ALDILA' DIUNA FOLLADI GENTE••• Andrea Brigliadori ricorda Don Francesco Ricci "En casde malheur". Lo disse a voce alta, ma più a sé che a me; e si infilò la carta d' identità nel taschino alto della camicia a cacchi. Ai piedi della via normale alla cima grande di Lavaredo. Nel l'estate, mi pare, del 1961. Chiuse la ·'vespa" e i avviò a lunghi pa si verso l'alto, di là dal ghiaione dove gli altri lo aspettavanogià alla base della parete. lo non salii con loro. Ricordo un interminabile pomeriggio d'attesa su e giù per i sentieri dei rifugi, dati' Auronzo, al Lavaredo. al Locatelli. Vennero il buio e la nebbia e loro non cendevano. Avvertii qualcuno al rifugio. Poi le voci, ormai vicine, ma chi sàdove. Riseapertoeamichevole della mia ansia. ***** La notte, sui prati intorno alla casadi Palù SanMarco, guardavamo il cielo e parlavamo dell'e istenza di Dio. Del enso di pieno o di vuoto che il cielo può dare. ***** Qualche volta se neandava da solo, con la corda a tracolla, a scalare pareti lì intorno. Sapeva di rischiare, ma a chi glielo dicesse ne rideva. Aveva un senso calmo e "normale" del pericolo e della morte. Talvolta arrampicava in compagnia di un altro prete, piccolo e forte, più bravo di lui nell'alpinismo. Ma non ne ricordo il nome. ***** Lo chiamavano "don chilometro" per quella suaaltezzasmisurata e magrissima. Ma non mi piaceva, mi pareva banale. Lo chiamavano "Cisco". Ma non mi piaceva, mi pareva artificioso estonato.Avrei voi uto chiamarlo Francesco, ma non riuscii mai a separare il suo nome da quel "don" che lo accompagnava. Una volta mi regalò una figura stilizzata di prete in metallo nero, alta e sottile, una caricatura di prete. Ma era, ridendo, lui; e la posseggo ancora. ***** In Campigna, allo "Scoiattolo'', dove lui radunava ogni anno i suoi ragazzi di "G ioventù Studentesca", i giessini appunto. D'inverno era bellissimo. Credo che il suo "movimento" sia nato lassù, più che nelle sedi forlivesi. [o non ero dei loro, ma ero suo amico. Non ero nemmeno cattolico, e I lui lo sapeva. Ma quando andavo a trovarlo lassù mi chiedevadi leggereai uoi studenti le poesie di Eliot. I Cori della Rocca. Tutti ancora a tavola, dopo il pranzo o lacena.C'erano anche canzoni e chitarre, e un gran stare insieme tra loro che mi dava un po' invidia e malinconia. Una volta che tutti insieme cantavano cori e canzoni, gli dissi: in questo momento sono tutti innamorati. Mi guardò ridendo. Era felice anche nelle lenti degli occhiali. Ma forse non pensavamo la tessacosa. Ragazzi e ragazze in ieme, non s'era mai visto. Fu uno dei suoi scandali vittoriosi. ***** fn quegli anni, tra la fine dei Cinquanta e i primi Sessanta, nella sedegiessina di Forlì gli studenti passavanole giornate intere. C'era molto da fare e c'era molta amicizia. Facevano la fila alla porta di una stanzaper parlare con lui. Sentivano quasi la gioia e l'orgoglio della sua confidenza, del loro raccontarsi in privato. Qualcosa a mezzo tra la confessione e l"amicizia. Lui aveva un modo intenso di ascoltare, coi grossi occhi dilatati al di sopra degli occhiali che poi di colpo rincalzava col dito in cima al naso.Ecosì, fortemente amico maanchefortemente prete,era capacedi dire cosetremendea giovani che pur di quella durezza i nutrivano. ***** Qualcuno, talvolta dei migliori, se ne andava. E le rotture erano implacabili, pas ionali, drammatiche. Lui ne soffriva come di una ferita umana. Ed era, in lui e in loro, il segno ultimo di quella intransigenza di costumi e di ideeche rendeva in realtà estremamente chiusa la vita interna di un gruppo pur estremamente aperto. ***** Appoggiava con incuria la biciclelta ad un qualunque muro di una strada qualunque di Forlì. E si andava a piedi su e giù per tutte le ore della none a discutere di ogni cosa.In quelle ore nollurne gli amici più personali erano testimoni dei suoi umori più interni, umori forti di volontà e tensione, di amore e rancore, di tristezza e di sfida. Talvolta di vera rabbia. Mi capitò di sentirlo imprecare, con violenza quasi blasfema, contro coloro che, nella sua chiesa, non intendevano quel "nuovo" di cui s'era fatto portatore. Lo avrei capito dopo: non portatore, ma piuttosto guerriero, crociato, combattente. Uomo e pretedi punti estremi, sempre. ***** Nella saletta dei Cappuccinini organizzò il cineforum. Lo tenne come co a sua, e fu merito interamente uo, eper Forlì tutto nuovo. Dai programmi al dibaltito, era il cineforum di don Ricci. Bergman, Eisenstein, io li conobbi lì. Econ me, credo, tutti gli altri. Lo aiutavo a preparare le schede di presentazione. Sceglieva registi forti per provocare dibaltiti forti. Non era, non volle mai esserein senso proprio un intelleuuale. La cultura gli valeva per altro, o non valeva. Riempiva lesaledel cinema; la gente, gli "intellelluali" di allora discutevano con pas ione mai vista. E lui li '"stanava·•,li "comprometteva" suquei temi che soli gli premevano: l'uomo, il suosenso,il suomistero, il suodestino. Avrebbe poi fatto sempre così con tutti, a prezzo di incontri e di scontri, di abbracci e di pugni. ***** Nella vecchia tipografia di Angiolino Raffaelli, minuscolo e frenetico, in '•Piazza del Vescovo". Facevamo insieme il "Termometro", il "giornale degli studenti di Forlì", di cui conservo numeri dal 1956 al 1962.I piombi, i corpi, i caratteri, la composizione, l' impaginazione, la linotype. Imparai lì tutto con lui. Certe mattine fredded'inverno, anchecon la febbre. Per un giovane prete e uno studente non c'erano orari. Ma pochecoseho poi amato come quelle ore scure della tipografia. Si veniva via felici di quell'odore di piombo e di inchiostro. Le mani nere, i grembiuli neri, le lenti spe se dei tipografi. Credo che don Francesco abbia poi sempre molto amato il giornalismo. ***** "Il termometro" eradi tulti edi nessuno.Lo facevachi ci scriveva,almeno in principio, senza troppe distinzioni di parte. Che vennero dopo, e quando vennerofurono forti. Un elenco a caso di collaboratori per un numero del 1958: Romano Baccarini, Eugenio Barbieri, Maria Angela Bolognesi, Andrea Brigliadori, Gino Del Zozzo, Valerio Fra ca,Tonino Fusconi, Luciana Pepa, Pino Reggiani, Francesco Ricci, Roberto Ruffilli, Valerio Varoli. E ricordo ToninoSetola,e altri. Ciascuno, credo. aveva del giornale un'idea propria, sulla propria misura (per me, per esempio, la vanità ventenne di scrivere). Ma don Ricci imbastivadi numero in numero certe sue idee, sulla scuola, la società, lachiesa, la politica, la cultura, di cui allora poco for e ci si curava,machesi sarebbero LAVERITA' NELLALIBERTA' Otre c:b,e la Scuola r,oa 6 ptC. u~ ai tonnare e ol tauc;.are e ~t-nlf' (adJe ed ~ lUI.MDIDlf' auptt{ICl&.le, quaado nc,o 11 ntiC1 Ml IJ.l(ltt U&I .c,U, \O ricok> ciKO delle imJIQRI• doa.i a\1\1\tW'"llh e bw-ocnbcbl: \a.po CaJopro o upo &tva,°"1.- lL PN"tM U vero proolcma dciii.a llt'UOl& noa ._ cune alcwù ln• tcllt<t..U-dlordloe oqa.AlD&tlvo-lOl,llUCO• Da'PP\lore di ordule econOOU~ m.1 6 tau.o di co,.twnc, • ai.ata.U di proloodo e aec10 rillftOVIIMnto tdooloclco• di più ...,,..... ln>- pcltt.Uaon.t prorrammallca. 1e\&11Joat. ù tutto pero Lo un cuma 01 ttnna t"O ooo,~tuva YIJUl&UOO(', e.ne GOO puo ~ re nei a,prauu..oot:, ne am~- aocw l4c:v~ ~o -, 1,1un,e al punto di bocci.are oca ~v•r:u ao un 66mct ci1 ,a'° Moli.O percne 1vr~► no ""re.e• lON au ~ o tu lJalUA.!'~ coe la pt0lha«8W, YCCUU. o& ~ 00ft COOOlV\oeva. e cruaro CM a .. trOYa cli tr•onu., aa un vrto e prwno ,opn,.t0. Jr.. W<l1 cuo. tra propt.o '-lU ai caueu• u:u,epa,nu coc ptu lbraatano t lflo.aAO per wi.a m~or 1ll1Xf'a.unu,ooe CUJt.un~t• Auto cbt Ulx.111di hutao•· mento! t. poi pttthà ncm d deve- •· vcn U d1r1tto di po\tt'Rnt andue aUo ltucml 41 f1101oha. dt "-Orla e di nooM'rla <kl profeaoc-t le t'ul iOff n IOM pio vic:me! GIORNALE !DEGLI f STUDENTDII FORU' R.doalon• • Affinllnhu-oaJone Vlo CMOH AJbkinl n S UNA COPIA LIRE 20 Anno lii N 5 No, .. b,• 1956 LI IC\IOt.a oon devC!. ccme &lutWn<Ote dltt U PN>l Medi, «iD:Rpa.re quesu o qutU. CCN. 1n.1 oeve 1Dlep&re e.une al impara. come Il MC,&e, come » vlv.: CD\nl.Jre la v1\.a nel fucino della Vfflt.b; Q\K'UO al dJ là di .. al poold- 1-. al dl ...,,. di asn1 divisi.,.. polr lic:a.• e ditv• riff.anCN I\Ln.lea e vora mbaom della a:uola. Qu.ale lt"QCI ~e ad un r..-,uo cattolico di e:Ntte ~ areno ad annotam alle lu.lo,u dJ filoaofia d1 un prof~ man:l.lta o Uberde'" Ungh«11rlo troglco re~~ i.on.:::.: r"'~ mtCltal• e oon• dcl.e:rmlnan\e aJ ftnJ C'\lhW'all che la INOla deve -- al ...... "' powi<,n, ffl.lift, W noi non pcai.amO E cb.l pUO obbtieart un ral&DO libtrak a Nblra lc lntcrprcta.ùonl mannAe di un profffliOl"e untctUcttual.e di dnl• tt.ra•. a Impararle sup(nunau.e a mt1norla. ttnu ~bllh.à di dacut.erle criucamt-nte! L' I 1V IJ I Il I Z Z O DE LL'A ,J/ JJULA1'0/l IO acte't1&r'e. CUlvtntJ che IOOOcui, tura non I• aule-, M le btbll<;U-, c:bt, pttCb6 la Ytta c:-ultura é ndl'uomo. ffie ha lndotto e "1· vi11c:ato &Il C!ltrnentl Htc!liei, n. looolld, t«nld e m«all; odi p-..6 NRre bart,,,.n In mezzo • maamRd mcmwne:ali e a "°" chlal.me telo. La IClUola ~e lA,tt:nard • YtWCT a6 c:M d ptntn\a, dcrn dOCWM:nt.ard le vffitl che d 1.n.wtna. perche .alo in quett.o ::!°w ai ~tr:o!•~/~~~: zk>n• o f•rnlll)ON elt:ncaDOnt" d:t formulctu, dJ dau, di ooz». nJ •aate r ~ .rruo. SI cbledt pi~ ampia lib<r\l ~":~:~o :.~1: ~ e~; d6 noa aotti.ntt-nda Il po\ff ft. re con maaator d1.t1nvohura t" con minor rlK:hlo 11 •contnbbandoot dtll.e ldtt t M1 f1tll storia, pe~ \n q LM-'10 CAJO non si hl Il dlrhto di f'Mt'tt •· xohatl.. SI, caro ptolt"stOrt" di rilOIOfta o di Italiano. noi aia• mo ptt Il nJl)t'UO dtllt' ldct-, si.amo ~r u.n1 p1U unpl1 diPt1' quale raa.on« debbo da• ,.* Napoltont e un arande uomo e Olullano un aM,US\nO. forse ptrd~ Napolf'One ha UC'C"I• to ml1llala di uom1nl In plu del bandito 1kiliano• Perche dt'bbo aatrvt>llarm1 ad 1mp1rnt> un rne1odo d1 1t- &inn1Jone In p,,rttu doppia. che 11 J)f'atlra l'\On ttauc- e cM la tdt-nu ha onn1l dlmOflrato '1,allal0 9 '.' Sono dorn.anM a c-u1 vorttm• mo foia.e data una ru.~u ttr('o na e- deflnhl\'I alla lu<T d,•lla no.tra 11orul d1 lt-rl t' ddla rron1ca t-ur<,sx• d1 O{tll, p(·rC'hl ~ lo In quoto modo. t1i1<·ntndo e<into c:1~ d,•1 dato d1 r.. no rundamrntalc rh\.• la hbnt.l n<m pU.:1~rf' J.sg1un1i. ru d.;11lla R1\b\1t.ia né dalla vc-nUI l'I P,. tr.l, rarl" ciuale'OWI clM> Wll'<I mul• to di pm l' d1 mt"1illo d1 un:1 1t:mpll« ntironru.auooc o di un •C'ambio d!'ll.l ..:uard10• HO.\IASO SACCARI.\/ Il n,pcuo 1 "''° 1 •1'JH'"°" I urt do1'fl'f' M.: tlu d1 nOI "t"' ha ccrco10, ol"''"o a;110 rolla di farla /rOIICO ("()Il I V"VP" Jlrf» /H,on 1 Palhnr d1 ,•arra, cft)4"> gr'-tUI, t,ouaulir Noan1h. rnaucn quoLcM ,i.utou1,111m, P'.11.1.:wr,.a., i., maro/011('. rb""'lk' ,, la lur\J wuenld. la foro all<'llllOnf' t tlGhl, wn p(I da IIIICI. "'"'° ~·on C'f" ,,~ obb101.o , J)'l'(lf,•uori n• tOrlOU." dl'lO ('h~ ,,. no,I'°'' ,,iJ,a• no,., al ro,dl('f' 11,•lla -.·"ohi 11011 tOIUJ lr,·1tt' "'" ('UI JIIHf' ri, V- 'lw«lr.Q c-h~ t• ,1ur1µ,1u t11,,1 fard n,ptcta,.-. 1tttpnJ11·<1do,i nn lii loro (V'"llfll\.-Ollt'O ti)'- ,l le> rù o.,,..,.,frnlf' M11 u, 111 l,u ,.., ddFa 1111,,1f1l C'llld 1•1 C' •01 JJTC,l,·u,ir1• I hl'. I"''' W'II.I 1n,1,· lllfl'rl', la IUJII ,. 111 gr1.o1li, 0111u1111,1 d •ar,1 ra,,..·r 1u,,· ,,,-,,,.d11•u·1,, 1 ••··••• l•t u11111 r-o , ,~,.,, dl'llt: ,l,u•• :n ,. ddlu ,,,,,u,,.11,1 1o•11i•,u 11,1 , d1 """ ·,1,••m J1•t'-lt• 11, ,..., hl,,.,, •• ,.,,o, lii I' "' I f ,·,J ,, n, u•,1lofu ,f. n1jl""ll•1 ,h ,11 1r, -,11,.,. .\fu o1, ,,.,, •'.1, tr, Il ,·11, ,•1·1d, 1Hr••i, riti' dt(l'lhll'<J 1ft d .,,,,hl. •·· " apvroj,UOllO t h:•. Q·"UI ,.,t ('(H'IIXtrtur,,t'• IO !1.QJI• , .•,•1"'1" dt.,urit• /1- JUt' /1·:,01;1 Cc>(f.-.,1'", "" .. o t,uon n11·,,-c1c, 11,, !l()r.o rifr,i•,ll ,aua::i ,to1011 dt , .. 11,:1!:l:10. dt rdu,-0::01,.- da l"'h /~'1t'K.G ,· ,~Ju.•, I" l'Jl<"lll """' ,.,tJI "'"1,1 ,.d JJOr!tl"'h•H• rtrl "'t"AIO nr/la J>1JrC1l0cli.a Jl'(>- r"G d('1 /Offl ,i d:mo.frcz111.1 Jll''r. ,,rnfuo,1. rc,lgar1. C't.,dard1 ,\un pc,.ur.no rutrt a/tr1n,,,n1 ,,..,. 1.1r 11011, pu,, ou1r,, ,,,1•,,· ,,., ou•..,,.,o u- "''"' " 1,ou,,.,t,· ,,. """''° ,..,.111111,t ('hr I J-'°'"tJ "' prr lo·•r. ,te-.,, duu,,h, d ,- ranlo• lr f,·:·,11, d1 "" J"O/t·u,► ,,. .J1r ,. a,..,,atn 11..iia ,.,:o aua tr,fi•.'/1~•·••.U,. ,1, /t.. i~u,•, ,11• p,·r l,i ,,u •1111, ,, I'! UI •lh , ,1:1 •i, ,._,t,·u•rn ,.,,,. .,.,.,,t., la i,111 ir rr. "'''"' •,,,,., ., 111"1, Fui, ,,,. .• ,11 tJ ,. ►,, .,. , ... , tu ,,, 1,~3••u rfl~ •. ,, t·por•.;1·11·'lf•, 11· F1· ,.,,, I r ,, .. ,, .. , Il• di ,r,u.., lur,1 ,,, .... •'"' , 1 ,·,,., .. d, 1:,1 H, ,, ,1,1 ., •1, , 11 ,·, lu,..h11 1 ,,.,, .. .., ,I, : 1'·11.- S1:~ ,,,,.:1/,• d,·I 1-1 l'r,lft ,u I' ,,..u, \, ,.,011 C"t 10.,l,Jt,O V11LtRIO Novembre 56. E' il n.5 del "il Termometro", "giomale degli studenti di Forlì", promosso da don Francesco Ricci. L'artico/o di fondo, sulla scuola, è finnato da Romano Baccarini. La foto è su/l'Ungheria. A sinistra. Don Francesco in una foto del novembre 61. fatte sentire forti dopo, negli anni degli schieramenti, dei confronti edegli scontri. Scorrendooraquestepaginelontane di un vecchio giornale di studenti, le ritrovo tutte. ***** Sapevaesseregenti le.Quando gli mandai da Bologna, dove facevo lo studente, un articolo troppo lungo su Anna Frank, avrebbe potuto tagliarlo di sua mano. Ebbe invece la pazienza di ri pedirmelo, perchè lo facessi io stesso. ***** Sapevaesserecoraggioso. Una eradei primi anni sessanta, nella Salella della Provincia in via Miller, dopo il "Galileo" di Brecht fatto dal Teatro Minimo. Si alzò da olo davanti a una plateaostile, laica e anticlericale. Sbatté il libro di Brecht sul tavolo echiesequasi urlando seeradecente rappresentaredella "roba" co ì. Assurdo, ma coraggioso. La parola "roba" gli piaceva molto. La usava spessoe per tutto. ***** Il Sessantotto ci divise. Una mattina, al bar, per caso, prendendo insieme un caffè. Parlammo di tudenti, di movimento, di contestazione. D'improvviso gettò il cucchiaino sul banco: "A questo punto non abbiamo più niente da dirci". E se andò. ***** Non lo rividi qua i più. Negli anni settantatutto ci allontanò: la politica, la scuola, il movimento studentesco, comunionee liberazione, il clima di un decennio. Eravamo l'uno per l'altro la sommadi tutto quello che non si doveva essere. Al liceo scientifico gli feci un volantino contro. Ma lo risentivo nei miei-suoi studenti, nei miei colleghi suoi collaboratori: la suacalata di voce, il suo timbro, i suoi tic verbali. Sapeva imprimere in tutti lo stigma della sua persona. Parlavo a loro perché lui sentisse. Ho continuato a pensarlo sempre. Tra noi si erano rotte le cose; non, credo, l'amicizia. Forse. ***** Della suavita di dopo, i viaggi, la malattia, l'accento sempre più alto e imperativo del suo impegno cattolico, seppi ogni tanto da amici comuni. Lo incontrai una volta, in mezzo ad altri. Ci demmo forte e a lungo la mano, che non finiva mai. Ma non eravamo più négiovani né liberi. ***** Ho pensato e rinviato tanto a lungo di andarlo a trovare in ospedale,cheora non ci vedremo davvero mai più. A meno che. En cas de bonheur. Ma non ci credo. ***** Nella chiesa di san Filippo, la sera prima del suo funerale, vidi la cassachiara in cui era rinchiuso. Lontanissima, al di làdi unagran folla di genteche lui conosceva e io no. BOB DYLAN fondo. Perchè uno che sente il suo tempo più di ogni altro fino adessereconsiderato profeta è lo stesso che fugge da questo sentendosi infilzato come la farfalla dallo spillone. Bob Dylan parla di sè, di questioni senza tempo che si incrociano con un tempo preciso. Ed è un tempo pieno di eventi. Senti che la cosa ti riguarda. Individualmente prima ancora che collettivamenle.Allora è questovissulosenso dell'ambiguità che entra nella bellezza del canto egli da la forza di attraversare l'oceano ed entrare nelle vite di tanti altri. E dentro la storia degli anni '60. in campagna, l'impegno sull'ebraismo, i concerti, la musica per la musica. Bob Dylan non muore suicida, né per droga, né per assassiniocome Jim Morrison, o Jimy Hendrix, o John Lennon. Non muore proprio perchè ha un incidente "mortale" che usa per scappare via fuori da un tempo e un luogo precisi, ma dentro le contraddizioni, fuori dal tempo, dell'esistenza.E rinasce da unaltrapane,suun'altrastrada, con un'altra faccia e, persino, un'altra voce. Come era accaduto pochi anni prima quando Robert Zimmerman era morto per rinascere con un altro nome e non ce110per seguire un'usanza di nomi d'arte che, fra l'altro, fra i folksingers di allora non c'era. li fantasma della li berta resta inarrivabile. L'ultima. trofa di unacanzone d'amore, lenta e lunghissima dice: "Ah i miei amici/ dalle loro prigioni/ mi chiedono/ come è bello come è bello/ sentirsi liberi/ ed io rispondo loro misteriosamente/ sono forse liberi gli uccelli/ dalle catene del cielo." Appena arrivato per la tournèe italiana, Bob Dylan è sparito, nessuno sapeva dove fosse. Dicono che così fa spesso.Arrivato in una ciltà se ne va in girodasoloaguardar i intorno senza dire niente a nessuno. Così può capitare di incontrarlo al bar dell'angolo e avresti l'occasione di salutarlo e dirgli: "lo saichemollodi quello che penso e sono è dipeso da te?". Ma seci pensi un po' non sarebbe una buona idea. Saresti solo uno dei tanti impiccioni da cui scappare, a cui dire addio. " ...in a/Ire città è curioso sapere che gente che non si conosce crede di conoscerti. Voglio dire, credono di sapere qualcosa di noi ... Così mi ritiro." (daun'intervistadel '64). E poi, in realtà, da lui non è dipeso proprio niente. E' solo andato in giro con le orecchie aperte sugli anni che stava vivendo, sul cambiamento che c'era e su se stesso.Ha serino ecantato quello che tu già sentivi senza saperlo. Capita di chiedersi perchè, da giovanissimi, ascolti una cant,Qne, magari non ne capisci il testo, ma senti che è la tua. E ti viene da cercare in quella dire;;ione. Bob Dylan passala vita a scapCQ pare e contemporaneamente a conceder i. Scappadalla canzone folk che l'ha creato e che ha rinnovato; scappadal "movimento"; scappadalle donne che ama. Scappacosì disperatamen te da trasformare in "mortale" un incidente in moto che, se non ci fosse stato, avrebbedovuto inventare. " ... Qui giaceBobDylan:uccisodaun rifiwato Edipo/ che cambiò/ bandiera/ per indagare su un fantasma/ e scoprì che/ anche il fantasma/ era qualcosa di più di 1.111paersona" (da un epitaffio inserito i11 "Tarantula" libro scri110 nel '66 poco prima dell'incidente). E si concede. Non con interviste che da raramente, ma con i concerti e le canzoni in cui comunica l'intensità delle sue esperienze. Il fantasma della libertà, vero unico filo che unisce tutte le rotture della suaproduzione, è sempre inseguito e mai raggiunto. E a volte bisogna dire addio e ricominciare da un'altra parte. Addio al movimento (buono e ca11ivo/questi tennini li definivo/ in modo chiaro senza dubbi 1101s1o come/ ah ma ero molto pilÌ vecchio allora/ sono 1110/10 pilÌ giovane adesso.). Agli amici (... è per me e per i miei amici che le mie ca1r::,011siono cantate/ ma il tempo non è molto e se è dal tempo che dipendi/ e nessuna parola è posseduta/ da 111a1mico speciale/ e sebbene il filo sia tagliato/ non è ancora proprio la fine/ dirò soltanto addio finchè non ci riincontrere1110). Addio alla donna amata. Dylanamaappassionatamentesolo ledonnechesenevanno o quelle ormai irraggiungibili, perdute per sempre. Sono loro i possibili amori di una vita, le occasioni sfuggite. Le altre, quelle che ci sono, sono da mandare via (non sono io l'uomo che vuoi bambinai io ti deluderò solta1110/tu dici che cerchi qualcuno che prome11a di non lasciarti mail qualcuno che chiuda i suoi occhi per te/ qualc11110che chiuda il suo cuore ...ma non sono io.) o da cui fuggire ( le avrei dato il mio cuore/ ma lei voleva la mia animai ma 11011pensarci/ va 11111b0ene ... arrivederci è una parola troppo bella/così ti dirò se111plice111e11a1dedio.). C'è da chiedersi perché uno che ammette il fallimento di una ricerca abbandonandouno spazio non appena l'ha conquistato ne diventa però l'interprete più autentico e pro- "Blowing in the Wind" è una canzone tutto sommato dubbiosa e meno combattiva sia nel testo che nell'armonia (tante domande e la risposta che soffia nel vento) di "The times they are a-changing" in séun vero e proprio manifesto della certezza del nuovo ordine di un"intera generazione ("l'ordine sta rapidamente scomparendo e il primo di adesso sarà l'ultimo domani/ perchè i tempi stanno cambiando). Ma è "Blowing in the Wind" che è diventato un inno univer aie.Poi il percorso della vita è quello "normale": la folk music, la can;;one di protesta, la moglie, i figli, la casa Così se incontrerai Bob Dylan al bar dell'angolo non dirgli niente. E' un omaggio al suo modo straordinario di essere uno qualunque. Fausto Fabbri UNA CITTA' 11
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