Terza Generazione - anno II - n. 10-11 - luglio-agosto 1954
si aggruppm.'ano tra loro e si dividevano i beni comuni. Per lungo tempo i comuni possiedono i castelli e i rustici esercitano diritti consortili. In questa struttura gli arimanni, del cotnune possiedono terre al– lodiali che coltivano in proprio, e sono esenti da tasse: inoltre coltivano terre si– gnorili e partecipano a vari lavori agricoli. Beni personali, beni comuni e servigi co– stituiscono tante occasioni di lavoro e di guadagno per i contadini. L'azione del comune rurale si stende at– traverso un lungo periodo: nel 1196 il ve– scovo Corrado deve deidere una lite tra la comunità e il suo feudatario, Ottone di Telve e Turcone per il possesso e i diritti usufruttuari del nionte di A1ontagnaga e sistema la cosa attribuendo al Capitolo trentino il bosco per l'alpeggio e il taglio e la vendita dei legnami mentre l'uso e godimento dei prati deve essere diviso a metà (8). 1'1olto tempo dopo nel 1401, tro– viamo una « notula» delle « buone e anti– che consuetudini... della comunità di Per– gine che regolano i pascoli, la cura dei pascoli e della " casara ", la « segatura » dei prati e la tassa bestiame da pagarsi dai forestieri (9). Diritti antichi e ben ac– quisiti che la notula certifica con la testi– monianza scritta. Accanto alla vita rustica comincia mol– to presto la vita delle miniere: le prime tracce di scavo risalgono al secolo IX e pro- babilmente la franchigia che la città di Trento ebbe fino al 1182 di battere moneta, doveva essere collegata a qualche forma di diritto di scavo ( 10). Infatti dopo che nel 1182 il Barbarossa attribuì il diritto di co– nio ai Vescovi, sono essi che si occupano delle niiniere: Federico Vanga redige nel 1208 una regola per le miniere. Vi si sta– biliscono i proventi vescovili, i diritti e gli obblighi dei 1ninatori, che erano automati– camente cittadini trentini, potevano eleg– gere un consiglio e redigere uno statuto da far approvare al Vescovo. Anche qui la vita comunitaria era saldamente stabilita: non si sa bene che rapporti intercorressero tra i niinatori e la comunità rustica, ma è probabile che fossero abbastanza stretti. Nei periodi di crisi i minatori si fanno bCl– scaioli; il legnante il cui uso gratuito pare connesso alla concessione della miniera, di~ viene allora la principale fonte di reddito e col tempo anche l'agricoltura ( 11 ). Probabilmente le famiglie stesse dei mi– natori coltivano « masi » o pezzi staccati di terreni. Bisogna infine considerare che questi « laboratores( 11 bis) » del sec. XI e XII portano dalla Germania l'uso della socie– tà per quote patrimoniali e di lavoro (anteils– genossenschaft): essi sono piccoli proprie• tari, ognuno di una parte della niiniera. Sono insomma, anche se vincolati da vari obblighi, essenzialmente dei liberi possi– denti, non dei salariati o degli obbligati, ' ltima costruzione risale al scc. XVIII capaci di inserirsi nell'ambiente circostante rinche nell'esplicazione di altre attività. Gli scanibi sono notevoli ovunque c'è una occasione di rapporto. Certamente l'ar– te 1nineraria mantiene tecnica e termini te– deschi, tenuta com'è saldamente in mano dagli immigrati; ma i prestiti linguistici so– no notevoli; così anche i nomi di luogo e di persone si diffondono e restano tali an– che quando l'elemento etnico che se ne era fatto portatore è scomparso o riassorbito. Anche nel tipo di insedia1nento si vedono degli impalpabili passaggi dal modo di co– c;truire italiano a case addossate a quello tedesco a case sparse : risalendo il fianco destro della valle del Fersina tutto popolato da italiani, Canezza, Serso, Viarago sono ve– ri villaggi con le case addossate fiancheg– gianti una strada (strassendoerfer); Mala è già meno unito, sebbene non si possa ancora dire un villaggio a case aggruppate ma non addossate (haufendorf). S. Orsola poi è un complesso di molte frazioni o masi assai di– stanti (weilendorf) ( 12). Tedeschi e italiani vivevano vicini e scambiavano dunque i loro patrimoni stori– ci con una certa facilità. O gnu no mantene– va la sua fisionomia nia conviveva con l'al– tro nella comunità in quello spirito che il prof. Chiocchetti, direttore della Biblioteca Civica di Rovereto, ci ha definito « cat– tolicità medioevale ». Non ci pare si possa trovare espressione migliore per definire
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