Terza Generazione - anno II - n. 10-11 - luglio-agosto 1954
Il '' Cristo si è /erniato ad E boli n si sottrae decisa– niente all'afferniazione di un sostanziale ordinament<, dell'un1anità contadina nieridionale alla civiltà moderna. nia afferma, anzi l'idea di una radicale separazione ed in– coniunicabilità tra le due civiltà: quella " cristiana'' che finisce ad Eboli; nelle zone in cui la civiltà settentrionale ha costituito le sue roccaforti; quella « terrigena» e « pa- gana » che vive nella grande marea dei contadini paveri al di fuori delle cittadelle dell'« altra Italia ». « Cristo si è davvero ferniato a Eboli, dove la 1;trada e il treno abbandonano la costa di Salerno e il rnare, e si addentrano nelle desolate terre di ,Lucania. Cristo non è mai arrivato qui, nè vi è arrivato il tempo, nè l'anima in– dividuale, nè la speranza, nè il legame tra le cause e gli effetti, la ragione e la Storia. Cristo non è arrivato, come non erano arrivati i ronwni, che presidiavano le grandi strade e non entravano fra i monti e nelle foreste, nè i greci, che fiorivano sul mare di A1 etaponto e di Sibari: nes– suno degli arditi uomini di occidente ha portato quaggiù il suo senso del tempo che si muove, nè la sua teocrazia statale, nè la sua perenne attività che cresce su se stessa. Nessuno ha toccato questa terra se non come un conqui– statore o un nem11:co un visitatore incomprensivo. Le sta– gioni scorrono sulla fatica contadina, oggi come tr,emila anni prinio di Cristo: nessun messaggio umano o divino si è rivolto a questa povertà refrattaria. Parliamo un diverso linguaggio: la nostra lingua è qui inconyprensibile. I gran– di viaggiatori non sono andati di là dai confini del proprio mondo; e hanno percorso i sentieri della propria anùna e quelli del bene e del 1nale, della moralità e della reden– zione. Cristo è sceso nell'inferno sotterraneo del morali– smo ebraico per ron1Jperne le porte nel tempo e sigillarle nell'eternità. lvi a in questa terra oscura, senza peccato e senza redenzione, dove il male non è 1norale, ma è un dolore terrestre, che sta per sempre nelle cose, Cristo non è disceso. Cristo si è f ernzato a E boli ». . «. Pensavo che la loro vita, nelle identiche forme di og– gi, sz svolgeva uguale nei tempi più remoti, e che tutta la storia era passata su di loro senza toccarli. Delle due ltalie che vivono insienie sulla stessa terra, questa dei con– tadini è certamente quella più antica, che non si sa donde sia venu~a, che forse c'è stata sempre. Humilemque vidi– mus I~aham: q~es_t~ era l'umile Italia, come appariva ai conqu:statori a~iatici, ~uando sulle navi di Enea doppia- vano il capo di Calabria. E pensavo che si dovrebbe scri– vere_un~ storia di questa Italia, se è possibile scrivere una st?ria di quello che non si svolge nel tempo: la sola storia di quell_o c~e...è eterno e immutabile, una mitologia. Que– sta Italia si e svolta nel suo nero silenzio come la terra Ìn un sussegui~si di stagioni uguali e di ~guali sventure; e quello che di eterno è passato su di lei non ha lasciato • J traccia, e non conta ». Questf due br~ni. ci sernbr_anoriassumere efficacem·en- te la tesi del Levi di una radicale differenza tra la civiltà e la cultura italiana moderna e la « civiltà contadina >> che le porta in una condizione di coesistenza senza comuni– cazione. Non importa l'unità statale, la presenza ammini- strativa, la scuol~ ed i lavori pubblici: ci trovianio di fronte ad. una se.parazione sostanziale ed originaria che, nonchè resistere ai modesti mezzi dell'amministrazione statale ita– liana, lza sopravissuto impavida anche al contatto della ibliotecaGino Bianco stessa civiltà nordamericana. 1 Non era certo possibile una più radicale contestazione della tesi illuniinista, del naturale ordinam'ento di tutte le civiltà antiche alla cz'viltà moderna. Ma è sostenibile la tesi del Levi? . :ale tesi afferma che ci si. trova di fronte ad una ci– vilta fondata_ s~ll~ s?la esperienza del dato cosmico (la terra, le stagioni, il cie.lo ecc.) e sull'assimilazione semplice ~ella na~ura e d~lla vita umana a quell'esperienza: sicchè l uomo si concepisce solo come parte della natura, come in– cluso in essa, nel suo ritmo, nelle sue leggi senza alcuna riserva. . « Essi non. hanno, n_è.possono avere, quella che si usa chiamare coscienza politica, perchè sono, in tutti i sensi del termine, pagani, non cittadini: gli dèi dello Stato e della città non possono aver culto fra queste argille, dove regna il lupo e l'antico, nero cinghiale, nè alcun muro se– pa:a i~ 1:1',ondodegli uomini da quello degli aniniali e de– gli spinti, nè le fronde degli alberi visibili dalle oscure radi~i sott~rr~n_ee. Non possono avere neppure una vera c?scienza individua~e, dove tutto i'> legato da influenze re– ciproche, dove ogni cosa è un potere che agisce insensi– bilmente, dove non esistono limiti che non siano rotti da un influsso magico. Essi vivono immersi in un mondo che si continua senza determinazioni, dove l'uomo non si di- stingue dal suo sole, dalla sua bestia, dalla sua malaria: dove. non posso:1-0 ~sistere la felicità, vagheggiata dai let– ter~ti p~gane~g~an~i,_nè ~a speranza, che sono pur sempre dei sentimenti individuali, ma la cupa passività di una na- tura dolorosa ». . .Ma è possibile una tale civiltà? E' possibile una con– dizione um~na in cui l'autocoscienza umana si ponga come niera recezione del dato extra umano, come assimilazione se_niplice ad. esso? E' possibile che alla base di un processo d~ aut?coscien~a um_an~ e quindi alla base di una orga– n:zzaz:one ~ociale_ci s_ia altra cosa che un'esperienza di se, u~ esperien~a. interior~ dell'uniano, di ciò che fa l'uo– mo inconfondibile con il dato cosmico? Non esiste alla base di og~i civil~à p~imitiva, anche prof ondaniente presa dalla realta cosmica, il senso di un ordine e di una bel– lezza del cosmo, in cui gli uomini sentono non il puro d~to ~ella necessità 1nateri~le an ti-uniana, nia un supe– riore intelletto e una superiore volontà, sùnile a loro, e p– pur suprenio e onnipotente? E da dove, se non da loro stf'ssi, può nascere questa coniprensione, che trascende la mera recezione del dato? . Per questi niotivi, i terniini in cui il Levi ha posto la d~ff.erenz~ ~ra l~ c~·viltà settentrionale e quella dei conta– dini mendzonah ci pare insostenibile. Una tale '' civiltà contadina " sarebbe contraddittoria all'essenza stessa della civiltà u 1 nana. . Sicchè il _p7:o~lema. d~lla co1nprensione della natura pro– pria della civilta 1nend1onale che il Levi ha posto ci pare ancora del tutto aperto. 3. - A.ssunto centrale del libro del ,Levi, è, co1ne si è detto, l'esistenza non di una civiltà meridionale, nza di una civiltà contadina. Il Levi ha considerato -i contadini come separati ed avulsi dall'insie1ne della società n1eridionale ed ha visto tutto ciò che nel niezzogiorno non è conta-
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