Terza Generazione - anno II - n. 10-11 - luglio-agosto 1954

re ,, e l'ambizione di esse riescano a irnmi– st:rire l'uomo, come una qualsiasi velleità di tal genere mi svierebbe necessarianiente, come in essa « carriera » non agirei io - l'uomo integrale, completo che vorrei esse– re - nul una misera, piccola parte di me, come i ,nargini della rnia libertà interiore sarebbero via via disgregati fino a cedùnenti morali che oggi possono anche sembrannt assurdi ma che tuttavia sono troppo CO· rnwzi, che rni impedirebbero in ultima an,l· lisi la ,naturazione della mia vocazione -– il 11iio essere p-iù autentico, cioè. Ali rimane quindi aperta solo una vita di rischio, di avventura, in cui la mia esistenza sia giocata giorno dopo giorno, in cui tutto sia suscettibile di mutarnento e la sola co– stante sia una speranza senza oggetto, ·ma non per questo astratta, la speranza in– somma. 5. - I o amo: voglio cioè crearmi una famiglia, avere dei figli, Sono miei diritti questi: ma essi comportano dei doveri; tra gli altri quello di avere sempre pane per i miei figli. Se per me scelgo il rischio e l' crvventura invece della « carriera » la scelta è valida anche per la creatura che sarà mia moglie (la moglie è scritto, segue il marito : ·ma ho poi il diritto di affidare al rischio anche i miei figli? Essi non chie– dono di nascere. La donna che io amo sce– gliendo ,ne e quindi il rischio ha coscienza di ciò che fa è responsabile delle proprie azioni: ma i miei, ma i nostri figli? r:' necessario avere fede anche per i figli, ~i risponde. A1a se io sono incerto, se ho il coraggio di aver fede per 1nia moglie e per me e non l'ho per le mie creature? E' un falso coraggio? Bene: rimane il fatto che non ho coraggio: che non voglio svilirmi in una « carriera » ma che al tempo stesso 'l'a– glio sicurezza per i miei figli. E allora? 6. - Il dilemma può sembrare banale. Non credo lo sia: è una scelta che devo compiere, è urgente che io la compia. Ho -z;entiquattro areni e sono alle soglie del 1na– trimonio. Ho una vocazione che vuole es– sere realizzata e non tollera contaminazioni, non permette carriere; una creatura che s'è affidata a 1ne, mi ama e mi dice e mi ri– pete « portami dove tu vuoi »; ho dei figli nel mio futuro per cui non voglio si ripeta– no le incertezze e le difficoltà e le sofferen– ze che io ho patito. E allora? 7. - C'è nel Journal di André Gide, una frase, che parla di qualcuno cui bastava il pensiero di dover cambiare scarpe, mi sem– bra, per sentirsi immerso in una profonda tristezza, non già per pigrizia, 1na perchè avvertii:a - mutando scarpe - la preca– rirtà dell'esistenza. E' un paradosso, forse, ma ha un fondo di verità: il senso della pre– carietà e una delle costanti nella vita del– l'uomo: da esso si può essere sommersi, ce– dere, ai,viarsi a soluzioni avvilenti: oggi sento la vita così precaria, tutto mi balla intorno in una maniera tale che il ca111po delle possibilità e delle scelte non è più nenzmeno chiaro. Ali sorprendo a tneditare strani patteggia'menti con me stesso e per una di quelle che saranno le rriie creature - per un paio di scarpe di cui avessero bi– sogno - mi penso talvolta capace di giocare anche la tnia vocazione. l\Jon è dunque au– tentica? Nla non è altrettanto autentico, quindi anche giusto, il desiderio che ho di non esporli, i miei figli, a rischi e avventu– re che essi non chiedono? E allora? C'è una sola risposta a tutto ciò, forse: trovare in me la fede sufficiente, fede anche per i miei figli. l\1a non è facile e posso non riuscire. E allora? Gli interrogativi rimangono; non sono sol– tanto interrogativi miei, vicenda individuale e privata. Alille e mille i giovani come me, nella mie città, nel mio Abruzzo, nel Sud, in tutti i paesi e le città d'Italia. Tutti di– ~ponibili, con una vocazione e delle speran ze, tutti costretti a scelte assurde. 'l\1i chie do quante migliaia sono i giovani che af– folleranno le aule dei prossimi concorsi; quanti si perderanno nelle « carriere ». quanti, per una vita econo1nicamente più sicura, rinunceranno a se stessi. La sapre mo presto e le modeste cifre ufficiali della disoccupazione giovanile serribreranno un<., scherzo dinanzi a quella « disponibilità ,. morale di giovani che si 1nuterà, per amor di « carriera » in disoccupazione morale. Co me si arrivi a tutto ciò è chiaro: mi chiedo piuttosto se non sarò anch'io tra quei gio vani, e insieme a me tutti gli amici con cui abbiamo cresciuto insienze speranze e idee. Nella mia città meridionale per la sua struttura, anche se geograficamente qualifi– cata come città dell'Italia Centrale, eravamo un piccolo gruppo di amici, una di quelle équipes spontanee che si formano non sul– l'adesione a formule preesistenti, ma nella ricerca di idee che maturano insienie a colo– ro che le formulano, lentamente, come lento è il passaggio dal ragazzo all'uomo. Gli stes– si libri, gli stessi viaggi, lo stesso fiasco di vino sulla riva del fiume e, spesso, una si– garetta in due, in tre, in quattro, uno dopo l'altro, così, cresciuti insietne con speranze identiche anche se con vocazioni e ateggiamenti pratici diversi. E iniziative comuni, di divertimento o di studio, tutta una vita comune insomma, in cui ci si ar– ricchiva e ognuno era anello indispensabile di una catena umana, tra le più salae di quante ne abbia mai visto. E' accaduto ora che un anello della cate– na venisse a mancare, altro lavoro, in altra città. Ebbene, la catena s'è frantumata. Via uno, è come se gli altri non si fossero mai visti. Non siamo più insieme, nulla in co– niune, nè studio nè divertimento, nè nulla. Non è che ciò sia accaduto perchè è andata via una persona specifica, la più capace, il ,e capo >> riconosciuto (siamo di eguali ca- pacità e su un piano u1nano, qual'era quello dei nostri rapporti, non esistono « capi »): è andato via « uno », s'è rotta la catena e, co– me ognuno era necessario all'altro, ci ritro– viamo soli e dispersi. E' la storia que– sta di tutte le « provincie » italiane: in ogni città esistono équipes simili alla no– stra: tutte tendono a disgregarsi per motivi esteriori, per necessità individuali di « car– riera » o di altro. E allora, poichè nulla avviene per caso, che senso ha l'esser nati in un posto piut– tosto che in un altro, se non è possibile mantenersi fedeli alla propria città, lavo– rando per essa, se si è costretti ad abban– donare città ed amici per una « carriera » che non è poi nemmeno adeguata alle no– stre vocazioni? E' il Sud che si disgrega così, è l'l talia e L'Europa: di quanta speranza e capacità ab– biamo bisogno per rimboccarci le maniche una volta per tutte, e piantare ben saldi i piedi nel nostro paese e resistere a tutte le seduzioni, le tentazioni? Molti interrogativi, uno dopo l'altro: credo siano comuni a molti giovani, a tutti colo– ro che hanno speranze oneste e pulite da realizzare e si trovano invece « esclusi » in una società giunta al limite estremo di di– sgregazione. E' chiaro che a queste doman– de solo noi possiamo rispondere, vivendo le risposte, risolvendo queste e altre cose concretamente, sul piano di una attività reale e non con delle affermazioni di prin– cipio tanto belle quanto inutili se risolte astrattamente. Il passaggio dal ragazzo all'uomo è ca– ratterizzato da una serie di scelte, ognuna avente il carattere della definitività. Il di– lemma è sì quindi carriera-rischio, confor– mismo - speranza, tna possiamo intenderlo anche in maniera più generale e forse più autentica come dilemma: ragazzo-uonio. Rimanere ragazzi_. adolescenti, irresponsabili e retorici o diventare uo1nirti; il vero pro– blema è forse questo. E l'esser uomo costa molto, di sofferenze, di incertezze, di ri-_ schio. Tutti i ragazzi italiani, i ragazzi del Sud, i niiei aniici abbruzzesi ed io, abbiatno biso– gno di essere uomini. E' condizione essen– ziale perchè il Sud e l'Italia escano anch'es– si da una adolescenza che dura da troppo tempo per affrontare la responsabilità e la gioia di una vera crescita. Riuscirerno? O– nestamente devo confessare che non so. Se fJenso che la mia attuale incertezza sia co– mune a molti - co,ne lo è - sento nascer– mi i dubbi e lo scoramento. hla ho anche fiducia che vinca la Speranza ed ognuno di noi trovi il coraggio di diventare uonzo. ANGELO M. NARDUCCI 'C :oma n. 4040 del -7-1954 - Spediz. in abbon. post. Gruppo III - Tip. Laboremue • Via Capo d'Africa, S2 . Roma (8-1954)

RkJQdWJsaXNoZXIy NjIwNTM=