10000 UJ straordinario sviluppo dell'agricoltura degli ultimi due secoli si è attuato secondo meccanismi che, esa/Jando le disuguaglianze originarie esistenti tra i diversi sistemi agrari del mondo, tende allaprogressiva esclusione dellepopolazioni contadine meno dotate di mew. Questa tendenza, oggi accelerata da enormi differenze nei livelli di produttività e dallaprogressiva unificavone dei mercati mondiali, sta costringendo allafame quasi lametà del genere umano. L'umanità sembraoggi aver raggiuntolacapacitàtecnicadi provvedere facilmenteai bisogni alimentaridi tutti i suoicomponenti, tuttavialafamecontinuaadessere un elemento costante del nostro vivere, attualmente infatti essa colpiscealmenolametàdella popolazionemondiale. All'origine di quello che è stato definito come il "disordine alimentaremondiale",vi sono delle eredità agricole molto differenziate tra i paesi industrializzatie quelli in via di sviluppo.Già agli inizi del XIX0 secolo, quando l'epocadellegrandiscopertegeografichesi era praticamenteconclusa e la rivoluzioneindustriale stava realizzandosi nell'Europa nord-occidentale, tali differenze eranogià ampiamentesegnate. A quei tempi l'agricoltura delle regioniche si andavanoindustrializzandoaveva già compiutouna granderivoluzionenel propriosistema di produzione.L'abolizionedei maggesidai ciclicolturalie l'introduzione delle leguminose foraggerenelle rotazioniconsentivano, nelle condizioni migliori, unaproduttivitàdel lavoroagricolo dell'ordine di 100 quintali di cerealeper lavoratoreall'anno. Nessun tipo di agricolturaaveva mai conosciutodei livelli di produttivitàtantoelevati.Rispettoai precedenti, il nuovo sistema permettevaagli agricoltoridi nutrire sulla stessa superficiedi terreno una maggiorequantità di bestiame, le cui deiezioni costituivano un apporto di fertilità che si aggiungeva a quello delle leguminose.Ma lamessainattodi tale sistema,che ancorasi fondava su dei mezzidi produzionerealizzati VS IO in ambito rurale, richiedevacomunque la disponibilità del bestiame,di carri adatti ai trasporti di grandi volumi di foraggio e letame e di strumenti aratori pesanti,cioèunaquantitàdi capitale cui potevanoaccederesolo i contadini e le borghesie agrarie di quei paesi che già avevanoliquidato il poteredelleantichearistocrazie feudali. Mentre il nuovomodo di produzione si diffondeva rapidamente nell'Americadel nord e nelr Australia favorendoanche in queste regionil'accumulazionedel capitale industriale,le altreagricolture del mondo conservavano potenzialitàproduttivemoltopiù limitate.Neicasi migliori,la produttività del lavoro era circa la metà,adesempioper lerisicolture irriguea due raccoltiannualidel1 'Asia dei monsoni;nei casi peggiori era circa un decimo, ad esempio per le agricolture itineranti delle foreste e savane intertropicali. Nonostantele differenze fossero già accentuate, a quesf epoca le agricolture delle diverse regioni del mondo non erano ancora in direttoconfrontotra di loro. I trasporti permettevano infatti lo scambiodi unnumeromoltolimitatodi mercinellegrandidistanze. cosicché i beni alimentari erano per l'essenzialeprodottial massimoa qualchechilometrodai luoghi di consumoed i sistemimeno produttivi, al riparo da qualsiasi concorrenza, continuavanotranquillamente ad esistere. Nella stessa Europa nord-occidentale accantoalle aziendeche erano le megliodotate del mondo in fallo di strutture, convivevano delle realtàagricoleiIcui livellodi produttivitànon si discostavaaffauo da quello dei sistemi agrari intertropicali. Nelcorsodei secoliXJX0 e XX0 , l'industrializzazionedi certe aree delmondohaperòesercitatosulle disuguaglianzeiniziali un effetto moltiplicativo,che si èmanifestato inmanieraesponenzialesoprattutto in questi ultimi decenni. Neipaesisviluppatisi è realizzato ungrandesistemaagro-industriale, incui la divisionedel lavoroè senza precedenti.Essa agisce in senso verticale, con seuori industriali coinvoltia montee a valle del processoproduuivoagricolo: ed insensoorizzontaleali' interno del seuore streuamenteagricolo, conunaspecializzazioneregionaleper tipodi prodottochesfruttai vantaggiderivati dalle differenti vocazioninaturalidegliecosistemi e dalle particolari situazioni socio-economiche. Inoltre lo sviluppodei sistemi di trasporto, di conservazionee di commercializzazioneha contribuitoallacreazionedi unmercato mondialerelativamenteunificato anche per i prodollialimentari,a talpuntoche ilmaggiorcosto,che deriva dal trasferimentodi una merce da un capo alraltro del mondo,di solitononcompensale differenzedi produttivitàesistenti tra i diversi tipi di agricoltura. Lo sviluppoagricolodegli ultimi due secoli può essere cosl interpretato come un doppio movimento;da un lato una straordinaria accumulazionedi capitale di origineextra-agricola(macchine, prodoui chimici,materialibiologiciselezionati,etc...), cuiècorrispostaun'altreuantostraordinaria riduzionedella forza lavoroagricola, dall'altro lato una relativa unificazione internazionale dei mercatidei prodolliagricoli. Il processodi accumulazionedel capitale in agricoltura si è però verificatoin manieramoltodifferenziata, quindi ineguale, tra le diverse regioni del mondo.Quei paesiche per primi hannopotuto industrializzarsilo hanno realizzatoconuncertoanticiporispetto ad altri che hanno intrapreso in ritardol'industrializzazione.Altri paesi infine, quelli che non sono mai stati in grado di industrializzarsie che auualmenteformanoil gruppodei "souosviluppati",non hannomaipotutorealizzarealcuna formadi accumulazionedi capitalee tantomenoinagricoltura. Ne consegueche, rispeuo alla situazionedi due secoli fa, la produuivitàdellavoroagricoloincerti paesisviluppatipuòoggiraggiungere i I0.000 quintali di cereale per lavoratoreali' anno,essaè stata cioè moltiplicataper I 00, mentre nelle regionisottosviluppateè restata quasi inalterata. La grandez1..daelladisuguaglianzai,ncerti casi,èoraall'ordinedi unoamille e, pur ammeuendoche l'agricolturadel primotipodebbaripagare con almenoi due terzidel prodotto l'usodi potentimezzitecnici,lo B1011e0 a G no Bianco UNA SOCIETA' AUTOLIMITATA, A SEMPLICITA' VOLONTARIA intervista a Gianfranco Zavalloni, uno dei fondatori del GRTAdi Cesena ed esperto di "tecnologie appropriate" Il GRTA (Gruppo di Ricerche sulle Tecnologie appropriate) è un'associazione nata agli inizi degli anni '80 con la sigla CIN (Centro d'Informazione Nonviolenta). Un gruppo di persone ha iniziato ad incontrarsi attorno ad un progetto di rivista, "Per dire tra la gente", che affrontava le tematiche dell'obiezione di coscienza, della nonviolenza, dell'educazione alla pace, del volontariato. Nell'arco di questi anni il problema della nonviolenza è stato affrontato non solo dal punto di vista delle questioni militari, ma anche dal punto di vista della nonviolenza nel quotidiano. Anche in risposta alla violenza quotidiana sull'ambiente. Naturale quindi il passaggio alle tematiche ecologiche, con particolare attenzione alla ricerca sulle tecnologie appropriate. Siete partiti da un discorso di non-violenza per arrivare ad occuparvi di ambiente? Sì, in sostanza ci siamo accorti che la violenza che noi subiamo quotidianamente si esprime soprattutto nelle soluzioni che l'uomo si dà per risolvere i propri bisogni. Le tecnologie appropriate mirano a cercare soluzioni non-violente ai bisogni che l'uomo deve soddisfare ogni giorno: il bisogno di mangiare, da cui la scelta di un'alimentazione il più possibile in sintonia con la natura; il bisogno di lavorare i campi per produrre ciò che si mangia, quindi la scelta di un'agricoltura biologica che non violenti la terra; il bisogno dei trasporti, quindi la scelta di mezzi a minor impatto ambientale (ad esempio il nostro impegno a propagandare la bicicletta come mezzo di trasporto a media e breve distanza appropriato all'uomo); il bisogno di vivere in una casa, da cui la scelta di un·edilizia compatibile nei materiali e nei modi di organizzarsi con la natura (architettura bio-ecologica) e così via. Quindi c'è una grossa differenza fra il vostro concetto di tecnologie appropriate e scarto resta enorme: superiorea 300 volte! Se leagricolturedelmondohanno accumulatomezzi di produzione in maniera cosl differenziata, il movimento di unificazione dei mercati le sottoponea regole di scambio e a prezzi sempre più eguali.I prezziinparticolaresono incontinuoribassograzieaglieccezionali incrementidi produttività. che. come si è visto, sono stati realizzatisolo dalle agricolturedi pochipaesi;sonoperòproprio quest"ultimecon le grandi quantitàdi prodottoche riversano sui mercati internazionaliad imporrei lorobassiprezzianchealle agricolturepiù povere. Il grande cereaIicoltore europeo o nordamericano, che dispone dei migliori mezzi e delle migliori tecnologie,ed il contadinodi Sahel, spesso dotato solo di una zappa, sul mercatomondialevendonoil quintale di cereale praticamente allostessoprezzo.Ladifferenzaè che lavorandounannoilprimone produce 10.000quintali e viene ben sovvenzionato per farlo, il secondone produce IO quintalie nongode di alcunaiuto ulteriore. In ultimaanalisi, il doppiomovimentocui si è fattocennosi risolve con un'eccezionale devalorizzazionedel lavorodi quegli agricoltoriche sono i meno produttiviperchémenodotatidimezzi di produzione. Le conseguenze non si limitanoad una semplice differenzadi redditodisponibile. Se il contadinosahelianononè in gradodi sostenereil confrontosul mercatononpuòneppurelimitarsi a produrreesclusivamenteper la propriaautosus-sistenzaa:nch'egli ha infalli bisogno di offrire una mercedi scambioper rinnovarei suoipoverimezzidi produzionee la fertilitàdei suoi terreni. Chi è fuori mercato si trova in breve anche fuori produzione: il contadino saheliano. esaurite le proprierisorse,nonpotràpiùprocurarsi una zappa nuova, né sementi.né fertilizzanti;egli avrà quindi la sceltatramoriredi fame in campagna, o chiedere mezzo chilo di farina al giorno nel più vicino campo profughi, oppure entrare a far partedelle immense folle di disperatiche occupanole bidonvillemetropolitanedel terzo mondo, in attesadi procurarsiun biglietto d'aereo per l'Europa o per gli Stati Uniti. Massimo Canali quello che potremmo chiamare l'ecobusiness, con tecnologie ambientali offerte dagli stessi complessi industriali responsabili dell'inquinamento. Certo, noi stiamo denunciando tutto questo, è il grosso rischio che sta ora correndo l'ecologia. C'è una profonda differenza tra le nostre scelte, che mirano alla riduzione dei bisogni e dei consumi, all'autolimitazione, ad una società a "semplicità volontaria", e quella di chi su questi temi sta facendo affari, offrendo soluzioni che si dichiarano compatibili con l'ecologia, mentre sono in funzione di un alto livello di consumi. La scelta delle fonti energetiche rinnovabili, seè in funzione di un consumo estremo, ha alle spalle la stessa logica della scelta delle fonti non rinnovabili. O c'è una reale tendenza al risparmio, a sacrificare inquesto senso una parte dei nostri consumi, o rischiamo di morire soffocati. In questo senso noi diciamo che le tecnologie appropriate per essere tali devono ri pondere a quattro criteri: un criterio sociale, uno ecologico, uno economico ed uno politico. Se la tecnologia è compatibile solo con la natura, ma economicamente spreca, non è appropriata. Una tecnologia che concentra la decisione nelle mani di pochi e non tende a responsabilizzare tutti, non è appropriata. Pensiamo al problema dei rifiuti: anche se si realizzasse la raccolta differenziata, ma gestita da un sistema centralizzato come le attuali aziende municipali, deresponsabilizzando il cittadino, avremmo una scelta ecologicamente compatibile, ma non una tecnologia appropriata. Per noi le tecnologie appropriate sono strettamente collegate all'assunzione di responsabilità da parte di ognuno nei confronti dei propri gesti: questo è il massimo di democrazia diretta, è l'autogestione della propria vita. Quando iniziamo a delegare la soluzione dei problemi principali agli "esperti" rinunciando alla nostra parte di corresponsabilità, a quel punto non abbiamo più democrazia diretta. Mi pare che voi vi poniate tra la cultura della assoggettazione alla natura, di tipo orientale, e la cultura dell'uomo scientifico. Qui ci sarebbe da fare una riflessione interessante per tutti sul concetto di scienza, considerata come realtà mitologica cui solo alcuni eletti possono accedere; esiste invece un concetto di scienza popolare che è il risultato di una sperimentazione quotidiana, come per esempio nel settore agricolo. L'uomo deve essere consapevole del fatto che le sue scelte di sopravvivenza, spesso in contrasto con la selezione naturale, indeboliscono la specie. Però il concetto di una razza pura, selezionata, ha molte voite portato al la degenerazione in dittature che volevano eliminare i diversi e i portatori di svantaggi. Noi siamo per la convivenza delle diversità, dove anche chi ha degli svantaggi ha un ruolo decisivo come in un ecosistema naturale. Potresti darci qualche esempio di applicazione delle tecnologie appropriate? Quando si parla di tecnologie appropriate prima di tutto ci si riferisce agli ambiti fondamentali dei bisogni umani: dove abitare, come vestire, mangiare, comunicare, spostarsi ... Sicuramente l'agricoltura è quella che più di altri, insieme all'abitare, ha dimostrato storicamente come ogni altra realtà locale abbia acquisito conoscenze e soluzioni particolari. Io ho avuto esperienze anche fuori d'Italia: in Perù, dove la realtà agricola si sviluppa da O a 4.000 metri di altitudine, il cosiddetto piano ecologico prevede particolari tipi di prodotti garantiti dal- !' ecosistema esistente. Storicamente vi sono poi state zone che hanno sviluppato i loro prodotti tipici facendone delle specializzazioni (il grano nei paesi del Mediterraneo, i pomodori nel Centroamerica, le patate nelle Ande); la violenza della tecnologia e dell' agricoltura moderna è stata quella di voler portare gli stessi tipi di sementi in tutto il mondo senza tener conto della selezione naturale che il tempo, le condizioni atmosferiche e ambientali avevano permesso nelle diverse zone. Questa omogeneizzazione sta creando uno dei problemi più grossi, quello della deriva genetica in campo agricolo. Ci sono poi le conoscenze che la moderna scienza agricola ha voluto disconoscere o far passare come credenze arretrate (come l'uso dei cicli lunari), mentre oggi scopriamo che dietro quelle tradizioni che la gente si tramandava c'erano conoscenze scientifiche non definite ma basate sul- !' esperienza. Svi Iuppare tecnologie appropriate in questi settori vuol dire riconoscere questa varietà, questa diversità, questa ricchezza di esperienza popolare oggi riconosciuta anche dalla ricerca scientifica. Per quanto riguarda l'abitare, parlare di tecnologie appropriate vuol dire valorizzare i materiali naturali da costruzione; oggi si è livellato tutto col cemento armato, indipendentemente dalla località dove si vive, mentre nelle nostre valli alpine si costruiva con la pietra e il legno, materiali caldi d'inverno e freschi d'estate, e al mare con altri materiali sempre compatibili con il clima. Oggi occorre adattare le moderne conoscenza scientifiche alla tradizione, per vivere meglio senza violentare l'ambiente. Non ci piace l'idea che si debbano accettare tecnologie che abbiano come condizione il sacrificio di vite umane; non si può parlare di costo del progresso a proposito delle I0.000/ 15.000 vite che si sacrificano ogni anno sulle strade italiane, come se il progresso fosse una moderna divinità che esige il sacrificio annuale di tante persone. Crediamo invece che sia compatibile un uso diverso dei trasporti, del modo di spostarsi. Se il problema di fatto è dato dall'eccessiva velocità dei mezzi. si può scegliere una società a bassa velocità di spostamento. Se noi volessimo far muovere tutte le persone di questo pianeta alla stessa velocità con cui noi ci muoviamo, non avremmo carburante né mezzi sufficienti per tutti. Di qui nasce l'ingiustizia fra noi e il Teno Mondo. A proposito, ho letto nella vostra rivista che, se smettessimo di aiutare questi paesi, forse loro se la caverebbero meglio. Sl, anche perché il nostro aiuto molte volte è condizionato ai loro contributi, vale a dire che ce lo pagano; a parte che spesso la cooperazione allo sviluppo serve a finanziare imprese italiane che poi mandano giù, comeècapitatocol Fondo Aiuti Italiani (il famoso FAI), grossi macchinari semplicemente ricolorati che non funzionavano più, pagati dal Ministero. Allora ci accorgiamo che non sono finanziati i progetti di sviluppo a livello locale per i bisogni essenziali, ma i nostri progetti di sviluppo in quelle realtà. Non a caso, oggi che si sono aperte le frontiere con l'Est europeo, il Ministero Affari Esteri finanzia l'invasione di questi mercati, nuova occasione di consumi, cosa che non è riuscita dopo 40 anni di cooperazione con il Sud del mondo. La miglior tecnologia è quella che nasce sul luogo, pur dall'incontro con altre realtà, ma che viene portata avanti da chi vive sul posto. Fare esportazione di tecnologie, anche se appropriate, è spesso fare una violenza culturale. Alcuni amici salvadoregni di un centro sulle tecnologie appropriate di El Salvador ci hanno proposto di diffondere nel loro paese una tecnologia da noi già sviluppata (quella della bicicletta), inviando persone per dare una mano, soldi per comprare pezzi di ricambio, ma poi hanno voluto costruire da soli le loro biciclette specifiche per le loro realtà e le loro strade, hanno voluto dei tricicli utili per il trasporto. E' stata quindi una scelta di aiutare una realtà a far da sola, a sviluppare da sola le proprie tecnologie, non di esportare 3.000 biciclette, che dopo tre o cinque anni non sono più riparabili, perché non c'è un tecnico capace sul posto. Pensiamo ad esempio alla bellezza di certi mobili delle case contadine, che negli anni '60 sono stati svenduti e sostituiti con la fòrmica, per la gioia poi di molti restauratori e speculatori.. E' unmessaggio passato a tutti i livelli, nel far sentire le persone culturalmente inferiori (vedi il discorso del dialetto). Ivan Illich nella "Convivialità" dice che abbiamo bisogno di riscoprire le tecnologie vernacolari, locali, della casa, perché è lì che c'è stato il più grosso sradicamento. Non a caso certi processi stanno avvenendo in questi anni: io mi sono trovato con una famiglia in campagna, dove vivo tuttora, a fare una battaglia contro il sacco della spazzatura; il Comune credo che abbia finanziamenti se aumenta il suo tipo di servizio, e induce le persone a produrre spazzatura anche in campagna, dove non l'avevano mai prodotta, perché c'era una selezione naturale, il letamaio etc ... Questo è un processo recente di sradicamento rispetto alla responsabilità che tutti avevano in campagna a gestire il problema dei rifiuti. Il discorso che voi fate non è recepito dalla politica. Non a caso la difficoltà per la politica di accettare queste idee nasce in tutti i mondi, perché il nostroè un discorso trasversale. Da parte della destra e della sinistra non c'è stata differenza di approccio rispetto a queste problematiche che vanno oltre tale logica, e spesso anche la collocazione. Il deturpamento dell'ambiente è venuto sia dalla destra che dalla sinistra, ma anche dal punto di vista dei mondi cosiddetti diversi ocomunqueche avevano una loro dignità (per es. il mondo degli zingari, dei nomadi) sia la destra che la sinistra si sono comportate alla stessa maniera. E' proprio una visione polarizzata, quella politica, che spesso è inconciliabile con questi sistemi. D'altronde, come dice Aldo Sacchetti, l'ambiente ha delle leggi che vanno al di là della politica: o si rispettano o non si rispettano. a cura di Graziano Fabro UNA CITTA' 7
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