intervista a don Francesco Ricci ACCHE' FALLI In prima battuta, posso dire di questa che hai chiamato ·'avventura'·, che è stata una bellissima avventura. Sono contento. on so quanto mi resta da vivere. non lo so. Ma in qualsiasi momento si facesse punto. quello che ho vi suto, 60 anni, 6 I anni. è stato per mc un qualcosa di umanamente affascinante. Con alcune caratteri tiche che si possono riassumere così. Un gran gioco dcli' imprevisto, l'accadere sempre di qualcosa di non programmato, di non teorizzato. Trovarsi di fronte a delle circostanze che di volta in volta provocavano dei salti qualitativi, dei mutamenti di rotta. Il tutto caratterizzato da una grande intensità umana e il fatto di averla vissuta come prete non ha ridotto qucst' intensità, anzi, gli ha dato una profondità e anche una dimensione concreta molto grandi. Una cosa di cui sono molto grato e stupito. Anche perchè, ripeto. non c'era nulla di programmato, neppure di farmi prete. C'è chi comincia a 6 anni a pen are di farsi prete, io ho deciso in un mese dopo l'esame di maturità e i miei compagni. a sentire "Ricci prete", caddero tutti dalle nuvole. Questo è il primo dato. Quali sono state le date di questo imprevisto? Tutto è stato preceduto da un segnale che solo in seguito ho compreso. La morte di mio padre durante la guerra. Avevo I I anni. E la morte di mio padre mi permise di stare dentro la realtà della guerra. qui. sul terreno, una guerra d'invasione. unaguerra civile. La morte di mio padre venne a darmi una luce di intclligcnza. di questatragedia. E fu per mc una conferma della fede. Edopo tanti anni, adesso, sono arrivato a considerare la morte di mio padre come il vero sacramento della confermazione, la cresima della mia vita. E questo ha avuto una serie di effetti ininterrotti. sempre la fede è rimasta il punto fondamentale. una fede che non ha vacillato. E questo ritengo di doverlo a questo avvenimento. non a un esercizio intellettuale, a un convincimento logico, no no. Ad un avvenimento, ad un crlebnis come dicono i tedeschi. La seconda data è quella lì, dopo il liceo. Potevo scegliere tutto e mi assillava questadomanda, ma val la pena far l'avvocato o il medico? Avevo una personalità abbastanza estroversa, potevo far molte cose... e mi brillò quest' immagine, che l'unica cosa a cui valeva la penadedicare la propria vita, visto che uno ne ha una sola. era quella di servire Gesù Cristo nel suo servizio agli uomini. Ho concepito così la mia vocazione. A fare da "trattino d'unione". Tra la realtà di Gesù Cristo che mi aveva affascinato e la gente. amici e giovani che conoscevo. Soprattutto i giovani. E questo è stato un altro filo ros. o. non ho mai smessodi star coi giovani. Una vita spesanel tentativo di far scattare la scintilla ... Poi fu molto importante anelarea studiare a Roma. perchè ha contribuito alla mia formazione intellettuale e spirituale. con un impronta romana, che non è poco, visto quello che sarebbe successopoi nella SantaMadre Chie a. L'altra cosa simpatica Con don Francesco alcuni di noi si erano già rivisti. A pranzo un giorno e poi una sera a un dibattito alla Casa del Popolo. L'avevamo invitato ad un confronto e fu una serata strana, a sentir uno dei fondatori di Comunione e Liberazione citare Pasolini e Marx e incitarci alla ribellione e all'anticonformismo. Non ci convinse molto, ma fu utile vedersi a una distanza ravvicinata. Anche perchè l'ultima volta era stato 20 anni prima, alla Saletta della Provincia, quando a un dibattito fra noi, giovani del 68 e i giovani di Gioventù Studentesca, scoppiò un brutto parapiglia e ricordiamo sempre il volto e gli occhi esterefatti di don Francesco svettare sullo sfondo. Lo vedevamo qualche volta di notte, per strada, forse di ritorno da uno dei suoi viaggi, e ci dicevamo che non sembrava mai disteso, che sembrava un pòcattivo, e concludevamo, un pòscherzando, che lui non aveva smesso di fare il militante, noi per fortuna sì. L'altro giorno ci ha raccontato quale altra "avventura" stava affrontando in giro per il mondo. Poi Forlì è piccola. Dei tre presenti, di uno era stato padre spirituale in GS, dell'altro catechista, del terzo professore di religione. La storia di don Francesco in qualche modo si intreccia con quella di tanti. Tutti ricordiamo le accanite discussioni, a scuola, con i giovani di GS, quelli del "raggio". Ci accompagnavamo litigando e non era inutile. Oncologia è un reparto strano, che mette in imbarazzo, quasi un recinto sacro. Un posto in cui, e forse non è giusto, viene da fare silenzio, da camminare in punta di piedi, a disagio. Noi per di più, avevamo in tasca un imbarazzante registratore. E' stata una sorpresa. Dopo poco si rideva e scherzava. E vedere un volto segnato dalla malattia aprirsi al sorriso, accalorarsi nell'argomentazione, sporgersi verso la finestra ad indicarci i primi fiori, con una voglia giovanile di ricominciare pur nella constatazione lucida e serena che non sarà possibile, che forse "tutto è compiuto", è una cosa che rincuora anche un ateo. Uscendo si prova la sensazione, forse effimera, di poter far qualcosa, di poter sperare e spendere in qualche modo la propria forza, ancora in piena salute. A don Francesco tanti auguri da un gruppo di exgiovani che per tanti anni hanno visto in lui solo un nemico. che è successae che ha determinato tutto il seguito, è l'incontro, tornane.loa Forlì dopo 7 anni cli lontananza, col gruppo cli giovani che stavano continuando l'esperienza cli Gs. Mi sono innamorato di loro. Loro stavano facendo il "termometro". un giornalino studentesco, e di lì. poi l'incontro con don Giussani, e poi Comunione Liberazione. egli anni 70 poi, un altro sviluppo imprevisto, lo sviluppo di Comunione e Liberazione nel mondo. Ecosì per casomi sono trovato in Brasile, in Africa, per caso nel senso che dentro la storia del movimento succedevano dei fatti che per me diventavano proposte di impegno e io ho sempre detto di sì. E così ho circumnavigato il mondo. elle situazioni più diverse, più critiche, più dibattute. ei paesi ciel socialismo reale, già prima della primavera di Praga, o in America latina coi regimi autoritari che esistevano allora, a vivere direttamente gli avvenimenti argentini, i desaparecidos, Pinochet, la giunta militare brasiliana con gli squadroni della morte. L ·Africa. Fino a finire in Estremo Oriente. il Giappone, le Filippine, la Corea. E sempre con uno stesso perchè: far scattare quella scintilla dcli' incontro fra I· uomo e Gesù Cristo. E alla fine l'ultimo imprevisto è questo qui, di trovarmi qui, invece, a fare una vita assolutamentenormale, tra I· altro con la più comune. la più umile delle malattie di oggi. li cancro. E condividere così la condizione umana. Eri già prete, qual 'è stato il motivo preciso, il senso di scegliere la strada del movimento. Avevo una solida preparazione intellettuale. Filosofica e teologica. Avevo ricevuto anche una seria formazione spirituale, avevo tutti gli ingredienti. Ma avevo un problema, grosso. Come fare in modo che questo contenuto non diventasseastratto. ideologico. il cattolicesimo come ideologia, ma come fargli fare il moto contrario, come far sì che i I "contenuto" scendesse, incide se nella vita e diventasse esperienza. Era un problema mio, prima ancora della gente che incontravo. Già ncll' Azionc Cattolica avevo percepito il limite, ma ancor più negli studi, che c·era una certa tendenza a lasciare come scaffali separati il contenuto dogmatico della fede, le conseguenze morali e via via. C'era una possibile incrinatura che poteva di vcntarc spaccatura. L ·incontro con don Giussani è stata la risposta nel sensoche mi ha fatto scoprire un metodo per rendere vita, esperienza questi contenuti. Così tutto il grande patri111oniocattolico, assimilato negli. tudi, mc lo sonoritrovato come pane spezzabile, commestibile, una cosa che si può vivere, equesto mi hadato unagrande energia personalee anche forza di comunicazione. Quc~to qui è stato molto frainteso. Ha dato come l'impressione di un certo elitarismo, di una certa superbia spirituale, anche agli altri preti e nel mondo cattolico e fuori ... quc~ti sono quelli che pretendono di avere la verità, cc I' - hanno ~olo loro, ne hanno il monopolio. Cose che si sono B1bl1otecGa ino Bianco dette e anche un pò si continuano a dire. Ma il bello di questa esperienza è solo questo: la possibilità di vedere che cose che potrebbero ~alirc in alto come unamongolfiera, nel cielo ciclie astrazioni ideologiche, sono in grado, invece, cli scendere profondamente in terra. attraversando tutti gli aspetti dell'esistenza. Da qui I·accusadi integrai ismo perchè prevaleva nella cultura cattolica, quella tendenza che ho segnalato, lo scaffale del dogma, lo scaffale della morale. questo centra fino a qui, di qui non centra più, dopo questo qui centra fin qui e così via. Questa apertura alla storia e all'imprevisto. Viene poi mantenuta? Si ha un'impressione di chiusura, sì una comunità che viaggia nella storia, ma molto comunità. Non c'è un rischio di chiusura, come un fortino assediato dal mondo, per cui i segnali del mondo diventano tutti negativi ... Capisco che questa impressione può esserci. A parte i I fatto che questa impressione dovrebbe darla la chiesa come tale. Come diceva Paolo V I la chiesa è quella '·etnia sui generis" che sta nel mondo, partecipa alla storia, però sui generis. E per capire cosapuò voler dire questa specificità, bisogna andare allà storia della prima alleanzae poi alla nuova alleanza. on è questo che è succe!>S0ad Israele, cli es ere un popolo profondamente immerso nella storia e dotato nello stesso tempo cli unacaratteristica che lo rendeva un corpo profondamente estraneo?Questa si chiama alleanza. E' iniziata con Israele e. i è sviluppata, confermata e stabilizzata con Gesù Cristo nella nuova alleanza. Percui si verifica quel fenomeno stupendamente descritto nella Diclachè, uno dei primi testi cristiani del I I secolo, che descrive questo popolo che vive nelle città. nella storia, ma... ma ... lo posso dire di averlo visto. Coi miei occhi. Questo avvenimento cli totale immanenza e diversità. Una delle cose che mi ha colpito di più è stato partecipare alle feste tribali in Uganda per la consacrazione di alcuni preti neri. Era tutto assolutamente africano, impressionante. La messa, il rito, i canti, i costumi. le sbornie. ma avvertivi che c'era dentro un altra cosa che ti rimandava ad altro. E ho avuto questa sensazione fisicamente quando durante la Messa ho sentito i neri cantare il Credo. Lo stessocredo. Questaè la croce e la gloria ciel cristiano. Essere totalmente dentro e totalmente fuori, totalmente partecipee totalmente altro. Ed è una croce, perchè omologarsi può essere facile. Invece la posizione cristiana è l'esatto opposto dell'omologazione, non la permette e perciò è terribile, perchè ti sembra di esseresempre contro, sci un ribelle e non su un dettaglio ... Ma io ho sempre sentito una frattura fra il radicalismo di queste affermazioni e i fatti. Una riprova la si ha nelle scelte politiche ... Questo lo dicevano anchedi GesùCristo, lo accusavano di allearsi con personaggi squalificati, i pubblicani, eccetera. Ma io vorrei chiedere per favore se per un momento non si fanno delle verifiche a livello politico. Intanto perchè il politico appartiene massimamente al dominio delle opinioni e alla mutevolezza contingente e poi perchèè unaconseguenza,non è il nucleo. Se noi avessimo scommesso il nucleo della nostra verità sulle nostre scelte politiche ci saremmo castrati da soli. Infatti una cosa che ha scandalizzato è che noi le abbiamo cambiate con estrema facilità. Vorrei riportare il nucleo cli questadiversità alla sua questione cli fondo che è: ma alla fine chi ci salva?Chi salva me?Chi salva te? Questa però è una fuga, non puoi quando parliamo dell'immanenza fuggire subito nella diversità. o, no. Se non ho la certezza chequalcuno mi saiva devo per forza fuggire, coscientemente o inconsciamente, subdolamente o ingenuamente. Sarebbe come se mi chiccles i di buttarmi col paracadute togliendomi il paracadute. lo mi butto, ma col paracadute. Perchèoccorre un principio di saivezza per l'uomo. Il nostro nucleo è qui. Due concetti estremamente semplici, della più elementare tradizione popolare cattolica: che I· uomo non ha la possibilità di salvarsi. non se la può dare, non la può costruire, non la può dare ad altri. l'uomo è condannato. Secondo: ma è salvato. Qui siamo tutti uguali dal papaal re al povero diavolo sottoproletario. on so se è il casocli registrarlo. ma uno che si trova nelle mie condizioni, alla fine cosa fa? L'ultimo appello achi è? Senon alla misericordia? Co a faccio, mi metto fare l'elenco cli tutte le buone azioni, lutti i conti? Ma i conti non tornano. L'altra posizione c'è, ma è quella nichilista, non ci scappi. on importa che tu lo chiami Gesù Cristo, chiamalo come vuoi, che sia per te quello che vuoi, ma che ci sia una salvezza che viene eiafuori. O c'è questo oppure l'unica posizione in cui finiscono tutti, tutti inesorabilmente, è l'autodistruzione dell'uomo. Allora si sta dentro la storia. Ma c'é una prospettiva storica? Cristo venne in un periodo preciso, la prospettiva storica c'era. E visti i risultati si potrebbe dire che la prima venuta è fallita. Di qua invece si dice che la salvezza c'é già, che il "fatto è avvenuto". Ma quando la storia ti dice no, che non è cambiato nulla, che non si è risolto nulla? Da che punto cli vista si dice che è fallito? Chi ha detto che il miglioramento del mondo sarebbe il segno ciel successo. Cristo non è venuto a fare della cosmesi, non è venuto a dipingere la facciata. E' venuto a fare qualcosa di più radicale e di più serio, se no se poteva starsene a casa sua e non ci veniva a rompere le balle. E' venuto acambiare il cuore del1 ·uomo.E il segnodell'esito va visto lì. E allora avendo girato il mondo, dal capitalismo avanzato al sottosviluppo più disperato, ti dico che l'unica cosa che ho visto cli speranza, di promessa di futuro, è stato vedere come l'incontro con Cristo ha cambiato il cuore delle persone. Finchè il Cristianesimo fa accadere questo non ha perso la sfida con la storia. Chi la perde è chi dice "adesso cambiamo le cose··, i veri perdenti sono quelli che oggi parlano di nuovo ordine mondiale e voi sapetebeneche il nuovo ordine mondiale sarà il nuovo disordine mondiale. Tutte le guerre di cui mi è giunta eco nella mia vita, tutte, volevano fare un nuovo ordine mondiale. Che ordine hanno creato? lo mi sono rincuorato invece quando nel Cile cli Pinochet o nell'Uganda cli Amin o nella Polonia di Jaruzelki ho visto germogli are come le viole ora nei campi, il germe della fede, nel cuore dei giovani. Questa è la speranza. D'accordo. Però la storia continua ad andare per la sua strada. Bush sarà anche miope, ma è anche molto potente. Di fronte a ciò che ha detto il papa ci mancava che rispondesse con la domanda "quante divisioni ha il papa" e poi il quadro era completo ... Sembrano gocce nel mare quelle che dici tu ... Si. Si. Ma non è forse questo un argomento a favore di Dio? Se Dio facessecome Bush non arebbe credibile. Se Dio desse segno del Ia sua potenza con i I linguaggio dei potenti di questo mondo non ci interesserebbe. Proprio perchè usaun altro linguaggio esprime la ua potenza. In forme umili, unaviola in un prato, un cuore che si apre. Per noi cristiani. seguaci del crocifisso, il segno della potenza di Dio è l'insuccesso. E' l'impotenza. Per cui li ha fottuti tutti, con la croce li ha fottuti tutti. Volete ammazzarmi? Ammazzatemi. Mi sono fatto regalare una medaglietta con davanti la riproduzione ciel Cristo del Reni e dietro la scritta in greco delle ultime parole di Cristo "tutto è compiuto". E ho sempre fatto notare ai ragazzi che in greco questaè una forma verbale, col raddoppio del uffìsso, che indica un azione che è terminata completamente. In dialetto si potrebbe dire "l'è fnicla, '•fa1 disastar", ''l'è fata". Ma è proprio questo '•tutto è compiuto" che ci dà la pazienza, l'energia, per continuare a ricominciare di fronte a tutti i fallimenti. Il problema non è il fallimento, è dopo. L'altra sera ho sentito la Rossanda in TV correggere uno che aveva detto "il comunismo è fallito". "Non il comunismo, ma...". Una correzione semantica. Ma che non basta ovviamente. Quel che conta è vedere sec'è un futuro o no. Questo è il dramma cli oggi, di questi che ci han creduto, che l'han vissuto con passione. La certezza cli Cristo morto e risorto permette di avere nella storia la posizione giusta, cioè la pazienza di ricominciare. La storia èuna serie di tentativi, di fallimenti, cli tentativi, cli fallimenti. Chi la vince ... è chi la dura. E quindi in un certo senso, noi cristiani siamo liberi di fronte agi i insuccessi e anche cli fronte agli errori. Per esempio, ci han fatto sempre un gran dire, un gran questionare, sul Medioevo. Va be... Va be... avremo sbagliato, il sistema feudale sarà stato un disastro, i vescovi saran stati dei ... mettici tutto quello che vuoi. E allora? Mica ci scommettiamo sul medioevo. Il medioevo è stato un tentativo che ha dato risultati nobili e risultati ignobili, ma è stato un tentativo, non è mica finita lì. Per cui parlare di un fallimento storico del cristianesimo mi sembra azzardato... perchè c'è una capacità di ritessitura che proviene dalla natura stessa del Cristianesimo. Chi avrebbe immaginato che il papato oggi sarebbe tornato protagonista. E questo non è merito di Carletto. Se Carletto ha un merito ece l'ha, indubbiamente, è quello di riponare il giudizio storico al suo criterio giusto, la certezza critiana della possibilità di pazienza e di costruttività nella storia. Una certezza che muove all'azione. Per cui se vai a vedere... sempre sempre sempre, di fronte a tutte le tragedie della storia, anche le più ignominiose, compaiono i germi della speranza cristiana ... Compaiono ... compaiono ... Chi è onesto deve dame atto. Per cui e oggi c'è questa situazione tragica ... chi avrebbe immaginato che il 2000 finisse così male ... però vedi che proprio oggi che non ci sono più le ideologie utopistiche, non c'è un ottimismo immediato, c·è quello falso, I' ottimismo ciel consumismo e del libertinismo di massa,vedi che di fatto chi dà segno di speranza è la santa madre chiesa, che intesse intesse intesse... lo parlo per me, dacristiano. Dico quello che ho nel cuore. Non è un interpretazione filosofica. lo posso fare questo ragionamento sulla storia se prima lo faccio ulla mia vita. Se rispondo innanzitutto ali' interrogativo della mia esistenza. E allora potrei dire anch'io che la mia vita è stata un fallimento ........ Macchè fallimento ....... intervista a cura di R. Cazzoni, C. Saporeui, M. Tesei UNA CITTA' 3
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