Terza Generazione - anno II - n. 10-11 - luglio-agosto 1954

Figlio del tricolore Scoteffaro e i suoi contadini di fronte alfa cultura meridionalista E' raro che una testimonianza significativa della vita e della civiltà contadina arrivi sulle pa– gine di un libro e sia messa a disposizione di tutti. E tanto più raro è che la testimonianza sia comprensibile e vera, come quella che esce dalle autobio– grafie di contadini del Sud che Rocco Scotellaro raccolse prima di morire ed a cui dedicò tutto il lavoro preparatorio che gli era reso possibile dalla prof onda consonanza umana con i suoi contadini e dalla comprensione del loro mondo, che gli prove– niva dalla testimonianza di fe– deltà che aveva dato loro con la sua vita. Tra le autobiografie più signi– ficative è quella che riportia– mo: Michele A1ulieri di Inno– cenzo, nato nel 1904, piccolissi– mo proprietario, coltivatore di– retto, falegname e rivenditore di alimentari bevande e benzina, contrada Piani Sottani di Gras– sano, Matera. La sua storia è lunga, ma in essa si possono scorgere alcuni motivi sempre presenti, che la determinano e la rendono estremamente coeren– te con se stessa. Di fronte alla tabella dell'Ente Riforma sta la sua, « innalzata in que§la r~– pubblica: Figlio del tricolore ma Pieno di dolori burocratici Avventuriero grande invalido Mulieri ». Quella di Mulieri è letteratu– ra che proviene dai libri della scuola elementare, dice Scotella– ro, ~ si carica del « bel parla– re » che si usa netta città, da Po– tenza a Roma e che si sente dai signori, dai professionisti, dagli uomini di studio avvicinati e co– nosciuti ma che nello stesso tem– po mantiene un linguaggio « di– retto, breve, concitato ed esplo– sivo ». E con un linguaggio di que– sto genere egli rnette in luce e dichiara i motivi e i propositi più profondi della vita conta– dina. Egli si dichiara avventuriero: egli si vede come un uomo che lotta contro il disordine e pro– testa direttamente e con decisio– ne contro la parte di disordine che lo tocca. Egli ha il senso del contributo attivo e perso1•....:– le a una causa di giustizia. Non è stanco nè triste di fronte alla situazione : « Dio e il mio co– raggio provvede ». Il suo corag– gio fa sì che lui, contadino, d-ia il suo tributo al lavoro contro il disordine. · Il disordine è lo Stato e la so– cietà in cui vive: dolori buro– cratici sono quelli che lo afflig– gono, è l'irrazionalità del falso ordine, svincolato da ogni moti– vo umano ma a1Jaccato a « uria parola gigante, la tegge ». La legge che gli si rivolta contro, la burocrazia che lo perseguita con le sue lettere nu1nerate, incorn– -prensibili nei motivi che le ispi– rano, la legge che nasce disor– dinata e disumana da una strut– tura sociale che le corrisponde perfettaniente: Mulieri disegna secco e breve i caratteri del grande proprietario, << usurpato– re di popolo e contravventore di patria, un disordinato di provin– cia >>. Il contadino giudica con esa t– tezza e quasi con distacco quel– li che stanno sopra di lui e le contraddizioni in cui si dibatto– no: le contraddizioni di uno Stato che vive contro la gente e non per la gente, di una socie– tà che si disintegra quanto più tenta di reggersi in piedi. In questo senso essi giudicano il 1nondo moderno e lo Sta– to che ne è derivato. Essi sono con l'ordine naturale delle cose, che hanno maturato in sè attra– verso il tempo e che è il vero punto di partenza per ricostrui– re il mondo fatto a pezzi: sono contro il disordine che fa vio– lenza alle cose, contro lo Stato del disordine. Così nasce l'anar– chia contadina: come è potuto avvenire che vi sia, in Italia, si chiede Scotellaro, la repubbli– ca di l\1ulieri? La risposta è nel– l'ordine in cui Mulieri vive nel– la sua casa « più QrdinaJ.amen– te di una formica ». Se lo Stato non c'è, se c'è solo disordine, l'avventuriero Mulieri si costrui– re il suo Stato, cominciando da casa sua. E' pazzo? O piuttosto non è pazzia tutto ciò che gli si svolge sotto gli occhi, come quella « cosa » che c'è « in que– ste zone » e « non si può chia- -Biblioteca Gino Bianco mare agricoltura, ma pazzia? » Allora anche l'anarchia contadi– na appare in una luce nuova, come la più elementare e in– sopprimibile espressione della volontà personale di contribui– re a costruire uno Stato dove ci sia l'ordine e non il disordine: contributo dell' « avvenire vero » cioè, dell'uomo libero. I contadini appaiono cosi estremamente maturi rispetto al– la storia: la prosa di Mulieri è una -prova di più del senso del– la società e dello Stato -proprio dei contadini italiani, di quanto sia apparente la loro anarchia e il loro disordine. . Questo dato di fatto enierge continuamente da tutta l'l talia presente· e passata: il senso del– lo Stato e della necessità di co– struirlo dove non esiste, emer– ge dalla prosa di M ulieri come da una qualsiasi ricerca su vi– cende storiche dove appaiono contadini: non ci pare priva di signicato questa rispondenza tra la prosa di un contadino di og– gi e le richieste dei contadini trentini più di quattro secoli fa che esaminiamo nell'inchiesta su Pergirie. Da un capo all'altro d'Italia e da un secolo all'altro della sua storia, questo è il mo– tivo che serpeggia sotterraneo nell'anima contadina del nostro paese: sia l'avventuriero malato di dolori burQcral.ici del 1953 o i rustici malati di compressioni feudali del 1525. In questo 1enso si può parla– re di inconiunicabilità tra due mondi: il mondo dello Stato mo– derno, dello Stato del caos e il 1nondo contadino. Ma quest'ul– timo è un mondo nato dalla sto– ria, anche se si è fermato al momento in cui la storia si è spezzata, e Machiavelli e Lu– tero, dice Baget, hanno aperto i problemi del mondo fatto per sezioni: l'arresto del mondo con– tadino proprio a quel punto è tanto significativo se ri 1 1ettiamo che di là nacque il disordine. I contadini erano tanto razionali da rifiutare il razionalisnio e la visione parziale della vita che ne derivava: giunti all'incomunica– bilità estrema di oggi c'è solo da rimettere al suo posto la ra– gione, quella vera, che è ragione perchè sente i suoi confini. Ma non esiste l'abisso del « CrisJo si è f ernlato a E boli », di UJt mondo naturale contadino fuori della storia e di un mondo mo– derno dall'altra parte. Carlo Levi ha vissuto e soffer– to nella opposizione netta di due mondi, e l'ha mostrata a tutta 15

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