Terza Generazione - anno II - n. 10-11 - luglio-agosto 1954

L'America e la sua Caro Ciccardini, l'articolo di Baget sull'Ame– rica mi ha fatto sorgere un cer– to numero di pensieri su quel problema universale che è la realtà attuale e le possibilità future di sviluppo della vita a– mericana, che vorrei cogliere la occasione di esprimere, con que– sta lettera, per il tuo giornale, se non altro per prendere co– scienza, dalla risposta, del n1ag– gior numero possibile degli ·ele– menti della questione. Mi sembra, come sentimento preliminare, che la portata del problema sia grandissima (ho detto universale), non solo e non tanto perchè ogni atteggiamento degli americani è destinato a ri– percuotersi in maniera determi– nante su tutta l'umanità, ma sopratutto perchè la condanna della realtà attuale e potenziale dell'America aprirebbe nell'uma– nità un vuoto immenso che l'uo– mo occidentale non ha attual– mente la possibilità di colmare, e non rimarrebbe altra possibi– lità che la sua rinuncia ad agi– re fino a quando egli non aves– se maturato la possibilità di mu– tare le sue attuali direttrici sto– riche. La soluzione Jungk, la nnun– cia al dominio sulla natura, ad operare sempre pi-ù profonda– mente sulla materia, un pseudo ritorno al medioevo, non ha basi reali. Del mondo occidentale e cristiano non rimarrebbe nulla se esso condannasse la realtà più viva dell'America: l'espansione nel profondo della natura umana e cosmica. E ciò ci appare chiaro se guar– diamo agli uomini responsabili della Chiesa Cattolica che, dopo la condanna di Galileo e di Co– pernico, dei primi uomini cioè che hanno iniziato la marcia dell'umanità verso le conquiste cosmiche, ora considerano la America come l'usbergo più vali– do del mondo cristiano. Ma il termine di mondo occi– dentale inteso come sinonimo di mondo cristiano e come sociolo– gicamente riassuntivo di un com– plesso di istituzioni sociali o di modi di vita non ha rispondenza nell'intimo della realtà. Non esiste un altro mondo che non abbiamo già scontato o che stiamo scontando; il comunismo • missione non è al di là delle frontiere del « mondo occidentale »: esso è dentro o nei pressi della no– stra anima. Il comunismo è un problema americano occidentale e cristiano, il cristianesimo e la America sono problemi dei co– n1unisti. Con ciò voglio escludere, quan– to alle idee, quella dei due poli irriducibilmente opposti, e quan– to alle soluzioni, sia quella della scelta da farsi tra i due mondi (alla luce di che?), sia quella della terza forza sintetizzatrice che non ha basi logiche e di con– seguenza non ne ha di storiche. Qual'è dunque « il volto defi– nitivo dell'America )>, quel vol– to che Baget intuisce nascosto dietro le realtà accidentali con impressi i segni di una funzione universale valida per la storia e per la metastoria dell 'umanità? Non rie~co a vederlo nella de– finizione dell'America quale mondo del progresso della tec– nica. La tecnica di per sè è sempre esistita, non è un momento fon– dan1entale della vita umana per– chè è strumento e non fine, e non è una caratteri~tica ame– ricana ma una realtà mondiale. Esiste in Europa, (vedi la Germa~ nia e, la realtà o il mito, dell'invenzione tedesca della bomba atomica), esiste e trion– fa in Urss, esiste ormai in Asia, Forse un tratto di quel volto si discopre nell'atteggiamento di fede con cui l'Americano guar– da al lavoro scientifico dell'in– finita terra da conquistare. E' chiaro che questa fede e questo ideale non sono una so– lida realtà dell'anima ame– cana. Come la purezza dei pionieri si corruppe ed al lavoro persona– le si sostitul la schiavitù, al so– lidarismo delle prime comunità la più sfrenata concorrenza, al- 1 'ideale dell'evangelizzazione lo ~terminio della razza rossa, così il puro spirito scientifico è oggi reso vano e disperato dalla man– canza di concreti fini universali cui indirizzarlo sebbene si scor– ga in esso il desiderio di quei fin i che non riesce ad assumere e quindi si distorce verso fini « confortistici » o commerciali. Quanto alle istituzioni sociali e politiche è chiaro ciò che ri BibliotecaGino Bianco leva Baget: cioè che la società americana riesce a rendere fun zionali e a dar coesione e vita ad istituti impotenti ad ogni funzione espansi va e che ormai da tempo in Europa non garan– tiscono più la civiltà e lo svi– luppo. Ma il sentimento di unitarietà degli an1ericani che riesce a far vivere quelle istituzioni, cioè la mancanza di spirito classista e la subordinazione di qualsiasi coscienza di classe alla coscienza di appartenere alla nazione ame– ricana, è possibilità di espansio– ne e di sviluppo della società americana. Ma gli americani non riesco– no ancora a superare la pigra il– lusione di poter esprimere una funzione universale con la dif– fusione della filosofia della loro prassi istituzionale. E' caratteri– stica la loro idea secondo la quale le strettezze economiche, la radicalizzazione della lotta tra i parti ti, le guerre fra i popoli europei, derivino dalla nostra cattiva volontà di adottare le isti– tuzioni americane che non sono altro che quelle che l'Europa ha già 3<:on ta to a ttra ,·erso le guerre e la miseria. A questa mancanza di una chiara visione dei problemi mon– diali, si aggiunge il « sogno ame– ricano » che essi vorrebbero e– sportare tra i popoli e che pesa come grave ipoteca sulla loro azione storica nelle lree depres– se, cioè il mito dell'industriali– smo, della ,< possibilità di arric– chimento aperta a tutti: la spinta individualistica al benes– sere materiale. In tal modo l'a• n1encano distorce quel senti– mento di unitarietà contro il classismo, di cui ho parlato. In– fatti spesso egli non vuole defi– nitivamente sentirsi legato alla classe economica cui appartiene non per un disprezzo contro le individuazioni e le definizioni su basi . economiche, ma per la speranza di poter essere indivi– duato e definito dalla situazion,.:: economica relativa ai e, big bu– siness ». Un altro mito riguardo la fun– zione mondiale degli Stati Uniti è que1lo che indica nella forza espansiva delJa sua econ01nia la speranza per i» ristabil 1 imento della pace e per l'avvio di un nuovo sviluppo storico dell'uma– nità. Ma ci stiamo accorgendo sem– pre di più che l'economia ame– ricana non ha funzioni mondiali, Discussione vive in funzione di se stessa, la sua attività è progressiva e pul– sante, al centro, ma giunge fiac– ca aJla periferia dell'area del dollaro. L'ecQnomia americ,~na non riesce a ricostruire i merca– ti e a sollevare le aree depresse. Non bisogna dimenticare che ad un certo momento l'economia degli Stati Uniti ha rischiato di non bastare neppure a se stessa. onostante il New Deal, la piena occupazione è stata raggiunta solo con le industrie di guerra. Io credo che la teoria classica del sistema economico, cioè il credere all'autonomia dell'attivi– tà economica, sia costata agli Stati Uniti ed al mondo un trop– po alto prezzo di umanità e di civiltà. Il principio della libera con– correnza e la legge del tornacon– to individuale, nata in Europa e trasportata senza antidoti in A– merica, ha fatto esprimere una delle forme più barbariche di vita che mai si siano avvicendate nel mondo e che ora ritorna co– me un boomerang sull'Europa. Gli Stati Uniti sono la sede residenziale di quell'« internazio– nalismo bancario o imperialismo internazionale del denaro » che Pio XI indicava come principali responsabili pressione della libertà gi u tizia fra i popoli. uno dei dell'op– e della A questo proposito John De– wey scriveva nel 1930: ,e Antro– pologica1nente parlando noi vi– namo nell'era del denaro. Il culto e i n,i ti del denaro sono <laminanti >>. <t La filosofia che si addicc ad una tale situazione è quella della lotta per l'esisten– za e della sopravvivenza dei più forti economicamente ». l\1i sembra che questa sia la più grave remora ad una positi– va azione universale degli Stati Uniti. Non credo che questa real– tà possa essere inel usa per usa– re i termini di Baget in quelle « tensioni che ci paiono barbare e selvagge, e persino Yiolente– mente materialistiche » capaci di <( creare storia omogenea a loro . . senza nnnegars1 ». Qui invece il salto ed il rinne– gamento devono essere netti. Gli americani debbono comprendere che non è pos ibile salvare ]a civiltà con gli attuali principi sui quali si regge l'attività ec-n– nomica. E guardando la complessiv:-i si– tuazione spirituale degli an1eri– cani. e-redo che tale alto sia una loro realtà potenziale. 43

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