Terza Generazione - anno II - n. 10-11 - luglio-agosto 1954
dioso marxista per un semplice revisiornsta del pensiero del Croce. Tutto quel che si è detto fin qui vale evidente'mente per i « cacciatori di paro– le », per coloro cioè che fantasticano di « pericoli >> e di « slittamenli » al solo ve– dere parole di radice sospe.t.ta . Bi.sogna pe– rò aggiungere ancora quaJcosa per spiega– re due fatti molto più importanti, che ai superficiali sottolineatori di vocaboli spes– s-o sfiuggono e che invece sono un po' il fondo del prQblema che la discussi.Qne sut linguaggio ha sollevato. Il primo fatto -, come alcuni tra i « censori » più avveduti hanno osservato - è che il fenomeno del– l'uso del linguaggio « marxista » va ol_tre l'uso puro e semplice di vocaboli, e Jascja intravedere talvolta ben più ampie accet1a– zioni; il secondo non meno impor1an.t.e - e in certo senso legato al primo - è che il linguaggio « marxista » si diffond~ quasi esclusivamente tra la giovane cultura italia– na, specialmente cattolica. Anche per spiegare questo secondo aspet– to del problema si possono trovare mille ragioni e forse tutte ugualmente valide: a noi oggi interessa ricQrdarrie una che ri_te– niamo importante e dalla quaJe comunque non si può prescindere se si vuole indivi– duare il canale attraverso il quale la dot– trina marxista sembra irrigare campi non suoi. Intendiamo accennare cioè ad An.to– nio Gramsci e alla sua influenza sulla cut– tura italiana e sui giovani in par.ticotare. Gramsci, checchè ne dicano alcuni chio– satori, è compiutamente marxis.ta : i pochi a dubitarne sono appunto coloro che, argo– mentando dalle « venature » id~aliste del suo linguaggio, mirano a creare confusio– ni ed incertezze e a gabellare « il primo marxista » come « ul.timo crociano ». In realtà è vero che la problf:maJica di Gramsci, per noi italiani, è molto più ric– ca di quella degli altri scriJJori marxi$# e il suo linguaggio spesso diverso da quctJo corrente tra i comunisti di casa nostra. La ragione però non va ric~cal_a iri un più o meno vago « crocianesimo » di Gramsci, ma nel tentativo - da lui continuamente com– pi11to - di esprimere in termini vera– :nente « nazionali » e perciò storicam,nte validi in Italia, le tesi marxiste : il .tenta– tivo. lo porta a dare una gran.de i.mpor.tan– za alla sua esperienza personale, alla storia della società italiana e alla nostra tradizione culturale. Croce e Maçhf._ave]li diventario co– sì - accanto a Marx e a Lenin - le fonti della sua filosofia della pra$si; t" unign~ de– gli operai del Nord con i contadini det Sud e la creazione di un nuovo ce10 di in– tellettuali, la condizion~ per impostare i,.l problema dello sviluppo detta ~oci~à ria– zionale; la formazione della volontà collet– tiva nazionale-popolare e la riforma intel– lettuale e morale, i presupposti per la fon– dazione del nuovo Stato; il superamento dell'idealismo crociano la condizione per una ripresa adeguata della filosofia della prassi. La Weltanschauung però è pur BibliotecaGino Bianco sempre quella di Marx e la soluzione del problema dello Stato quella di Lenin. Si può dire in ogni modo che net tentativo di rendere in termini nazionali la teoria marx-leninista e nel mettere a frutto la sua esperienza di uomo italiano, Gramsci approfondisce il suo marxismo, lo arricchi– sce di idee e di fermenti, riesce a compie– re un'analisi della situazione italiana e ad avere delle intuizioni che lo fanno diven– tare una delle punte della nostra cultura: un uomo cioè del quale bisogna tener con– to ogni qualvolta si devono affrontare i pro– blemi italiani. Ed infatti sono molti gli uomini della po– litica e della cultura e soprattutto i giovani che si provano a fare i conti con Gramsci. Accade però che nel tentativo di dimo– strare e arricchire le tesi più diverse sulla situazione italiana, ognuno prenda dell'o– pera di Gramsci quello che fa comodo, di– menticando troppo facilmente ciò che non interessa: abbiamo così pareri discordi sul– lo cc spirito » dell'opera gramsciana e cpn– clusioni diverse sull'importanza e sulla va– lidità delle tesi di Gramsci. A titolo puraniente indicativo si possono distinguere gli interpreti di Gramsci in vari gruppi. Il primo è indubbiamente formato da coloro che rimangono suggestionati dal linguaggio e da alcune parti dell'opera di Gramsci (dalle cc Note sulla questione meri– dionale », ad esempio, nei circoli dove il me– ridionalismo è di moda) e che hanno una co– noscenza del tutto superficiale del pensatore marxista. Un secondo gruppo riunisce invece coloro che, rnuovendo magari dalle stesse letture dei primi, arrivano fino in fondo e di Gramsci accettano le ultime soluzioni, di– ventando compiutamente marxisti: è il fe nomeno che assunie vaste proporzioni nella Italia meridionale dove molti giovani diven– tano marxisti non appena si incontrano con la cultura moderna. C'è poi la numero– sissima schiera degli intellettuali che si autodefiniscono cc anticomunisti » e che conoscono Gramsci solo di no– me e lo considerano, molto semplicemen– te, « un comunista » : nel rnigliore dei ca– si arrivano a leggere qualche suo scritto con lo stesso animo con cui leggerebbero un discorso di un qualsiasi parlamentare del PCI. Accanto a tutte queste varie e approssi– mative categorie si può distinguere anco– ra un quarto gruppo, forse meno numero- 50 -- ma per noi in questa sede di gran lun– ga più interessante degli altri tre - for– mato da tutti quei giovani che a Gramsci si sono accostati non per ricercare un. cre– do politico, ma per conoscere da vicino la esperienza di un uomo che, maturato in un periodo particolarmente significativo del– la storia d'Italia, sembrava avere una co– scienza di crisi di gran lunga superiore a quella dei suoi contemporanei. A que– sto gruppo appartiene certa,mente la niag– gior parte di quei giovani cattolici ai quali oggi si rimprovera un audace linguaggio. La nascita della coscienza civile nei gio– vani cattolici della terza generazione, av– viene nel nostro paese quando già i catto– lici sono diventati la forza su cui in I ta– lia si fonda lo Stato: di necessità quindi i giovani cattolici nell'ùnmediato dopo guerra, sentivano viva l'esigenza dell'incon– tro con tutta quella cultura che, permetten– do una formazione « civile » e << laica », li ponesse all'altezza delle nuove responsabili– tà che i cattolici italiani avevano dovuto as– sumere. E su questa strada l'incontro con Gramsci diveniva inevitabile: ed inevitabile era an– che che l'accostamento a Gramsci scopris– se ansie ed esigenze tali da sopravvanzare di molto l'occasione che all'incontro aveva I portato. Forse è stato il contatto brusco con la realtà della situazione italiana, forse la scoperta interdipendenza tra i mille problemi della società nazionale - tutti ugualmente gravi e tutti ugualmente urgenti - o forse l'idea che cominciava a farsi strada, della insufficienza degli esperimenti sul piano po– litico: forse tutte queste cose messe insie– me: sta di fatto che con la coscienza ci– vile maturava nei giovani cattolici la co– scienza di una crisi incomprensibile nei ter– mini strettamente politici. Il problema che a loro si poneva era dunque quello di un esame - senza preconcetti e senza pregiudi– zi di parte - dei termini reali ed effettivi della crisi che, sia pur con fatica e con– fusamente, andavano scoprendo. Questa ri– cerca, ad un tempo culturale e umana, sta– bilì un nuovo conta.tto con i « mae$lri. », per cui con una ben più ampia esigenza di comprensione si leggevano i libri di Gobet– ti, di Sturzo, di Dorso. E di Gramsci. Anzi soprattutto di Gramsci: che su questo nuo- 1vo piano - di coscienza della crisi - rap– presentava indubbiamente una delle punte più alte della nostra cultura. Non a caso molti giovani cattolici della terza ge- · nerazione hanno imparato più da Gramsci che da Sturzo: e non a caso, una volta ri– conosciuta l'insufficienza delle diagnosi di tutti i « maestri », alcune delle inJuizioni di Gramsci sono state le ultime ad essere abbandonate. L'inf lttenza che Gramsci ha esercitato sui giovani cattolici non è stata mai comunque di carattere politico: questi giovani, come già abbiamo accennato, leggendo Gramsci, non erano alla ricerca di soluzioni ma di unn esperienza da mettere accanto alle loro. Pensare il contrario sarebbe fuor di luo– go. Anche perchè, a prescindere dalle ideo– logie, un fatto rimane certo e ineliminabile: che quindici anni di storia e di esperienza - quanti più o meno ne sono passati da Gramsci ai giovani della terza generazione - giocano indubbiamente a favore dei gio– vani i quali, vedendo i problemi italia– ni niolto più gravi e complicati di quello che aveva visto Gramsci, riescono anche a capire che le soluzioni gramsciane sono un 37
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