Terza Generazione - anno II - n. 10-11 - luglio-agosto 1954

• tata 26 marzo 1945 fu nuovamente confer– mata tale infermità in occasione della vi– sita subita alla sede dello stesso Istituto in l\latera, con nota n. D / 12353/R.O. del 6 ottobre 1947, la stessa sede gli comunicò che la 1nisura della rendita veniva scalata al 20 per cento dal 55 per cento e ciò per– chè, adduceva, era subentrato un migliora– mento fisico della sua inabilità. L'Istituto Nazionale ridetto, della sede centrale di Ro1na, con nota n. D/ 12353/R.O. dell'11 dicembre 1948, gli comunicava inol– tre, che per il raggiungimento del 18° anno di età della figlia Prima, la rendita veniva scalata ancora, ma, dato che la figlia Pri– ma è permanentemente ed assolutamente inabile al lavoro, essendo affetta da rachi– tismo - tanto che la Previdenza Sociale di Matera la riconobbe come tale e la am– mise al beneficio degli assegni familiari nel caso che lo scrivente avrebbe lavorato con qualche ditta (di cui non ha avuto ancora la fortuna, sebbene si è ripetutamente rivol– to agli Uffici competenti del Lavoro e alla Prefettura ecc.) e tale riconoscimento fu in data 12-12-46, quando l<l figlia venne sotto– posta a visita superiore collegiale della stes– sa Previdenza Sociale - insistette presso detto Istituto, ma con nota n. D / 12353/R.O. del 28 aprile 1949 la sede centrale di Roma, con una massima delusione, gli comunica– va che non era possibile il ripristino della rendita per la figlia Prima dato che per gli asseriti fatti di rachitismo non potevasi sua figlia considerare inabile al proficuo lavoro. Ciò gli è stato ancora riconfermato con no– ta n. D/12353/R.O. del 14 febbraio u. s. dalla sede dell'Istituto Infortuni di l\llatera adducendo che, pur essendo sua figlia af– fetta da scoliosi, non le può essere lo stesso ripristinata la rendita soppressa e gli dà avviso che ogni sua insistenza non potrebbe avere un esito diverso. Pertanto il sottoscritto non ha mai accet– tato la riduzione della rendita, tanto che non percepisce proprio nulla appunto per– chè sarebbe assurdo accettare un trattamen– to che lede il suo diritto, e, stufo di ciò e di tante altre miserie causategli, come innanzi esposto, dall'incuria di chi gli po– trebbe venire incontro, non ha ancora re– gistrata la nascita dell'ultimo figlio avvenu– ta il 7 corrente e che ha già battezzato col nome di Guerriero Romano Antonio ed il Comune ne conosce la nascita attraverso il mio esposto. Qualsiasi pena di non regi– strazione allo Stato Civile del suo neonato non avrà tutti i suoi diritti. Pertanto prega affinchè gli Uffici in in– dirizzo vaglino la sua posizione, assumen– do come per legge tutte le informazioni del caso a suo riguardo e, oltre a ripristi– nargli la sua rendita in misura superiore al 55 per cento, come primitivamente gli era stata riconosciuta, a venirgli incontro nella sua miseria squallida, nel suò stato pietosissimo e far sl che possa vi vere con BibliotecaGino Bianco i suoi cinque figliuoli da onesto e libero cit– tadino onde dare sempre onore alla Patria che tanto ama e che ha servito. Grassano, 25 marzo 1950 ». Il Comune mi aiutò e scrisse: « Nel trasmettere alle Autorità 1n indi– rizzo l'unito esposto in copia ad ognuno dei nominati in oggetto, si prega di esami– nare benevolmente la sua posizione che risponde a quelle dell'esposto stesso pro– spettato dal Mulieri. Costui ha cinque fi– gliuoli a carico, è inabile al lavoro e la fi– glia Prima è effettivamente inabile. Non possiede beni di fortuna, è iscritto nell'elenco dei poveri di questo Comune e, pertanto, la sua posizione è pietosissima. Si resta in attesa di conoscere le decisio– ni in merito. Con osservanza. Per il Sindaco F /to: Lerose Giuseppe » Infami, ladri e barbari mi trastullavano con lettere e io rimandai indietro tutti i vaglia e mi vendicai non scrivendo nello stato di famiglia l'ultimo bambino, dichia– rando al Comune questo che ricordo a me– moria. « Grassano, Anno Santo. Io sottoscritto Grande Invalido del lavoro sono stanco. Siamo ai tempi anticristo, le leggi sono svolte da infami ladri e bar– bari. Non temo e non tremo. Posso dimo– strare le infamità e barbarie, sono tante con documenti violati, ma non mi allungo perchè ho abilità e saper fare e dico le in– famità della sede di l\1atera di Infortuni che questo Comune è al corrente: infamità della mia invalidità e di una mia figlia ra– chitica ». E feci pure presente una domanda per aprire un ristoro nell'aperta campagna al bivio di Grassano e il Comando Carabinie– ri non accettò questa don1anda. Era un'altra infamità fatta con un articolo di legge per rifiutare la mia domanda. Ma io ho ricer– cato la chiarezza dell'articolo e ho fatto la nuova domanda con la garanzia del locale da costruire e delle attrezzature a mio ca– rico senza dare nessun fastidio a nessuno. Ho scritto per questo all'On. Ambrico e ne è venuta una raccomandazione dall'on. Am– brico al prefetto : in giro le carte,- ma esito nulla. Dichiarai ancora: « Sono all'oscuro delle mie pratiche. Il ristoro mi preme, 1ni serve, lo voglio, mi aspetta con diritto. Ho dato Ja mia salute aJla patria, al disordine sto rimettendo il cervello. Loro si garantiscono della parola gigante, la legge. La legge per me è n1an– sionata da infami ladri barbari. Non temo e non tremo le mie avventure sono lunghe; mai paura. Continuo: mi serve o sistemazio– ne o carcerazione. Sono deciso, ho 46 anni e 5 figli. Il mio motto è: onore e lavoro, dignità della vita e per me e per i miei figli. La scintilla è questa, da non iscrivere questo neonato e da confessare il mio scru– polo. Anno Santo, ci dobbiamo santificare. Mi firmo, uo1no di dovere Mulieri 1ichele. L'epoca cita la sorte a chi deve subire la pena per la mia avventura ». Il Sindaco mise la firma per visto di presa visione. Il mio stato di famiglia è questo, man– cante del n1io ultimo figlio, il sesto, che h3 già tre anni e mezzo. Alla prima figlia misi il nome di Prima ·faria Lucia e ne venne un diverbio sul Comune, chè 11 segretario diceva che Pri– ma non era nome e io me ne sono andato via dal Municipio e poi il segretario è venuto lui a casa mia per dire che potevo i criverla come volevo. Al secondo figlio tenevo di dargli il no– me Secondo ma questa volta il segretario, abbinato assieme all'ufficiale sanitario, si mise a ridere. L'ufficiale sanitario disse: - se lo chiami cosl significa che tua mo– glie non ha fatto la seconda - (1). Lo chian1ai Innocenzo. La terza la dovevo chiamare Terza Ama– ta Michelina, e il segretario non voleva da– re il nome Amata, essendo che mia moglie si chiama così di cognome. Io dissi al se– gretario : - A casa mia deve essere nome e cognome, a voi non v'interessa. Il quarto è nato nel '40. Priina della na– scita, feci uno scatto e andai a Ron1a, vo– levo parlare con l\Iussolini, ma mi presentai da un colonnello che mi disse di scrivergli una lettera che io volevo andare in zona di operazioni con fierezza e orgoglio. Avendo avuto risposta affern1ativa, un altro colon– nello a Copertino in provincia di Lecce mi disse che, essendo vecchio, non potevo an– dare in guerra, e disse: - Ti vogliamo be– ne. - Ma lui andava contro la patria. Al– lora mi congedai e, vedendo un mucchio di baraonda e balorderie nell'esercito in quei pochi giorni da volontario, mi riuscì di congedarmi e ho avuto la voglia di avere un figlio chiamandolo Salvatore es endomi sal– vato dalle baraonde. Poi c'è questo che si chiama Guerriero Romano Antonio: Guerriero perchè le guer– re sono attuali, Romano perchè sono italia– no e l'antica Roma ha dominato sempre il dovere, Antonio, nome ricercato dalla madre, per consolare la madre che lo ha fatto. Il figlio Giu eppe ha 20 anni finiti, è sta– ta un'altra battaglia che ho dovuto fare. L'ho tolto dalle bestie e l'ho mandato a Torino; fa l'autista presso una ditta priva– ta, appoggiata dal governo, per raccogli– mento di ferro vecchio, gira quattro pro– v1nc1e. (1) Non ha restituito la pla <..entia. 19

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