Terza Generazione - anno II - n. 12 - settembre 1954

Questo nostro Paese . • Contessa Entellina: una storia di contadini siciliani Tra le varie inchieste giunte alla redazione abbiamo dato a questa la precedenza per la pubblicazione perchè ci sembra una conferma delle cose che da tempo andiamo dicendo, tanto più importante giacchè viene dalla realtà viva di un paese. Essrz è la pri?na inchiesta non redazionale che appare su T.G.; testimonia così in primo luogo una partecipazione attiva dei '' lettori '' al nostro lavaro, ed è una prova di più che T.G. non è una rivista provvista di lettori ma di collaboratori. Ma oltre a questo ci preme di mettere in rilievo come l'esame delle reazioni contadine ai vari interventi esterni nel loro ambiente confermi ciò che pensiamo sulla crisi del nostro Paese. Non è possibile intervenire nei paesi d'Italia con parole d'ordine, ideologie, " provvidenze sociali ": c'è un lavoro molto più umile da fare, ma più utile e più umano: aiutare le capacità insite nel mondo contadino a emergere e a qualificarsi; de– terminare una situazione in cui esse possano '' dire la loro '' rispetto a tutte le formu– le esterne, pratiche e teoriche, cui un mondo circoscritto e uomini esclusivisti cercano inutilmente di dare caratteri di universalità o quanto meno di intervento organico. Per far questo lavoro non basta il lavoro di inchiesta. E per avere davanti tutta la situazione non basta neanche questa sola inchiesta. Essa infatti dipinge chiaramente il silenzioso disastro in cui si può trovare un paese usato come cavia dei " galantuomini " per sperimentare le loro formule pseudo-politiche di vari colori, usato come campo di esercitazione per le manovre elettorali, col loro strascico di beneficienze, di ricatti e di furbastrerie. E contro a questi la " sinistra ", con la sua applicazione di formule tat– tiche che non danno alcuna garanzia di essere abbastanza tattiche, ma che ne danno ab- bastanza di poter impedire sine die ogni progresso reale. Oltre ogni disastro ci sono sempre delle speranze: e la prima enierge alla fine di questa inchiesta, con un diverso atteggiamento rispetto alla realtà. I contadini non hanno bisogno di indagatori, di grandi politici, di grandi tecnici o di grandi curatori dei loro mali, ma di " compagni di strada ,, . Partendo da qui c'è molto lavoro da fare: se gli interventi avvenuti ci hanno por– tato qui non rimane che ricominciare. C'è tutta una nuova comprensione della realtà da raggiungere partendo dall'esame della situazione presa nelle sue origini più pro– fonde, nella sua storia e negli atteggiamenti umani che là si sono sviluppati paral– lelamente. Allora Contessa Entellina, un borgo nieridionale di cui si sa poco e in cui sembra che non ci sia niente da fare, mostrerà le possibilità di sviluppo soczale e sto– rico che possiede. Dovunque ci siamo rivolti in questo spirito abbiamo trovato cose possibili; e sappiamo che anche qui le troveremo. Per poterle trovare dovremo solo ricordare che è necessario essere per i contadini solo '' dei conipagni di stada ": far bene questo lavoro sarà la chiave del successo. 'l\1a per farlo bene dovremo avere poca presunzione e molta umiltà, e prima di tutto molta fiducia che anche dall'ultimo paese d'Italia possa venire un potente aiuto a rimettere in piedi il nostro Paese. In altri termini riuscire1no se non rimandere1no, conie i saccenti e i furbi, ogni azione a dopo la soluzione del problema politico ed ecoriomico generale che è pregiu– diziale, ma agiremo convinti che tre uoniini soli possono dominare tutte le situazioni. a patto che conoscano e sappiano usare i tesori ch8 gli uomini hanno da sempre a di– spo:!tizione. Biblioteca Gino Bianco Contessa Entellina è un paese siciliano di appena 3000 abitantj: un agglomerato di case, unite insieme senza alcun ordine, arrampicato sul dorso di una collina, schiac– ciato contro uno sfondo bruciato, spoglio, di terreni a coltura granaria, circondato par– zialmente da una fascia dj verde stentato, frutto della lotta senza tregua dei contadi– ni con la siccità. Non molto lontano, pa– recchio più in alto c'è un bosco, intor– no ad un santuario, unica traccia di una antica abbazia deglj Olivetani, scomparsa con la liquidazione dei beni dell'asse eccle– siastico, staccato praticamente da] paese per le difficoltà delle vie di accesso. Vi si arriva attraverso chilometrj di lati– fondo, una distesa arsa di tragica bellez– za, e l'incontro dà un po' il senso della li– berazione per il leggero rinfrescarsi del– l'aria, per il disordjne vivo delle stradette, per qualche edificio nuovo e magari acco– gliente, che vuol testimoniare che la civil– tà è arrivata. E in effettj Contessa è tra i comuni del suo tipo uno dei più fortunati per attrez– zatura collettiva, anche se per capjrlo bi– sogna prima aver conosciuto molti dei pae– si simili dell'interno della Sicilia. Qui la storia si presenta in maniera pre– potente: antjca colonia albanese, ricorda la sua origine nei nomi di tutte le strade; nel dialetto a noi incomprensibile; nella ma– niera schematica, anche se corretta, in cui viene parlata la lingua italiana; nell'attac– camento al rjto ortodosso; nell'indole più semplice e più fiera degli abitanti. Altri av– venimenti storici di rilievo sono la grande emigrazione della fine del secolo scorso e del primo dopoguerra che portò jn Amerka i due terzi degli abitanti di Contessa, e le guerre italiane di cui testimoniano le lapi– di ai caduti. Degli emj.granti i fortunati ri– mangono presenti in paese nelle cospicue offerte al comune, nel ricordo, e nei figli che giungono d'estate con le colossali auto– mobili. Per la struttura professionale e per la ubicazjone in pieno latifondo Contessa è un tipico paese agriçolo, ad agricoltura esten– siva. Dei 13.264 ettari che compongono il territorio comunale ben 10.437 sono semi– nativi semplici su cui cercano lavoro 664 unjtà attive, di cui 354 capifamiglia. Nell'in1n1cdiato dopoguerra la situazio-

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