Terza Generazione - anno II - n. 12 - settembre 1954

chia111avanoil l\1urrotto, forse perchè in quel punto erano cadute le 111uradi cinta del paese. Era diventato uno di quegli spiazzi dove si vanno ~ buttare .i rifiuti, un, im– niondezzaio riconosciuto; tuttavia a nie p1aceva perche era il solo posto vicino, aperto, lunz,inoso. Ci passavo nionienti beati, conzc quando coghevo i gerniogli dei sambu– chi e nii 1nettevo a togliere la scorza verde e a guardare il velo tenero, un1ido e la nztnibrana freschissirna che ne ricopriva l'interno. E nzi conznzuoveva il ranietto scuoiato, nudo e lagrinzoso che nii rinianeva tra le nzani. Talvolta, di sorpresa, 1ni pareva di sentire ondate leg– gere di aria arrivare sulla spianata del Murrotto e ritrarsi con un risucchio lievissimo. Allora fissavo sorpreso la stra– da nuova che traversava di sotto, sempre deserta come un vialone colmo di silenzio e, ai suoi parapetti, le erbe e i cardi alti delle campagne scoscese verso valle. Più lontano, in mezzo ai colori innum'erevoli che si sparge– vano per le pieghe e per le groppe delle campagne, appa– rivano tratti di sentieri dove la gente camniinava per an– dare a lavorare. Erminio aliora mi mostrava una contrada e nii chiedeva: " Lo sai conie si chiama? " e poi mi di– ceva come, e io 1ni mettevo a chiedere il nome di ogni contrada. E gli altri ragazzi mi dicevano: " Là e' è una vigna, là c'è un ciliegio, lì hanno piantato i cocomeri, in quel punto c'è un pozzo profondo ": m'appariva un territorio che non conoscevo, pieno di mille cose lavorate e custodùe. Altre volte invece giravamo 1·n mezzo ai rifiuti, a te– sta china, per vedere se incontravanio qualcosa, pezzi di vetro, di piatti, roba smessa. Davanti andavano razzolan– do le galline, lentamente: ogni tanto alzavano la za1n,Pa tenendola un poco per aria e si 111,.-uovevano. Anche a ;_ai pareva che il sole allentasse le membra; andavamo gi– rando intorno la testa e ogni tanto ognuno esclamava: Guarda! gz:arda! annunciando la sua inutile scoperta ma conie se dicesse solo a se stesso. In quei 1nomenti il Mur– rotto diventava sporco e l'aria livida. Allora m'accorgevo del cerchio alto che formavano le ultime case del paese, come una sola facciata: e i balconi davano a quel fron– tale sulla scarpata del Murrotto l'aspetto di un volto da– gli occhi spenti, incavati. Ma specialmente mi colpiva un pezzo di muro, così uguale e intero che le ultime case pareva. vi foss~ro solo appoggiate. Era fatto di pietre mi– nute, irregolari, accatastate l'una sull'altra, quasi a secco, ma ormai così assestate da far pensare che attraverso anni ed anni avessero raggiunto il loro verso definitivo, le loro connessure perfette. Sul muro basso, un poco rientrante, crescevano erbe che, sul livido della pietra, apparivano verdissime, specie una fatta a piccoli coppi, quasi senza gambo, attaccati al muro come escrescenze carnose, e noi li chianiavamo " li cuoppi ". Passando sotto il muro, spes– se volte sentivo di cercare una spiegazione e di non tro– varla, guardavo quella distesa grigia e mi sembrava rasa, inespressiva; ma insieme mi prendeva un senso di remoto, di profondo, quasi sentissi l'eco di un moto di cose lar– go, •molteplice, eppure così lento da somigli'are ad un in– cresparsi leggero della immobilità. Era come quando mi affacciavo alla bocca dei pozzi e lo specchio dell'acqua era uguale, ma al di sotto pareva che veli di acqua fiut– tuassero e nel fonda si rimescolassero acqua arena e pie– tre. Allo stesso modo non riuscivo a spiegarmi l'aspetto "bliotecaGino Bianco spento del muro che diventava continuamente specchio indifferente di un fiuttuare di cose che pareva fissità. Si sente dire, qualche volta, che i contadini vivono in una forma di convpiacimento dei loro limiti chiusi, della loro sfera impenetrabile. Invece hanno un senso assai vivo e quasi ansioso degli avvenimenti storici. Come popolo sog– getto, essi tentano continuamente di cogliere per vie che potrebbero apparire segrete, il significato di quei fatti che possono toglierli alla arretratezza. Così alle fiere piene di frastuono i contadini si ritrovano sotto le frasche delle ba– racche in mezzo alle bestie e ai carretti, e parlano degli affari, della loro vita: finanche quelli che comprano o vendono e il cerchio di gente attorno, fanno pensare a in– contri appartati e guardinghi, in ogni punto della fiera, per informarsi minutaniente di ogni cosa: e tutta la fiera sembra un convegno fragoroso di gente chiusa nei paesi. In questo modo e in cento altri i contadini apprendono ad orientarsi. Ma prima che il filtrare disperso, malcerto, di voci, apprezzanienti, rirnedi, a 111,anoa mano si rac– colga in una corrente di credenze e decisioni che attra– versi e colleghi tutta la campagna, occorrono anni, de– cenni: e alla fine lo sbocco in cui si riversa, quasi sem– pre si dimostra sbagliato e i contadini ne fanno le spese. Eppure non hanno ancora cessato di credervi (come al vec– chio ft1,cile nascosto nel pagliaio), perchè solo in quella forma di vasta e quasi sediziosa intesa tra tutte le cam– pagne, essi riconoscono il segno di un grande moto ca– pace di cambiare veran1ente la loro vita arretrata. Mai fi– nora si è tentato di dare niodo a questa grande aspira– zione contadina di espriniersi e soddisfarsi, si è preferito di affrontarla con benefiche niisure, con direttive e favori di ogni genere. Così le campagne si sono certo sottratte ad un isolamento assoluto, ma questo contatto superficiale, discontinuo con la storia può essere assomigliato ad un' on– da senza forza nè direzione ehe si avvolge incerta, bizzarra, scoprendo e ricoprendo le st::sse parti e alla fine quello che resta è un fondo sfigurato, quasi informe. A guardare la vita di paese non vi si scorge un indirizzo unitario, ma piuttosto un intricato gioco di sforzi, di tentativi condotti da ogni parte, in ogui direzi'one e quasi senza esito: il patse è come una grande, niinuta ma resistentissima rete sempre traniata f aticosaniente, per accogliere ogni oppor– tunità che sopraggiunga, ogni occasione che passi. In nes– suna altra parte vi è ancora tanto impiego di risorse, di abilità, di invenzioni accortissinie e di lavoro per risul– tati tanto sproporzionati. Nel dispiegarsi di trovate, di pro– getti vi è parecchio di moderno: ma l'industriosità paesa– na senza sbocco, pare attratta e dispersa da un ùnbuto che si sia scavato sotto il paese. Nella sproporzione tra le at– tività e i risultati è tuttora la sola farnia esistente, vera- 1nente dramm,atica, di rapporto tra il mondo moderno e quello contadino. E le canzpagne aspettano senipre il n10- vim1ento concorde e vasto in cui i contadini sperano an– cora, malgrado ogni possibile adattaniento. Intanto l'aspetto del paese rispecchia fedelniente le sproporzioni esistenti. lo ho sentito, fin da ragazzo, 1·1 pae– se co1ne monuniento di cose mancate. Si incontrano aspetti che parrebbero indifferenti eppure subito fanno im– maginare l'anùnazione che ci è voluta per lasciare certi resti opachi e inespressivi. Pare che intorno ad essi si ag– girino ancora gli sforzi precipitati senza avere effetto, co-

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