti, sta bene. Recentemente sono incappato in una malattia per cui sono stato ricoverato quasi un mese nel reparto infettivi dell'ospedale di Forlì, ma non è stata riconosciuta come legata ali' AIDS. Non lo era perché mi è stata diagnosticata una TBC extrapolmonare, mentre l'AIDS prende appunto, in genere, polmoni o bronchi oppure altre infezioni del midollo o del cervello. ragazzi clte peggioravano cli giorno in • giorno Sì, non è stato dichiarato AIDS conclamato, ma è comunque collegato, perché in una situazione di immunodeficienza, ciò che un negativo sopporta bene, un sieropositivo può non sopportarlo altrettanto bene. Ho visto in ospedale che i ragazzi che avevano continuato a farsi avevano una progressione rapidissima della malattia. li ho visti cambiare giorno dopo giorno. Dalla emiparesi alla paralisi totale e così via. Quando sei lì dentro vivi come in una piccola comunità, si chiacchiera, ognuno racconta la sua storia, che non avevano ancora smesso o che avevano smesso da solo 3 o 4 mesi ... Quando sono stato in ospedale, nel dicembre scorso, me la sono fatta proprio sotto, perché dopo circa un mese di febbre a 38°, mi si sono gonfiate le ghiandole sotto leascelle. Sono stato dal dott. Cancellieri e lui mi ha detto che bisognava operare e tirare fuori le ghiandole per vedere di che cosa si trattava. Me la sono vista brutta, ho cominciato a sudare freddo e quasi svenivo. Tu sai che è proprio così che in genere la malattia presenta i primi sintomi. Comunque poi l'operazione è stata fatta, le analisi pure ed è stato diagnosticato una TBC extrapolmonare alle linfoghiandole. Dopo qualche giorno che ero tornato a casa, mi è tornata la febbre e ho cercato un medico che mi consigliasse il da farsi, ma si era sotto Natale e non ho trovato nessuno. Nessuno. Il dott. Cancellieri era in ferie e non ho trovato nessun altro. Poi quando è tornato mi ha spiegato che quello era il normale decorso della malattia. Noi siamo tenuti a passare dal SERT per qualsiasi cosa di cui possiamo aver bisogno: dentista, ospedale, operazioni, etc. Il SERT ci manda agli infettivi perché iImedico che cura deve essere informato della nostra condizione. Il reparto infettivi è organizzato per prestare assistenza ai sieropositivi ed anche ai malati terminali? No, assolutamente. Non è neanche un reparto vero, ma una sezione staccata di medicina, quindi senza un primario e senza un vero organico proprio. E' un reparto che vaavanti solo per il volontariato e la buona volontà di 3o 4 persone, una delle quali è il doli. Cancellieri. La struttura non è organizzata e lo noti dopo aver visto il reparto di Faenza, a cui mi sono rivolto dopo la brutta esperienza passata a Forlì. A Faenza poi in realtà ci hanno detto che loro avrebbero fatto esattamente come all'ospedale di Forlì. Ma secondo me con tempi diversi, seguendoti in maniera diversa, nel senso che comunque là hai 1111 referente, ci sono 4 medici, e se uno giustamente va in vacanza, puoi parlare con un altro. Se hai delle richieste sai a chi rivolgerti. Il reparto di Forlì ufficialmente non ha un medico. Il dott. Cancellieri lavora a Meldola e deve tenere conto anche di quella sede, poi c'è Medicina di Forlì ... Il luogo stesso è assurdo, è sulla strada e per il traffico non si riesce a riposare, se non dormi la notte perché stai male non lo puoi fare di giorno... L'impressione che io ho avuto è che si tratti di un reparto emarginato, tenuto nascosto. Lui aveva lafebbre, era dimagrito 6 chili, gli dovevano cambiare le lenzuola durante la notte perché sudava continuamente e copiosamente, e non gli facevano niente. Una flebo, una vitamina, avrebberopotuto alleviarlo per lomeno psicologicamente. Un giorno l'infermiera ci ha detto diandare a fare i raggi ed io l'ho preso, l'ho vestito, l'ho messo su di una carrozzella e, nel mese di dicembre, abbiamo attraversato tutto il giardino per andare a/are i raggi. E il vostro futuro? Che facciano dei gran passi avanti a livello medico. Abbastanza male. Attualmente sto vivendo un periodo che si potrebbe dire di disinteresse, in cui non riesco a fermarmi a pensare alla serietà della mia situazione, incui faccioe sparo delle gran cazzate dalla mattina alla sera, non riesco a fermarmi a pensare cosa può essere la mia vita adesso. Faccio molta fatica. Del resto non è che ci si può dimenticare completamente la situazione, ci si pensa per forza. E' una convivenza. Con alti e bassi è una convivenza quotidiana. Non si può fare a meno di vivere alla giornata e aprendere su tutto quello che può venire. Questa esperienza ci ha insegnato a prendere dalla vita tutto quello che può dare, tra/asciando pochissimo. Mi viene da ridere tutte le volte che penso che ho fatto iImutuo per la casa per 20 anni. Forse è la volta che riesco a fregare le banche. Parlando con i medici i/futuro non è molto roseo. Loro parlano di anni, pongono dei limiti di tempo. Un medico in ospedale mi ha chiesto se i miei genitori sanno della mia condizione e iogli ho detto che con loro non ho mai parlato di questo perché sono sposato, ho la mia casa, la mia indipendenza e voglio risparmiargli, finché è possibile, questa ulteriore croce, soprattutto inunmomento incui stavo male. Lui invece ha insistito sul fatto di parlare con loro e per sostenere la sua opinione ha buttato là brutalmente che io avrò rimasto comunque al massimo 3 o 4 anni di vita. Questo è successo anche ad una mia amica, anche lei ricoverata: le hanno dato un anno. Quindi anche i medici non ci mettono nella condizione di guardare molto in là. Si vive giorno per giorno, pensando che adesso sto bene e voglio godermela finché starò bene. Qµando starò male ci penserò. Volevo dire anche che è stato più difficile all'inizio, quando ho avuto la notizia della sieropositività. Ho avuto il rifiuto, ma soprattutto mi ha ferito vedere che le persone con cui vivevo a contatto, i miei amici stretti, sono corsi a fare le analisi e mi portavano i risultati per farmi vedere che loro ne erano fuori. Certo è molto comprensibile, ma io non la vivevo bene. Ilcomportamento della gente che sa è molto vario, chi conosce un minimo la malattia non ha problemi, ma c'è anche chi pensa che se gli stringi la mano lo infetti. lo ali' inizio ho negato la mia condizione anche ad amici a me molto vicini. Alcuni non lo sanno nemmeno ora. Lo possono immaginare, ma lascio loro tutta l'immaginazione. lo da un medico non voglio sentire questi discorsi in cui dichiarano le probabilità di vita in anni della gente. Non me li devono fare questi discorsi. Per me parlare di statistiche ad un individuo è già sbagliato in partenza. Per esempio, tutti dicono che la malattia si sviluppa entro 10 anni dal contatto col virus, ed invece io conosco persone che fortunatamente, dopo IO anni stanno benissimo e non hanno mai avuto nulla. Soprattutto poi, come nel suo caso, te lo vengono a dire quando sei ammalato, in ospedale. Si vive una situazione di estrema sofferenza. Dimmi altre cose, ma parlare di statistiche non mi sembra il caso, perché psicologicamente ti distrugge. Nella mia condizione si pende continuamente dalle labbra dei medici. Quando in televisione danno la notizia di qualche avanzamento nella ricerca, io sono lì che ascolto con la lingua di fuori pensando: "sarà la volta buona?". pendere dalle lal,l,ra dei medici, dal fono cli voce Io credo che il rapporto col medico sia fondamentale. Noi pendiamo dalle labbra dei medici, qualsiasi cosa dicano la si amplia, ci si ripensa, la si soppesa, si analizzano i termini, i toni di voce, si guarda nel l'enciclopedia cosa voglionodi re certe cose, si consultano altri medici. Tu pensi che un sieropositivo non debba parlare al mondo della sua condizione? E' difficile dire cos'è giusto. Io ho fatto questa scelta, ma è la mia scelta. Ciò che è molto importante è avere intorno gente che vive il tuo stesso problema. Questo stimola molto a parlare. Se noi avessimo continuato a vivere nel paese dove ci siamo conosciuti, con quegli amici, avremmo dovuto mantenere il silenzio con tutti e quindi vivere in maniera peggiore di adesso. Poterne parlare/a sicuramente stare meglio. Poi si sceglie a chi dirlo, come parlarne. La gente mi fa molta paura, mi fa paura ciò che pensa, per cui mi trattengo molto. Invece conosco persone che sono molto più libere da questo punto di vista, che ne parlano tranquillamente, ma poi trovano dei muri, dell'emarginazione. Però ne parlano, hanno scelto di farlo. Un mio amico è uscito una sera con tre ragazze. sono stati indiscoteca o non so dove e lui, molto tranquillamente ha detto loro di essere sieropositivo, dopo che si era entrati inargomentoe si parlava del problema. Le tre ragazze non hanno più voluto vederlo. Oppure può capitare che se io bevo un sorso dal bicchiere di una persona, questa non beve piùe si facambiare il bicchiere. Queste cose capitano e a me fanno paura, per cui ho deciso di non pubblicizzarmi più di tanto. Scelgo con chi parlare. -

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